AMORE NELL’AREA CANI di Jhonattan Poletti Silva Franco

Anche adesso che Yellow annusa il semaforo scodinzolando come un cane normale, osservandolo bene si vede, sotto il pelo lungo e giallo, si nota che è un po’ stupido.

Non ha la coda ma gira intorno lo stesso.

Da questi piccoli comportamenti si capisce che Yellow non ha un problema di vista. Yellow è adorabile, anche se ha qualche problema di apprendimento.

Sono otto anni che abbaia al cane riflesso nello specchio dell’ascensore.

Secondo il veterinario Yellow ha sbattuto la testa da cucciolo. Mi ha mostrato sotto il pelo della nuca una cicatrice lunga quanto un’unghia.

Dall’altra parte dell’incrocio si ferma Vito con al guinzaglio Valdo, il suo pastore tedesco. Yellow vede in Valdo il suo nemico di sempre. Divisi dalle strisce pedonali Yellow ringhia, Valdo risponde abbaiando.

Nonostante la tensione crescente vorrei che il rosso durasse per sempre. Per una volta io e Vito abbiamo finalmente il tempo di osservarci con calma. Lui mi saluta con la mano. I suoi capelli neri, il suo sorriso, i suoi occhi, studio tutto fino all’ultimo dettaglio.

Vito abita nel palazzo di fronte al mio, allo stesso piano, una finestra di fronte all’altra. Capita che, mentre annaffio le piante lo vedo asciugarsi i capelli ricci a petto nudo. Capita spesso. Forse avrei dovuto comprare delle piante grasse invece che questi fiori Bella di notte che fioriscono dal tramonto all’alba.

Fermi al semaforo, uno di fronte all’altro, io e Vito ci fissiamo a lungo senza badare ai ciclisti che sfrecciano, alle macchine che curvano, all’autista che canta.

Yellow da uno strattone al guinzaglio e mi riporta alla realtà.

Anche se Yellow è solo un cane – e di certo non il cane più intelligente del quartiere da come si incastra ogni volta nella fessura del divano – farebbe di tutto per il controllo delle strisce pedonali. Yellow digrigna i denti, si scalda la voce, pronto per lottare fino alla morte.

Vito guarda il semaforo, mi fa il gesto dell’orologio e mi sorride ancora.

Divento rossa più del semaforo che ci separa.

Le macchine si fermano e scatta il verde per i pedoni. Vito mi viene incontro sulle strisce pedonali, calmo, tirato dal guinzaglio da Valdo. Io tentenno un secondo, come se fossi diventata daltonica di colpo.

Yellow abbaia, ma resta fermo, spaventato dalle dimensioni di Valdo che si avvicina sempre di più. Poi prende coraggio e attraversa la strada trascinandomi allo scontro. In tutto questo tempo avrei potuto cambiare strada, e anche Vito. Eppure, siamo qui, sulle stesse strisce pedonali con Yellow e Valdo che si abbaiano a morte. Vito mi passa accanto tirando Valdo a sé, e mi saluta.

Come fa a conoscere il mio nome?

La prima volta che ho incontrato Vito dovevo fare il turno di guardia all’area cani con la mia amica Mara. Nel parco erano state trovate delle polpette avvelenate e in quartiere era stato lanciato l’allarme. Mara mi aspettava seduta su una panchina nei pressi dell’area cani. Con lei c’era Giunone, la signora a cui faceva da badante, e insieme a loro Corto, il cagnolino bianco maltese dell’anziana.

Dentro il recinto Valdo pisciava contro un albero. Vito lo seguiva con lo sguardo. Quando Vito si accorse di me e Yellow mi venne incontro al cancello.

Yellow abbaiava come sempre. Diedi uno strattone al guinzaglio e cercai di calmarlo con carezze e parole dolci. Ma più l’uomo si avvicinava a me più le mie parole assumevano un tono nervoso. Per togliermi dall’impaccio dissi la prima cosa che mi venne in mente.

«Non ti avevo mai visto.»

Le sue labbra erano due succose fette d’arancia caramellata. Feci un lungo respiro. I cani ringhiavano e si abbaiavano.

«Intendevo all’area cani» dissi.

In lontananza vidi Mara e la signora Giunone Augusta che osservavano la scena. Le raggiunsi. Erano sudate. La signora anziana teneva il cagnolino in braccio. Mara aveva seguito con attenzione la scena tra me e il ragazzo e aveva già capito cosa provavo in quel momento. Rideva con una risata russa e fresca.

Diedi la colpa del sudore e delle gambe tremanti al caldo. Sorrideva anche Giunone. Avevano le battute pronte, me lo sentivo. Yellow e Corto Maltese iniziarono a scodinzolare attorno come se non si vedessero da una vita. Chiesi se c’erano notizie sulle polpette avvelenate. Mara puntava il dito su Vito.

Da un po’ che non vedevo Vito.

E ora eccolo lì nella solita area cani. Da quel giorno sulle strisce pedonali le cose tra me e lui sono peggiorate. I cani si abbaiano sempre di più, e noi abbiamo anche finito per litigare. Una volta perché lui stava troppo nell’area cani, e quella dopo perché Valdo stava per sbranare il mio Yellow.

E ora eccolo nello stesso recinto della prima volta che ci siamo incontrati. Penso a Vito troppo spesso. Sono settimane che cerco un modo ingegnoso per riuscire ad avvicinarmi a lui anche con i cani che si azzuffano.

A volte vado all’area cani mezz’ora prima per incontrarlo di nuovo. Ormai esco ad orari in cui non ero solita uscire. Quando pedalo per andare a lavorare, passo apposta davanti al recinto sperando di incontrarlo.

Gliene ho parlato a Mara. Il suo cagnolino e quello di Vito vanno super d’accordo e spesso lei si ferma con lui all’area cani a chiacchierare.

Mara mi ha raccontato del passato di Vito: da ragazzo lavorava da operaio in una fabbrica di lamiere, in seguito al divorzio, dopo che sua moglie lo tradì con un mafioso del paese, lui entrò in accademia militare e ora è un poliziotto dell’antimafia. Mara rideva da sola alle sue battute sulle manette in camera da letto.

Vito è al telefono.

Il suo pastore tedesco ci corre incontro inferocito. Per evitare altri litigi mi siedo su una panchina all’ombra in attesa del mio turno per entrare nell’area cani, non di certo per ammirare Vito da lontano. No, no.

Vito chiude la telefonata ed esce dal recinto chiudendosi il cancello alle spalle, lasciando Valdo dentro ad annusare gli alberi.

Mi raggiunge alla panchina.

Yellow lo tiene a distanza abbaiando. Vito si china e con un biscotto corrompe Yellow, che si accuccia con il suo premio. Vito mi saluta e si presenta. Mi chiede se può sedersi accanto a me. Io sposto la borsa per fargli spazio. Lo informo che hanno arrestato l’avvelenatore di cani e gli spiego quanto io e Mara siamo amiche per la pelle. Lui mi sussurra timidamente che è un appassionato di teatro e tiene due biglietti per uno spettacolo in programma nel fine settimana. Vito ha detto anche altro ma ero troppo presa ad amare a distanza le sue labbra caramellate.

Ho fatto bene a confessare a Mara dell’appuntamento con Vito. Augusta annuiva. Mara ha riso e fatto una battuta sulla divisa dei poliziotti a letto.

Nel pomeriggio Mara mi ha aiutato a scegliere l’abito per l’appuntamento. Non la ringrazierò mai abbastanza. Il teatro Biondo di Palermo è pieno di donne con lo stesso abito nero che volevo indossare io. Per fortuna Mara mi ha convinta a questa gonna bianca.

In programma c’è uno spettacolo di Camilleri. Tra il pubblico ci sono alcune scolaresche. Probabilmente, gli alunni sono stati costretti ad assistere allo spettacolo dai loro professori in cambio di crediti per l’esame di Stato. Vito indossa un abito blu, come un James Bond siciliano.

Seduti da soli su questa balconata avremmo tutto il tempo e lo spazio per fare l’amore sulla moquette rossa. Ma proprio come in un libro di Camilleri, dalla platea gridano battute in dialetto siciliano rivolte agli attori che cercano di non ascoltare.

Durante una lite tra gli spettatori uno studente lancia un petardo che scoppia in platea spargendo il panico. Da una delle poltrone si alza del fumo e la folla si rivolta verso le uscite.

Vito mi abbraccia forte e mi dice di chiudere gli occhi. Mi solleva e mi porta in salvo tra le grida spaventate degli studenti. Ho aperto gli occhi che mi trovavo già davanti alla macchina. Ci siamo baciati per tutto il tempo che i pompieri domano l’incendio. A notte inoltrata ce ne siamo tornati a casa. Allo stesso incrocio dove lui mi aveva chiamato per nome.

Io sono andata da una parte e lui dall’altra.

Sdraiata sul letto non riesco a dormire. Sono così eccitata per come è andata la serata a teatro che scaldo una camomilla e mi siedo sul balcone a osservare la notte finire. Presa una coperta mi accoccolo sulla sedia a dondolo.

Le strade sono vuote. Le poche stelle che si vedono sono sbiadite.

Poco dopo Vito si affaccia dal suo balcone.

«Non riesci a dormire? Neanche io» dice.

Accarezzo i fiori Bella di Notte che si stanno chiudendo per sbocciare di nuovo la sera dopo. Ho chiesto a Vito se volesse venire da questa parte del balcone.

«Scavalcherei tutti i balconi della città per dormire con te» dice sul serio.

«Non è necessario arrivare a tanto» rispondo io.

Lui ritorna in casa. Si infila le scarpe, in pochi minuti Vito esce dal suo palazzo, attraversa la strada e citofona da me.

Yellow abbaia e si fionda sulla porta d’ingresso, ma io lo prendo e con un osso lo chiudo in salotto. Apro la porta del condominio e quella dell’appartamento. Vito sale le scale di corsa come se fossi in pericolo e la solitudine mi volesse accoltellare. Finalmente eccolo.

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