GIOSTRA FALLIMENTARE di Aldo Mongiello (versione integrale)

«Ciao Nadia come va oggi» mentre sbircio verso l’atrio la sala d’attesa.

«Buongiorno professore questa è la posta e l’elenco delle telefonate che sono arrivate ah il dottor Castaldi dice che è urgente.»

Do un’occhiata alle carte e c’è anche un fax, benché ormai sempre più rari, e ad un mio sguardo Nadia mi aggiorna sulla situazione dello studio.

«Ci stanno Luisa e Mario, l’avv. Chiofalo, l’avv. Ferri in biblioteca con una persona, poi in sala d’attesa due clienti di Angelo che ancora non è arrivato.»

Mi dirigo verso la mia stanza l’ultima in fondo allo studio e così andando «ciao Luisa» e lei, alzando gli occhi dal documento, «ciao Adriano» e poi «ciao Mario» e lui, continuando a digitare, «ciao professore» con analoghi saluti diretti anche a Rover, il mio cane, che esce con me la mattina, mi aspetta in macchina davanti al tribunale, poi si fa i suoi giretti, entra in studio, si affaccia nelle stanze ed insomma, anche per lui, come un posto tra amici.

La finestra è già aperta e la stanza è inondata di sole, con ansia poggio sulla cassettiera le carte prese in segreteria e tiro fuori dalla cartella, sistemandoli sulla scrivania, i tre fascicoletti formati in cancelleria questa mattina per i nuovi tre incarichi quale curatore affidatimi dal presidente della sezione fallimentare:

Fallimento Nuova Tessile Spa;

Fallimento Siderurgica Romana Srl;

Fallimento Immobiliare Pontina Srl.

Il primo, il fallimento della società tessile, sembra buono, dichiarato per circa 1.700.000,00 euro di ammontare creditorio con nove creditori istanti, tra cui due banche e tre dipendenti di uno stabilimento in zona di Bergamo; soprattutto le notifiche andate a buon fine, quindi con una sede funzionante, ma se ha uno stabilimento in zona di Bergamo perché è stata dichiarata fallita a Roma? Vuoi vedere che la sede è presso uno studio commercialistico? Oltre l’accesso ovvio ed immediato presso la sede, è urgentissimo verificare la situazione stabilimento: è chiuso o è tutt’ora in funzione?

Il secondo, il fallimento della società siderurgica, non vale niente, un carico penitenziale affibbiatomi nell’ambito della terna: due creditori istanti per poche migliaia di euro, notifiche tornate indietro con relata di sede chiusa ed analoga sorte per quella all’amministratore; dunque, un incarico di solo lavoro e sole spese da anticipare senza rimborso, perché ci scommetto non trovo più niente, o forse materiali e macchinari solo da smaltire con ulteriori costi a carico della procedura che, in mancanza di un eventuale attivo, saranno anch’essi  a carico del sottoscritto prima di chiudere il fallimento.

Il terzo, il fallimento della società immobiliare, non si capisce se buono o meno ma propendo per quest’ultima ipotesi, due soli creditori istanti, una banca per un credito di 337.000 euro e un ingegnere per 16.500 euro, le notifiche andate a buon fine ma nessuno presente in sede prefallimentare, mentre per quel tipo di credito se avesse avuto un attivo da difendere qualcuno sarebbe intervenuto, anche nessuna nota della Guardia di Finanza; occorre solo andare alla sede per interrogare  l’amministratore e ritirare la contabilità, poi si vedrà.

Insomma, mi sa tanto che questa volta mi hanno trattato proprio male: due fallimenti puzza in conto del primo, quello della società tessile di Bergamo che, comunque, non brilla per appariscenza e valore a prima vista del patrimonio, cioè per l’attivo realizzabile e l’ammontare del conseguente compenso a fine incarico.

Bah, in ogni caso bisogna muoversi, i primi giorni si può lavorare le famose 36 ore al giorno; quindi, alzo il telefono e:

«Nadia, puoi dire a Luisa e Mario di venire da me se non hanno nulla di urgentissimo da fare?» e intanto che arrivano guardo la posta e le telefonate e c’è evidenziata la telefonata di Castaldi, quindi di nuovo «Nadia, scusa chiama Castaldi e passamelo» almeno mi libero di questa strana urgenza sperando che non si dilunghi.

Meno male, mi arriva subito la telefonata:

«Ciao Monticelli, l’hai fatta quell’istanza per la nomina di un CTU per la causa Fallimento Zara contro il supermercato di Nettuno? Infatti, venerdì ho un incontro col Giudice Delegato e nell’occasione do anche il mio parere, ah stamattina in fallimentare ho visto sulla scrivania di Rosa i tre fax delle tue nuove nomine, tienimi di conto se è il caso» la risposta è immediata «ovvio, ma li sto esaminando proprio ora e mi sembra che mi abbiano dato una fregatura, l’istanza te la deposito domani e te la anticipo via mail ciao.»

Sento i passi nel corridoio e già sulla porta Luisa e Mario:

«Professore che è successo» quasi all’unisono.

«Beh, sentite bene, mi hanno nominato curatore per tre nuovi fallimenti, il giudice delegato è Caruso e questi fascicoletti sono gli appunti presi stamattina in cancelleria da Rosa: uno potrebbe essere buono, gli altri due sembrano una schifezza, in ogni caso sapete bene che quando arrivano nuovi incarichi per i primi giorni non ci stanno compagni, né fidanzate, né aperitivi, né mal di pancia.»

Mario è avvocato da appena un anno, un ragazzone alto capelli nerissimi sempre un po’ lunghi e pettinati, non capisco come fa visto che gira in scooter, e appunto, buttandosi dietro una ciocca:

«Professore, sono proprio contento è più di un anno che sono nel suo studio e seguo tutti fallimenti già iniziati, alcuni anche con aste già fatte e vicino a chiusura, finalmente posso seguire un fallimento dall’inizio.»

Luisa non si lascia sfuggire la punzecchiata:

«Guarda Mario che ti voglio rivedere col libro di fallimentare sulla scrivania e poi ti interrogo pure, anzi ti faccio scrivere gli atti e poi te li correggo con la bacchetta» e finalmente entrambi si siedono.

È il mio turno:

«Ora vi racconto quello che mi sembra da una prima lettura. Per il primo fallimento, si tratta di una società tessile che non sappiamo cosa produca, se stoffe, se vestiti, se accessori, se ecc. ecc. Una volta mi è capitata una società che produceva cordami ma inquadrata sempre nel tessile. Importante, ha uno stabilimento in zona di Bergamo e questo sarà chiuso o ancora attivo? La sede è quasi sicuramente presso un commercialista e l’esperienza mi dice che la crisi è iniziata tempo fa, pressando l’amministrazione a spostamenti di sede per occultare la crisi, fino a Roma dove è stata dichiarata fallita. Cosa mi dite?»

Luisa, con la sua esperienza interviene subito, chiedendomi l’esito delle notifiche e della prefallimentare, assorbendo bene il problema dello stabilimento e dei dipendenti, soprattutto se ancora attivo.

Mario è in silenzio e ascolta.

 «Oggi si cerca il numero di telefono, la mail, il fax e qualunque altro mezzo per comunicare con l’ufficio e/o il luogo ove è posta la sede e se siamo fortunati prendiamo un appuntamento per lunedì mattina, altrimenti, ci andiamo lunedì mattina al buio» continuo io.

«Professore io lunedì mattina ho udienza» interloquisce Mario.

«Attaccati, volevi seguire un fallimento dall’inizio, manda un collega» gli rispondo.

 Poi, rivolgendomi a entrambi:

«E adesso, un accenno a questi altri due fallimenti: la SIDERURGICA è una fregatura, sede chiusa e la sede era sicuramente un negozio o un’officina aperta al pubblico, due creditori chirografari per poche migliaia di euro, ecc. Luisa ti spiegherà bene, Mario, il significato di quello che ho detto e le cose da fare; poi la IMMOBILIARE, che è un’impresa di costruzioni e non un’agenzia, perché la banca quale creditore istante vanta un credito di un certo importo e ciò ci fa supporre che potrebbe avere uno o più immobili da qualche parte, magari, sia però, che potrebbe aver cessato l’attività e non avere più nulla, visto che nessuno si è presentato in prefallimentare.»

Li guardo, assentono in silenzio e Luisa sorride avendo ben capito sia il panorama dei fallimenti affidatici, spontaneamente al plurale come equipe, sia il compito che ci aspetta e di nuovo, rivolgendomi ad entrambi:

«Prendete questi tre fascicoletti, dite a Nadia di farne tre copie, una per ciascuno di noi e di preparare i rispettivi faldoni in segreteria, voi organizzate l’accesso alla Tessile per lunedì mattina, guardate le notifiche effettuate, verificate l’indirizzo, cercate un telefono o un modo di prendere un appuntamento, così ci evitiamo un incontro al buio per mancanza del responsabile o della documentazione.»

Raccolti i tre fascicoletti si alzano con aria soddisfatta come due esploratori guerrieri ed io:

«Luisa ti affido il pischello, spiegagli come fare e mentre tu ti organizzi con Nadia, Mario potrebbe iniziare analoghe ricerche per gli altri due fallimenti.»

Sono incuriosito e attratto dal fallimento della IMMOBILIARE e c’è un accertamento che posso fare subito, con i dati a mia disposizione: verificare in Conservatoria e nel Catasto la consistenza immobiliare attuale e comunque la sorte cronologica del patrimonio.

Oh potenza del sistema informatico, ma come facevano prima, entro cinque minuti la verifica catastale mi mostra sullo schermo del PC la scheda della IMMOBILIARE PONTINA SRL che nel tempo risultava proprietaria di una palazzina di tre piani a Torre Astura, attualmente  un terreno agricolo di Ha 7,6 ad Aprilia ed un fabbricato rustico di ampia cubatura, due piani e soffitta, sempre ad Aprilia e sembra sullo stesso terreno, probabilmente l’originario casale come i tanti in zona risalenti alla sistemazione territoriale della Bonifica, analogamente a quelli a nord di Roma per l’Ente Maremma.

La verifica in Conservatoria conferma tutto, il terreno agricolo con sovrastante fabbricato rurale è stato acquistato nel 2009 per 67.000 euro, mentre gli appartamenti della palazzina a Torre Astura sono stati tutti venduti tra il 2008 e il 2010 e dopo che ha fatto la società? E io mi trovo sul gobbo un terreno agricolo da vendere che non vale tutti gli impicci che comporta.

In macchina, Luisa e Mario mi informano che per la NUOVA TESSILE su internet hanno trovato il sito con la mail e gli altri recapiti a Bergamo, ma visto che ai telefoni non rispondeva più nessuno hanno anche inviato una e-mail per avvisarli del fallimento e dell’accesso di questa mattina presso la sede a Roma; in ogni caso, hanno tutta la giornata libera se voglio procedere anche nel pomeriggio.

All’indirizzo di viale Parioli sul portone non c’è alcuna targhetta della NUOVA TESSILE ma il portiere ci dice di andare al terzo piano presso lo studio dei commercialisti associati, e ci avrei scommesso; lì dopo cinque minuti in sala d’attesa incontriamo il dott. Magni, che si occupava della società ora fallita e che ci accoglie costernato per la telefonata ricevuta dall’amministratore che comunicava l’avvenuto fallimento e preannunciava il nostro accesso di questa mattina.

Mi viene spontaneo chiedere:

«Ma come, dott. Magni, avete ricevuto tutte le notifiche, sia degli atti precedenti, sia infine della pendenza di un’eventuale dichiarazione di fallimento.»

«Certamente, ma io mi occupo soprattutto della contabilità, mentre tali questioni incombevano all’avvocato dell’azienda, tant’è che appunto il prossimo giovedì avevamo concordato un appuntamento congiunto qui in studio. In ogni caso, l’amministratore David mi ha detto di concordare un appuntamento quando vuole, anche domani, presso il suo studio, altresì autorizzandomi a consegnare la documentazione amministrativa e contabile della società che mi sono permesso di preparare separata, come preferisce, per gli ultimi 3 o 5 anni» precisa lui.

Nessun accenno alla questione più importante, per cui reagisco:

«Ma, dott. Magni, mi sembra di capire che l’azienda sia tutt’ora operativa, invece la produzione va immediatamente fermata, oppure sotto la sua responsabilità organizzare una contabilità separata, almeno per una settimana fino all’accesso in loco con il cancelliere per l’inventario; anzi, le chiedo la cortesia di approfittare della sua segreteria per inoltrare immediatamente all’amministratore i fax e le e-mail già preparati a tale scopo, che ora le mostro. Inoltre, aspetto l’amministratore signor David mercoledì prossimo alle ore 17,00 presso il mio studio, se vuole può farsi assistere da un avvocato; sarà lui stesso a consegnare i libri sociali e la documentazione contabile preparata, che ora i miei collaboratori provvederanno a sigillare. Nell’attesa potremo leggere il verbale scritto di questo accesso, già di volta in volta verificato, che sottoscriveremo entrambi.»

Abbiamo ancora tutto il pomeriggio e discutendo sull’accesso appena concluso, decidiamo di andare alla sede della IMMOBILIARE in zona Boccea, così rimaniamo nello stesso quadrante di Roma tra viale Parioli, Boccea e lo studio.

Dopo 10 semafori di via Boccea e vari giri tra incroci e sensi unici, raggiungiamo l’indirizzo ed il civico della sede e lì, sorpresa, sul citofono c’è la targhetta di un Dott. Eugenio Mazza -commercialista – con attaccate tre striscette di carta con nomi di società, uno dei quali è la nostra IMMOBILIARE e non ci resta che citofonare al dott. Mazza.

Lui è anziano, lo studio è modesto e la cordialità nel riceverci è offuscata dalla preoccupazione, forse paura dell’evento: il fallimento della società e la visita del Curatore che presenta la sentenza dichiarativa nelle vesti di un pubblico ufficiale incaricato dal Tribunale.

Si capisce subito che ha poca dimestichezza con la faccenda, forse è il primo fallimento con cui si scontra; un commercialista avvezzo a fare dichiarazioni dei redditi, a tenere la contabilità di qualche piccolo condominio, di negozi del quartiere e di qualche libero professionista in zona, e che per guadagnare un bonus senza particolare lavoro ha inserito nella propria attività la domiciliazione di sedi societarie.

Nell’ufficio non ci sono altre persone, la segretaria lavora tre giorni a settimana come mi dice il dott. Mazza quasi scusandosi.

Giunti nella sua stanza, dichiaro:

«Questo, dott. Mazza, è un accesso formale di cui si redigerà verbale, le chiedo pertanto se la documentazione amministrativa e contabile della IMMOBILIARE PONTINA è disponibile presso questo studio, che è anche la sede della società, contabilità che i miei collaboratori provvederanno a sigillare in sua presenza. Le chiedo, inoltre, la reperibilità attuale dell’amministratore signor Sartori, numero di telefono e eventuali altri recapiti, anche confrontando l’indirizzo in suo possesso con quello che risulta all’Ufficio fallimentare. Le chiedo, infine, quale responsabile della tenuta della contabilità, tutte le informazioni che ritiene necessarie e/o opportune circa l’attività svolta.»

Scompigliandosi i capelli, Mazza tentenna sposta carte sulla scrivania e poi:

«Io seguo la IMMOBILIARE PONTINA da quattro anni e in questo periodo non ci sono stati fatti di rilievo, scusi…»

Si alza, va in segreteria e torna con un faldone, lo apre e ne tira fuori un fascicolo che poggia sulla scrivania e poi:

«Vede signor Curatore, questi sono gli ultimi due bilanci, ma l’ultimo risale a due anni fa; infatti, a dicembre l’amministratore Sartori mi telefonò per avvisarmi di impedimenti e che l’assemblea per il bilancio si sarebbe tenuta entro il prossimo giugno, quindi nei termini di legge.»

«E in questi quasi due anni lei ha ricevuto posta, notifiche, avvisi e non ha mai comunicato col Sartori?»

«Sì, comunichiamo per telefono; comunque è venuto a maggio dell’anno scorso per darmi alcune fatture di costi e di vendite, gli e/c della banca con il saldo debitorio e per chiarimenti per alcuni lavori effettuati sul terreno e pagati, ma solo con ricevute, quindi come imputarli in bilancio. Ecco avvocato, questi sono i documenti.»

«E poi? L’assemblea si è tenuta? Come mai manca il bilancio.»

«Il signor Sartori non è più venuto. Io gli ho telefonato, ma lui è stato un po’ evasivo e scherzando mi ha anche detto che con la mia bravura avrei risolto il ritardo con il fisco; comunque, mi avrebbe fatto un bonifico per la domiciliazione della sede e per la prestazione professionale. Ecco, questa è proprio la mia fattura già annotata nella contabilità, come può vedere, contabilità pronta per il bilancio.»

«E dunque, cosa è avvenuto dopo, vi siete incontrati, vi siete sentiti per telefono? È passato quasi un anno. Ha anche ricevuto delle notifiche, di queste novità nell’ordinario lavoro lo avrà avvisato.»

«Sì, ho provato a telefonargli, ma mi ha risposto una sola volta, un po’ evasivo per altri impegni e poi avrò telefonato altre 4/5 volte, ma non mi ha più risposto. Volevo anche concordare per il bilancio di quest’anno, se aveva documenti da anticiparmi.»

«E insomma, non si è preoccupato? Non gli ha scritto una lettera, una raccomandata?»

«No, in qualche modo mi è passato di testa, in fin dei conti non è un mio problema. Se arriva qualche cosa la segretaria mi avvisa e poi inserisce nel fascicolo. Penso di aver telefonato ogni volta, ma non è adempimento della domiciliazione di sede scrivere per ogni carta che arriva, questa era una società pressoché inoperativa, provi a pensare ad una società in piena attività, no non è compito nostro.»

«Questo è il libro soci, vediamo, ma sono solo 2 soci: l’amministrare Sartori per il 90% ed un certo Angelo Fucci per il 10 % e di quest’altro signore che sa dirmi?»

«Ah non l’ho mai visto, nelle due assemblee per il bilancio svoltesi qui in studio il signor Sartori aveva la delega dell’altro socio, sinceramente non l’ho mai cercato, né mai ho controllato il suo indirizzo risultante dal libro soci, è compito dell’amministratore comunicarmi le eventuali variazioni dei dati personali.»

«Va bene, noi acquisiamo il fascicolo della IMMOBILIARE PONTINA, legga il verbale che sottoscriviamo insieme e, scusi, quello indicato del Sartori è l’unico numero di telefono a Sua conoscenza? Lo conferma?»

Sono appena le sei e mezza e il Sartori abita vicino Circonvallazione Cornelia, quindi sempre in zona.

Mentre io guido Mario prova a telefonare, ma risponde la TIM per numero irraggiungibile; d’accordo, andiamo a vedere quello che troviamo e quello che succede, anche questo fa parte del nostro lavoro: le persone in genere, impiegati, negozianti, professionisti, e anche molti colleghi, non si rendono conto di come si svolga l’attività di un curatore fallimentare.

Il numero civico è un portone col citofono in una palazzina di tre piani, ma lì non risulta alcun Giuliano Sartori.

Il portone è solo accostato quindi entriamo a controllare le cassette della posta, non si sa mai.

Ed eccolo lì Giulio Sartori, su un’eticchettina scritta a penna e fissata con lo scotch all’interno del vetro dello sportello.

Saliamo all’int.6 come indicato sulla cassetta e al secondo piano troviamo due porte delle quali una con altro nome ed una senza targhetta, il campanello non funziona e bussiamo senza alcuna risposta, Mario cerca il mio assenso e prova a suonare all’altra porta, nessuno risponde o apre.

«Basta, lasciamo una copia della sentenza dentro la cassetta della posta, con l’invito a presentarsi immediatamente presso lo studio e ci pensiamo domani a cosa fare se non si fa vivo; adesso scendiamo e entriamo nel bar qui a fianco che vi offro un caffè.»

Il banchista è giovane, ma si vede che il barista è il signore alla cassa, un signore simpatico di mezza età che urla la sua buonasera e mentre pago e lui a voce alta rivolto al banchista:

«Tre caffè uno al mistrà» che è il mio, mi stimola il guizzo avvocatesco investigatore e quindi chiedo:

«Scusi cerco Giulio Sartori che abita nel portone a fianco, ma non so l’interno, per caso lo conosce?»

«Ma è il signor Giulio, brav’uomo, era simpatico poveraccio, si prendeva sempre il cappuccino freddo pure d’inverno.»

E passando subito al colloquiale avendo aperto il gioco chiedo:

«Scusa, ma perché ne parli al passato, poveraccio? Oddio, che gli è successo.»

«Ma non lo sa? È morto. S’è buttato dal balcone proprio qua davanti, l’hanno trovato quelli che scaricano i cassonetti, di notte i negozi qua sono tutti chiusi, pure io chiudo alle undici, tanto c’è poco passaggio; vede non ci sono palazzoni né ristoranti, dopo le undici di sera solo poche persone che tornano a casa, è una zona di operai e impiegati, niente movida qui.»

«Ah poveraccio, ma quand’è successo?»

«Beh, vari mesi fa, non mi ricordo bene, sono quei fatti che poi passano e si ricordano solo se uno te ne parla.»

«Mannaggia, era giovane mi sembra avesse meno di cinquant’anni anni.»

«Scusi, ma perché lei lo cerca, lo conosceva bene, era suo amico? E non sa che è morto da quasi un anno.»

«Non proprio amico, ci siamo incontrati 2/3 volte a Torino per un affare insieme, lo abbiamo rimandato e poi non ha più risposto al telefono, ora capisco perché. Dovendo venire a Roma ho pensato di passare da lui. Mi immagino la famiglia, la moglie che s’è svegliata con le sirene, la polizia, non so se avesse figli.»

«Noo, non aveva nessuno, era scapolo, per questo si prendeva il cappuccino da me, che poi non usciva a orari fissi, normalmente verso le nove, le dieci, solo a volte, io apro alle 6,00, lo vedevo arrivare prima e anche allora niente cornetto, io ci scherzavo gli dicevo che gli sarebbe venuta l’ulcera, e invece guarda te ‘poraccio.»

«E non s’è saputo niente? Avrete parlato fra voi che lo conoscevate, l’alimentari all’angolo, quelli del palazzo, che si cucinava da solo? La rosticceria sta qui a 20 metri.»

«Sì, ma lui non diceva niente, parlava poco di sé, manco so’ che lavoro facesse, mi sembra che avesse un’attività verso Latina, perché negli ultimi tempi si sfogava, ma di mezze parole, che gli stavano mettendo intralci e intralci e mai fidarsi di quelli che lavorano al Comune, sia i politici che gli impiegati, tutti piedi caldi e culo pesante, così diceva.»

«E la polizia? Si è saputo qualcosa?»

«No, quelli sono venuti, sono entrati nell’appartamento hanno portato via cose, non so cosa, e poi il proprietario l’ha svuotato del tutto, mi pare che sia ancora sfitto, che è che l’interessa? Che conosco il proprietario.»

«No, bella chiacchierata, e poi bravo per il caffè al mistra’ che diventa raro, tanti ormai che non hanno il Mistra’ e te lo vogliono fare con la Sambuca.»

Ci dirigiamo finalmente verso lo studio e mentre guido Mario, che è seduto dietro e si spulcia le carte, a un certo punto mi chiede:

«Ma professore qui sulla sentenza il nome dell’amministratore Sartori è Giuliano, perché si faceva chiamare Giulio che neppure è un diminutivo? Oltretutto l’aveva scritto sulla cassetta della posta, con quest’altro nome che ha buttato lì al bar abbiamo saputo più informazioni dal barista che dal commercialista.»

«Mario, Luisa ormai è un’esperta e non s’è meravigliata, ma piano piano capirai anche te la particolarità e la specificità del lavoro che facciamo quando l’avvocato è anche curatore fallimentare; presto ti accorgerai che la sezione fallimentare del Tribunale è quasi un mondo a parte, il 60% – 70% delle facce sono sempre le stesse e gli atri avvocati poco ci si raccapezzano, anche perché il Diritto Fallimentare, meglio Concorsuale, è un diritto speciale a latere del Codice Civile, o lo conosci o non lo conosci, anche se sei un bravissimo avvocato. Ora però basta parlare di filosofia, arriviamo in studio e ci organizziamo il lavoro.»

Sono quasi le nove di sera, Mario abita verso Cinecittà ed ha lo scooter mentre Luisa abita vicino allo studio e va e viene a piedi.

Luisa è quasi il mio alter ego, piccolina, capelli ricci e occhi sorridenti, era una mia praticante e da più di 30 anni è un avvocato dello studio specializzata in diritto di famiglia, ma anche con solidi addentellati in fallimentare; soprattutto è un’amica ed una persona essenziale che tiene in piedi lo studio, nel senso che fa i bilanci regolari delle spese e poi viene da ognuno a riscuotere per la cassa comune.

Sotto lo studio, non si riesce a scioglierci e in quelle normali frasi smozzicate di commiato non mi sento anch’io di concludere così una giornata campale come quella trascorsa, per cui dico:

«Sentite, se non avete impegni vi invito al solito cinese dietro lo studio così mangiamo, ci rilassiamo e con il sakè ci organizziamo la giornata di domani» e con il sorriso di entrambi rimetto in moto e andiamo al ristorante.

Per fortuna si può ancora stare fuori sulla terrazza e dopo cena mentre sorseggiamo il sakè caldo fumandoci una sigaretta, siamo tre fumatori accaniti, spiego i miei pensieri organizzando la prossima giornata.

Va da sé, però, che l’intreccio della conversazione si focalizzi sullo strano fallimento della IMMOBILIARE.

In primo luogo, il suicidio dell’amministratore sembra un evento strano, Giuliano o Giulio che sia, è una persona che abbiamo conosciuto nella sua identità apparente, ma incasellando come dati le informazioni reperite della persona operativa attiva e della persona privata emerge un che di concretezza che lascia perplessi; quello non sembra il tipo che si suicida per un’esposizione debitoria di 350.000 euro a dir tanto, anche perché dalle informazioni del commercialista e del barista sembra che nell’ultimo anno avesse in piedi un qualche affare, quindi c’è qualcosa che non conosciamo e dobbiamo scoprire.

In secondo luogo, perché in quasi un anno dal suicidio nessuno si è presentato dal commercialista a chiedere informazioni sul morto, dobbiamo appurare.

In terzo luogo, la storia dei due nomi non convince, analogamente per il socio fantasma che dobbiamo rintracciare e interrogare.

Luisa e Mario hanno ascoltato attentamente il quadro generale del fallimento che mi sono fatto, il cameriere ha già servito altri due sakè e noi stiamo riempendo il secondo portacenere, per cui concludo:

«Allora, domani mattina voi andate in Cancelleria e fate copia di tutti i documenti presenti nel fascicolo fallimentare, ovviamente visto che ci state di tutti e tre i fallimenti, tanto è un lavoro che va fatto comunque e chiedete a Rosa almeno 4 copie autentiche della sentenza per ciascun fallimento che ci serviranno, non tanto per la SIDERURGICA che ce la dovremmo sbrigare in mezza mattinata, ma per gli atri due certamente. Domani pomeriggio, invece, tutti e tre topi di biblioteca in studio, ricerche nel Registro Imprese e Camera di Commercio, ricerche Agenzia Entrate, ricerche ufficio IVA, Anagrafe; infine, tu Mario che hai fatto penale da poco ciò che avviene a seguito di suicidio e in questo ci facciamo aiutare dall’avvocato Ferri che è il penalista dello studio. Se è tutto okay bravi per la giornata di oggi, adesso accompagniamo Luisa al portone di casa e tu Mario ti riporto in studio dove hai lasciato lo scooter.»

Torno a casa pure io?

E poi che faccio, zapping fra i telegiornali e poi un episodio di qualche serie iniziata e zapping fra TG e serie?

Non mi va, tanto meno di leggere, già troppe carte oggi, me ne vado al pub da Maurizio, così anche Rover dopo le risicate zampettate di tre minuti l’una che ha fatto oggi si perde un po’ nella notte nei vicoli intorno al pub.

A quest’ora, poi, qui vicino al Pantheon i vicoli e le piazzette sono pressoché deserti e poco illuminati da quelle vecchie lampade appese tra i palazzi che fanno il colore di Roma, almeno nel centro.

Rover entra con me e nell’unisono dei saluti degli amici:

«Ciao Adriano» o «ciao avvocato» e «ciao Rover» chi al bancone chi ai tavoli chi alle freccette, Rover riprende l’uscita per i suoi giri notturni e io mi accosto al bancone, raramente siedo a un tavolo, mentre Maurizio ha già preso la bottiglia di whisky irlandese marchio del pub e lo serve in due bicchieri sfaccettati, sempre e solo quelli per gli amici, alzando il suo mentre alzo il mio e «buonasera avvoca’».

È la fine giusta della giornata, la chiacchiera con gli amici, l’amica che ti sorride e non sai se e quando inizierebbe una storia, Maurizio parla dei lavori a Fiumicino per preparare la sua barca per la prossima estate e poi Eva che viene al bancone col suo bicchiere per un salute insieme.

La giornata trascorsa scompare in una stasi di serenità e anche i pensieri scivolano via, delegando all’inconscio in fondo al cervelletto l’incastro dei dubbi e della storia giuridica.

 Ma dopo il terzo whisky sorseggiato sulla soglia insieme a Maurizio ed Eva comincio a fischiare, finché dopo una ventina di secondi compare Rover trotterellando e scodinzolando, una pacca a Maurizio, un bacio quasi sulle labbra a Eva, un ciao collettivo agli amici dentro e mi ributto nella giornata impegnativa che sarà domani. 

Oggi università, sessione di esami.

Parcheggio nel piazzale della Minerva e lascio uscire Rover dalla mia 500 gialla; mentre lui gira ed annusa intorno sul prato antistante la facoltà, mi arrotolo una sigaretta, guardando gli studenti che arrivano, chiacchierano, scherzano e si attardano prima di salire la scalinata di Giurisprudenza.

Nell’atrio alcuni saluti e mi avvio all’aula III dove mi accoglie Carmine consegnandomi la lista nominativa degli studenti, il verbale è già sulla cattedra pronto per scrivere la formula di apertura della sessione.

Sono 56 gli studenti che hanno superato la prima selezione con la prova scritta e dopo l’appello inizia la chiamata secondo l’ordine di prenotazione: ormai senza i cosiddetti cultori della materia siamo solo in cinque e occorrerà tutta la giornata.

Meno male, che dopo interminabili riunioni si è trovato un accordo inter-cattedre sullo standard della prova scritta, ora sono 24 domande a risposta multipla, poi, chissà perché si è deciso 24 e non 20 oppure 28, mediazioni quasi incomprensibili della cultura burocratica universitaria.

Comunque, benché fossi contrario, meno male! Infatti, io propendevo per prove scritte argomentative, cioè con quattro domande sulle quali gli studenti dovevano argomentare e motivare una risposta, ma il sistema è durato solo un paio di anni, perché la correzione richiedeva un intero pomeriggio e la serata per decidere se la risposta era giusta, oppure, passabile, se non sbagliata.

Insomma, con l’introduzione del filtro prova scritta, l’esame orale è piuttosto un dialogo con lo studente teso a valutare la sua conoscenza della materia, benché parametrata con un voto dal 18 al 30 e lode, a malincuore avviene una bocciatura.

L’esame termina verso le quattro, sono già nella mia 500 e mi accingo a tornare in studio, quando prima di mettere in moto mi arriva la voce di due ragazze sedute sul bordo della fontana che parlano dell’esame con commenti che mi riguardano, non posso fare a meno di ascoltare: scopro che mi avevano visto stamattina mentre mi arrotolavo una sigaretta e dibattono se il professore si fa le canne visto che, anche se parecchio stempiato, ha un’aria giovanile con i capelli un po’ lunghi e spettinati e poi sempre con il colletto della camicia aperto e la cravatta un pochino scesa, però lo escludono, anzi, riportando pure commenti di altri studenti, sono contente di come è andato l’esame. Va bene, metto in moto e vado verso lo studio.

Dopo cinque minuti, mi trovo ingolfato in un ingorgo di traffico su viale Castro Pretorio e vedo lontano, quasi irraggiungibile, il tunnel di Muro Torto.

È veramente un’assurdità andare in studio, non si sa dove è il blocco, forse è proprio un incidente dentro il tunnel, rischio di arrivare fra le sei e le sette di stasera, a che pro, giusto per salutare e poi uscire?

No, sono vicino casa e tanto vale che vada a casa, poi lì ho sempre qualcosa da fare e che rimando per altri impegni, quando arrivo telefono in studio; peraltro, il giorno dell’università, che sia lezione oppure esami, già sanno che faccio il professore e non l’avvocato e aspettano che sia io a chiamare.

A quest’ora il parcheggio dell’ambasciata è libero e parcheggio la 500 proprio sotto il portone, benché tante volte la lascio davanti in seconda fila e l’addetto mi citofona se l’ambasciatore deve uscire.

 Entro a casa ed il grande lungo corridoio è ancora pieno di luce che entra dalle portefinestre aperte della camera di Enea, del salone e dello studio, fino all’ultima portafinestra direttamente in fondo al corridoio, nella mia biblioteca personale, che è sull’altro lato dell’appartamento e che è immersa nella luce rossa del tramonto. 

Nello studio poggio la cartella sulla scrivania e tiro fuori le fotocopie dei verbali di ieri, già distinte nelle rispettive cartelline, metto da parte quella della società tessile e apro quella della IMMOBILIARE rileggendo sia il verbale del commercialista, sia i nostri appunti, ancora scritti a mano, dell’intervento presso quella che avrebbe dovuto essere la residenza dell’amministratore Giuliano Sartori, invece abitata da un certo Giulio Sartori.

Porca miseria, aveva proprio paura di confondersi nella scelta di un nome falso. 

Ma perché poi, doveva usare un nome falso se quella era la sua residenza ufficiale? Mi sembra una stronzata. Più probabile che siano veramente due persone e che sia casuale la quasi omonimia? Ma quanto ci credo poco alle coincidenze. Mi sa che devo rintracciare l’altro socio, del quale oltre il nome non si sa nulla, se è socio fin dall’inizio, almeno sull’atto costitutivo risulteranno i suoi dati e l’indirizzo, sempre che sia lo stesso fino ad oggi, almeno ci si prova; domani in studio si controlla.

A proposito di studio, fammi telefonare prima che escano tutti:

«Ciao Nadia, sono a casa, novità?»

C’è un parlottare in segreteria e:

«Buonasera professore c’è proprio Luisa qui da me che si chiedeva che fine avesse fatto, poi gliela passo, come posta ci sono due raccomandate, una dell’avvocato Ferri da Bari ed una dell’avvocato Prisco di Roma, poi alcune lettere, ah una dell’università di Macerata, telefonate nulla di urgente, almeno mi sembra, le passo Luisa, a domani» fruscii e poi «ciao Adriano, allora io e Mario domani mattina siamo in cancelleria a ritirare le copie dei fallimenti che abbiamo richiesto oggi, io poi ho pure udienza, quindi forse Mario arriva in studio prima di me; oggi, però, qualcosa ci ha preoccupato, c’era un’Alfa Romeo parcheggiata di fronte, avanti la clinica, con dentro una persona che controllava il nostro cancello. Nadia se n’è accorta, tanto che è venuta da me per dirmelo e indicarmela dalla sua finestra della segreteria, la cosa che l’ha preoccupata è che il signore seduto come passeggero è venuto due volte verso il cancello e la seconda volta lei si è accostata alla finestra e si è accorta che questo signore controllava la citofoniera vicino il cancello, capirai, oltre i nostri ce ne sono solo altri tre. Insomma, sarà passata più di un’ora, poi hanno messo in moto e l’auto è partita a razzo. Bah non so che dire, comunque tutto qua, ah come sono andati gli esami? Quanti erano che non sei venuto in studio?»

«No Luisa non erano tanti, ho finito prima delle quattro e stavo venendo in studio, ma sulla strada c’era il delirio, tutto bloccato, pensa che quando ho deciso di lasciar perdere e venire a casa, ci ho messo 20 minuti per arrivare, un tratto che anche a piedi ci metti tra 5 e 10 minuti, dai a domani.»

Un urlo:

«Aspetta, Adriano, Nadia dice che questa sera ti manda via mail l’articolo sull’O.P.A. così te lo puoi guardare, ciao a domani.»

Sinceramente, non mi va adesso di mettermi a correggere, fra l’altro, neppure ho mangiato a pranzo.

Oddio che faccio, apro il frigorifero, guardo e l’idea di farmi un panino mi disturba, pensando quello che mi va di fare mi preparo un bicchiere con del Vermentino freddo e mi apro un sacchetto di grissini al sesamo, un aperitivo per schiarire le idee.

Decido di scendere da Andrea, la trattoria pizzeria tavola calda sotto casa, uscendo dal portone mi fermo ad aspettare i comodi di Rover e l’occhio mi va ad una macchina ferma in seconda fila a una ventina di metri, non ci faccio caso e fischiando a Rover giro l’angolo attraverso la strada ed entro da Andrea.

Saluti, alcuni avventori li conosco, sono della Polizia e dell’istituto universitario sulla mia strada, sparsi tra i vari tavoli, un paio mi chiamano «avvocato vieni a sederti qui siamo appena arrivati» accetto e subito Andrea «avvocato che ti porto, Pippo e Franco hanno preso vino rosso e pasta e fagioli» va bene anche per me e confermo con il dito alzato mentre rispondo non so a quale domanda fatta da loro due.

Mangiamo, beviamo e chiacchieriamo di storie inutili, ma a un certo momento mi si accende un flash: la macchina ferma in seconda fila era un’Alfa!

L’immagine mi si ripropone ogni tanto nella testa insieme al ricordo della telefonata con Luisa, ma va, non cominciamo ad essere paranoici, però, quando paghiamo ed usciamo mi invento con Pippo un ammazzacaffè su da me che loro subito accettano.

Giriamo l’angolo e l’Alfa è sempre lì, ma mentre apro il portone fa conversione e va via. Dopo una mezz’ora gli amici escono e il cervello inizia a pensare se sono io sotto il controllo di qualcuno, escludo subito la mia vita privata, non esiste alcuna seppur minima ipotesi; mi rimane di   scandagliare le possibili situazioni professionali in cui potrei essere invischiato, ma esercito solo nel civile quindi contenziosi dai quali è assurdo aspettarsi una qualsiasi minaccia.

Salvo, però, che la gran parte del mio contenzioso è connesso con la fallimentare: curatore di fallimenti e legale di fallimenti, ma il panorama è troppo ampio e complesso per puntare l’attenzione su una o altra procedura, né, peraltro, mi va, tanto meno stasera e, poi, lasciamo perdere, ci vuole ben poco a diventare paranoici solo perché ti sembra che una macchina ti controlli, quando, invece, ci possono essere decine di motivi perché si trovi lì.

Mi sveglio tardi, mi faccio un caffè accendo il computer e guardo le mail, ah Nadia mi ha mandato l’ultima stesura da correggere dell’articolo sulla O.P.A. quello che devo trasmettere urgentemente alla rivista.

Comincio subito a correggere, ormai quasi tutte correzioni di formato, di carattere, i corsivi, i tratti evidenziati, varie parentesi anche quadre per tutti gli esponenti con i numeri, le note da sistemare, per cui vado avanti, sto nell’argomento che poi mi piace e questo è il secondo articolo, ora su una O.P.A. aggressiva.

Altra parte del cervello, silenziosamente, elabora tutte le informazioni assunte lunedì nei due fallimenti con cui mi sono confrontato ed è lì un guizzo: porca miseria, oggi alle cinque arriva l’amministratore della NUOVA TESSILE.

Salta tutto il pomeriggio e salta pure il lavoro di correzione che mi ero messo a fare stamattina con l’articolo, devo andare immediatamente in studio e programmare l’incontro, chiudo il computer chiamo Rover ed esco.

Lungo la strada mi fermo in fallimentare, voglio ringraziare Caruso, il giudice delegato, per i tre nuovi incarichi, sperando che non abbia udienza perché non mi va di aspettare la fine dell’udienza, semmai sarà un’altra volta.

Sono fortunato, la porta è aperta e lei è sola alla scrivania a scrivere qualcosa con i riflessi del sole sui capelli biondi a coda di cavallo, busso sullo stipite sento un avanti deciso ed entro.

«Buongiorno giudice Caruso» avvicinandomi alla scrivania che è dall’altra parte della stanza vicino alla finestra aperta sul cortile.

«Buongiorno avvocato Monticelli», si alza, ci stringiamo la mano e ci sediamo.

«Giudice Caruso voglio ringraziarla per i tre nuovi incarichi che mi ha affidato: uno dei tre fallimenti mi sembra abbastanza buono, ma un po’ complicato, per gli altri non ho ancora un’idea precisa, comunque lunedì ho già fatto i primi due accessi e…»

Caruso mi interrompe:

«Avvocato che tempestività, magari tutti… scusi, continui.»

«Giudice, le voglio anticipare soprattutto la situazione del fallimento NUOVA TESSILE. Infatti, anche se ha sede a Roma, ovviamente presso uno studio commercialistico, ha anche uno stabilimento in zona di Bergamo e lunedì mattina abbiamo appurato che è ancora attivo e non c’è bisogno che le dica quali problemi ne insorgeranno: accedere a Bergamo per inventario, interrompere o meno la produzione, quanti sono i dipendenti e quale ne sarà la sorte; in ogni caso, l’amministratore viene in studio questo pomeriggio alle 17,00 e quindi si avrà un quadro complessivo più chiaro per le iniziative da intraprendere. Per gli altri due fallimenti, ieri abbiamo già fatto un accesso presso la sede della IMMOBILIARE PONTINA e sembrerebbe che l’amministratore si sia reso irreperibile, oppure, forse, che sia morto da circa un anno, ma la situazione non è chiara quindi non mi sbilancio. L’altro, invece, la SIDERURGICA ROMANA si presenta burocraticamente semplice, lei sa bene cosa intendo e si potrebbe chiudere anche in tempi brevi, ma sarò più preciso ad esito dell’accesso e del recupero della contabilità che ancora non so deve sia. Insomma, la ringrazio nuovamente Giudice e la terrò informata sugli sviluppi.»

«Avvocato, sono io che la ringrazio e apprezzo l’attenzione che ha subito dedicato ai nuovi incarichi; in sede prefallimentare avevo intuito i problemi che sarebbero potuti insorgere dal fallimento della società tessile e ho pensato, adesso faccio un dispetto all’avvocato Monticelli, sto scherzando, ho scelto lei perché ho piena fiducia nelle sue capacità e le auguro, buon lavoro.»

Arrivo in studio dopo mezzogiorno e nell’atrio incontro Nadia che veniva dall’altra ala dove è la mia stanza.

«Buongiorno professore, le ho messo sulla scrivania la stampata dell’articolo e dell’istanza per il Dott. Castaldi, posta solo pubblicità e le ha telefonato un avvocato del quale non ho fatto in tempo a segnare il nome perché quando ho detto che era assente ha salutato, dicendo ritelefonerò.»

Decido di liberarmi subito dell’istanza da anticipare via mail a Castaldi e depositare domani, l’articolo può aspettare.

Nell’attesa che arrivino Luisa e Mario preparo il prospetto dell’interrogatorio per l’amministratore della NUOVA TESSILE anche perché dubito che potremo fare ricerche e verifiche autonome prima del suo arrivo:

1) spiegazioni sull’inizio della crisi e sui creditori, quanti e chi sono i creditori oltre quelli istanti?

2) fornitori e clienti.

3) lo stabilimento come fabbricato e l’azienda come impresa (proprietà, affitto, comodato, gestione).

4) tipo di produzione, stato lavorazione.

5) impianti e macchinari

6) inventario (magazzino scorte, magazzino vendite, magazzino lavorazione).

7) dipendenti (quanti sono, qualifica, periodo assunzione).

Basta, molte di queste domande avranno una prima risposta con l’interrogatorio dell’amministratore ed il riscontro con la documentazione contabile ed amministrativa che consegnerà allo studio.

In ogni caso, domani sarà opportuno telefonare a Gizzi per la questione dipendenti, visto che il lavoro è il suo campo e spesso mi rompe per le questioni societarie.

«Ciao Adriano» è Luisa che è entrata nella stanza «senti, Mario è andato al bar a prendersi un tramezzino, io vado da me a ordinare tutte le carte prese in cancelleria e quando arriva Mario ti chiamiamo e ci mettiamo in biblioteca, tanto in studio non c’è nessuno.»

Un po’ di controvoglia, avevo dei pensieri in testa da focalizzare «va bene, ma sapete che cambia tutto il pomeriggio, avete dimenticato che oggi alle cinque arriva l’amministratore della società tessile?»

«Mannaggia, vado da me a dopo; ti voglio solo dire, che poi con la preparazione dell’interrogatorio scappa di testa, che un avvocato si è presentato in cancelleria per vedere il fascicolo della IMMOBILIARE, ma giustamente Rosa gli ha detto di fare l’istanza al giudice delegato per l’autorizzazione, previo tuo parere; ok vado.»

«Ciao a dopo, grazie.»

E chi è questo avvocato? Fino all’altro ieri nessuno sapeva del fallimento e oggi questo è già informato? È un fallimento stupido, non come la NUOVA TESSILE, che c’entra quest’aria di ingarbugliato, quasi di mistero, pure il morto che ha due nomi e nessuno l’ha cercato per quasi un anno, e poi chi dovrebbe essere stato cercato, il Giuliano o il Giulio? E chi gliel’ha detto a quest’avvocato del fallimento? Non il commercialista, neppure lo sapeva. Dunque, Lo sapeva già da sé che stava arrivando e lo aspettava in silenzio, ma chi, l’avvocato o piuttosto, il suo cliente? E se è così, chi è questo cliente e che cosa armeggiava nell’attesa del fallimento? E quali sono i suoi armeggi ora? Però c’è una cosa importantissima da fare subito.

Clicco sull’interfono:

«Luisa, Mario ancora non risponde, certamente s’è messo a parlare della Roma con Fabrizio, scusami, è importante, nel fascicolo della IMMOBILIARE PONTINA che hai preso stamattina in cancelleria, guarda i nomi dei due avvocati dei creditori istanti, quello della banca e quello dell’ingegnere, poi cerca i numeri di telefono e dalli a Nadia che me li chiami, scusa, voglio accertarmi se l’avvocato di stamattina, come mi hai detto, è uno di loro, oppure un terzo che non si sa chi o perché.»

«Vero, Adriano, quando me ne ha parlato Rosa l’avevo pensato pure io, poi m’è passato di testa.»

È ora di pranzo e nessuno dei due avvocati risponde al telefono, e ti pare. A Milano, Torino, Genova, alle cinque e mezza, sei, escono dallo studio, qui a Roma si arriva dalle quattro e mezza in poi.

Intanto è arrivato Mario e ci spostiamo in biblioteca, ha anche portato un tramezzino con l’insalata di pollo per me, è il mio preferito, e un cornetto per Luisa; noi mangiamo, per me anche un peroncino, mentre Mario va in segreteria a fare i caffè.

Finalmente, con le sigarette accese ci raccontiamo le rispettive mattinate, anche se tutti e tre in fallimentare, io al primo piano col giudice Caruso, loro a pianterreno fra cancelleria, ufficio campione e ufficio copie.

«Allora ragazzi», Luisa cinquantacinquenne mi fa una smorfia sorridente, ed io continuo «ho preparato questo prospetto di interrogatorio, suddividendo una scaletta di argomenti, piuttosto che di domande; infatti, il fallimento è complesso, come ha ritenuto anche Caruso quando mi ha nominato, addirittura oggi me l’ha presentato come un apprezzamento personale. In ogni caso, ora ci studiamo e appuntiamo le domande inerenti ciascun argomento e che formuleremo a verifica nel riscontro con la documentazione che…come si chiama?»

Luisa interviene:

«L’amministratore? Ennio David, ha 65 anni ed è residente a Leffe vicino Bergamo e lì sembra trovarsi anche la fabbrica.» 

«Ok grazie. Dunque,  il primo ed il quarto del prospetto sono gli argomenti di carattere generale sui quali lui dovrà parlare a braccio, anche dilungandosi, e sarà a noi, me e Luisa che ci intendiamo con gli occhi, puntualizzare volta per volta le domande, le contestazioni, le richieste precise di fatti e di eventi; in questa fase dell’interrogatorio opereremo anche noi a braccio, ma manovrando l’esposizione con le continue interruzioni per  richieste di riscontro e verifica con la documentazione contabile che lui dovrà ogni volta esibire, d’altra parte lui l’ha consegnata solo oggi. Questa prima fase dell’interrogatorio per noi sarà molto utile, sia per avere il primo sostanziale quadro dell’impresa in bonis e dell’impresa fallita, le intuizioni di prima mano sono quelle che spesso si consolidano, sia perché alla fine avremo già compiuto una importante selezione della documentazione contabile che ci servirà per una prima relazione al giudice Caruso. A proposito, ricordatevi che al 90% la settimana prossima si dovrà andare a Bergamo per fare l’inventario, eventualmente interrompere la produzione e chiudere l’azienda; quindi, occorrerà anche l’istanza a Caruso e la sua autorizzazione.»

«Professore, posso venire pure io o andate solo lei e Luisa?»

«Senti Mario, sicuramente andiamo noi tre, poi vedremo come ci organizzeremo. Adesso continuiamo che fra un po’ arrivano, lui con il suo avvocato. Dunque, gli altri argomenti ai punti 2) – 3) – 5) – 6) – 7) sono, per così dire, più semplici perché si basano su obiettivi riscontri contabili e documentali: elenco fornitori, elenco clienti, atti formali e/o contratti di vario genere, libro beni ammortizzabili, libro inventari, registro dipendenti. Insomma, o i dati scritti sono veri o sono falsi, salvo, qualora occorra, ma penso di sì, la verifica di un CTU contabile e di un CTU giuslavorista dei quali si chiederà la nomina. Tutto chiaro? Ora vado nella mia stanza a fare una telefonata, Mario leva gli altri fascicoli e lascia solo quello della NUOVA TESSILE»

Niente telefonata, solo un po’ di silenzio, finché Nadia al telefono:

«Professore è arrivato il signor David con il suo avvocato e hanno portato sette scatoloni di documenti da consegnare, che devo fare?»

«Falli accomodare in biblioteca e fai sistemare le scatole sulla parete della finestra, io arrivo subito e avvisa anche Luisa e Mario.»

«Buongiorno, sono l’avvocato Monticelli e voi…» mentre vedo le scatole contrassegnate e sigillate da Mario ieri.

«Buongiorno avvocato, io sono il signor David l’amministratore della società e il signore è l’avv. Roberti, mio legale» e lui «buongiorno collega, grazie dell’ospitalità presso il suo studio, bellissima questa biblioteca, ci spiace di vederla ingombrata con la nostra documentazione, forse l’incontro si poteva fare presso la sede e…»

In quel momento entrano Luisa e Mario e io:

«Vi presento i miei stretti collaboratori, durante il corso del fallimento potrete rivolgervi anche a loro, l’avv. Tassone» indicando Luisa «e l’avv. Biccari» indicando Mario e loro, come quasi sempre all’unisono:

«Buongiorno» con le relative strette di mano.

Finalmente ci sediamo intorno al tavolo, Mario comincia a disigillare gli scatoloni e ricordando il prospetto di interrogatorio, prima quello della documentazione generale: libri societari (soci, assemblee, riunioni C.D.A. e collegio sindacale) e registri contabili (libro giornale, beni ammortizzabili, bilanci, I.V.A. ecc.) e mi porge subito libro soci, libro assemblee e bilancio ultimo anno, ed io:

«Allora, signor David, per prima cosa, mi spieghi, cortesemente, questa scelta del trasferimento della sede a Roma, è il primo spostamento o segue precedenti distacchi dall’unità operativa che si trova a Bergamo, lo posso controllare agevolmente con il libro assemblee e del C.D.A. e ho già una mia idea, data dall’esperienza come curatore, ma preferisco che me lo dica lei.»

Ormai, sono le 20,30 e l’interrogatorio con tutti i riscontri fatti e le verifiche con i rispettivi documenti, amministrativi e contabili, è giunto al termine.

Il lavoro sarà lungo e complesso: abbiamo appurato che il trasferimento sede è stato voluto per tenere lontana la crisi, l’avevo intuito; inoltre, meno male, sia l’edificio stabilimento che l’azienda sono di proprietà della società e gestiti direttamente; si producono tessuti, prima di alta qualità per arredo murario, ora piuttosto per arredamento; vi lavorano ancora 47 dipendenti con regolare assunzione.

Si è ipotizzato che la produzione possa continuare con contabilità separata fino all’accesso per inventario, non prima di dieci giorni, la sorte dell’attività produttiva sarà decisa in seguito dall’ufficio fallimentare.

La cassa liquida è pari a 5.750 euro e 30 centesimi che ci sono stati consegnati e ho lasciato nella disponibilità dell’amministratore.

Tutto è finito.

Mario va in segreteria e torna con una decina di faldoni nei quali selezioniamo i documenti esaminati che collochiamo su uno scaffale a fianco della segreteria, poi insieme mettiamo ordine in biblioteca, gli scatoloni saranno sistemati domani sugli scaffali dello sgabuzzino.

Luisa e Mario escono, ciascuno per la sua strada.

Io vado in stanza a fare grandi respiri e a prendere la cartella pensando a qual è la mia strada, boh provo a chiamare Eva, prima o poi si prende l’iniziativa, ma sono ormai le nove e che mi può dire: dai t’è andata buca la serata? Oppure, mannaggia, sono contenta che mi hai telefonato per uscire ma sono già impegnata, un’altra volta, ci sentiamo.

Insomma, lascio perdere.

Non mi va di tornare a casa e mi viene in mente Gianni, è un po’ che non ci sentiamo, lui sempre più impicciato con lo yoga, insomma telefono e:

«…Ciao avvocato, come va, sembra che c’hai beccato, qui c’è Fausto e Charlottina e ci stiamo apparecchiando una carbonara, se non hai altro da fare ti aspettiamo e dopo ci facciamo pure un tressette, un quarto d’ora però, che, come aperitivo, ci siamo già scolati una bottiglia, a proposito, non ti fermare a comprare cose, abbiamo tutto, ti devi solo sbrigare.»

E chi se l’aspettava, carbonara e tressette «ok arrivo.»

Questa mattina niente tribunale, alle 10,30 sono già in studio, Luisa e Mario avevano udienza, speriamo che si ricordino di depositare in fallimentare l’istanza di nomina CTU per il fallimento Zara.

Non c’è posta e nessuna telefonata.

Gli atti per il fallimento della NUOVA TESSILE li faremo insieme a Luisa e Mario questo pomeriggio, è anche inutile di mattina, telefonare agli avvocati dei due creditori della IMMOBILIARE per sapere se è uno di loro che ieri ha chiesto in cancelleria di visionare il fascicolo del fallimento.

A proposito, fammi un po’ vedere chi sono le due persone che si intrecciano nella storia della società: il Giulio e il Giuliano, tutti e due di cognome Sartori e simbioticamente la stessa persona collegata alla società.

Di Giuliano ho il codice fiscale, almeno quello presente nel fascicolo fallimentare e dalla ricerca anagrafica mi risulta nato a Foggia il 30 aprile 1966 e residente proprio all’indirizzo ufficiale indicato nella documentazione della società, quello appunto dove ho fatto l’accesso, trovandovi, invece, il Giulio. Tutti dati che vedo confermati anche dall’ulteriore ricerca al registro imprese, ufficio IVA e Agenzia Entrate.

Del Giulio non ho dati, non so nulla.

Mi viene in mente il barista, che mi aveva dato il suo numero di telefono qualora fossi interessato all’appartamento ancora sfitto, non ci perdo niente a telefonare:

«Buongiorno, scusa, ti ricordi di me che ero venuto l’altro giorno a cercare il signor Giulio?»

«Eccome, il signore del Mistrà, che c’ha ripensato sull’appartamento?»

«Ci sto ragionando sopra, ma vorrei parlare con il proprietario, per caso hai il suo telefono? Poi ti volevo chiedere un’altra cosa, senti, sai se il signor Giulio aveva una macchina, forse ne avete parlato, oppure qualche volta l’avrai vista parcheggiata lì vicino casa.»

«Sì, adesso che me lo dice, mi pare che aveva una Land Rover ma non so la targa, era un po’ vecchiotta; aspetti, che le do anche il telefono del proprietario dell’appartamento, chissà, può essere che nel futuro si viene a prendere caffè e cornetto qui da me ahh, ahh, il proprietario si chiama Ungari e questo è il telefono, gli può dire che si è rivolto a me.»

«Grazie, allora, chissà può darsi che ci vediamo, ciao.»

Mi alzo di scatto, vado in camera di Mario dove sono poggiati i fascicoli degli altri due fallimenti che ancora non abbiamo avuto il tempo di controllare e prendo quello della IMMOBILIARE.

Ricordavo bene, quella prima occhiata nello studio del commercialista: nella contabilità della società c’è una quietanza della Allianz Assicurazioni e riguarda proprio la Land Rover e c’è pure la ricevuta del bollo pagato, e visto che ci sono trovo pure il contratto del cellulare, ho tutto e ritorno nella mia stanza. No, rivado a scartabellare il fascicolo, non c’è verso, non trovo alcun contratto di locazione per l’appartamento della residenza, di lui o di Giulio che sia. Ritorno nella mia stanza, in silenzio a pensare.

Giulio sembra un’apparenza, esiste una persona che si chiama Giulio e che abita in via dei Monti di Creta che lì conoscono come signor Giulio e che usa, però, l’auto della società di Giuliano e che quindi è di Giuliano, il quale anche lui ha lì la propria residenza formale, ma potrebbe anche abitare altrove. Vuoi vedere che Giulio non esiste, è solo un falso nome di Giuliano.

No, non mi sembra, uno è morto, suicida o meno, e la polizia avrà fatto le sue brave indagini, certamente circa la morte di Giulio, non di Giuliano, perché è Giulio che dovrebbe aver stipulato un contratto di locazione per l’appartamento abitato, col suo nome sulla cassetta della posta, e poi aveva un telefono a proprio nome? Forse. E poi usava la Land Rover; o forse era Giuliano che la guidava con patente ed auto a proprio nome? E i soldi di Giulio?

Oggi ricontrolliamo la contabilità, ma dalla prima occhiata non mi pare che risulti un elenco di spese correnti; forse per i soldi di Giulio si annotavano uscite saltuarie di cassa con varie imputazioni, ma dirette ad impinguare un conto bancario di Giulio? E allora, chi è Giulio, quello probabilmente morto, e che rapporti aveva con Giuliano?

Però posso provare a telefonare al proprietario dell’appartamento, chissà che ne esce fuori.

Decido di non passare tramite Nadia e di telefonare direttamente:

«Pronto, buongiorno, mi scusi, sono il signor Monticelli, mi ha dato il suo telefono il signor Fantini il proprietario del bar in via dei Monti di Creta, vicino al portone dove lei ha un appartamento sfitto, Fantini mi ha detto di chiamare a nome suo perché sarei interessato all’appartamento.»

«Ah, buongiorno mi dica.»

«Scusi, Fantini mi ha raccontato un po’ la situazione, che il precedente inquilino si è suicidato e che l’appartamento è ormai sfitto da quasi un anno, forse per paura, che so, la tragedia avvenuta nell’appartamento, la sensazione di fantasmi, va bene ora sto esagerando, ma io sono interessato e vorrei visitare l’appartamento, possibilmente potremmo incontrarci lì, prima però vorrei sapere a quanto ammonta il canone e che tipo di contratto ritiene di fare.»

La risposta è cortese anche se non proprio cordiale, in ogni caso non si sbilancia:

«Il canone è intorno ai 1.300 euro al mese e dopo quello che è successo intendo fare un contratto ad uso transitorio, poi si vedrà; in ogni caso è presto per parlarne, diamoci un appuntamento per visitare l’alloggio e vedrà che le piacerà, ho anche fatto dei lavori e cambiato parte dell’arredamento, troveremo un accordo.»

Non posso perdere una tale occasione e approfittando della sua disponibilità.

Mi comporto titubante e provo a chiedere:

«Senta, io ho qualche problema per la tragedia avvenuta, ma lei può dirmi chi era l’inquilino che si è suicidato nell’appartamento, anche che so, un suo documento con una foto, insomma per guardare la persona, per non avere la sensazione di abitare con uno sconosciuto fantasma.»

Sono fortunato, perché lui allettato, forse, dalla possibilità di interrompere un anno di tentativi a vuoto mi dice:

«Sì, anche se ho consegnato tutto alla polizia, io conservo sempre in archivio la copia dei contratti e dei documenti spillati sopra, ora non ricordo se per lui si tratta della carta di identità o della patente, comunque lo vedrà quando ci incontriamo, per me va bene anche sabato.»

Peccato, mi rovino il weekend ma farei i salti di gioia e rispondo subito:

«Va bene, allora a sabato alle undici se è d’accordo.»

«Certamente, arrivederci.»

Non posso continuare con la storia della IMMOBILIARE. È un argomento che metto nel ginocchio, nel gomito, come dico scherzando quando devo liberarmi la testa da un problema nel momento irrisolvibile.

Ora stanno arrivando Luisa e Mario,  tutta l’attenzione va dedicata agli atti da preparare per il fallimento della NUOVA TESSILE e non sarà facile: prima di tutto la relazione per Caruso con cui motivare le varie istanze da presentare, cioè l’istanza per l’inventario da eseguirsi nello stabilimento a Leffe con relativa autorizzazione per il mio accesso in quella località, l’istanza per l’autorizzazione a consentire una continuità produttiva per almeno 20 giorni, l’istanza per la ratifica della cassa liquida lasciata nella disponibilità dell’amministratore; tutti atti da depositare domani e trasmettere di persona a Caruso, vista l’urgenza, e meno male il buon rapporto con Rosa in cancelleria.

Siamo tutti e tre in biblioteca, il tavolone ingombro di carte sparse con un ordine preciso, Mario con il suo portatile annota gli appunti miei e di Luisa.

Arrivano in studio e si affacciano in biblioteca prima Ugo, l’avv. Chiofalo, che ironicamente ci saluta:

«Ciao a tutti, non fate arrabbiare Adriano che ricevo dei clienti nella sua stanza  se no si mette a sbraitare …oddio.»

Poi Silvio, l’avv. Ferri, e anche lui:

«Ciao professore, Luisa e Mario ciao ciao, non vi distraete che lui già m’ha guardato male.» «Ciao, che fortuna che sei arrivato, ci serviva proprio una mano da un penalista di grido, perché non vai a dire a Nadia se ci porta tre caffè? Dai è vero che ci serve il penalista, ma non per questo fallimento, te lo diciamo dopo, se no Mario rischia di fare casino» interloquisco io.

Il lavoro procede bene, fatta la stampata grezza di tutti i dati salienti dico a Luisa e Mario di preparare la bozza delle tre istanze, mentre io vado alla mia scrivania a preparare la relazione per il giudice delegato: l’atto più importante che compendia tutte le informazioni e le richieste che saranno poi tradotte nelle rispettive istanze e devo stare solo in tranquillità, anche perché io scrivo a mano e mi serve tutta la scrivania.

Proprio quando mi alzo per uscire dalla biblioteca si affaccia Angelo, l’avv. Cataldo, l’altro avvocato giovane dello studio e con semplicità:

«Buongiorno, professore, ciao Luisa, ciao Mario, vi vedo impicciati, vi do una mano?»

 Li lascio in biblioteca e con il mio mucchio di carte in mano vado nella mia stanza.

Sono immerso nel lavoro, scrivo, correggo, cancello, rileggo; Rover non mi ha seguito, ha preferito rimanere nel vociare della biblioteca prendendosi carezze, strizzate di muso, complimenti a lui e insulti a me diretti pronunciando il mio nome.

Ma a un certo punto, il guizzo al cervello dell’altra cosa che volevo fare e che avevo nascosto nel gomito, sono ormai le cinque di pomeriggio, si può telefonare agli avvocati dei due creditori istanti del fallimento IMMOBILIARE per sapere se è stato uno di loro a chiedere in cancelleria di visionare il fascicolo del fallimento.

Alzo il telefono:

«Nadia, scusa, prendi la cartellina del fallimento IMMOBILIARE PONTINA e dentro c’è il solito foglio dell’elenco creditori sul quale Mario ha annotato il nome dei due creditori e dei rispettivi avvocati, per piacere chiamali e passameli.»

Squilla il cicalino rispondo e Nadia mi passa l’avv. Barbieri della Unicredit:

«Buonasera collega, sono l’avv. Monticelli il curatore del fallimento IMMOBILIARE PONTINA e ti chiamo quale legale della Unicredit, tua cliente, che è creditore istante.»

«Curatore buonasera, mi dica, qualche problema?»

«No scusa, ho appena iniziato i riscontri è solo una curiosità, per il fallimento siete solo due creditori istanti, eppure il giorno dopo la dichiarazione di fallimento un avvocato si è presentato in cancelleria per visionare il fascicolo, mi ha meravigliato questa tempestività e quindi ti ho telefonato per sapere se sei stato tu, comunque ci risentiremo per l’udienza di verifica.»

«No avvocato, non sono io, apprendo ora da lei che il fallimento è stato dichiarato; con l’occasione può dirmi chi è il giudice delegato e quand’è l’udienza di verifica, cosi posso informare la banca e mi risparmio di andare in cancelleria?»

Cortesia per cortesia lo informo:

«Il fallimento ha il numero …578 il giudice delegato è il dott. Caruso e l’udienza di verifica è fissata per il giorno 28 ottobre, ciao Barbieri e scusa il disturbo.»

«Ciao Monticelli, piacere di averti conosciuto.»

Stessa telefonata e stesso esito negativo anche con l’avvocato dell’altro creditore istante, l’ingegnere Luberto.

Ma chi è che si interessa delle sorti di questa insulsa società che mi hanno appioppato come fallimento e che, addirittura, sapeva prima di me che il fallimento era stato dichiarato?

Basta pensarci, tanto già sabato mattina qualche coperchio potrebbe levarsi; adesso, bisogna macinare, mi rimetto di lena a scrivere, sperando che anche lì in biblioteca il lavoro proceda, visto che si deve terminare tutto entro stasera per l’incontro di domani con Caruso.

Nadia è uscita, tutti sono usciti, noi tre in biblioteca ci leggiamo l’ultima stampata degli atti, già riletti nell’ultimo quarto d’ora, poi li metto in cartella e seguiamo Rover che avrà fatto almeno dieci volte biblioteca porta, porta biblioteca, finalmente usciamo con appuntamento domani mattina alle nove e mezza in fallimentare.

Entro in macchina e senza pensarci prendo il telefono e chiamo Eva:

«Ciao Adriano! Ma che t’è successo sono le dieci e mezza.»

«Ciao, ti volevo sentire…vedere. Che fai? Sei sola o.…?»

«No, sono con Elisabetta e.…altri che non conosci…siamo al Green Field a Prati, vicino al tuo studio. Se stai lì. E tu…?»

«Toh sono uscito proprio adesso dallo studio…vi raggiungo…?»

«Dai vieni, abbiamo cenato e stiamo bevendo e cazzeggiando, la situazione ti si aggrada proprio, sono contenta che hai chiamato.»

A quest’ora in dieci minuti arrivo, un giro di Rover sotto gli alberi poi guardo dentro, sono ad un tavolo vicino la porta, meno male:

«Rover aspetta qua» ed entro.

Saluto tutti, un bacio ad Eva che mi presenta e sposta una sedia vicino a lei per farmi sedere, ordino una Guinnes e mi immedesimo quasi subito nella conversazione, ovvio, parlano di viaggi e delle eventuali prossime vacanze per Capodanno.

La serata diventa notte, verso l’una usciamo.

Eva ha la sua amica venuta da fuori che per qualche giorno abita da lei e, mentre questa si attarda a salutare gli altri, mi accompagna alla macchina. Da troppo tempo era sottinteso e il saluto diventa un bacio lungo con i due corpi stretti appiccicati e gli occhi che promettono e “ciao” con un bacio soffiato sulle labbra.

Venerdì mattina in fallimentare, Mario va in cancelleria a protocollare gli atti mentre io e Luisa saliamo per andare da Caruso, la porta è aperta e il giudice sta discorrendo con un commercialista che conosco di vista, siamo sempre gli stessi qui, intanto arriva Mario; dopo dieci minuti il commercialista si alza e nell’uscire un -ciao- accennato col capo, mentre Caruso ci fa cenno di entrare.

Ci salutiamo ed io le presento Mario, il nuovo avvocato giovane collaboratore dello studio, poi focalizzo subito il motivo dell’incontro, dato che ci eravamo già visti il giorno prima ed inizio esponendo la relazione che intanto lei legge, interrompendomi con domande, puntualizzazioni, riserve.

Nel corso dell’esposizione e colloquio propongo anche le istanze preparate per gli adempimenti che necessitano della sua autorizzazione.

Alla fine, Caruso:

«Avvocato, il quadro che mi ha presentato è di una certa complessità, tuttavia concordo con le sue scelte, anche per la cassa liquida lasciata nella disponibilità dell’amministratore, visto che ha preferito non interrompere subito l’attività. Quando pensa di effettuare l’inventario con l’accesso presso lo stabilimento?»

«Giudice Caruso, la risposta è implicita in questo urgente incontro, vorrei andare a Leffe martedì prossimo. Infatti, qualsiasi decisione sull’operatività aziendale non può essere assunta basandosi sulla documentazione acquisita, anche se corposa, occorre, invece, verificare lo stato dello stabilimento e dei macchinari, la consistenza e la qualità del magazzino e dei semilavorati, l’organigramma dei dipendenti, tutte verifiche urgentissime da effettuarsi di persona.»

«D’accordo avvocato, apprezzo la sua solerzia e mi adeguo, provvederò questa mattina, anzi mi presenti pure l’istanza per la nomina dell’avv. Tassone quale coadiutore, ne avrà bisogno per i primi adempimenti da svolgere tra stabilimento, tribunale del luogo ed uffici pubblici, mi raccomando venga direttamente da me a ritirare gli atti prima delle due, perché dopo ho Collegio.»

«Grazie giudice Caruso, arrivederci.»

Usciamo dal tribunale e andiamo al bar di Lino che ha una buona gastronomia e dei tavoli fuori estate e inverno, lì anche Rover è bene accolto e rimedia sempre qualcosa; Luisa va subito alla copisteria lì vicino per preparare l’istanza per la sua nomina scarabocchiando la mia firma e poi correre in tribunale per depositarla e portarla su da Caruso.

Nell’attesa io e Mario ci prendiamo due camparini, con olive, noccioline e due tramezzini ritagliati che Lino porta sempre come aperitivo.

Finalmente arriva Luisa trafelata che contenta ci dice di aver depositato tutti gli atti in cancelleria con i provvedimenti di Caruso già fatti, per cui lunedì mattina si possono chiedere e ritirare le copie autentiche da portare a Leffe; per ora è a dieta e si beve solo un tè.

È un momento di relax e mi sembra il caso di condividere con l’equipe il mio programma di domani sabato mattina circa la IMMOBILIARE premettendo tutti i dubbi sull’intreccio di personaggi, il Giuliano e il Giulio e poi il Morto, anch’esso con la maiuscola, che mi assillavano la testa, e che mentre loro stavano in biblioteca mi hanno fatto venire l’idea di parlare con il proprietario dell’appartamento di Giulio, riuscendo a fissare un appuntamento per domani mattina alle undici.

Non li coinvolgo a partecipare, essendo sabato, ma non ce ne sarebbe stato bisogno, perché appena smetto di parlare si fiondano entrambi nell’avventura esclamando all’unisono qualcosa tipo «alla grande! Vai, veniamo pure noi».

Sono un po’ stronzo e ne approfitto, esternando l’ansia che mi era sorta quando parlavamo col giudice Caruso:

«Sentite, visto che la giornata di sabato è già mezza rovinata, che ne pensate se domani facciamo anche l’accesso per il fallimento della SIDERURGICA tanto sappiamo che è già chiusa da vari mesi prima del fallimento, tutto si dovrebbe concludere in breve tempo, chi troviamo ormai nei dintorni che sa qualcosa e ce lo viene a dire a noi. D’altra parte, dobbiamo stare una settimana a Leffe e non si può procrastinare così tanto l’accesso di un fallimento, migliore figura presentare al giudice una prima relazione di accesso tempestivo con esito negativo e riserva di ulteriori indagini.» 

Tutti d’accordo, loro hanno altri impegni in studio, io no; quindi, ci salutiamo con appuntamento in studio per domani mattina alle dieci.

Chiamo Rover e, mentre andiamo verso la mia 500, mi accorgo che è ancora l’una e mezza, pensavo fosse passato più tempo, mi viene in mente che fra i vari impegni è un po’ che non vedo mia madre, peraltro non ci vado quasi mai la sera.

Pensato e fatto. Telefono:

«Ciao mamma, hai risposto subito tu quindi stai in cucina vicino al tavolo, state mangiando?»

«Adriano! Che bello! Proprio ieri dicevo a Maria chissà che fine ha fatto quel mascalzone, sarà innamorato e ha dimenticato la vecchia mamma, sì abbiamo appena iniziato, dai vieni, tanto lo sai che Maria cucina sempre per una truppa, non per due vecchiette. Ah, porta il vino per te, che non c’è, pensa che proprio oggi avevo detto a Maria di comprare il vino e ha dimenticato. Me l’aveva detto il cuore della tua venuta! Ciao, sbrigati.»

Un bel pranzo con mamma: i suoi capelli biondo-grigi sempre pettinati ed un paio di piccoli orecchini, ne ha diversi e li mette tutte le mattine, questi mi sembra di averglieli regalati io. Come al solito, tante chiacchiere tutti e tre anche con la sua badante Maria, una signora anziana ucraina che racconta sempre come si stava bene con l’Unione Sovietica, i russi come li chiama lei, lei era cuoca e il marito militare.

Io le prendo in giro chiamandole le mie due vecchiette che abitano insieme e parliamo tanto, anche di politica perché si vedono sempre i telegiornali, poi, ovviamente, il discorso cade su quello che fa lo scapestrato mascalzone che sarei io e sull’altro scapestrato giramondo che è mio figlio Enea.

Inevitabilmente, poi, mi raccontano anche tutte le storie della famiglia, di mio fratello e dei suoi figli che sono i nipoti, di mia sorella a Berlino e della figlia, e sono contento, perché almeno mi sento di partecipare; infatti, Tonino e Roberta telefonano a mamma quasi tutti i giorni, mentre fra di noi ci sentiamo una volta seppure a settimana.

Come altre volte, dopo questi pranzi torno a casa sentendo una bella rilassatezza, forse anche per l’assaggio dei liquorini che fa mamma continuando la tradizione di nonna.

Ma la serenità dura poco.

Dopo il percorso, accendo la luce nello studio e sulla scrivania vedo la stampata dell’articolo sull’O.P.A. e il computer che mi occhieggia, non c’è niente da fare, devo finire di correggerlo e spedirlo a Nadia, oltretutto o ora o mai più, visto che la settimana prossima potrei neppure sapere cosa sia l’O.P.A.

Il tempo scorre senza che me ne accorga e verso l’una mi allungo sui braccioli della sedia, il trono come la definisce Enea. Con un sorriso, mi accendo un sigaretto lasciando vagare lo sguardo sui tetti fuori dalle finestre e mi dedico senza ansia all’ultima lettura.

Mi piace, salvo sul computer e sul drive esterno e spedisco via mail a Nadia, che poi è sempre la mia mail ma quella mia personale dello studio, spengo la luce.

E vai!

In studio sabato mattina siamo solo noi tre.

Ci mettiamo in biblioteca a confrontarci con il quadro complessivo del fallimento della IMMOBILIARE, cioè documenti e pagine di appunti annotate con i nostri rispettivi dubbi e pareri.

Sappiamo che questa giornata è importante e potrebbe essere rivelativa nell’intreccio emerso sulla società, non tanto come gestione che sembrerebbe semplice quasi di scuola, piuttosto per i personaggi che vi orbitano intorno.

Comunque ci organizziamo:

«Mario, io e Luisa siamo una coppia che vuole vedere l’appartamento per andarci ad abitare insieme, pertanto, visto che il barista ti conosce e potrebbe uscirsene chissà come rispetto a questi tre che hanno cercato l’inquilino, parcheggiamo la macchina dopo l’incrocio e tu e Rover ve ne state al bar dietro l’angolo e ci aspetti.»

Luisa non si fa scappare l’occasione:

«Senti Adriano, io però non te la do prima che ci sposiamo, anche se andiamo a vivere insieme.»

La guardo e osservo:

«Ma allora sei trucida, io già ci speravo, metti che c’è un bel letto e ci dà in prova l’appartamento per una settimana ah, ah, ah, dai usciamo; Mario prendi anche il fascicolo della SIDERUGICA che speravate me ne fossi scordato?»

Il signor Ungari ci aspetta al bar.

Come pensavo, salutoni con il barista, caffè, sigarette, convenevoli e finalmente entriamo nell’appartamento.

Il proprietario ci fa da guida nella visita, prima il  salone con cucina a giorno, le 2 camere,  il bagno, apprezzando in prima persona lo stato dell’appartamento e  dell’arredamento, con noi che manifestiamo un entusiasmo sperticato: che bello,  guarda la camera da letto dà sul giardino non abbiamo nessuno di fronte e guarda la cucina, il frigorifero ha  il surgelatore con 4 cassetti, il bagno è un po’ piccolo ma  la lavatrice è una Bosch e così via, finché, approfittando di una pausa, chiedo:

«L’appartamento sembra perfetto, mi immagino come l’ha trovato dopo la tragedia.»

«Si figuri, signor Monticelli, meno male che Fantini mi ha telefonato alle sei di mattina e io abito qui vicino, così sono entrato con la polizia e non hanno dovuto rompere la porta blindata.»

«Scusi, scusi un momento, devo conoscere la scena che ha trovato per cancellarmela dalla testa, se no, vedo i mostri pure quando guardo la televisione, com’era la casa?»

«Guardi, l’appartamento era uno schifo, la cucina con i piatti sporchi, il posacenere sul tavolo del salone pieno di cicche con tutta la cenere sparsa, un sentore di vino da osteria e poi…»

«Ma c’era disordine? La presenza di altre persone? Dei bicchieri, mi parla di vino? Degli oggetti personali?»

«No, sembrava tutto normale come può essere la casa di uno scapolo, la giacca era su una spalliera della sedia e dentro c’era il portafoglio con i documenti, perché quando era sulla strada nessuno sapeva chi fosse fino a quando Fantini ha aperto il bar e l’ha riconosciuto con la sua catena al collo e mi ha chiamato; meno male perché l’unica porta che nessuno apriva era la mia e stavano aspettando il fabbro per sfondarla.»

«Ah, scusi a proposito dei documenti, lei mi ha detto al telefono che ha conservato una copia del contratto con spillata una copia del documento, ce la può mostrare così con mia moglie vediamo che la persona che ha abitato qui non è un fantasma; ah ancora, ma c’erano quadri, fotografie, che ne so, borse, cartelle, fascicoli, il signor Fantini dice che era un imprenditore.»

«Sì, ecco sono in questa cartellina, insieme al modulo di contratto in bianco che speriamo di concludere. Per le altre domande, sì c’erano quadri, ma ordinari mi sembra e 2/3 fotografie incorniciate, io ho provato a seguire la polizia nelle stanze ma mi hanno fermato qui in salone, comunque hanno guardato nella scrivania, nei comodini, negli armadi, ogni tanto io sbirciavo dal corridoio, ma hanno portato via poche cose, alcune carte, tutto messo in una scatola che hanno sigillato qui in salone, anche un borsone a tubo di quelli da palestra non so di che cosa riempito. Sicuramente, in salone non c’era nessuna cartella e né sulla scrivania perché dal corridoio riuscivo a sbirciare quella parte della stanza. Secondo me, ha influito sulla sufficienza dei poliziotti, la boccetta di sonnifero aperta poggiata sul tavolo, la giacca ordinatamente sulla spalliera della sedia e la bottiglia di vino semivuota senza manco un bicchiere, insomma aveva bevuto a canna.»

«Guardi, a mia moglie la casa piace l’ho capito dai giri che ha fatto tra le stanze, sorridendo, mentre noi parlavamo e anche a me non dispiace, sediamoci un momento e vediamo il suo modulo di contratto e parliamo del canone, così mentre noi discutiamo di cose serie, mia moglie col cellulare può fare le foto della casa, poi vediamo il precedente contratto con il documento spillato. Qui leggo che chiede un canone di 1.400 euro mensili per un contratto ad uso transitorio, invece di una durata quadriennale, mi sembra un po’ eccessivo; è vero che l’appartamento è ben ristrutturato e ben arredato, ma si tratta sempre di una zona semiperiferica lontana dalla metropolitana, pur se ben servita da mezzi pubblici, mi scusi sa, ha maggiorato il canone approfittandosi dell’uso transitorio. Concludiamo così se è d’accordo: io offro un canone di 1.200 euro mensili con un contratto di 4 anni a partire dal mese prossimo e ora le do 300 euro e blocco l’appartamento fino a venerdì prossimo, se lo prendo me li scala dall’affitto, altrimenti li perdo. Facciamo ora due righe in questo senso?» «Guarda, amore, forse abbiamo concluso, mentre noi scriviamo e firmiamo questo piccolo impegno il signor Prosperetti ti dà la cartellina e fai le foto del precedente contratto e della copia del documento spillata» aggiungo, rivolto a Luisa. 

«Signor Monticelli, mi prende di contropiede, ora è lei che si approfitta dell’appartamento sfitto da tempo per la tragedia avvenuta, ma mi è simpatico e…signora questa è la cartellina per le foto…e, d’accordo, facciamo queste due righe.»

Firmiamo l’impegno reciproco, io pago i 300 euro di cosiddetta cauzione e finalmente scendiamo con l’ovvio caffè e saluto nel bar da Fantino, caffè che peraltro offre Ungari, prima di andarsene.

A quel punto, io con aria molto contrita prendo il telefono di Luisa e mostro la foto a Fantino «guarda un po’ Giulio, poveraccio, ha una faccia simpatica, neppure gli occhiali, camicia giacca e cravatta, te lo ricordi? Pure la pettinatura, mi dispiace anche se l’ho incontrato solo 3 o 4 volte, a proposito, me lo ricordo con la sua preziosa cartella che la teneva sempre vicino su una sedia, mi pare che fosse marrone, qui quando si prendeva al volo il caffè freddo, che te la metteva sul bancone ah, ah?»

«Vero, me lo ricordo, sempre un po’ compito, anche quando sorrideva e la cartella poi, che la metteva per terra proprio attaccata ai piedi, ma era nera a soffietto, sempre gonfia e un po’ rovinata sugli angoli.»

Ci salutiamo con un arrivederci che forse non succederà mai.

Quelli dati a Ungari sono 300 euro spesi bene, abbiamo scoperto che il signor Giulio Sartori è una persona vera e che è nato a Formia il 26 agosto 1959, ha un suo documento di identità e ha anche un codice fiscale, come leggiamo dal suo contratto di locazione.

Insomma, Giulio non è un fantasma inventato, è esistito e poi morto e il suicidio mi puzza, anche per le informazioni che abbiamo carpito a Ungari; allora chi era Giulio e in che relazioni era con la IMMOBILIARE e soprattutto con quell’altro, il Giuliano Sartori con il quale, in teoria, avrebbero dovuto abitare insieme, visto che la residenza ufficiale la aveva nello stesso appartamento.

Potremmo sghignazzare lungo la strada mentre ci dirigiamo al bar dopo l’incrocio dove ci aspetta Mario, ma non è il caso. Lì ci sediamo, no ancora un altro caffè, io mi prendo un aperitivo, Mario è già al secondo, Luisa ovviamente un tè e sovrapponendoci più volte noi due raccontiamo a Mario l’avventura.

Non sono ancora le due, dovremmo andare verso Monti Tiburtini, in una via lì vicino, per fare l’accesso presso la sede della SIDERURGICA ROMANA come avevamo concordato e organizzato, ma non mi va, non posso interrompere sul più bello il processo di svelamento dell’inghippo della IMMOBILIARE e c’è un’altra persona che se ben sollecitato, incalzato, può aiutarci a districare l’intreccio di questo strano fallimento: è il commercialista, che sembra più un ragioniere,  della IMMOBILIARE e che peraltro è sempre qui in zona, sulla Boccea.

Pensato e fatto.

Mi accendo un sigaro e dico:

«Sentite voi due, mettiamo da parte la SIDERURGICA al limite, se proprio decidiamo di fare l’accesso prima di partire, gli dedichiamo un paio d’ore la mattina di lunedì: tu Mario vai in fallimentare a fare le copie autentiche delle istanze con i  provvedimenti di Caruso, mentre io e Luisa andiamo lì alla sede a vedere come si presenta e a bussare sulle saracinesche chiuse, chiediamo informazioni a 2 o 3 negozi lì vicino, facciamo un bel  verbale negativo e il fallimento ce lo scordiamo fino al ritorno; almeno così dovrebbe andare se mi fido della mia esperienza.»

Li vedo meravigliati e interdetti e comincio a spiegare quello che m’è saltato in testa:

«Voglio andare a punzecchiare, a mettere all’angolo il commercialista della IMMOBILIARE che si trova pure qui in zona, come si chiama…?»

Subito Luisa sfogliando il fascicolo:

 «Ah ecco, dott. Mazza e abbiamo annotato pure il suo cellulare, oltre il telefono dello studio, ma è sabato ed è pure ora di pranzo!»

«Non me ne frega niente, salvo che stia a Siracusa o a Milano, ma non credo, l’avete visto pure voi, questo sta a casa a mangiare e sicuramente abita vicino allo studio visto che ci ha detto che è il suo studio da quasi vent’anni; per cui gli telefoniamo sul cellulare e gli diciamo che dalle indagini eseguite è emerso un grande problema, il che peraltro è vero, che l’Ufficio Fallimentare deve riscontrare con urgenza con il responsabile, sia della sede sociale, sia della contabilità. A mio avviso si caca sotto, ricordando come è sbiancato quando ha saputo del fallimento e se tentenna vado ancora più pesante, ma non credo e ci darà l’appuntamento per questo pomeriggio, forse consultandosi con un altro commercialista o avvocato che lui ritiene più esperto.»

Luisa e Mario mi hanno ascoltato senza dire nulla, ma ora li vedo quasi imbarazzati e aspettano per sapere quale illuminazione da Pico De Paperis da Eta Beta m’è esplosa nel cervello, oppure se sono diventato matto.

 È ora che spieghi:

«Noi sappiamo che Giulio Sartori è vero, è esistito ufficialmente e ora è morto, almeno tutti i dati ci dicono che il morto è lui; ma noi siamo andati in quella casa perché Mazza ci ha detto con la consegna della documentazione che quello è l’indirizzo dell’amministratore Giuliano Sartori, ma possibile che lui non abbia alcun documento di questo Giuliano? Per tanti adempimenti fiscali e societari devi indicare gli estremi del documento e vi pare che ogni volta e per ogni cliente lui va a consultare i rispettivi fascicoli? Lui avrà un faldone in cui per ogni cliente conserva la cartellina con l’atto originario e la copia del documento del cliente cui si riferisce che può essere l’amministratore della società, l’amministratore del condominio, l’architetto, l’impiegato, il commerciante, e così via, insomma, avete capito? Eravamo noi a doverlo chiedere in sede di accesso, noi non ci abbiamo pensato a chiedere una copia del documento dell’amministratore, ma neppure lui, ci ha dato il numero di cellulare e basta e, comunque, nella sua disponibilità c’era un che di evasivo, dobbiamo chiedergli i dettagli, tutto quello che sa. Ora quindi, gli telefono, prendo un appuntamento e quando siamo lì lo torchiamo un po’, insomma, oggi dobbiamo sapere tutto di questa cazzo di società che poco mi quadra. Siete d’accordo?»

Sorridono, quando mi vedono così sanno che sono pompato, per cui Mario:

«Professore, ammazza, tutto vero, andiamo lì e prendiamo Mazza per le orecchie.»

 Anche Luisa acconsente.

Prendo il telefono:

«Dottor Mazza, mi scusi sono l’avvocato Monticelli il curatore del fallimento della…»

«Sì, sì, ricordo bene, ci siamo incontrati l’altro ieri al mio studio.  Che è successo, è sabato, sono a casa a pranzo con mia moglie e…»

Lo interrompo:

«Mi scusi dottor Mazza, mi spiace rovinarle il pranzo ma dobbiamo incontrarci immediatamente, è successa una cosa gravissima che non intendo riferire telefonicamente, meglio vederci al suo studio, diciamo alle 15,30 così non deve scapicollarsi.»

«Ma signor curatore io… ho altri impegni…ma mi dica di che si tratta, abbiamo già parlato di tutto e vi ho consegnato tutta la documentazione in mio possesso, non può telefonarmi così all’improvviso, addirittura sul mio cellulare e…»

«Mi scusi, sono spiacente, ma da martedì sarò fuori per una settimana e prima di partire voglio consegnare una prima relazione al Pubblico Ministero, sa il P.M. della procedura che viene nominato contemporaneamente alla sentenza di fallimento, non vorrei che possa essere convocato in mia assenza.»

È fatta.

«No, guardi, incontriamoci oggi, così finiamo, non mi va di rischiare di perdere una giornata fra venire in tribunale, attendere chissà quanto…e poi tornare… col traffico. Va bene oggi alle 15,30 al mio studio.»

Alla porta ci apre lui, ovvio è sabato, ma s’è vestito, giacca e cravatta, non credo che a casa con la moglie pranzi in quel modo, si vede l’ansia che lo rode da quanto suda, e ci fa entrare con un secco buongiorno invitandoci nella sua stanza.

Entro subito nel merito:

«Dottor Mazza è successo un evento gravissimo, all’indirizzo dell’amministratore che ci ha dato e risultante dagli atti, abitava un’altra persona che è morta quasi un anno fa, addirittura suicidatosi. Lei mi ha detto di aver visto l’amministratore a maggio dell’anno scorso e dopo di averlo sentito per telefono almeno una volta, leggo dal verbale sottoscritto, ora è importante che si ricordi quando è avvenuta la telefonata, anche se con approssimazione, guardi provo ad aiutarla: vedo negli atti che il precetto della Unicredit è di settembre dell’anno scorso, mentre il precetto dell’altro creditore istante del fallimento, l’ingegnere Luberto, è del marzo di quest’anno e lascio perdere le rispettive istanze di fallimento che sono di due mesi fa, più di questo non posso fare» e poi, alzando la voce, «ma avrà almeno un’agenda dell’anno scorso e allora la controlli, normalmente queste cose si appuntano.»

Mazza si alza e prende un’agenda da una cassettiera ed un’altra dalla cartella vicino la scrivania, cominciando in silenzio a consultarle e finalmente, poggiandole entrambe aperte sulla scrivania:

«Guardi, curatore, il 10 ottobre dell’anno scorso ho annotato telefonato a Sartori per il precetto della banca nient’altro, probabilmente non mi ha risposto, poi ecco 16 novembre telefonata Sartori appuntamento 11 dicembre l’avevo dimenticato, ma il 16 gennaio di quest’anno ho annotato parlato con Sartori avrebbe provveduto sicuramente abbiamo parlato di un nuovo appuntamento e del precetto e forse mi ha anche detto come pensava di provvedere, ma non ricordo, come le ho già detto è stato parecchio evasivo ed è stata una telefonata disturbata da rumori, oltreché breve.»

Quindi a gennaio di quest’anno il Giuliano parlava al telefono ed era vivo, salvo che l’altro, il Giulio, era già morto a novembre, ma c’è un controllo da fare, e con voce stizzita, proferisco:

«Senta Mazza, tra la documentazione societaria consegnatami non c’è uno straccio di documento dell’amministratore Sartori, ma è impossibile che in questo studio non ne abbia almeno una copia, non ci credo, ma come fa per i normali ed usuali adempimenti dei clienti che implicano gli estremi del documento, ogni volta se li va a cercare nei rispettivi fascicoli? Se li scrive a mano e dove? Se li ricorda a memoria? Suvvia, avrà un…»

Mazza mi interrompe:

«È vero curatore, è un faldone che sta in segreteria, lo vado a prendere.»

Mazza ritorna con un classificatore nero con l’etichetta clienti e aprendo gli anelli tra le molte cartelline trasparenti tira fuori quella della IMMOBILIARE che contiene l’iscrizione all’I.V.A. e al Registro delle Imprese e, finalmente, la copia della carta di identità del Signor Sartori Giuliano.

Me la consegna, chiedendomi la cortesia di poterne fare una fotocopia da rimettere in archivio, acconsento, ma mi è bastata una sola occhiata per sapere che Giuliano e Giulio sono la stessa persona.

Sono allibito, e mentre lui va in segreteria e accende la fotocopia e aspetta, penso al guazzabuglio che si è ancora più ingarbugliato, per cui quando torna e mi dà la copia del documento la passo in silenzio a Luisa e Mario mentre io approfitto e lo tampino:

«Senta dottor Mazza, per l’amministratore forse abbiamo risolto, ma ci pensi bene, non mi faccia rivenire ancora, io devo dare al Pubblico Ministero il quadro più completo possibile della società, cosa sa dell’altro socio, quel Fucci Angelo, è vero che mi ha detto di non averlo mai visto, ma è sicuro di non sapere proprio nulla? Dettagli infinitesimali. Qualche indicazione, nota, frase, dell’altro socio e amministratore Sartori?»

«No avvocato, mi scusi, mai visto e saputo…o forse…aspetti…» riprende il foglio del Registro Imprese lo gira sul retro e «…ecco guardi…ho scritto qui a mano gli estremi del documento…me li ha dati il signor Sartori, ecco Fucci Angelo nato a Casoria il 17 settembre del 1958 con tanto di numero della carta identità, di più non posso fare.»

«La ringrazio dott. Mazza, spero di non disturbarla più, anche il Pubblico Ministero penso che si riterrà soddisfatto della sua collaborazione, in ogni caso la informerò sugli sviluppi del fallimento.»

Ci dirigiamo verso lo studio.

Da un lato siamo contenti, però parliamo poco ciascuno assorto nei propri pensieri, è Mario che a un certo punto sbotta:

«Che casino professore, è stato bravo, chi l’avrebbe mai immaginato, ma chi erano quei due, che stavano combinando?»

Luisa, come leggesse il mio pensiero:

«Ma che cazzo, il morto è uno! È inverosimile che il morto sono loro due. Non facciamoci fregare dai due documenti con la stessa foto. E poi chi ci dice che il morto è Giulio e non Giuliano.»

Si continua tra l’assorto di pensieri e sfoghi dello stesso tenore, solo in studio, dopo aver lasciato i fascicoli, anche quello inutilizzato della SIDERURGICA con Luisa che mi fa:

«Allora Adriano questo lo porto nella mia stanza, sempre d’accordo per lunedì mattina?»

E Mario che si intromette:

«Dunque, io non vengo con voi e vado in fallimentare, adesso scappo che ho un appuntamento.»

Io me li accosto e, quasi bisbigliando, da cospiratore, dico:

«E se veramente tutti e due fossero il morto e quell’altro, il socio, un cazzone di merda? Dai usciamo, a lunedì.»

È domenica e non ho niente da fare.

Veramente dovrei preparare la valigia per la trasferta a Bergamo, che mi devo portare? Che tempo farà? Devo guardare le previsioni della settimana. E poi devo fare i biglietti, per andare meno male si prende la Ryanair, visto che l’aeroporto è proprio quello di Orio al Serio, che è a Bergamo.

In ogni caso, fra una cosa e l’altra passa tutta la mattinata e potrei telefonare a Eva per un aperitivo, un pranzo insieme. Non mi va, c’è ancora la sua amica, probabilmente stanno in giro vista la bella giornata e forse anche con altri amici, no non mi va.

Oh, porca miseria! Devo accompagnare Rover da Tonino in campagna, me ne ero scordato, mi stanno pure aspettando a pranzo, telefono avviso che sto arrivando e salto in macchina. Meno male che per Rover è come fosse casa sua è anche amico del cane di Tonino.

Il pranzo si svolge allegramente come al solito, Tonino mi racconta i vari lavori sulla terra, che ha potato gli ulivi e ha pure riparato alcune tegole della mia cucina; infatti, è un grande casale di famiglia del quale io ho una parte e Tonino un’altra, ma in sostanza è tutto comune.

Verso le quattro torno a casa, mi sembra vuota.

Mi prendo un goccetto di grappa, accendo la televisione e comincio lo zapping fra i telegiornali: news di politica, di cronaca, di sport, di gossip, e ancora cronaca gli incidenti, la rapina a… l’omicidio a…

E se pure io mi fossi scontrato con un omicidio?

No dai, è inverosimile, capita nei romanzi; e poi la polizia avrà fatto le sue brave indagini e se in quasi un anno, va bene, nove mesi, non s’è saputo niente, ti pare che se ci fosse stato qualche dubbio, neppure sono risaliti alla IMMOBILIARE e al commercialista.

No, sono mie fantasie.

Però quei due avevano tutti e due documenti falsi; o era solo uno di loro? A pensarci bene è il documento di Giulio che dovrebbe essere falso, non quello di Giuliano; lui come amministratore ha costituito la società e ha venduto degli appartamenti, tutti atti che si fanno davanti un notaio ed escludo una tale serie di errori o sviste, ma anche tutti gli adempimenti fiscali, escludo che possa essere passato ed accettato un documento falso.

Va bene, per logica ed esperienza il documento vero è quello di Giuliano.

Okay postulato fino ad opportune indagini e verifiche.

Ma a che serve? È un postulato monco, perché non garantisce che il morto non è lui.

Noi assumiamo che il morto è Giulio perché nell’appartamento la polizia ha trovato una giacca con un portafoglio e dentro un documento con la foto di Giulio, ma pare assurdo che la polizia non si sia accorta di un documento falso.

Ah, finalmente, il risultato è che certamente sono in corso indagini di cui non sappiamo nulla e che invece, sono estremamente rilevanti per la vicenda del fallimento.

Infatti, diciamocelo, che cazzo significa tutto questo guazzabuglio, questo mistero, intorno ad una vicenda imprenditoriale stupida: una società si costituisce, edifica una palazzina di tre piani in quel di Torre Astura, vende i sei appartamenti, compra uno stupido terreno agricolo ad Aprilia, poi i soci si intascano tutto il denaro, la società non paga la banca che l’ha sovvenzionata, non paga un professionista, sicuramente non paga le tasse e fallisce. Tutto risibile e tutto vero, quante volte succede.

Lascio perdere; il cervello corre a martedì quando andremo in quel di Leffe vicino Bergamo, l’unica cosa che mi viene in mente è quando ero ragazzino e c’era una squadra, forse proprio di campionato, che si chiamava Albino-Leffe e mi pareva ridicola.

Ora invece, mi trovo ingolfato col fallimento di un’azienda tessile che è ancora attiva, con tutti i problemi che comporta (come mi sta sul cazzo la parola problematiche che qualche stupido giornalista o politico o saccente ha coniato una ventina d’anni fa e che è divenuta moda).

In ogni caso, in una settimana devo conoscere il valore dell’azienda, ovviamente approssimativo nell’attesa di un C.T.U. e devo decidere se fermare o meno la produzione, con tutto il casino che può sorgere per i dipendenti. Basta e avanza.

E poi c’è l’assurdità di fare l’accesso alla SIDERURGICA lunedì mattina, ma che m’è venuto in mente, ma chi mi paga per quest’ansia di voler essere più realista del re; va bene ormai deciso, ho coinvolto pure Luisa e si fa, però devo mettermi un freno non si può sempre pensare e agire come se fare i compiti.

Ricomincio lo zapping in televisione.

Ma arriva la telefonata di Maurizio:

«Professore sta a casa? Io sto andando a cena lì da Andrea sotto casa sua e lo costringiamo anche a sintonizzare la televisione sulla partita della Lazio.»

Chissà perché Maurizio continua a darmi del Lei dopo anni che lavora da un’altra parte e ci vediamo come cari amici:

«Sì sono a casa, quando arrivi chiama che scendo.»

Il lunedì l’accesso alla SIDERURGICA si svolge come supposto e preventivato, si tratta di un’officina con due saracinesche chiuse e posta varia per terra infilata sotto le fessure, materiali ferrosi in giro e stato di abbandono.

Il bar vicino dice di non vedere nessuno da alcuni mesi e che l’officina produceva cancellate, porte, recinzioni, ogni tanto faceva anche lavori in ferro come barbecue e tombini su richiesta; per quanto ricorda vi lavoravano il titolare signor Enzo e due operai, ma non sa dove abitano, comunque in zona, né sa i loro telefoni, tanto si incontravano tutti i giorni. Verbale chiuso in mezz’ora e ritorno in studio; si invierà una lettera all’amministratore con l’avviso del fallimento e l’obbligo di presentarsi in studio tra una settimana, previo appuntamento telefonico, per consegna documentazione.

Il lunedì pomeriggio trascorre con l’organizzazione della trasferta a Bergamo: rilettura della documentazione selezionata e raccolta in distinte cartelle, oltre gli atti con i provvedimenti di Caruso, telefonate varie con l’amministratore della NUOVA TESSILE con rinuncia all’invito di ospitalità nella dependance dello stabilimento vicino la palazzina uffici,  avendo già prenotato l’albergo  e accettando, invece, la disponibilità della macchina di servizio con autista per tutta la durata della trasferta. 

Inoltre, come disposto, in mattinata appena tornato in studio Mario ha inoltrato via fax al tribunale di Leffe la richiesta con relativi allegati per la nomina urgente di un cancelliere al fine di provvedere all’inventario dello stabilimento, da effettuare possibilmente, il mercoledì successivo.

Finalmente, il martedì mattina alle undici siamo a Bergamo.

In aeroporto ci aspetta l’auto di servizio della società: arriviamo a Leffe, trasferimento in albergo, sistemazione nelle rispettive camere e sempre con l’auto arriviamo allo stabilimento, dove l’amministratore David e altre sette persone, dirigenti con vario ruolo, ci aspettano in un’ala riservata della sala mensa perfettamente apparecchiata per il pranzo.

Il martedì scorre con la visita agli uffici, allo stabilimento, ai magazzini, in ogni luogo con incontri tra impiegati, responsabili di settore, operai, quest’ultimi i più preoccupati, così consentendoci di avere un’idea di massima del complesso industriale per l’inventario che inizierà domani; infatti, per fortuna, nel corso della visita dalla segreteria portano un fax del tribunale con la nomina del cancelliere e l’appuntamento presso lo stabilimento per le ore 9,30 di mercoledì.

Il lunedì successivo giunge quasi inaspettato.

La soddisfazione è grande per il lavoro svolto e concluso.

Si torna a Roma con un esercizio provvisorio dell’azienda già autorizzato dal giudice Caruso nella prospettiva di una possibile cessione dell’azienda e dello stabilimento, in gara tra un fornitore ligure ed un concorrente estero; il tutto, ovviamente, previa valutazione da parte di un C.T.U. che Caruso si riserva di nominare al mio ritorno dopo approfondito colloquio. Comunque, i dipendenti per ora sono salvi. Soprattutto, le commesse. esaminate in contraddittorio con l’amministrazione, fanno ben sperare sulla ripresa, anche perché due banche creditrici si asterranno dal presentare l’insinuazione del loro credito fino all’udienza di verifica del passivo, proprio per dare fiducia alla gestione in un’eventuale cessione dell’azienda, ciò ovviamente, non per beneficenza, ma perché potrebbe essere più conveniente trattare con l’acquirente che riscuotere il credito in moneta fallimentare nel concorso con gli altri creditori.

Chi è interessato a sapere come si sono ottenuti tali risultati, frutto di un impegno di quasi 24 ore giornaliere, per fortuna anche con spezzoni conviviali, è invitato a leggere le molte pagine delle mie relazioni ed istanze depositate all’attenzione del giudice Caruso, ne avrei veramente piacere.

Adesso, a Roma e di nuovo in studio.

Ho la testa ingolfata dal mistero della IMMOBILIARE. Occorre svolgere approfondite ricerche sulle persone e sui rispettivi documenti.

Ma bisogna andare subito, domani stesso, ad Aprilia per controllare il terreno della società; perché è questo particolare terreno agricolo, di infimo valore, che potrebbe essere la chiave, la cartina al tornasole, per districare l’intreccio di questi personaggi   attivi in un’opera misteriosa che appare senza scopo.

Prima però devo avere un’informazione fondamentale.

Prendo dal fascicoletto della IMMOBILARE l’istanza di fallimento presentata dall’ingegnere Luberto con allegati sia il precetto che il decreto ingiuntivo, tralascio il precetto e leggo il decreto, ma è formulato modulisticamente: incarico, lavoro espletato, mancato pagamento, senza entrare nei dettagli del lavoro eseguito.

Chiamo Nadia:

«Nadia scusa, prendi il fascicolo della IMMOBILIARE e passami l’avvocato Leandri del creditore Luberto, l’hai già chiamato.»

Sono fortunato è in studio e risponde subito:

«Avvocato Monticelli che è successo ancora?»

«Niente di grave Leandri, scusa per la telefonata, ma ho necessità di sapere nei dettagli quale tipo di lavoro ha svolto l’ingegnere Luberto per la società IMMOBILIARE sul terreno di Aprilia, non sto entrando nel merito del credito, non preoccuparti, c’è il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ed il precetto quindi tutto okay. L’informazione è importante per delle questioni che riguardano proprio il terreno ed il fine è nell’interesse di tutti i creditori, compreso l’ingegnere Luberto tuo cliente. Ne vorrei parlare direttamente con lui, ma mi astengo dal telefonare senza avvisarti collega, oppure può telefonarmi il tuo cliente, ma cortesemente entro oggi.»

«D’accordo Monticelli, dammi dieci minuti che lo avviso e ti faccio chiamare dall’ingegnere, però quando ci incontriamo mi racconti questo mistero, ciao.»

Squilla il cicalino, Nadia mi passa la telefonata:

«Buonasera avvocato, o curatore come preferisce, l’avvocato Leandri mi ha detto che è interessato a sapere notizie particolareggiate sul lavoro eseguito nel terreno di Aprilia della società IMMOBILIARE è così, ho capito bene?»

«Certo ingegnere Luberto proprio così, la ringrazio di aver telefonato, cosa può dirmi nei dettagli, quale tipo di prestazione professionale.»

«Ebbene avvocato, essenzialmente mi sono occupato di prospezioni geologiche del terreno, le aree argillose, la parte tufacea, la unicità del pozzo esistente oppure altra zona dove poter trovare acqua, in particolare, ma è una mia impressione badi bene, mi sembrava che il responsabile fosse  interessato piuttosto all’assetto del terreno come carico di fondamenta, assurdo essendo compreso il terreno in  un’ampia zona intorno ad Aprilia a destinazione agricola; a parte i campi e piccole fattorie l’unica cosa di rilievo lì intorno è un vecchio fabbricato abbandonato che doveva essere una segheria. Più di questo non so che altro dire, se vuole, posso inviarle la mia relazione tecnica con grafici e diagrammi, peraltro è proprietà sua come curatore, ma mi sembra che non l’abbia rintracciata.»

«Ingegnere Luberto non sa quanto mi è stato utile e la ringrazio, anche addirittura per la relazione tecnica che in effetti non ho rintracciato tra la documentazione; ora però un’ultima domanda, chi intende quando mi dice il responsabile che seguiva i lavori? Si ricorda il nome? Come si presentava, quale amministratore? Mi può accennare un profilo?»

«Guardi, l’amministratore è un certo signor Sartori Giuliano che mi ha contattato telefonicamente, anticipandomi la lettera di conferimento dell’incarico con un anticipo in contanti di 1.000 euro che ho regolarmente fatturato, ma non l’ho mai visto. Chi è venuto nello studio, invece, a spiegarmi tutto sulla documentazione e localizzazione del terreno è stato un suo collaboratore, un signore di mezz’età, che poi è venuto quasi sempre sul terreno a seguire le operazioni e badi che il lavoro, anche se con qualche interruzione, è durato trentadue giorni. Infatti, eravamo quasi entrati in confidenza, lui si comportava come il responsabile della situazione ed io lo chiamavo signor Giulio, probabilmente mi ha detto il cognome, ma non lo ricordo; però abbiamo avuto un problema con dei vigili e mi ha dato il suo telefono qualora si fossero ripresentati, il telefono è …24644 allora curatore torno al mio lavoro, spero niente scherzi per il mio credito, saluti.»

Che storia, oppure che storiaccia.

Quindi il cosiddetto signor Giulio si comportava come l’effettivo interessato, quasi il proprietario atteggiandosi al responsabile come dice Luberto, però ora abbiamo il suo numero di telefono.

Vado verso la segreteria e nel percorso chiamo Mario:

«Dai, un caffè», poi da Luisa «dai andiamo a prenderci un caffè giù al bar, ho bisogno di prendere aria e parlare un po’ con voi, poi devo pure fare uscire Rover che mi ha riportato Tonino questa mattina.»

A quest’ora i clienti entrano ed escono ma fermandosi al bancone, mentre sotto al pergolato c’è solo un altro signore che legge il giornale e noi ci sediamo al tavolo all’angolo, verso il giardino di un’altra palazzina.

«Allora, vi voglio raccontare le novità perché io penso e lavoro, mentre voi chattate e cazzeggiate sui social. Domani si va ad Aprilia a vedere il terreno della IMMOBILIARE e…» Ma loro, alzando le mani:

«No, no che è questa novità, io ho un appuntamento…e io devo fare una memoria che…» quasi in coro.

«Zitti e fatemi parlare che è già complicato tenere il senso del discorso. Dunque, si va ad Aprilia perché tutto il mistero sta su quel terreno, infatti ho chiamato quell’ingegnere, quello istante al fallimento e lui mi ha detto che il suo lavoro è consistito in prospezioni di tipo geologico e sapete chi seguiva i lavori ed era quasi sempre presente? Era proprio un signore che si chiamava Giulio. Ma la cosa bella è che questo Giulio si presentava come il responsabile proprio così lo ha definito l’ingegnere e, soprattutto, lui da atteggiamenti di questo signore, da mezze parole, da come gli proponeva certi lavori, ha avuto l’impressione che il fine era sondare il terreno per delle fondamenta di un certo rilievo, in sostanza per edificare, tant’è che ha voluto proprio precisare che non capiva a quale scopo, visto che il terreno era compreso in una zona tutta a destinazione agricola. Ora capite perché dobbiamo andare ad Aprilia? Il mistero è lì e non ci dobbiamo far fregare, come già hanno tentato prima del fallimento con l’intreccio dei documenti e, secondo me, con la morte, o sparizione che sia, di Giulio. Ma vi pare? Come se il Giuliano nella storia fosse solo una comparsa, non ci credo, c’è altro ancora sotto che dobbiamo scoprire» espongo di getto senza fermarmi.

Ci alziamo per tornare in studio e mentre salutiamo Fabrizio dietro il bancone, proprio sulla soglia evidenzio:

«Ah, poi, per pura casualità, l’ingegnere aveva anche il numero di telefono di questo signor Giulio e me l’ha dato, salvo vedere a chi corrisponde; insomma, questi ci vogliono fregare pure a noi, già dall’inizio il fallimento non mi aveva convinto, non mi quadrava quel totale disinteresse per affrontare e risolvere una crisi economica veramente di poco conto.»

In studio, prima di uscire, due cose urgentissime:

«Luisa, prepara subito la classica istanza per Caruso, sintetica, dieci righe, con la quale l’avvisi dell’intervento di domani ad Aprilia per vedere il terreno della IMMOBILIARE e per verifiche urgenti, inventati, sai tutto e con riserva di successiva relazione, così per qualsiasi cosa siamo coperti, poi domani, venendo in studio, Mario si ferma un momento con lo scooter in fallimentare e la deposita» quindi a Mario:

«Senti, scendi in cantina e prendi quel tronchese grande e la cassetta degli attrezzi e portali su, per ora mettili da te, poi Luisa ti darà un’istanza per Caruso da depositare domani al volo venendo in studio» a questo punto, con Rover in attesa vicino la porta saluto tutti ed esco.

Stiamo ad Aprilia, proprio in un mercoledì mattina di pioggia.

Che palle!

E’  quasi  mezz’ora che costeggiamo la periferia chiedendo ai benzinai, a qualche bar, a qualche contadino che lavora nel campo a bordo strada, finché  ci troviamo incolonnati per i lavori in corso con macchine spalatrici in movimento e la strada ridotta ad una corsia  fino all’orizzonte: gente che esce dalle macchine, gente che sbraita e anche io esco con Rover partecipando all’incazzatura generale e così per ovvia curiosità chiedo il motivo di quell’opera ciclopica, sentendomi rispondere da un esagitato:

«Stanno facendo la circonvallazione, okay siamo tutti contenti, era ora che il Comune si decidesse ad eliminare l’attraversamento città per muoversi tra le decine di paesi qui intorno e poi si avvantaggerà anche lo sviluppo di tutta questa zona, ma la follia è che questa è l’unica strada e simili lavori vanno fatti bloccando mezzo kilometro per volta, ma si sa in Italia, i classici lavori in economia dove tutti magnano!»

Il signore sembra informato sul territorio e ne approfitto, non ho nient’altro da fare:

«Scusi, senta, io proprio in zona… sto cercando un grande terreno, vari ettari, dove c’è una grande pompa eolica ed un grande casale, tutto un po’ abbandonato da anni, ma mi sono perso, l’unica indicazione che ho è che lì vicino ci dovrebbe essere una vecchia segheria abbandonata.»

Lui ci pensa, chiede pure ad un altro paio di persone che sbraitano pure loro e poi la comunanza di incazzati esclama:

«Ma è qui vicino, altri 300 metri di coda e poi stia attento, c’è una sterrata a sinistra la prenda e dopo altri 200 o 300 metri c’è una curva e subito dopo un altro centinaio di metri vede la pompa, in bocca al lupo.»

Quattrocento metri e altri 20 minuti di coda e vedo la sterrata, la prendo sperando sia quella giusta e infine la strada costeggia una lunga recinzione ed all’interno la pompa eolica e il casale: è il nostro terreno.

La recinzione è di rete semi arrugginita e verso l’angolo in fondo un cancello di ferro di tondini chiuso con una serratura antidiluviana a chiave grande, da cui si diparte una stradina di brecciolino fino al casale.

Ormai siamo qui, prendo dall’auto la cassetta degli attrezzi, bastano dieci minuti, entriamo e arriviamo al casale.

Rover tutto contento comincia a scorrazzare nel campo, mentre Mario e Luisa si guardano intorno non sapendo che fare, tocca a me:

«Sentite, o entriamo, oppure ce ne andiamo e allora che ci siamo venuti a fare, a perdere tempo?»

Mario è intenzionato a seguirmi è invece Luisa che sbotta:

«Ma Adriano, con tutto il casino che ci hai raccontato, e se ci troviamo un altro cadavere? Che facciamo? Zitti zitti, chiudiamo e ce ne andiamo, e poi Dio provvede?»

«Luisa, proprio così e mi fa specie di te! Ti sei scordata che nell’esercizio delle sue funzioni il curatore è un pubblico ufficiale? Abbiamo avvisato il Giudice dell’intervento di oggi, quindi se entriamo e troviamo il cadavere o qualcos’altro che ci indichi un possibile reato chiudiamo tutto con catena e lucchetto, che le ho comprate a fare se no stamattina, e poi andiamo dai Carabinieri ci identifichiamo e li conduciamo qui. Ma lascia perdere il cadavere, qui c’è sotto qualcosa che dobbiamo scoprire. Ma cazzo! Non vi siete accorti che qui c’è qualcuno che ci viene? Non c’è un vetro rotto, tutto è chiuso, ma vi pare che in quasi un anno vagabondi o altri che siano non avrebbero scardinato tutto? Dai, io forzo ed entro e ne ho pure il potere.»

La saracinesca è solo abbassata, la alzo ed entriamo in un magazzino garage ingombro di cose con solo uno spazio vuoto al centro, giusto per un’automobile, come rivelano le tracce di copertoni sul pavimento; giriamo un po’, guardiamo, sfiliamo cose da una scaffalatura, ma niente che sembra interessante, anche perché non sappiamo, in effetti, cosa cerchiamo e cosa potrebbe essere rilevante per una supposta indagine che presumiamo di svolgere.

Da una porta in fondo entriamo nella casa e lì, sorpresa, l’interruttore sulla parete accende la luce.

Ci troviamo in una spaziosa sala cucina con camino, come appunto nei vecchi casali, ma non è polverosa e abbandonata, è invece abitata da qualcuno, poi chi sia è un mistero. Anche qui giriamo e guardiamo, apro il frigorifero e trovo una busta di prosciutto aperta, un pezzo di provolone, una mezza bottiglia di vino e poco altro; invece, dentro una credenza, sul primo ripiano in basso eccola lì: una cartella nera a soffietto con angoli rovinati e dentro una mappa del terreno con lo studio e la relazione tecnica originale dell’ingegnere Luberto, proprio quella che si era meravigliato non l’avessi trovato tra la documentazione della IMMOBILIARE.

Al primo piano, un letto, dei vestiti e nulla di interessante, almeno come perquisizione affrettata.

«Dai Mario e Luisa spegnete la luce e usciamo, io chiudo la saracinesca.»

È tutto fatto, fischio a Rover che arriva di corsa e anche il cancello con uno sforzo si richiude. Montiamo in macchina e partiamo.

«Allora, sentite, lì probabilmente abita Giuliano Sartori che è voluto scomparire per paura, forse, di qualche grosso impiccio che riguarda il terreno. Provate a pensare, in cosa ci siamo imbattuti questa mattina?»

Sono interdetti:

«Bah, nella casa che è abitata, forse proprio da Giuliano visto che c’era la sua cartella», interviene Mario «io ho visto che nel garage c’erano tracce recenti di pneumatici grandi, quindi potrebbe essere proprio la Land Rover della società guidata da Giuliano.»

«E niente altro? Ma porca miseria, ci siamo fatti un’ora di coda per i lavori in corso prima di arrivare qui e che stavano facendo? Una circonvallazione intorno ad Aprilia che passa a 500 metri dal terreno! Ma vi rendete conto? Questo terreno agricolo e tutta la zona intorno se la scordano l’agricoltura; Aprilia si ingrandisce e la circonvallazione ingloba una periferia che arriverà fino qui e poi oltre. È questo il mistero! Poi bisogna vedere in che modo questa novità, ma solo per noi badate, giustifichi tutto l’intreccio in cui ci siamo imbattuti e che ancora non sappiamo com’è combinato. Dai è mezzogiorno ed è un normale mercoledì, proviamo a vedere se il Comune di Aprilia è aperto.»

Siamo fortunati, l’usciere parla con una persona dell’Urbanistica e ci autorizza a salire dall’impiegato.

Quest’ultimo dopo aver ben controllato chi siamo, aver letto e riletto la sentenza di fallimento, convintosi che non siamo degli stupidi importuni ma che siamo interessati per Funzione di Ufficio, espressione che fa effetto quando serve, ci conferma la realizzazione della circonvallazione in quella zona di espansione della periferia, in quanto già interessata da insediamenti artigianali ed industriali e ora anche commerciali.

Ringraziamo e anticipiamo all’impiegato una nostra successiva visita, in orario adeguato, promettiamo, forse anche con un consulente nominato dal Tribunale, fa sempre effetto, per conoscere meglio la situazione del bene acquisito al Fallimento.

Il pomeriggio passa preparando la relazione a Caruso e pensando, ogni tanto, a Giuliano che torna a casa, forse si accorge che qualcuno è entrato, però non manca niente, si chiederà chi e perché.

Ben gli sta un po’ di paura e forse qualcosa si smuove.

Forse è anche il caso di informare il Pubblico Ministero del fallimento, almeno per risolvere l’intreccio dei documenti, compreso quello del morto e quello dell’altro socio e per quest’ultimo, sempre che siano veri gli estremi scritti che ci ha dato il commercialista; infatti, è una ricerca che compete a lui, io mi scontrerei con dei muri di gomma.

Ormai sono le otto, Nadia è andata via dopo avermi dato la relazione per Caruso da depositare domani; Mario è andato in palestra, io non ci riuscirei mai di sera, Luisa ha una sua cliente per un divorzio, Ugo è chiuso in biblioteca non so con chi, Silvio e Angelo non sono venuti.

Che faccio, vado a casa, ma è presto! Sai che è, telefono a Eva, ormai sarà partita l’amica.

«Ciao sono Adriano, fra una cosa e l’altra non ci siamo più sentiti, poi sono anche andato fuori per lavoro, come stai, che fai?»

«Ciao, guarda che con il cell il nome è in rubrica, ho visto che eri tu, poi scompari per lavoro… beh… beh, dai sto scherzando, sono a casa con Anna, siamo tornate da una mostra e ci stiamo bevendo un aperitivo prima di cena, passa e bussa con le mani tanto ho tutto a casa, dai ti aspettiamo.»

Meraviglioso, poi Anna la conosco da tanto e abita pure vicino ad Eva e non è una nottambula!

Arrivo che in sala è già apparecchiato ed Eva ha cucinato la lasagna al pesto, la sua specialità, comunque ho portato una bottiglia di Amarone che si beve con tutto.

La serata scorre a chiacchiere e ricordi, conosco Anna da prima di Eva e abbiamo amici comuni che stimolano gossip e ironie, figuriamoci poi quando Eva mette sul tavolo la bottiglia di grappa, che ha un bell’effetto, perché dopo un tre quarti d’ora Anna dice:

«Amici bella serata, ma io non sono più tanto pischella e vado a dormire, ciao ciao.»

Io ed Eva continuiamo, ma parlando di noi più che dei ricordi con gli altri e poi, insomma, il divano è più comodo delle sedie intorno al tavolo e sul divano un po’ ci si allunga, ci si tocca e un bacio sul divano allungati e abbracciati è meglio di un bacio in piedi attaccati alla mia 500. Non ci sono richieste o tentennamenti, insieme ci alziamo e legati con un bacio entriamo in camera da letto e sul letto.

È bello non avere orari fissi la mattina, se non ho udienza che io vada in tribunale alle 9,00 o alle 10,30 non fa differenza e stamattina devo solo parlare con Caruso per l’avventura di ieri; ci alziamo e in bagno Eva mi dà pure uno spazzolino nuovo per i denti, Rover fa finta di dormire sul tappeto della sala e un bel caffè battezza la nuova giornata che comincia con occhi sornioni e leggere carezze sulle mani.

Io ho sempre la cartella con me, è la mia coperta di Linus, chiamo Rover e con un bacio sulla bocca a porta aperta mentre arriva l’ascensore scorrono fugaci promesse.

Mi fermo da un barbiere e poi arrivo in tribunale, Caruso ha udienza ma ormai sono le 11 e sta per finire, cammino per il corridoio salutando colleghi, giudici, cancellieri, tutto un mondo di quotidiano che orbita nella sezione fallimentare del tribunale.

Il giudice Caruso mi ascolta nella narrazione leggendo come sottotitoli la mia relazione, pochi commenti, ha capito e sottintende il significato di schermo protettivo della relazione depositata ieri, ma si vede che è d’accordo con l’iniziativa presa, in certe situazioni bisogna seguire l’intuito per poi assumere decisioni mirate, poi è anche d’accordo nel coinvolgere il Pubblico Ministero della procedura per risolvere definitivamente tutti i dubbi sulle persone e sui rispettivi documenti.

Infine, Caruso mi guarda:

«Avvocato, forse per scavare negli atti del Comune di Aprilia potrebbe intervenire anche un consulente, ingegnere meglio che architetto, lei ci provi, poi semmai mi fa sapere e provvediamo con la nomina, per ora grazie.»

«Grazie a lei giudice, la terrò informata.»

In Procura hanno orari flessibili e se sono fortunato tornando in studio posso pure provare a parlare con il P.M. Prosperetti.

Sono fortunato, sta svolgendo un interrogatorio, ma la cancelliera mi invita ad attendere perché avrà udienza solo fra un’ora, nel frattempo prende il fascicolo del mio fallimento da un mucchio di cartelline su una cassettiera.

«Buongiorno signor Pubblico Ministero, sono l’avvocato Monticelli il curatore del fallimento della IMMOBILIARE PONTINA a lei assegnato come procedura. Dalle prime indagini svolte sono emersi alcuni fatti che sembrano di una certa gravità, ho appena avuto un colloquio con il giudice delegato Dottoressa Caruso e anche lei ha convenuto sull’opportunità di informarla per un eventuale suo intervento, se lo ritiene: questa è la sua copia della relazione già discussa con il giudice Caruso.»

La relazione sono quattro pagine, lui mi fa segno di sedermi e di attendere, poi comincia a leggere in silenzio e solo alla fine mi guarda e mi invita a parlare, esponendo a mia volta il contenuto della relazione, finché:

«Avvocato Monticelli, ha fatto bene a venire, benché l’avrei convocata io fra una quindicina di giorni, come faccio sempre con i fallimenti che mi assegnano.  Come lei stesso dice più volte, potrebbe trattarsi di tutte supposizioni, ma un morto c’è stato e del quale si dubita della sua identità, anche se prima del fallimento; in ogni caso, l’amministratore sembra coinvolto ancora di persona negli affari della società, anche se non è stato possibile rintracciarlo. Tutto ciò mi spinge a dar credito ad ogni ipotesi da lei formulata, o solamente sottintesa. Prendo atto degli estremi dei documenti da lei segnalati circa le tre persone coinvolte nell’attività della società e sarà mia cura convocarla appena avrò i necessari riscontri, penso fra 4 o 5 giorni. Per ora le chiedo di agire con discrezione e cautela, ad esempio eviterei l’immediata nomina di un consulente, ma di tornare lei stesso al Comune di Aprilia nei prossimi giorni, ma senza chiasso, cercando solo di appurare tra gli uffici competenti l’eventuale incastro fra la nuova circonvallazione e il terreno. Arrivederci avvocato.»

Mi congedo e vado in studio per raccoglier le idee.

Entro saltando il solito rito Nadia, la posta, le telefonate, i saluti, c’è solo Angelo nella sua stanza, ma ha la porta chiusa; con una pacca in testa a Rover vado in segreteria mi prendo la posta, guardo le telefonate, vado nella mia stanza e poi, finalmente, mi siedo in poltrona a pensare.

Che faccio?

È inutile fare ricerche su internet tra Google e i siti degli uffici pubblici sui tre personaggi implicati nella vicenda della società, si è assunto il P.M. il compito di svolgere le indagini e chi meglio di lui; però a me ha rimandato la palla per investigare un altro po’ ad Aprilia.

Potrebbe essere l’occasione per chiedere al tribunale l’indicazione di un cancelliere ed eseguire anche un accesso formale al terreno e al casale; no meglio di no, le voci possono scivolare da un ufficio all’altro e ancora non sappiamo se tra tribunale e Comune possano esserci persone coinvolte in questa storia, sarebbe proprio il contrario di quanto raccomandato dal P.M. –senza chiasso-.

Assorto in questi pensieri, non mi accorgo dell’arrivo di Luisa che quasi affannata:

«Ciao Adriano, ricordati che alle sei abbiamo la riunione in biblioteca, già ho avvisato gli altri, dobbiamo parlare delle spese comuni e dell’eventuale ingresso nello studio dell’avvocato Amadei che vorrebbe la stanza di Pietro, ormai libera da tre mesi, e ci rinfrancherebbe con le spese comuni che in questo periodo ci siamo accollati tutti noi.»

«Va bene, presente!»

Poi di getto:

«Ah, scusa, puoi chiamare Mario che voglio parlarvi un momento prima della riunione.»

 Dopo 5 minuti in stanza da me:

«Non ridete, avete udienza lunedì mattina?»

Alla risposta negativa di entrambi:

«Allora, stamattina ho parlato con Caruso, tutto bene è d’accordo con l’iniziativa che abbiamo avuto, poi su suo suggerimento ho parlato anche con il P.M. Prosperetti e pure lui, anche se con alcuni distinguo, ha approvato; addirittura, di sua iniziativa mi ha detto che si occuperà personalmente delle indagini sui tre personaggi e rispettivi documenti. Però mi ha ricoinvolto per una cauta investigazione al Comune circa la situazione del terreno e questa va fatta lunedì, perché mi ha anticipato una mia convocazione fra 4 o 5 giorni e, ovviamente, io dovrò riscontrare con qualche novità le informazioni che mi darà. Ci state?»

Annuiscono entrambi, avremo tempo per concordarci l’appuntamento.

Finita la riunione ci salutiamo tutti e torno a casa.

Enea mi ha telefonato per avvisarmi che starà con me qualche giorno, visto che la madre è andata a Parigi. Enea ha la sua stanza e va e viene quando gli pare anche con amici o amiche, però mi avvisa sempre.

Mentre ceniamo insieme mi viene un’idea balzana:

«Che fai questo weekend? Che ti sei organizzato?»

«Bah, ancora niente, forse sabato sera arriva Tommaso e poi vedremo, anche con Dario, Justine, Monique e poi chissà chi, forse Tommaso vorrà stare a cena con i suoi e sul tardi andremo a bere qualcosa fuori.»

«E che ne dici se ce ne andiamo a Mazzano e sabato sera ti riaccompagno a Roma, è da questa estate che non ci vieni, forse arriva pure tuo cugino Daniele, almeno lo pensa Tonino.»

«Evviva, così incontro tutti, adesso telefono a Daniele, almeno se sa che ci sono pure io non dà buca, com’è il suo solito, come dice nonna.»

Il weekend passa meravigliosamente tra risate, prese in giro, mangiate, bevute e anche l’avventura nel bosco, tutti insieme con i figli di Daniele i due cani ed Enea capo guida fino alla sorgente e alla grotta dei briganti: nome da me coniato per un’antica tomba etrusca in cui è crollato tutto l’abside sulla scarpata a bordo del ruscello. Oltretutto, Enea torna contentissimo a Roma sabato sera accompagnato da Daniele, mentre io rimango a Mazzano, così ha casa libera fino a domenica sera, e vai! Come ha esclamato quando l’ha saputo.

Lunedì mattina siamo di nuovo al Comune di Aprilia e riusciamo ad incontrare lo stesso impiegato di mercoledì.

Ormai ci conosce ma la sua disponibilità è sempre tentennante, forse per un giusto ritegno d’ufficio; infatti, pur riservandosi la documentazione relativa, ci dice che la circonvallazione era stata deliberata nel mese di ottobre dell’anno scorso.

Più difficile, invece, avere informazioni sulla programmazione, antecedente ed attuale, per lo sviluppo del territorio circostante, notizie ed atti di natura politica, in ogni caso, di stretta competenza dell’assessorato all’urbanistica.

Solo un consulente del Tribunale potrebbe, forse, avere accesso a tali informazioni, trattandosi di un procedimento ancora in itinere.

Comunque, riusciamo a carpire alcune anticipazioni: tutto quel territorio, per il quale non esterna i confini dell’area, sarebbe passato da agricolo a edificabile.

E poi, proprio a mezza bocca, che nell’attesa dell’imprimatur della Regione sarebbero stati proposti all’attenzione sia delle comunità locali, sia delle forze politiche e sia delle organizzazioni imprenditoriali, non ultima anche la comunità ecclesiale, alcuni progetti di urbanizzazione o lottizzazione, così per coinvolgere tutte le forze sociali nello sviluppo programmato del vivere insieme la città senza tutte le ruberie e sopraffazioni tipiche del malcostume italiano.

Diamo atto al signore impiegato del suo sfogo nella ricerca della massimizzazione del benessere sociale e ci salutiamo più cordialmente di quando siamo arrivati; peraltro, abbiamo aperto un’autostrada a favore del nostro C.T.U. allorché dovrà accedere agli atti del Comune per valutare il terreno del Fallimento.

Tornando a Roma, è ineluttabile un passaggio al terreno, ma senza fermarci, solo per curiosità: vicino al cancello rallento, tutto è come l’altro giorno, solo Rover uggiola avendo riconosciuto il posto di una lunga scarrozzata per i campi, ma una pacca sulla testa e si risdraia deluso.

Arriviamo in studio e andiamo tutti e tre in segreteria per sapere le novità; Nadia mi saluta quasi con ansia e mi consegna subito il fax di Prosperetti che mi convoca in Procura domani a mezzogiorno; veramente una celerità inaspettata, meno male che oggi sono andato ad Aprilia e anch’io ho delle novità per lui.

Sono in dubbio se preparare una relazione per Caruso su quanto ho scoperto al Comune e quindi chiedere la necessaria nomina di un C.T.U. oppure attendere domani dopo il colloquio con Prosperetti: il quadro potrebbe essere più completo, oppure addirittura diversificarsi per le iniziative proponibili.

Decido di rimandare.

Solo ora controllo la posta e la lista delle telefonate e tra queste ultime un avvocato per conto dell’amministratore della SIDERURGICA.

Mi ero proprio scordato di questo fallimento; tanto vale che lo chiamo io e risolviamo pure questa storia:

«Avvocato Renzulli, buonasera, sono il collega Monticelli e ho visto la tua telefonata, ti ringrazio, tu sai che devo interrogare il tuo cliente ed accedere alla sede, che da quel che ho visto mi sembra un’officina, come ci possiamo organizzare?»

«Buonasera Monticelli, il signor Tafuro, quale amministratore è a sua disposizione; peraltro, ha ritirato dal commercialista tutta la documentazione, quindi, se vuole, possiamo incontrarci anche lì all’officina, come ha detto lei, oppure veniamo al suo studio.»

«Senti Renzulli, è meglio fare l’incontro presso l’officina, così mentre interrogo il tuo cliente e do la prima occhiata alla documentazione, vedo di persona di cosa parliamo, poi sigilliamo la documentazione e me la consegnerete in studio; inoltre, il tuo cliente mi consegnerà le chiavi, io sigillerò l’accesso e lo convocherò per assistere all’inventario insieme al cancelliere. L’incontro potrebbe essere mercoledì intorno alle 16,00 che ne pensi?»

«Ah per me va bene, e lo facciamo andare bene pure a Tafuro; quindi, se non ci sentiamo, ci vediamo mercoledì alla 16,00 lì a via Feronia.»

Ognuno nello studio è impegnato nelle proprie attività.

Io tra telefonate e un paio di lettere lascio scorrere il pensiero sulle macchinazioni sottostanti al terreno di Aprilia. Ma è ovvio che quei personaggi sapevano qualcosa dei programmi urbanistici allo studio nel Comune, solo così si spiega l’improvviso interesse per la verifica geologica del terreno.

E allora, si potrebbe anche ritenere che tanto la scomparsa dell’amministratore e la morte di quell’altro, il cosiddetto signor Giulio, siano collegate alla circonvallazione?

La coincidenza è strana, tutto sembra avvenire tra ottobre e gennaio di quest’anno. Salvo che l’ingegnere Luberto afferma che l’incarico glielo ha conferito l’amministratore, un certo signor Giuliano Sartori, mentre a gennaio era un altro signore, un certo signor Giulio, che seguiva le operazioni sul terreno.

Ma se è così, il morto non è il signor Giulio. E poi chi è che frequenta il terreno tutt’ora, vuoi vedere che è quello stronzo dell’amministratore, il signor Giuliano? Ma allora, se è così, perché poi ha fatto fallire la società? E dando credito all’impiegato del Comune, ricordiamoci che il fallimento è stato dichiarato da una quindicina di giorni, non potrebbe essere anche la nostra società ancora in bonis tra coloro che hanno proposto i cosiddetti programmi di urbanizzazione alle comunità locali, alle forze sociali, eccetera?

Mi scoppia la testa. Improvvisamente ricordo che l’ingegnere mi aveva dato il numero di telefono della persona da lui conosciuta come signor Giulio, e se provassi a telefonare? Prendo il telefono pirata che ho settato su numero sconosciuto e chiamo: dopo sette squilli mi risponde una voce con una cadenza campana:

«Ciao Riccardo, vuoi che ti passo a prendere per andare da Ennio?»

«Scusi chi è? Io non la conosco.»

«Mah scusi, penso di aver sbagliato numero, buonasera.»

E così questo signore che dovrebbe essere il signor Giulio risponde al telefono; non so come funziona il sistema, ma penso che debba passare parecchio tempo prima che un gestore telefonico assegni ad un altro cliente un numero riacquisito inattivo.

Quindi è Giulio o chi sia per lui che risponde.

Preparo un promemoria per Prosperetti, che mi servirà anche per la relazione a Caruso, ma è importante che lo depositi nella sua cancelleria prima del colloquio. Mi fido, ovviamente, ma verba volant e scripta manent troppi magheggi e poca certezza su chi sia coinvolto e in che poi? Comincio a subodorare una speculazione milionaria, ma se è così, perché hanno fatta fallire la società?

Incontro con il Pubblico Ministero, ciascuno nel proprio ruolo.

Come l’altra volta Prosperetti legge in silenzio il mio promemoria, 23 righe stringate; sembriamo, però, quasi due amici che non si scompongono, solo che lui ora vuole dirmi qualcosa e non sa come cominciare.

Provo io:

«Dottor Prosperetti, ho la sensazione di essermi scontrato con una vicenda molto più grande di come appariva all’inizio, non per reticenze di qualcuno o per evidenti falsi contabili, che non ci sono, piuttosto per una situazione dai contorni fuligginosi; ma poi mi chiedo se sono io che mi immagino chissà quali magheggi e crimini, solo perché collegati alla scoperta inattesa di un normale sviluppo del territorio.»

«Avvocato Monticelli, questa sua sensazione esprime a voce il quadro sinteticamente e tecnicamente esposto nel promemoria, ma, soprattutto, mi conferma tutti i dubbi sul fallimento che mi erano sorti dalle indagini effettuate sui vari personaggi coinvolti e che troverà in dettaglio su queste schede. Insomma, per quanto concerne l’amministratore Giuliano Sartori, tutto è vero: documento, nonché nome, luogo di nascita, codice fiscale, patente, attuale residenza e per quest’ultima il cambiamento risale a 18 mesi fa, ma è tutto in regola, anche per Agenzia delle Entrate, Registro Imprese ed ufficio I.V.A. Per quanto concerne, invece, il signor Giulio Sartori, il documento è vero, salvo la foto che è del Giuliano Sartori; mi spiego, esiste un signor Giulio Sartori al quale è stato rilasciato quel documento nel 2011, che ha un suo codice fiscale e una patente rilasciata nel 1999 ma, del quale, non si sa nulla. È morto il 21 novembre dell’anno scorso ed il procedimento relativo al suicidio è stato archiviato nel mese di maggio di quest’anno. Tutt’altro discorso per l’altro socio, il signor Angelo Fucci. Quest’ultimo dai suoi venti anni ha trascorso più tempo nelle nostre carceri che fuori.  Sembra che sia legato alla camorra e che negli ultimi anni si dedichi allo sbiancamento del denaro; infatti, è risultato quale socio accomandante e socio di s.r.l. per quote irrisorie di ben otto società, tra cui la IMMOBILIARE che ora ci interessa. Leggo dai suoi scritti che nessuno l’ha mai visto, ma Lei lo ha cercato o convocato? Mi scusi, Le ho fatto questa domanda perché questo signore è uscito dal carcere nel mese di luglio dell’anno scorso e poi non s’è saputo più nulla; per aiutarla posso solo darle una copia di un suo documento, non proprio recente.»

«No, mi scusi, è vero; ma non è usanza del curatore interrogare tutti i soci di una società fallita, pensi ad esempio alle S.P.A. Però, forse, ci sono situazioni in cui si dovrebbe fare, appunto come questo fallimento, se non altro per avere un quadro complessivo senza troppi dubbi. Mi creda dottor Prosperetti, capisco che per voi, Procura e Polizia, è difficile agire trattandosi ora di un libero cittadino, io, invece, quale curatore di una società fallita della quale è socio ho una specifica competenza. Non si preoccupi dottor Prosperetti, le farò sapere al più presto. Ah poi, e questo è nella Sua competenza, si potrebbe accertare l’utenza telefonica di quel numero che ho indicato ed al quale dovrebbe rispondere il cosiddetto signor Giulio, magari anche verificando la cella della risposta alla mia telefonata?»

«Proverò avvocato, ma lei sa che si tratta di una verifica nell’ambito di un’indagine che ancora…mi capisce? Per ora la ringrazio avvocato Monticelli, ma agisca con accortezza e cautela, si tratta di un personaggio da non sottovalutare. Arrivederci e buon lavoro.»

In studio, racconto tutto a Luisa e Mario e poi, mentre ci stiamo organizzando la giornata di domani, bevendo un caffè in piedi accanto alla macchina vicino la segreteria, mi viene in mente un’idea:

«Mario senti, tu domani pomeriggio sei esonerato dal fare questo accesso alla SIDERURGICA a via Feronia e siccome tu sei giovane e hai lo scooter ti tocca un impegno da Archie Goodwin: prenditi sia il documento di Giulio Sartori sia quello del socio Fucci, il bandito a sentire il P.M. e vai lì a via della Pisana a quel civico, guarda se tra i nomi sui citofoni c’è quello di Angelo Fucci, se non c’è il citofono chiedi al portiere, se non c’è neppure il portiere vattene al bar più vicino da dove vedi il portone, tanto ti conosco tu al bar ci potresti passare la giornata a chattare, invece ci passi almeno 2 o 3 ore e vedi chi entra e chi esce, se per caso qualcuno assomiglia alla foto del documento, e nell’ingenuità di non sapere nulla inventati il modo di sapere tutto di chi abita in quel portone.»

«Ma professore, mi piglieranno per matto, uno che di pomeriggio sta lì tre ore al bar a chattare, oppure uno che sta preparando un furto o chissà che cosa.»

«Dai Mario, scendi dallo scooter duecento metri prima e poi lo spingi un po’ sgassando e un po’ spegnendolo fino al bar, poi mi telefoni come meccanico e mi fai storie per raggiungerti, mi puoi pure telefonare incazzato ogni mezz’ora; insomma, inventati tu la storia, se no che Archie Goodwin sei? Intanto, adesso gli scriviamo anche la classica raccomandata, ma questa arriva, se ci dice bene, tra una settimana dieci giorni, mentre qui ho sbagliato io, me lo ha fatto capire il P.M. e, dunque, tento di affrettare i tempi.»

Il pomeriggio scorre lento, poi arriva la telefonata di Eva:

«Ciao Adriano, fra un po’ vado ad un vernissage di Marilena a via Tagliamento, ti va che dopo passo da te, o hai da fare di meglio?»

«Ciao, già pensavo che stasera avrei strofinato la mia lampada e invece c’è una fata che si affaccia da me; ti aspetto.»

Esco presto dallo studio, passeggiata con Rover e poi a casa, a sistemare e a perdere tempo pensando: e se ci fossimo sbagliati fin dall’inizio? E se l’omo nero fosse proprio il socio Fucci? No, c’è sempre il morto Giulio, è lui che ingarbuglia tutto e che neppure la Procura è riuscita a sapere chi sia e chi era e che ha fatto prima di morire, come un fantasma che però ha un documento.

Ma aspetta, questo è proprio un fantasma, visto che dopo morto seguiva ancora i lavori sul terreno.

Pure elucubrazioni.

Meno male che arriva Eva che con moine e sorrisi mi coinvolge in un aperitivo da scacciapensieri. Non le va di scendere da Andrea a prendere una pizza, preferisce starsene scalza con la camicetta sbottonata a spizzicare pane, formaggio, salsiccette secche e bere vino chiacchierando, beh non proprio in tal senso collegiale: occhi e mani e gambe hanno propri impulsi, approfittando che siamo seduti sul divano.

Ci alziamo per portare in cucina i nostri vassoi e poi Eva prende la sua borsa; mi dispiace che se ne vada, invece sfila la sua trousse e con uno sguardo e sorriso complice la porta in bagno.

 La serata non è finita, durerà fino a domani mattina.

Ci alziamo tardi; io sospendo il rito mattutino del tazzone di Nescafè, apprezzando il caffè con la moka preparato da Eva con il suo rito: fuoco al minimo quasi invisibile e poi dopo il brum-blum girare lentamente con il cucchiaino dentro la moka, quindi versare un po’ per tazzina fino a riempirle. Prima sigaretta da aspirare con gusto, parlando piano e lasciando aperti tanti progetti che non sappiamo, poi, se ne vivremo almeno uno, ma ci piace raccontarceli.

Prima di uscire mi ricordo dell’atto che Nadia, se fosse stato possibile, mi avrebbe inviato ieri sera; accendo il computer vedo la posta ed è lì: l’istanza a Caruso per la nomina di un C.T.U. per il fallimento della IMMOBILIARE.

Eva mi sorride ironicamente mi dà un bacio ed esce.

Leggo, correggo, stampo ed esco.

Tanto per la SIDERURGICA abbiamo l’accesso alle quattro e ho tutto il tempo di passare in fallimentare da Caruso, ma non so come comportarmi. Non so se sia il caso di proporle la nomina dell’ingegnere Luberto che già conosce la situazione, ma è piuttosto un geologo, sarà in grado di fare una valutazione di valore economico per il terreno? Però già supponeva stranezze per l’esecuzione delle operazioni come richiesta da quel signor Giulio sempre presente; forse potrebbe appassionarsi e fare un’analisi approfondita del quadro complessivo.

Caruso concorda e nomina l’ingegnere Luberto per le operazioni peritali.

Mi prendo un tramezzino e una birra al bar da Lino, bevendo il caffè mi fumo un sigaretto dando un’occhiata al Messaggero e alla Repubblica e dopo vado in studio.

L’accesso alla SIDERURGICA si svolge come previsto.

L’avvocato e l’amministratore collaborano in tutto.

Il disordine tra macchinari e materiali regna sovrano, i macchinari presentano tutti un evidente stato di usura, la documentazione è semplice, benché contabilmente corposa per la massa di lavori eseguiti, tutti di importi minimo-medi, per cui sigilliamo e sarà l’amministratore a consegnarla in studio.

Acquisisco le chiavi, metto due blocchi lucchetto nuovi alle due saracinesche e avviso l’amministratore che sarà convocato per le operazioni di inventario insieme al cancelliere. Tutto finito in due ore e mezza. 

Le novità della giornata ce le porterà Mario, chissà come è andata? Tra l’altro, mi ha telefonato a voce alta solo due volte.

Arriva in studio dieci minuti dopo di noi, la biblioteca è occupata; quindi, tutti nella mia stanza e chiamo Nadia per portarci solo 2 caffè, perché alla mia proposta Mario mi ha guardato proprio male.

Allora, la palazzina ha i citofoni ma di Angelo Fucci nessuna traccia.

Mario è riuscito ad entrare nel portone ma il risultato è lo stesso con le cassette della posta; dunque, raccomandata inutile che tornerà con la dicitura destinatario irreperibile.

Mario ha controllato tutte le persone che sono entrate ed uscite, anche quelli che passavano, ma nessuna somiglianza con le foto; ha tentato anche con il barista, spacciandosi per un giornalista di Striscia La Notizia che cercava uno che aveva abbandonato alla morte, senza cibo e acqua, 30 cani del suo canile per i quali il Comune pagava 1 euro e 20 centesimi al giorno per ciascun cane.

Ma anche con questo stratagemma né il barista, né vari clienti del bar hanno riconosciuto la persona delle foto.

Va bene, poi ci si pensa, ora devo chiamare l’ingegnere Luberto per avvisarlo della nomina e prendere un appuntamento per parlarne a voce. Devo dargli alcune spiegazioni sul motivo del suo incarico e concordare il muoversi con cautela, come si è raccomandato il Pubblico Ministero.

A proposito, non mi ha fatto sapere nulla circa il numero di cellulare del quale rintracciare l’intestatario; aveva detto ci proverò, ma molto evasivamente, mentre è lui che dovrebbe fare le indagini, non il sottoscritto.

Comunque, sarebbe inutile, sicuramente l’intestatario è un quisque de populo indipendentemente dalla persona, o da coloro, che utilizzano il telefono, che poi, potrebbero essere o il Giuliano o il Fucci, entrambi scomparsi; ma se per il Fucci sembrerebbe comprensibile, perché quello stronzo di Giuliano è scomparso? Che motivo aveva? Certo non il rischio del fallimento, che con la società inoperativa da anni e la contabilità abbastanza in regola se ne poteva fregare altamente.

Forse altri creditori per importi rilevantissimi che avrebbero potuto scatenare ipotesi di reato gravi, oltre la bancarotta?

No, già si sarebbero fatti vivi, ormai siamo in prossimità dell’udienza di verifica del passivo: solo Erario, Agenzia delle Entrate e pochi altri si insinuano spesso con una tardiva; quindi, non ci sono altri creditori importanti.

Bah, la scomparsa di Giuliano è un enigma più grande della morte di Giulio. E se invece, cazzo, fossero la stessa persona? Questo potrebbe spiegare alcuni intrecci; ma ne apre un altro, che però aiuta a focalizzare una domanda: il morto è Giulio, oppure Giuliano?

Nadia interrompe i miei pensieri:

«Professore, al telefono c’è l’avvocato Galeazzi, ma non mi ha detto per quale pratica, vuole parlare direttamente con lei.»

Prendo la telefonata:

«Buonasera, sono Monticelli, non ha detto alla mia segretaria di cosa vuole parlarmi, di che si tratta? È una questione urgente?»

«Buonasera collega, mi scusi, nulla di troppo urgente, ma…si tratta del fallimento della IMMOBILIARE PONTINA e vorrei parlarle del terreno che si trova ad Aprilia.»

Sobbalzo e chiedo:

«Scusi, in che senso, il fallimento è stato appena dichiarato, ancora siamo agli accertamenti preliminari, neppure l’inventario è stato ancora eseguito, tanto meno la perizia per determinarne il valore; ma a lei perché interessa? Mi fa supporre che ci sia veramente un’urgenza, ma, mi scusi, non ne comprendo la ragione.»

«Vede avvocato, il mio studio rappresenta molti investitori e imprenditori nei vari settori dell’industria e del commercio. Ebbene, come lei sa si tratta di un terreno agricolo ed un nostro cliente dello studio, sarebbe interessato a quel terreno per una piantagione intensiva; ovviamente, come lei capisce bene, sono riservati sia il nome del cliente, sia il tipo di piantagione. Però, qui è il motivo della mia telefonata, una certa urgenza c’è; infatti, tali investimenti sono effettuati in tempi abbastanza stretti, se invece i tempi si allungano il denaro viene dirottato ad altri scopi. Ecco, ho visto che vi sono solo due creditori e che la verifica del passivo avverrà tra sette giorni; se lei, dunque, riuscisse a fare la stima e l’asta in tempi brevi ne guadagneranno i creditori, che non dovranno attendere i tempi lunghi della procedura per poi ripartirsi quel minimo ricavato dal valore del terreno, in più, anche la procedura ne avrebbe giovamento, in quanto avrebbe un fondo cassa e potrebbe chiudersi celermente, così anche per il suo compenso. Mi creda, non intendo forzare le sue scelte, questo incontro è solo per dirle che l’interesse del nostro cliente può concordarsi con l’interesse della procedura.»

«Va bene avvocato Galeazzi, la ringrazio del suo consiglio; ci penserò, ma c’è sempre un Giudice Delegato, comunque, arrivederci.»

Ecco, dunque, chi era l’avvocato che voleva visionare il fascicolo il giorno dopo la dichiarazione di fallimento! Si attendeva proprio il fallimento. Meglio, il fallimento è stato casuale, come una variabile impazzita in una vicenda organizzata, oppure è stato fatto apposta? Certamente, però, chi è interessato alla sorte del terreno vuole chiudere tutto in tempi brevissimi; ossia, e ci vuole poco a capirlo, prima che la Regione dia il suo placet alla modifica della configurazione del territorio, da destinazione agricola a destinazione edificatoria, pur con tutti i ritardi connessi alla pletora di competenze che devono studiare e decidere una tale scelta di urbanizzazione.

Con chi parlo di questa telefonata?

Neppure so se considerarla un semplice intervento professionale, oppure un avviso od ancor peggio, una velata minaccia, se non, anche, un latente tentativo di corruzione. La telefonata dell’avvocato Galeazzi mi fa supporre che è tutto com’era. Voglio proprio vedere chi è che si scopre e si sta muovendo.

Mi sa che domani mattina alle 6,00 vado ad Aprilia sul terreno e controllo se è tutto come l’ho lasciato e se il casale non ha luci accese, né finestre aperte; se è così, metto catena e lucchetto al cancello, poi vado al Tribunale, parlo con il giudice di turno e mi faccio assegnare d’urgenza un cancelliere od un ufficiale giudiziario per l’inventario, mi inventerò qualcosa.

Sono o no, pure io un Pubblico Ufficiale?

È giovedì mattina e mi trovo al Tribunale in fila davanti agli uffici ancora chiusi.

Ma che follia m’è venuta in mente di fare questa puntata ad Aprilia!

Invece, risolvo tutto; alle 10,00 arrivo sul terreno con il cancelliere, apro il cancello e ci fermiamo davanti il casale.

Il cancelliere comincia a fare il verbale con la descrizione del luogo; intanto io faccio uscire Rover dall’auto e lo lascio contento a correre per i campi a caccia di lucertole, lepri od ippopotami, sa lui.

La saracinesca non è chiusa, come l’altra volta, ma nel magazzino garage c’è la famosa Land Rover e finalmente la vedo, si può inventariare e stimare subito, compito del cancelliere, tanto è di proprietà della società fallita.

Mentre il cancelliere fa il suo lavoro, mi aggiro tra gli scaffali del magazzino, esamino oggetti e vecchi faldoni di carte, tra questi, anche varia documentazione riguardante la palazzina di Torre Astura e altri progetti di costruzione, nonché carte vecchie di altre società e tra quest’ultime, spigolando tra le carte, anche varia documentazione, soprattutto fotocopie, riguardante affari nel Frusinate ed in Campania.

Faccio mettere tutto quanto in uno scatolone e sigillare dal cancelliere.

Ciò mi riporta, ovviamente, alle indagini svolte da Prosperetti sul conto di quell’Angelo Fucci, socio al 10% della IMMOBILIARE e dunque, anche, la sua presumibile frequentazione nel tempo del casale: come nascondiglio, come rifugio, come base?

L’inventario prosegue nella sala cucina: il cancelliere fa la sua opera ed io la mia. Apro il frigorifero e trovo le stesse cose dell’altra volta, solo ammuffite; dunque, sembra che nessuno sia più venuto.

Mi dirigo subito alla credenza, ma sul ripiano in basso non c’è più la cartella nera.

Dunque, qualcuno è venuto, ma di corsa, e poi come è andato via, visto che la macchina è nel magazzino? Saranno state almeno due persone.

Saliamo al primo piano, anche qui è tutto come prima: vestiti sparsi e letto sfatto, forse i vestiti sono di meno, forse manca una felpa e un paio di camice, ma non ci giurerei, l’altra volta s’è data un’occhiata affrettata e basta. Mentre il cancelliere guarda i mobili, apro un po’ di cassetti e sportelli di una specie di libreria: vecchi giornali, appunti inintelligibili, vari Tex Willer, vari libri gialli, finché su un ripiano in alto una scatola di metallo con disegni colorati, quelle per i biscotti, solo che ora contiene un cellulare, un anello con tre chiavi, due carte di identità, non si sa di chi e cinque foto formato tessera, due uguali e tre uguali, non si sa di chi. Il cancelliere controlla e verbalizza, poi sigilla la scatola che io prendo.

Abbiamo finito.

Prendiamo lo scatolone dal magazzino e lo mettiamo in macchina, poi chiudiamo con catena e lucchetto la saracinesca e la porta di casa, per quanto, ormai, è certo che nessuno verrà più; quindi, chiamo Rover e usciamo dal cancello, pure lui chiuso con catena e lucchetto. Mi sembra tutta una farsa, ma così si deve fare.

Tornando a Roma chiamo l’ingegnere Luberto, lui ha lo studio all’EUR e forse possiamo incontrarci:

«Buongiorno ingegnere, sono l’avvocato Monticelli, il curatore del…»

«Buongiorno avvocato, non mi aspettavo una sua telefonata, che c’è?»

«Ingegnere, volevo avvisarla che il Giudice Delegato Caruso l’ha nominata quale C.T.U.  del fallimento della IMMOBILIARE PONTINA e sto proprio tornando da Aprilia dopo aver fatto l’inventario al terreno e al casale, ci possiamo incontrare se non ha impegni urgenti?» «Certamente, avvocato, l’aspetto qui in studio.»

Parlo quasi solo io; l’importante non era dirgli quello che avevo appreso al Comune, forse l’avrebbe capito autonomamente svolgendo il suo incarico, piuttosto, invece, volevo metterlo in guardia dai meccanismi economici e forse, politici, che avrebbero potuto intralciare il suo lavoro. In ogni caso, non si sarebbe dovuto occupare del casale che era stato sequestrato dall’Ufficio Fallimentare; in effetti, non avevo trovato altro modo per avvertirlo di star lontano dal casale. 

Arrivato in studio, saluto, prendo il caffè nell’atrio della segreteria, chiacchiero del più e del meno, ritiro la posta e la lista delle telefonate, ma non dico niente della mia mattinata; non voglio coinvolgere nessuno nelle mie elucubrazioni, che se non supportate da risposte concrete, sembrano essere senza senso.

Tra l’altro, so che devo informare il P.M. di ciò che ho trovato nel casale, ma non ho un obbligo impellente; in effetti, non ho nessuna notitia criminis da comunicare, si tratta solo di un cellulare, un mazzo di chiavi, tre documenti, cinque fototessere, che possono avere centinaia di giustificazioni per essere lì.

Per ora preferisco pensare con la mia testa.

Dall’area fantasmi è apparso quel Fucci Angelo socio della IMMOBILIARE e che nessuno ha mai visto, salvo, ovviamente, l’amministratore Giuliano Sartori.

Si può presumere che per un certo periodo frequentassero entrambi il casale? Tutto lo lascia supporre.

Ma perché, dopo aver intuito una possibile ipervalorizzazione del terreno, tanto da affidarsi ad un ingegnere geologo per i sondaggi, poi sono entrambi scomparsi lasciando tutto nelle mani di chi?

Mi viene in mente l’amministratore Giuliano, visto che tra gennaio e febbraio seguiva i lavori dell’ingegnere spacciandosi per quel fantomatico Giulio; ma poi perché, visto che lui ne aveva pieno diritto e legittimazione essendo l’amministratore? E se invece fosse stato il socio Fucci a seguire i lavori, presentandosi come signor Giulio; mentre Giuliano come amministratore si occupava delle pratiche presso il Comune, anche avvalendosi di proprie conoscenze derivanti dalla pregressa attività edilizia della IMMOBILIARE sempre in quella zona.

Questa mi sembra l’ipotesi più sensata e lascio perdere ulteriori elucubrazioni che, per ora, mi confonderebbero solo le idee.

Controllo la posta e le telefonate; tra quest’ultime c’è quella di un certo avvocato Bellomo, che non conosco, ma evidenziata urgente, per cui avviso Nadia di chiamare e all’avviso del cicalino:

«Buonasera, sono l’avvocato Monticelli, ho visto la sua telefonata annotata urgente, di che si tratta?»

«Buonasera, collega, sono l’avvocato Bellomo e la chiamo per il fallimento della IMMOBILIARE PONTINA per conto dello studio Tevini ed Associati di Pomezia. Ho ricevuto l’incarico per l’insinuazione al passivo del loro credito per l’importo di 37.000 euro e, trattandosi di miei vecchi clienti, volevo sapere se c’è un’eventuale disponibilità per i chirografi, altrimenti li consiglierei di non gravarsi di ulteriori spese e mettere a perdita il credito.»

«Mi scusi Bellomo, non so proprio di cosa si tratti, né trovo traccia di questo incarico nel fascicolo del fallimento, ha il nome dell’amministratore?»

«Guardi curatore, la società, in persona dell’amministratore signor Giuliano Sartori, il 20 gennaio di quest’anno ha conferito l’incarico al mio cliente, uno studio associato di ingegneri e architetti, di realizzare un progetto di lottizzazione con relative infrastrutture urbanistiche su un terreno sito ad Aprilia, una lottizzazione di otto palazzi comprensiva del sistema viario, degli spazi verdi e del tessuto commerciale. Lo studio vi ha lavorato per più di due mesi tra febbraio e aprile di quest’anno, ma salvo due acconti per complessivi 3.000 euro, il saldo è stato pagato con un assegno poi risultato scoperto.»

«Mi scusi collega, non ho assolutamente idea di questo incarico; peraltro, il terreno mi risulta a destinazione agricola. Prima dell’udienza di verifica è difficile fare una previsione, ma allo stato dubiterei, anche considerando l’Erario che arriva sempre per ultimo. Lei scelga come crede meglio, ma le chiederei una cortesia, avere una copia via mail del progetto, così potrà essere esaminata prima dell’udienza di verifica, risparmiandoci un rinvio

Dunque, avevo ragione! Quei due si occupavano a tempo pieno nel programmare e sistemare l’inattesa valorizzazione del terreno, ciascuno per la sua parte: all’amministratore Giuliano la burocrazia e le conoscenze, al socio Fucci le attività pratiche.

Un’ultima cosa, metto in carica il cellulare che si trovava nella scatola insieme ai documenti, alle chiavi e alle foto: dopo venti secondi si accende, ma mi chiede la password; va bene, l’importante è che funzioni, poi si vedrà come entrare in telefonate e rubrica, se ne occuperà Prosperetti.

Metto da parte la IMMOBILIARE e mi viene in mente una cosa urgente da fare, per cui chiamo Mario:

«Scusa, nel fascicolo della SIDERURGICA trovi il nome del cancelliere designato per l’inventario, domani potresti andare alla Sezione e prendere un appuntamento, così eliminiamo pure questa vicenda, che siamo già in ritardo?»

«Certo professore, come mi regolo per i giorni?»

«La settimana prossima, ma non martedì e mercoledì.»

Nadia mi porta il fascicolo dell’udienza di domani, c’è l’interrogatorio dei testi, uno mio e uno di controparte; mi rinfresco la memoria leggendo gli atti ed i precedenti verbali, poi metto il fascicolo in cartella, chiamo Rover, saluto tutti ed esco.

In macchina mi arriva la telefonata di Antonio che è tornato da Foggia con mozzarelle di bufala e due tonnetti freschi, ha invitato anche Lamberto e Riccio che è di passaggio a Roma; Antonio è un bravo cuoco e non si può perdere una cena organizzata da lui, peraltro è anche un sommelier e quindi chiedo quale vino portare, poi, è anche di strada verso casa mia, che volere di più?

L’udienza finisce a mezzogiorno, la mia causa era la ventitreesima su un elenco di trentacinque e c’è anche voluta tanta pazienza per calmare i testimoni, dicendo che si erano solo scontrati con uno dei gravi problemi della Giustizia italiana.

Vado al bar di Lino e mi prendo una pizza bianca con prosciutto e mozzarella ed una spina, mangio e sorseggio la birra guardando il passaggio: persone varie, avvocati, giudici, impiegati della banca, segretarie, con molti ci conosciamo e sfugge il ciao o buongiorno o semplice cenno del capo, od anche una chiacchiera veloce di venti secondi, c’è poi il solito avvocato seduto ad un tavolino con un suo cliente al quale spiega l’udienza avvenuta, Lino entra ed esce portando le consumazioni e schivando Rover; insomma una ordinaria fine mattinata in uno dei bar vicino il Tribunale.

Viene poi il momento del caffè insieme al giornale, fumando il sigaretto e continuando il precedente tran-tran più rasserenato.

Entro in studio non proprio calmo, non mi va di fare alcunché, saluto, prendo la posta, la lista telefonate e mentre vado nella mia stanza Mario mi comunica che per l’inventario alla SIDERURGICA il cancelliere è libero lunedì e giovedì, ma solo di pomeriggio, basta avvisarlo.

La mia stanza ha già la finestra aperta, con la massa garrente dei pappagalletti verdi appollaiati sugli alberi vicino: saranno sette o otto anni che sono arrivati non si sa da dove, ma ormai fanno parte del paesaggio urbano, li vedo anche nel giardino delle suore vicino casa di mia madre, sulla via Appia dopo San Giovanni.

Esamino prima la posta, così posso rispondere e poi ci pensa Nadia.

Dopo mezz’ora suona il cicalino e Nadia:

«Professore, è al telefono un certo dottor Mazza per il fallimento della IMMOBILIARE, ci vuole parlare?»

«Si grazie, segnati nome e numero, perché era il commercialista della società.»

Alzo il telefono:

«Buongiorno dottor Mazza, è un piacere sentirla, ci sono novità?»

«Certo avvocato curatore, come la legge mi impone le comunico la posta della società che ancora mi arriva e stamattina ho ricevuto anche la notifica di una diffida, è una cosa urgente, vero?»

“Porca miseria!” esclamo tra me.

«Sicuramente dottor Mazza la ringrazio, di che si tratta?»

«È la diffida di un certo signor Pacini che si dichiara proprietario dell’appartamento dato in affitto alla IMMOBILIARE PONTINA per il quale non è stato pagato il canone dal mese di febbraio per complessivi € 7.200 e quindi ne chiede il pagamento entro dieci giorni da oggi, minacciando, altrimenti, di agire giudizialmente con lo sfratto e conseguente aggravio di spese; che faccio?»

“Ecco, dunque, dove cazzo si era sistemato il signor Giuliano Sartori!” ribadisco a me stesso.

«Niente, la ringrazio molto, verrà oggi stesso qualcuno a ritirarla, per ora me la può anticipare via fax o via mail, come crede.»

Vuoi vedere che le chiavi trovate nella scatola al casale sono di quell’appartamento?

Chiamo subito Mario che ha lo scooter e gli chiedo la cortesia di andare dal commercialista Mazza, tanto lo conosce e sa dov’è, a ritirare una diffida notificata relativa ad un appartamento preso in affitto da Giuliano Sartori e del quale eravamo all’oscuro.

Poi vado in segreteria e trovo il fax di Mazza. Lo leggo, vedo nome, cognome e indirizzo del proprietario Pacini, lo cerco in internet e trovo il suo telefono fisso; quindi, lo chiamo: «Buongiorno cerco il signor Pacini, è lei?»

Silenzio, poi:

«Si certo, chi è?»

Meno male:

«Buongiorno, sono l’avvocato Monticelli, il curatore del fallimento della IMMOBILIARE PONTINA e ho ricevuto la sua Diffida per il mancato pagamento dei canoni dell’appartamento in via Candia. Guardi, la società è fallita e per ora non può toccare nulla dei beni della società, ivi compresi quelli esistenti nell’appartamento, dove l’Ufficio Fallimentare dovrà eseguire l’accesso ai sensi di legge. Quale Curatore, mi impegno a liberarle l’appartamento il prima possibile, forse anche domani o nella prossima settimana, dipende da quello che troviamo; a proposito, l’arredamento è suo, oppure no?»

«Ma avvocato, i mobili sono miei, io l’ho affittato arredato, non so, però, cosa vi abbia portato quel signore.»

«In tal caso, forse glielo possiamo pure riconsegnare molto presto; se ci riesco, proverò a venire domani insieme al cancelliere per fare l’accesso, verso fine mattinata oppure pomeriggio, comunque può entrare con noi, ma rimanendo distante dal compimento delle operazioni. Per quanto riguarda il suo credito, invece, dovrà presentare la classica insinuazione al passivo del fallimento; si tratta di una procedura speciale e di termini tecnici, per cui consiglierei di consultarsi con un avvocato. Per ora grazie e richiamerò entro un’ora, per l’appuntamento.»

Per fortuna, la solita promessa di un regalino scioglie altri impegni e il cancelliere mi dà appuntamento per domani sabato alle 15,00 basta che lo vada a prendere a via Lepanto. Pacini accetta, speranzoso nella consegna celere dell’appartamento, obiettivo che compenserebbe l’eventuale pagamento in ritardo ed in moneta fallimentare.

Il sabato mattina trascorre in pigrizia; alle quattro con il cancelliere arriviamo in via Candia e troviamo ad attenderci il signor Pacini con un suo legale, presentazioni e saliamo all’appartamento.

È l’ora della verità: con sicurezza prendo le chiavi, scelgo quella grossa da porta blindata e giro, la porta si apre.

Entriamo direttamente nel salone, qui si aprono due porte: quella in fondo porta in un disimpegno da cui si accede ad un bagno e ad uno studiolo comunicante con la camera da letto, da quella centrale si entra in cucina.

L’appartamento è modestamente arredato, ma completo di tutti i servizi; invito Pacini ad entrare per controllare mobili ed oggetti e dirci se di sua proprietà o meno: quasi tutto è suo, salvo alcune cornici con foto, un lume da scrivania nello studiolo e poche altre cose irrilevanti.

Invito Pacini ed il suo legale ad attendere seduti su un divano vicino la porta di ingresso; mentre il cancelliere vorrebbe andarsene, deluso per un infimo compenso, ma lo convinco a restare.

Si tratta dell’abitazione, nascondiglio, covo, di un personaggio che non mi piace e voglio qualcuno che certifichi eventuali documenti, oppure cose che trovo.

Cominciamo ad aprire cassetti e sportelli, prima lo studiolo e poi la camera da letto e finalmente la sorpresa: in un cassetto della scrivania troviamo l’agenda dell’anno scorso di Giuliano Sartori e, soprattutto, nel comodino della camera da letto una cassettina di metallo con serratura, una di quelle utilizzate come cassaforte da casa.

Speranzoso, uso la terza chiave dell’anello, quella piccola, anche questa volta la chiave gira ed apre, sollevo il coperchio e sgraniamo gli occhi, sia io che il cancelliere: la cassettina è piena di banconote, le contiamo e sono 162.450 euro; il cancelliere certifica, sigilliamo e firmiamo, con lui sorridente pensando al suo compenso, con me aggrottato pensando a quale impiccio si nasconda sotto quel denaro.

Consegno all’avvocato del Pacini la copia autentica della sentenza di fallimento, dando speranze per una celere liberazione dell’appartamento, poi ci salutiamo ed io riaccompagno il cancelliere al Tribunale.

Ormai è sabato pomeriggio tardi e non mi sono organizzato nulla; mi siedo su una panchina nei giardinetti di via Lepanto di fronte al Tribunale, così anche Rover è libero di girare per le aiuole, tanto a quest’ora di sabato c’è il deserto.

Prendo una decisione; me ne vado in studio, così sistemo la cassettina con il denaro nel pertugio segreto del bruzzico fiorentino nella mia stanza e con calma mi stappo un bianco e mi guardo l’agenda.

In ogni caso, fra oggi e lunedì devo decidere come informare Prosperetti e Caruso e chi per primo.

 Il denaro poi, è del fallimento perché trovato in un appartamento intestato alla società fallita ed in tal caso si versa sul libretto fallimentare? Oppure è dell’amministratore Giuliano Sartori, il quale, però, è scomparso e quindi, Prosperetti lo sequestra?

Una cosa però la posso fare subito; comincio a sfogliare l’agenda.

Inizio dal mese di gennaio, poi febbraio, poi marzo, ma solo alcune note nel corso dei mesi, quasi tutte di carattere privato, cioè la ricerca di una casa ed appuntamenti con agenzie e proprietari.

Oltre a queste, altre note riguardanti telefonate da fare a persone delle quali è indicato solo il nome di battesimo, senza ulteriore spiegazione; di un certo rilievo, invece, otto appunti riguardanti la banca per dei prelievi abbastanza sostanziosi, per un ammontare complessivo al mese di marzo di 72.700 euro.

La lettura cambia per i mesi successivi. Il 4 di aprile, è annotato l’appuntamento con il signor Ungari per fare il contratto per la casa di via dei Monti di Creta ecco, dunque, siamo arrivati al famoso appartamento che abbiamo visitato; ma Giuliano annota –portare documento Giulio- e c’è, allora, una sola spiegazione, come peraltro abbiamo anche appurato: il contratto sarebbe stato fatto a nome di Giulio, ma perché, poi, non si sa.

Ma chi cazzo è questo signor Giulio che all’improvviso appare nella storia e quale oscura intimità lo lega a Giuliano che, addirittura, affitta un appartamento per lui?

Peraltro, il 30 di giugno è annotato anche l’appuntamento con Pacini per l’appartamento di via Candia che abbiamo visitato oggi, dove è ormai certo che Giuliano Sartori vi abitasse di persona, vista la sua agenda e la cassettina con il denaro.

Però, quello che mi interessa di più è che tra aprile e luglio sono annotati ulteriori prelievi in banca per un ammontare complessivo di 87.600 euro; nonché al 16 luglio anche un conteggio di vari importi con il primo risalente al mese di ottobre dell’anno precedente, il tutto per un ammontare complessivo di 223.500 euro.

Comunque, sono annotati anche quattro appuntamenti in banca, oltre varie telefonate e per gli appuntamenti di giugno e luglio è appuntato di portare la documentazione relativa al terreno di Aprilia.

E ci credo, allora, come ha detto il commercialista, che dopo l’incontro a maggio per il bilancio da fare entro giugno, dopo non si è più presentato, anzi, nelle due telefonate in cui successivamente ha risposto è stato evasivo e breve.

Ovvio, la banca non se lo è filato proprio, quando avrà tentato di garantire lo scoperto con il valore irrisorio del terreno di Aprilia.

 Lo stronzo stava spogliando la società e aveva tutt’altro per la testa.

E chissà dove è finito adesso!   

Riprendo il fascicolo del fallimento per controllare e vedo che il precetto della banca è proprio del settembre dell’anno scorso; troppo sono stati accondiscendenti nel fargli utilizzare lo scoperto al signor Giuliano, e ben gli sta alla banca, poi, a una normale persona che chiede un prestito lo scannano con richieste di garanzie e neppure glielo danno.

Chissà che agganci aveva per poter agire così con la banca, oltretutto, quale amministratore di una società inoperativa da anni e per la quale neppure gli hanno chiesto il bilancio dell’ultimo anno, visto che non esisteva e non poteva produrlo.

Altro, che, come ho detto a Prosperetti, la contabilità appare in regola; qui il signor Giuliano Sartori si becca un’imputazione di bancarotta fraudolenta e se lo vadano a cercare i carabinieri dove s’è nascosto.

Devo solo cercare di capire perché ha ammazzato quel Giulio che non si sa chi sia e cosa centri; infatti, mi si confermano sempre più i dubbi della prima ora, quando quel suicidio poco mi convinceva.

Continuo a spulciare l’agenda e il 12 di agosto trovo annotata una trasferta a Casoria con Giulio per incontrare Renato, la stranezza è che si portano la documentazione del terreno di Aprilia; ma, ancor più strano, Giuliano appunta –presi euro 10.000 per Giulio- ma che cazzo, vuoi vedere che Giuliano è omosessuale e Giulio è il suo amante e che, quindi, il suicidio potrebbe pure essere vero e trattarsi di una lite amorosa. Ciò significa, però, che Giuliano ha impersonato Giulio a gennaio di quest’anno quando seguiva i lavori sul terreno insieme all’ingegnere Luberto.

Fino al 23 di agosto scarni appunti, tipo: portare la Land dal meccanico, andare da Cenci per il vestito, oppure telefonare a Bruno o cena con Enrico, tutti però solo con nome di battesimo.

Il 23 di agosto scoppia la bomba, al centro pagina –CAZZO hanno bloccato il conto- e poi sotto –e chi glielo dice adesso a lui- e chi è questo lui? E perché dovrebbe essere interessato al conto corrente della società? La prima persona che mi viene in mente è il fantomatico Giulio; ma potrebbe essere anche quel Renato con il quale sono andati insieme a Casoria portandosi dietro i documenti del terreno, oppure una delle tante persone descritte con telefonare a…e nome di battesimo. Salvo poi il 25 di agosto –alle 11,00 appuntamento in banca con Piergallini – finalmente un cognome, sarà un impiegato della banca con il quale potrei provare a parlare.

Pagine successive niente di rilevante; ma il 4 di settembre – alle 9,30 con Giulio e Sodato ad Aprilia, sotto al Comune; poi pagine inutili finché il 12 – alle 19,00 incontro a Torvaianica con Sodato e Giulio per risolvere, sono 14.000.

Poi pagine inutili fino al 6 di ottobre, dove, dopo appunti di varie telefonate è annotato e sottolineato – non mi fido mercoledì a mezzogiorno a Vibo.

Poi, pagine inutili, incontri con Giulio, appuntamenti dal dentista, telefonate, meccanico, trasferte ad Aprilia, fino al 19 di novembre – risolto giovedì sera alle sette a casa con Giulio forse viene Sodato.

Poi più niente, pagine bianche.

Riprendo la cartellina di Prosperetti e controllo le sue schede: porca miseria, Giulio è morto la notte del 21 novembre. Dunque, tutto è successo quella sera, Giuliano ha ammazzato Giulio e forse con la complicità di questo Sodato che non si sa chi sia; poi, Giuliano se ne è andato, forse per il primo periodo a casa sua e dopo proprio al casale.

Devo assolutamente e subito parlare con Prosperetti, è questione sua e non di Caruso, basta con i dubbi, qui c’è un omicidio.

Il collegamento è chiaro: scoperto il valore futuro del terreno si è innescato il conflitto per la spartizione della torta.

Forse, il Giuliano ed il Sodato volevano fare la parte del leone, l’uno perché amministratore della società e l’altro, probabilmente, perché invischiato con qualche branca di criminalità e messo nell’affare da Giulio che poi ha voluto fare la voce grossa; ciò spiegherebbe anche il denaro dato ai due, dalla sola agenda ben 24.000 euro in soli 20 giorni.

Ormai sono le nove di sera ed il sabato è trascorso; telefono ad Enea per sapere se domani a pranzo è libero e poi telefono a mia madre: bene ho organizzato il pranzo della domenica da mamma insieme ad Enea e Rover.

Esco dallo studio e passo al pub da Maurizio, con il pensiero che potrei pure incontrare Eva. Una Guinness, un secchiello di olive e patatine, quattro chiacchiere mentre Rover fa i suoi giri per i vicoli, poi un paio di Bushmills della staffa insieme a Maurizio, ricordando quel viaggio tra i più antichi pubs inglesi, quando a Whitehaven abbiamo alloggiato, unici ospiti, in un grande castello e la mattina abbiamo fatto colazione in una parte della sala, delimitata da colonnine di ottone con cordone rosso, mentre si svolgeva la visita guidata con i turisti. Sono ormai le due di notte, Eva non è venuta e me ne vado a casa a svuotare la testa.

Lunedì mattina arrivo in studio verso le dieci e tra la posta e la lista delle telefonate, Nadia mi dice che Mario è andato in udienza e ha lasciato per me un plico chiuso ed un foglio con scritto:

“Per il Prof. Telefonare al cancelliere per inventario SIDERURGICA.”

È vero, l’avevo scordato, con il mio cellulare chiamo il cancelliere e prendo appuntamento per giovedì pomeriggio ore 15:30. Poi, con il telefono interno, dico a Nadia di avvisare sia l’amministratore che il suo avvocato, nomi e numeri di telefono sono nella copia del fascicolo in segreteria. Anzi, mettere un avviso pure sulla scrivania di Mario, così, tanto per sorridere.

Provo a telefonare in Procura, forse Prosperetti è libero per ricevermi o è P.M. di turno; mi risponde la cancelleria, il dottor Prosperetti non c’è e non ci sarà fino a mercoledì prossimo.

Va bene, potrei parlarne a voce con Caruso, dicendole che il Pubblico Ministero della procedura è assente fino a mercoledì e che le sto solo anticipando un fatto che a me pare fondato; ma la metterei comunque in imbarazzo e, poiché, per ora, non intendo esporre tali fatti gravi in una relazione da depositare in cancelleria, mi astengo da ogni comunicazione formale fino all’incontro con Prosperetti.

Metto da parte la questione e mi dedico alla corrispondenza, alle telefonate, ai fax ed alle mail riguardanti il fallimento della società tessile, sentendomi anche un po’ in colpa per averlo trascurato; infatti, è stato autorizzato l’esercizio provvisorio dell’azienda ed io ne sono responsabile, sia per le decisioni da assumere, sia per le informazioni da riferire a Caruso ed al Comitato dei Creditori.

Senza rendermene conto arriva mezzogiorno e Mario entra mentre sto raccogliendo le carte, gli appunti e le memorie da dare a Nadia, io scrivo a mano, lei inserisce al computer io correggo e poi lei invia oppure archivia nelle rispettive cartelline dei fascicoli.

«Buongiorno professore è da venerdì che si è isolato, è venuto in studio e se ne stato nella sua stanza per conto proprio; qualche problema?»

«Forse, nulla di privato, ma qualche impiccio grave per il fallimento della IMMOBILIARE sul quale mi sto aggrovigliando il cervello proprio da venerdì.  Anzi, senti, fammi il favore: dai queste carte a Nadia, lei già sa cosa fare; poi, se Luisa è libera venite un momento da me.»

Mentre li attendo, prendo la scatola di biscotti, l’agenda di Giuliano Sartori e la cassettina con i soldi, mettendo tutto sulla scrivania.

Loro entrano e prima di sedersi dico di chiudere la porta, si meravigliano ma eseguono. Racconto tutto.

Inizio dalla mattinata di giovedì con l’inventario al casale, avvisandoli del ritrovamento della Land Rover e indugiando sulla documentazione rinvenuta nel magazzino che implica una presenza del socio Fucci; quindi, la cucina e la sparizione della cartella, per finire con la scatola ed il suo contenuto, che mostro aprendola.

Continuo con la telefonata dell’avvocato Bellomo per conto dello studio di architettura di Pomezia per il mancato pagamento di un progetto di lottizzazione sul terreno di Aprilia.

Li vedo sempre più allibiti, ma continuo imperterrito.

Apro il plico del dottor Mazza preso da Mario e mentre mostro la diffida, racconto l’accesso con inventario svolto sabato presso l’abitazione personale di Giuliano, ben diversa da quella, sempre da lui affittata, ma per il fantomatico Giulio.

Loro cercano di parlare, ma li zittisco e continuo a raccontare, mostrando il risultato dell’inventario in quell’abitazione: prima l’agenda di Giuliano Sartori, poi la piccola cassaforte, che apro gustandomi il loro strabuzzare di occhi alla vista di tutto quel denaro, con sopra il foglietto siglato da me e dal cancelliere sono 162.450 euro.

Ho finito e mi rivolgo a Mario:

«Scusa, prendi questa agenda e con molta cura, tu oppure Nadia, fate le copie di tutte le pagine, poi Nadia scannerizza tutte le pagine dove è scritto, anche una sola parola. Infatti, questa agenda di Giuliano Sartori sarà acquisita agli atti da Prosperetti, mi ci gioco la testa. Comunque, se vi va, ora andiamocene al bar di Fabrizio a prenderci una pizzetta, un tramezzino, anche un bicchiere di vino o una birretta, Luisa forse un tè, come ci pare; rilassiamoci un po’ e parliamo del weekend, abbiamo tempo nel pomeriggio per spremerci le idee.»

Siamo nella mia stanza ed io apro il discorso con un annuncio:

«Allora, quando sono arrivati questi tre nuovi fallimenti ho pensato, e voi con me, che il fallimento buono, quello della società tessile, fosse compensato, come al solito, da due incarichi schifezze che comunque devi trattare con la stessa cura di quello buono; è una politica della sezione fallimentare di Roma con la quale concordo. Ebbene, questo è uno studio che fa fallimentare da anni, e proprio nell’obbiettivo di dedicare lo stesso impegno, sia all’incarico “buono” che a quella “schifezza”, le indagini svolte ci rivelano che con il fallimento della IMMOBILIARE non mi hanno dato una sola, piuttosto una possibile miniera d’oro. Questo significa che siamo bravi: anche tu Mario che stai affrontando una materia difficile per divenire un competente in diritto fallimentare. Dopo quello che vi ho esposto stamattina, quali sono le vostre sensazioni e idee?»

Mario e Luisa si guardano, quasi ammiccando un cenno, e Luisa inizia a parlare:

«Adriano, siamo contenti per quello che hai detto, non solo per i complimenti che fanno sempre effetto, ma, diciamocelo, anche per le prospettive inaspettate di guadagno legate a questo fallimento che, come hai detto te, sembrava una fregatura da trattare diligentemente e chiudere presto. Tuttavia, la prospettiva di guadagno mi sembra incastrata, come ho capito dalle tue parole, nell’evolversi di vicende ancora troppo fluide, o forse criminali. Tu parli, addirittura, di un omicidio: ritieni che il morto sia quello strano signor Giulio e che l’assassino sia il nostro amministratore Giuliano Sartori del quale hai pure visitato l’appartamento; ma già lo presumevi quando sei andato lì?  Perché, se è così, e forse lo temo, non ci saresti dovuto andare, non avresti dovuto immischiarti, ma mettere tutto nelle mani del P.M. e scordarti della cosa. O forse temevi che il fallimento si sarebbe congelato e se ne sarebbe saputo qualcosa chissà quando? Infatti, già le sapevi tutte le potenzialità economiche del fallimento, l’agenda di Giuliano ti ha solo confermato il quadro. Ma tu sei certo che l’assassino sia il Giuliano? Perché, allora, dovremmo oggi andare dal P.M. dargli tutto in mano e vaffanculo così; forse tu no, sei pure andato al casale da solo, va beh col cancelliere, ma io un po’ di paura ce l’ho e noi ci muoviamo con te.»

Sono stato messo in mezzo.

E Luisa ha in parte ragione.

Ormai, devo esplicitare di più i miei sospetti, scevri di elucubrazioni che girano solo nella mia testa incasellandosi in un punto, poi in un altro punto e poi in un altro punto, per rimanere, infine, delle semplici sfaccettature che rispecchiano i contorni, ma nascondendo il nucleo: perché la società è stata fatta fallire?

È la risposta a questa domanda che ci dà la soluzione di tutto, anche chi sia l’assassino e perché.

«Luisa, hai ragione e lo dico a te e a Mario. Sono stato troppo ermetico, nel senso che ho trattato questo fallimento e ho condotto questa specie di indagine, poi se compete a me oppure no, io penso di sì, seguendo supposizioni, ipotesi, possibili certezze, già in me sfaccettature di una vicenda, figuriamoci ad esternarle, eppure l’ho più volte fatto, non potete dire di no.

Comunque, ho agito non tanto per preservare un possibile guadagno, benché non sia una colpa, oppure per cercare un assassino, non è mio compito, ma per darmi una ragione dell’avvenuto fallimento e questa, invece, è la mia funzione quale Curatore, dalla fisiologia dell’impresa alla sua patologia, qual era la crisi economica che è sfociata in fallimento.

È stato il primo aggancio che non ho trovato, ma che è rimasto sempre appeso nello svolgimento delle nostre indagini, ma sempre quali curatori, membri di un cosiddetto Ufficio Fallimentare, non come poliziotti.

Anche in questo caso, all’inizio tutto sembrava in regola, la contabilità non mostrava ammanchi, ce ne saremmo accorti solo due o tre giorni prima della verifica dei crediti, esaminando l’estratto conto bancario depositato e rilevando prelievi non entrati in cassa; dunque, anche l’imputazione di bancarotta fraudolenta per l’amministratore Sartori Giuliano, ma sarebbe finita lì. È solo dalle nostre indagini, invece, che è emerso sia il movimento di quel denaro, sia, soprattutto, il denaro; ma vi sembra possibile che il Sartori Giuliano si sia allontanato da casa, anzi sia scomparso, abbandonando quella fortuna che con artifici aveva accumulato e che con preoccupazione, forse incazzatura, spendeva?

Ma ci credete che si sia allontanato senza la sua Land Rover quale auto che legittimamente possedeva, essendo l’amministratore della società?

Ma vi siete chiesti, perché, cazzo, ha affittato a spese proprie un appartamento per quel fantomatico signor Giulio? Io addirittura, a un certo punto, ho pensato che fosse omosessuale e Giulio il suo amante.

È vero che, almeno leggendo l’agenda, il signor Sartori Giuliano, tra giugno e luglio dell’anno scorso, ha tentato di risolvere il problema con la banca offrendo il terreno in garanzia; come è anche vero, o presumibile, che abbia cercato agganci con la camorra.

Allora, c’è una coincidenza nell’arzigogolo: Giuliano affitta l’appartamento a nome di Giulio nel mese di aprile dell’anno scorso e, guarda caso, il socio Fucci Angelo esce di galera nel luglio dello stesso anno, è nella scheda di Prosperetti.

E poi, ad agosto, sempre leggendo l’agenda, il Sartori Giuliano ed il fantomatico Giulio se ne vanno a Casoria per incontrare un certo Renato e si portano, pure, la documentazione del terreno di Aprilia.

Ovvio, che già sapevano della superstrada, delibera ed appalto già approvato, come, anche, sapevano della nuova programmazione dello sviluppo urbanistico di Aprilia che avrebbe inglobato la zona dove si trova il terreno.

Ovvio, inoltre, che quello che non era riuscito con la banca, si sarebbe avverato con il finanziamento della camorra, chi si lascia scappare un affare di svariati milioni e già presumibile all’80% a fronte di un investimento irrisorio di 350.000 euro, che con le dovute trattative la banca avrebbe chiuso felicemente a 250.000 euro. No, tutto ciò non è avvenuto, ma ne siamo certi?

O forse, la camorra aveva promesso, ma non è stato possibile concludere perché qualcosa è successo che ha scombinato tutti i piani?

Qualcosa che ha aperto un conflitto interno, bollando personaggi inaffidabili e allontanando la camorra; così, dunque, costringendo qualcuno ad arrancare non sapendo come risolvere e che, all’improvviso, si è trovato il fallimento dichiarato come un macigno fra capo e collo. Da dove eravamo partiti? Dal perché di questo anomalo fallimento, problema mio, o se volete, curiosità mia quale Curatore. E guardate dove siamo arrivati.

La società fallita aveva un bene di infimo valore, che però, sarebbe potuto divenire appetibile per il mercato, ma la società era anche uno schermo congelato per interessi esterni, che l’amministratore Giuliano ha utilizzato come proprio salvadanaio.

Dall’intreccio di queste situazioni c’è scappato il morto. Io, dopo aver approfondito tutta la vicenda della società, ancora non ho certezze su chi è il morto e se è stato ammazzato, in tal caso chi è l’assassino.

Ma la polizia ha concluso le indagini che il morto è Giulio e si è suicidato.

Perché, allora, quello stronzo di Giuliano è scomparso lasciando tutto il denaro? Voi mi dite che di questo non mi devo interessare, ma io però, quale curatore, devo dire al giudice Caruso ed ai creditori se il terreno vale 1.000 oppure un milione; questa è mia competenza e la voglio risolvere. Mi sembra di aver detto tutto.»

Venti secondi di silenzio.

Forse aspettano che io continui, poi Luisa:

«Va bene Adriano, abbiamo capito, scusa, ma ora quali sono i movimenti? Abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare, quindi attendiamo gli sviluppi e poi si vedrà. Ma tu mercoledì devi andare dal P.M. ed informarlo su tutto, dandogli anche l’agenda. E il denaro?»

«Ecco, vedete, per il denaro la decisione, secondo me, compete a Caruso, quale giudice delegato del fallimento e trattandosi di denaro virtualmente della società, perché trovato in un locale affittato alla società, anche se utilizzato dall’amministratore. Mi sa tanto, che preparo la relazione per Caruso e domani vado da lei. Mercoledì, Prosperetti lo metto di fronte al fatto compiuto.»

La riunione si scioglie in una atmosfera di inusuale compostezza e serietà ed io mi butto a scrivere la relazione.

Serve Nadia che mi viene a salutare, per farmi accorgere che sono le otto di sera.

Sono stanco, ma ho il problema della relazione ancora non finita e rischio di dire cazzate; me ne sbatto, vorrà dire che da Caruso ci andrò mercoledì e se Prosperetti fosse disponibile, nella stessa mattinata chiudo tutto.

Non mi va di andare a casa, non mi va di cercare Eva, non so che fare.

Decido senza sapere perché.

Me ne vado da Marcello a San Callisto, è parecchio che non ci vado, poi Rover è libero di girare tra tavoli e vicoli ed io ho sempre la possibilità di incontrare vecchi amici, oltre Marcello e Fabrizio: l’uno il proprietario del bar da sempre, l’altro il banchista storico, li conosco da anni, da quando abitavo a Trastevere.

Marcello ha l’età mia, anche se invecchiato è ancora come uno scricciolo, biondo, con capelli un po’ lunghi e sempre sorridente, anche quando si incazza, siano dipendenti o clienti e, poi, è un romanista sfegatato, come dimostrano le foto di calciatori sulle pareti.

Fabrizio, invece, è un ragazzone alto e robusto, molto più giovane, ma pure lui, ormai, mostra qualche capello grigio nella folta chioma nera ordinata ed anche lui si incazza a voce calma, sempre sorridendo, poi è un laziale sfegatato, tanto che sulle pareti ammiccano anche le sue foto dei calciatori.

Mi prendo una vodka gelata al banco, che sorseggio in piedi un po’ dentro e un po’ fuori tra i tavoli, incontrando alcuni vecchi amici, ormai sempre più rari, una chiacchiera con Giorgio e Silvia, lei una volta mi faceva pure il filo, poi Manuela che abita ancora in piazza Santa Maria sopra il ristorante Sabatini e fa ancora la cartomante, ha tentato di fare i tarocchi anche a me un giorno che ero a casa sua, senza esito.

Sento Marcello che ogni tanto, mentre porta fuori granite di caffè, vodka, birre, mi apostrofa senza neppure vedermi dove sono:

«Avvocà er cane.»

Significa che Rover si intrufola troppo tra i tavolini. Io lo chiamo, lui arriva e poi lo riperdo. Ma l’ultima volta lascio la serata, entro nel bar, saluto tutti e con Rover mi avvio verso Ponte Sisto dove ho lasciato la mia 500 gialla.

Martedì arrivo in studio verso le dieci.

Un’ora inusuale e Nadia mi saluta preoccupata.

Poi mi accorgo che ancora non aveva aperto la finestra della mia stanza. Il postino non è ancora passato, né ci sono telefonate. Mi faccio un caffè dalla macchinetta vicino alla segreteria e dico a Nadia di venire con me nella stanza a prendere tutti i fogli scritti ieri sera, così mentre io continuo la mia opera, lei inizia a trascrivere tutto nel computer.

Mentre scrivo, percepisco l’arrivo dei colleghi, che poi diventa un ingresso scaglionato dei saluti:

«Ciao Adriano, presto oggi…» oppure «Ciao professore, sempre il solito amanuense, già preso il caffè…?» e così via.

Solo Mario non è entrato.

Poi mi ricordo che ieri gli ho chiesto di passare in fallimentare, in cancelleria, a ritirare le copie delle insinuazioni al passivo presentate per i tre nuovi fallimenti in vista dell’udienza di verifica dei crediti; infatti, dobbiamo controllarle prima e preparare il prospetto dell‘udienza: per ciascun credito, se ammesso, per quanto, se non ammesso.

È l’occasione per verificare se per la IMMOBILIARE sono rimasti solo i due istanti, cioè la banca e l’ingegnere Luberto, oppure se si sono aggiunti altri creditori, ciò potrebbe mutare il quadro del fallimento che sto prospettando a Caruso e a Prosperetti con le rispettive relazioni, benché simili tra loro.

Importante, inoltre, controllare l’estratto conto della banca allegato all’insinuazione a dimostrazione del credito: corrispondono le movimentazioni con i prelievi annotati nell’agenda dell’amministratore Giuliano Sartori? Questo è un riscontro essenziale, per configurare un quadro verosimilmente sostenibile nell’intreccio tra personaggi coinvolti, terreno di Aprilia e fallimento della società.

Mario entra da me mentre sono al telefono con l’amministratore della società tessile di Leffe, con un cenno del capo esce; noi continuiamo la telefonata con il riscontro dei fax e delle mail trasmessi in merito alla gestione dell’azienda, specialmente, circa due offerte di acquisto, una della sola azienda e l’altra dell’intero stabilimento, oltre una proposta di affitto per l’azienda.

Molto, però, dipende dal valore del fabbricato stabilimento che il CTU ancora non ha determinato, devo sollecitare.

Oltretutto, c’è il problema, o la variabile, dei dipendenti che cominciano a rumoreggiare, stiamo per arrivare alla fine del mese, quindi al pagamento degli stipendi, per ora l’esercizio provvisorio potrebbe garantirlo, ma temono che l’impresa possa chiudere, conseguendone il licenziamento.

Devo assolutamente premere sul CTU visto che l’inventario già effettuato non rivela un apprezzabile valore dell’azienda rispetto agli impianti ed ai macchinari, peraltro anche la voce magazzino come scorte, lavorazione, vendite, è in esaurimento.

Vado in segreteria, passando da Mario affaccendato sul suo computer e con la proposta di un caffè gli chiedo come è andata la ricerca in cancelleria, proprio nell’atrio incontriamo anche Luisa che sta salutando una sua cliente.

Ovviamente, Luisa è molto interessata a ciò che ha trovato Mario in cancelleria, avendo seguito i tre fallimenti fin dall’inizio; quindi, dopo il caffè andiamo insieme nella mia stanza. Mario poggia sulla mia scrivania tre fascicoletti delle insinuazioni al passivo per le tre udienze di verifica dei crediti: prima che inizi a mostrarle io e Luisa apriamo quello della IMMOBILIARE e c’è solo l’insinuazione della banca, già creditore istante, capiamo subito che nulla c’è di nuovo, anzi, manca pure l’insinuazione dell’ingegnere Luberto, l’altro creditore istante.

Chissà, forse speravamo ci fossero altri creditori e che si componesse, così, un quadro quasi di ordinaria faccenda fallimentare.

Lasciamo perdere e ci dedichiamo all’esame delle insinuazioni, con rispettiva documentazione, degli altri due fallimenti.

Per Il fallimento SIDERURGICA l’esame è semplice: fornitori, i due dipendenti, Agenzia delle Entrate, Camera di Commercio, UNIPOL per assicurazione di un furgone; non ce l’hanno detto, lo hanno venduto prima o dopo il fallimento? Controllare il Libro Giornale dell’ultimo anno ed annotare per l’inventario da effettuarsi giovedì.

Per il fallimento della società tessile vi sono parecchie insinuazioni ed il controllo si prolunga, dovendo riscontrare, volta per volta, Libro Giornale, rispettive fatture e bilanci anni pregressi.

Infine, per ciascuno dei tre fallimenti prepariamo il prospetto del verbale dell’udienza di verifica, annotando con il punto interrogativo un documento mancante, oppure aggiungendo a penna rossa l’importo ritenuto dovuto, invece di quello richiesto dal creditore.

È trascorso gran parte del pomeriggio; Mario e Luisa vanno in biblioteca, meno male che è libera, per spargere sul tavolone tutta la documentazione e preparare le tre verifiche: essenziale, per ogni dubbio o correzione, fare copia della parte della contabilità dove manca un documento, oppure, c’è un documento in contrasto con la richiesta. Si tratta di un lavoro importantissimo quello svolto oggi; infatti, in sede di verifica devi garantire al Giudice Delegato un quadro completo ed affidabile, perché lui si fida di te Curatore per ammettere, correggere, o non ammettere un credito al passivo del fallimento, senza rischiare un successivo, spiacevole, contenzioso.

Troppe volte, in sede di verifica, ho assistito ad alterate discussioni tra Giudice Delegato, curatore e creditori, con inevitabile rinvio dell’udienza.

Attendo che Mario e Luisa mi portino per l’ultimo controllo il faldone della verifica completo con i tre fascicoli dei tre fallimenti, fascicoli che possono anche mutare, ma solo per eventuali insinuazioni depositate negli ultimissimi giorni prima dell’udienza, comunque, senza implicare un grosso lavoro di integrazione.

Mi accendo un sigaretto pensando al fallimento che mi angustia, quello della IMMOBILIARE e, quasi l’avessi richiamato, il cicalino del telefono mi mette in contatto con Nadia che mi passa l’ingegnere Luberto:

«Buongiorno ingegnere, non mi aspettavo una sua telefonata così presto, qualche intralcio per andare ad Aprilia?»

«Si figuri avvocato, altro che intralci! Mi hanno avvertito di…o per dirla greve, minacciato. Avevo pure pensato di abbandonare…poi ho deciso di avvertirla e domani deposito la perizia.»

«Si calmi, mi racconti bene cosa è successo, ha parlato così concitato che non ho capito nulla, non sono riuscito a seguirla.»

«Guardi avvocato, io venerdì sono andato ad Aprilia per la perizia sul terreno.

Siccome, però, il terreno lo conosco bene, come già sa vi ho lavorato tutto il mese di gennaio e ciò vale anche per il casale, che è già perimetrato e misurato sui miei grafici, sono andato prima al Comune per indagare un poco sull’ipotetico valore, diciamo così, potenziale, proprio come mi aveva accennato nell’incontro al mio studio.

Ebbene, mentre dal corridoio stavo entrando nella stanza dei lavori pubblici per verificare la situazione strada circonvallazione ho visto il signor Giulio che usciva dalla stanza della urbanistica ma non mi andava di incontrarlo e ho fatto come non l’avessi visto; invece, lui ha fatto un occhio strano, arcigno, poi si è voltato ed è andato via, come se anche lui non mi avesse riconosciuto.

Finiti i miei riscontri al Comune, sono andato sul terreno per fare delle foto localizzate del casale da inserire nella perizia, oltre a puntualizzare sulla mappa alcuni dettagli di perimetrazione del terreno che avevo trascurato nell’opera di prospezione geologica.

A un certo punto arriva una macchina, un’Alfa Romeo, e ne scende il signor Giulio, l’altro rimane al volante.

Non posso far finta di non conoscerlo, quindi mi avvicino al casale dove lui era in piedi ad attendermi.

Ci stringiamo la mano, stupidi convenevoli, poi lui subito mi chiede come mai al Comune e adesso lì, se sto forse lavorando per il Tribunale.

Io gli ho risposto di sì, che avevo ricevuto dal Fallimento l’incarico di effettuare una perizia per stimare il valore del terreno.

Lui mi risponde che bisogno avevo di recarmi al Comune, il terreno già lo conoscevo e poi, essendo un terreno agricolo, potevano bastare i dati catastali e le pubbliche agenzie sulla quotazione di tali terreni; ha poi aggiunto, però, con fare di avvertimento, che per quella storia del terreno qualcuno già ci aveva rimesso e che gli sarebbe dispiaciuto se mi fosse successo un incidente, o chissà che.

Ma non è finita! Prima di andarsene via mi ha quasi intimato di depositare al più presto in Tribunale la mia perizia, aggiungendo, che tanto, per me era un’ora di lavoro, avendo lavorato un mese sul terreno; oltretutto, facendone una fotocopia col timbro di deposito da consegnarli personalmente, lui conta per mercoledì prossimo che è domani, o al massimo giovedì, sarà lui a contattarmi.

Io domani mattina deposito la perizia come terreno agricolo e poi me ne lavo le mani; già ci ho rimesso con il pagamento del lavoro svolto, neppure l’insinuazione ho presentato, non vorrei mi capitasse qualcos’altro.

Poi, guardi, ho perso tutto l’incartamento del precedente lavoro svolto per la società, per cui se non lo trova è inutile che mi chiami per averne una copia.

Mi dispiace, per il disturbo, ora ho altri impegni qui in studio, arrivederci.»

«Mi scusi…mi scusi un momento, la prego ingegnere, un’ultima cosa, le trasmetto via mail due carte di identità, mi deve dire se riconosce qualcuno e chi; no…no, non attacchi, potrebbe essere importante anche per la sua sicurezza, poi, in ogni caso, potrei pure farla convocare dal Pubblico Ministero del Fallimento, non crede che sia meglio risolvere subito?» Intanto urlo un richiamo da giungla a Mario, lui arriva trafelato e subito senza attaccare il telefono e a voce alta, ma coprendo la cornetta con la mano, «Manda immediatamente via mail all’ingegnere Luberto le carte di identità di Giuliano e di Fucci, ma coprendo i nomi, subitooo, è qui al telefono con me».

Riprendo Luberto:

«Vada sulla mail, tra dieci secondi arrivano i due documenti con le foto, mi deve solo dire chi è il signor Giulio, i nomi sono coperti, basta che me li indichi con il luogo di nascita.»

In venti secondi arriva la risposta: il signor Giulio è quello nato a Casoria.

Ringrazio e attacco. 

Ma tu guarda che casino.

L’avevo pure supposto, ma non ci credevo.

Avevo un po’ capito che l’amministratore Giuliano Sartori si era ridotto a fare quasi la comparsa; però, dalla sua agenda mi sembrava ancora molto attivo, non solo nel farsi un gruzzolo proprio a discapito della società, ma anche implicato nelle vicende della società per sfruttare al meglio l’inattesa valorizzazione del terreno.

E il socio Fucci che faceva?

Pochi dubbi, ormai, che fosse l’aggancio con la camorra per l’affare del terreno, finanziando ed eseguendo la lottizzazione: cantieri aperti, assunzione di mano d’opera con tutti i ritorni economici e di immagine, mutui bancari, agevolazioni statali, senza dimenticare il primo, forse, obiettivo, riciclare e sbiancare il denaro, ricavando centomila per ogni mille spesi.

Ma il Fucci, pur quale aggancio della camorra, mi sembra inserito nella vicenda con un doppio ruolo, doppio come percorso temporale: prima, è il criminale che esce di galera e che la camorra insedia a Roma per sorvegliare l’amministratore Sartori e coordinare i preliminari dell’affare, in questo ruolo è un normale signor Giulio, come il vicino di casa; dopo, il Fucci diviene un fantasma, scompare come Fucci e come Giulio.

 Ma, ecco il punto, nei successivi mesi ha certamente agito presso il Comune, presso le varie organizzazioni interessate allo sviluppo urbanistico del territorio, come l’amministratore della società, ossia, il Giuliano Sartori, persona fisica però, del quale si sono perse le tracce tra dicembre e gennaio di quest’anno.

Infatti, il Giulio incontrato al Comune da Luberto era il Fucci, che agiva quale amministratore della società con il documento di Giuliano Sartori.

D’altra parte, nella scatola dei biscotti trovata al casale c’erano le chiavi della casa di Giuliano e un cellulare che, ci scommetto, è pure di Giuliano, un accertamento di Prosperi quale P.M.; ma da nessuna parte ho trovato il portafoglio di Giuliano, o un suo documento originale.

Chi ha messo in quella scatola il cellulare e le chiavi di una casa che io ho scoperto essere le chiavi della nuova casa di Giuliano? Non certo Giuliano, perché non sarebbe potuto rientrare a casa propria. Solo chi ha preso il portafoglio di Giuliano, sicuramente con il suo documento, ha tralasciato le chiavi perché non sapeva dove abitava Giuliano e quindi erano inutili, come era inutile, anzi pericoloso, il suo cellulare.

C’è una sola persona che ha coordinato e gestito la vicenda fin dall’inizio; il socio Angelo Fucci, che era il socio della IMMOBILIARE dalla sua costituzione ed al tempo della palazzina di Torre Astura, poi è stato arrestato e la camorra ha diretto altrove i suoi investimenti, aspettando che il socio Fucci uscisse da galera.

Ecco la risposta alla prima domanda che mi ero posto: come mai, la società è rimasta inoperativa dopo la vendita della palazzina di Torre Astura.

Ovvia, dunque, la risposta anche alla seconda domanda: perché la società è stata fatta fallire?

La società non è stata fatta fallire.

La società è fallita quale conseguenza di un incidente di percorso: l’omicidio dell’amministratore Giuliano Sartori, perché è lui il morto, non il fantomatico signor Giulio. E l’assassino è proprio il socio Angelo Fucci.

Ci si potrebbe chiedere perché Fucci abbia ucciso l’amministratore Giuliano. Ma la risposta è proprio nella consecuzione degli eventi: Giuliano gestiva i denari della camorra ricavati dalla vendita della palazzina di Torre Astura e poi congelati nell’attesa di altri affari; ma Giuliano nel tempo si è appropriato di tali denari, senza nulla dire al socio Fucci, anzi rifornendolo di denaro dopo l’uscita di galera, compreso quel Sodato, altro personaggio con lui in combutta, ben 24.000 euro in soli venti giorni, proprio come se tale denaro fosse nella loro disponibilità.

All’improvviso la bomba: arriva il blocco del conto bancario per uno scoperto di 350.000 euro e Giuliano si eclissa, cercando di risolvere autonomamente la questione, anche probabilmente con altri personaggi, nell’ambito della legalità oppure della criminalità comune, ma senza alcun esito.

Fucci scopre tutto, sia la mancanza assoluta del denaro di cui è custode, sia i raggiri di Giuliano: Fucci sa che Giuliano non può aver speso tutto, conosce il tipo di vita che fa, chiede dove è nascosto il denaro, Giuliano nega, ormai vuole uscirsene fuori dalla storia, scoppia la lite, Fucci uccide Giuliano o lo tramortisce, poi si saprà, si prende le chiavi,  il cellulare ed il portafoglio, lasciandogli il suo come signor Giulio, quindi gli mette la propria catena al collo lo butta dal balcone ed esce.

Questa è tutta la storia e non so che fare.

Ha ragione Luisa; non è più questione mia quale curatore del fallimento, ma esclusiva mansione di Prosperetti quale Pubblico Ministero.

Domani devo avvertire Prosperetti.

Solo dopo, avvertirò anche Caruso nel suo ruolo di Giudice Delegato del fallimento; poi, se con relazione depositata in cancelleria, oppure, solo momentaneamente, a voce, attenendomi a quello che Prosperetti ritiene per lo svolgimento delle indagini.

Probabilmente, nonostante sia archiviato, si dovrà riaprire il fascicolo del suicidio e riesumare il corpo, per confermarne l’identità; Giuliano era una persona fisica con una normale storia di vita, quindi, fra cartelle cliniche, dentisti, trascorsi di esistenza, non dovrebbe essere difficile.

Il problema, invece, è se e quando Prosperetti intenda farlo. Neppure so se Prosperetti intenda mettere sotto controllo il Fucci, basandosi esclusivamente sui miei sospetti, benché mi appaiano, piuttosto, dei fondati indizi: si spacciava per un fantomatico signor Giulio quale responsabile della società, poi agisce come l’amministratore Giuliano con il suo documento e continua fino ad ora; e poi, cazzo, c’è l’agenda di Giuliano che descrive cronologicamente la storia e la si può leggere quasi fosse un fumetto.

Oltretutto, il signor Sartori Giuliano, persona fisica, è scomparso da vari mesi e senza alcuna ragione, per giunta, senza il suo denaro, è inverosimile.

Insomma, basta elucubrazioni, null’altro che rimuginamenti: il signor Giulio non è mai esistito, fors’anche emigrato in Australia anni fa e del quale si sono perse le tracce; ma il morto è l’amministratore Giuliano Sartori ed il Fucci è l’assassino.

All’improvviso, poi, un brivido: che ha detto Luberto, che il fantomatico Giulio è arrivato al terreno con un’Alfa Romeo?

Cazzo, mi riviene in mente l’Alfa che due o tre giorni dopo il fallimento ha preoccupato Nadia e Luisa, perché per più di un’ora è stata ferma sotto lo studio e hanno pure controllato i citofoni.

Sì, era il giorno degli esami e la sera l’ho vista pure io sotto casa, tanto che dopo mangiato mi sono fatto accompagnare a casa da Pippo; altro che paranoia, come pensavo, questo era il Fucci che controllava chi fossi, se era il caso di intervenire e nel caso, come intervenire.

È mercoledì mattina, l’orologio sulla parete segna le ore12:00 ed è già un’ora e mezza che sono nell’anticamera di Prosperetti, guardandoci con la cancelliera e rileggendo la scarna relazione che sono riuscito a scrivere ieri sera e stanotte, poi stampata da Nadia stamattina; sono già uscito tre volte a bere un caffè con relativo sigaretto ed ora ho pure guizzi di acidità tra stomaco ed esofago, non devo prendere troppi caffè quando sono nervoso.

Finalmente Prosperetti si libera, io entro e mi accorgo che anche lui è nervoso, proprio una brutta mattinata.

Gli consegno la mia relazione e, come al solito, inizio ad esporre mentre lui legge; questa volta, arricciando il naso, strabuzzando gli occhi, grattandosi le sopracciglia e, ogni tanto, sporgendosi sulla scrivania e fissandomi, forse chiedendosi se sono serio o sono matto, oppure, come se gli avessi turlupinato il ruolo, svolgendo io indagini al posto suo.

Riesco a trovare un dialogo, riuscendo a spiegargli che ho solo svolto i miei accertamenti quale curatore, senza piccarmi di svolgere indagini, ma che tali accertamenti hanno incastrato vicende, fatti, persone, fino ad accorgermi che, inconsapevolmente, avevo ricomposto il puzzle di un crimine.

Prosperetti si rasserena nel suo ruolo.

Come avevo immaginato, mi chiede di soprassedere, per il momento, ad informare il Giudice Delegato Caruso; prima di tutto vuole consultarsi con il Procuratore Capo, quindi con il Pubblico Ministero ed il Giudice che hanno trattato il procedimento di suicidio, disponendone l’archiviazione.

In ogni caso, mi garantisce che agirà in tempi stretti. Soprattutto, in ciò rasserenando anche me, se non altro per aver accettato il mio puzzle come degno di innescare un’approfondita indagine penale, mi tranquillizza che disporrà il controllo da parte della Polizia Giudiziaria in una duplice prospettiva: sia per quanto concerne l’amministratore Giuliano Sartori, scomparso da mesi e nell’eventualità che non sia lui il morto; sia nei confronti del signor Fucci Angelo: dove si trova, come si muove, chi incontra, cosa fa.

Ringrazio, ci salutiamo e mentre lascio uscire Rover dalla 500 per un suo giro, penso cosa mi va di fare.

È una giornata di sole che allontana l’inverno; e se me ne andassi a Fiumicino a mangiare in uno di quei ristoranti lungo il molo dove attraccano i pescherecci? Ce n’è uno che mi piace, del quale non ricordo il nome, però mi sento stupido ad andarci da solo.

Eva non lavora, quindi potrebbe essere libera, l’occasione giusta per non vederci sempre e solo di sera.

Le telefono:

«Ciao, come stai? Ti va di goderti un po’ di quest’ultimo sole prima di essere catturata dall’inverno?»

Lei mi risponde sorpresa:

«Adriano, ma che ti prende, non devi lavorare? Io questo pomeriggio avrei un appuntamento con il commercialista, ma lui si può rimandare, una simile proposta invece no. Vengo, non so dove, ma vengo, me lo dirai dopo, basta che mi dai un’ora e sono pronta.»

Telefono in studio per avvisare Nadia e lei mi dice che non ci sono particolari novità; anzi, Luisa vorrebbe parlarmi, se le posso telefonare.

Ringrazio, attacco e chiamo Luisa:

«Ciao, senti, stamattina ho spiattellato tutto a Prosperetti, proprio come ritenevi tu; peraltro, gli ho detto anche quello che ho rimuginato ieri sera e stanotte, cioè, che Giuliano Sartori è il morto, il socio Fucci è l’assassino, Giulio non è mai esistito. Sei allibita, vero? Ma è troppo lungo da spiegare e non mi va di venire in studio, tienilo per te, rimandiamo tutto a domani. A proposito, Nadia mi ha detto che volevi parlarmi.»

Un sospiro:

«Eccome Adriano, stamattina stavo in fallimentare e ho incontrato il giudice Caruso che mi ha chiesto se ci sono novità per il fallimento della IMMOBILIARE da sapere prima della verifica dei crediti. Io ho fatto il pesce in barile; e meno male. Dai ci vediamo domani, ciao.» 

Chissà che vuole Caruso, ormai la verifica è venerdì. Va bene, non mi va di pensarci, oggi è un giorno che mi prendo per me; ogni tanto ci vuole.

Arrivo sotto casa di Eva e citofono, mandando parolacce ai ristoranti e bar che hanno messo pedane scaglionate da un lato all’altro  per tutta la lunghezza della strada, eliminando quasi tutti i parcheggi; ma anche ai Vigili Urbani che poco controllano, sintomatico è il ristorante sotto casa mia, che ha messo la pedana e poi ha chiuso l’attività ormai da due anni e la pedana è sempre lì, occupando inutilmente quattro parcheggi strisce blu: risultato, lungo la mia strada, tra le varie pedane, sono rimasti solo undici parcheggi.

Eva è bellissima, non ha messo i pantaloni, alleluia, ma un vestito di cotone colorato, con uno scialle poggiato sulla borsa, previdente.

Entra in macchina senza chiedermi dove andiamo ed io parto, dandole un bacio in silenzio. È un giorno feriale e la via Portuense è trafficata, ma si scorre.

A Fiumicino c’è poca gente e parcheggio proprio vicino al ponte di ferro che collega le due sponde di quel braccio di Tevere, detto anche il canale, poi ci avviamo camminando sul muraglione che costituisce il molo dei pescherecci e dopo trecento metri finisce nel mare: da un lato, l’altra sponda, con ormeggiati due piccoli rimorchiatori ed una draga; lungo il molo, reti stese ad asciugare e vari pescatori scaglionati con le canne da pesca, da questo lato,  la strada e poi il marciapiede e la lunga fila di bar e ristoranti con i tavoli all’aperto.

Mangiamo pesce e beviamo il classico vino della casa, pure troppo, dovendo poi guidare fino a Roma.

Ritardiamo il ritorno e andiamo a curiosare l’arrivo dei pescherecci che attraccano e scaricano le cassette di pesce, mischiandoci tra la gente che guarda, tocca, soppesa, contratta il prezzo, spostandosi da un peschereccio all’altro. Un’icona di vita quotidiana, fuori dalla nostra normalità cittadina, che sembra perdersi nel tempo.

A Roma ci dirigiamo verso casa di Eva e ci tocca parcheggiare un po’ lontano; maledette pedane, ma meno male per Rover, che è ben contento di trotterellare, andare avanti, tornare indietro, e così per tutta la strada.

Saliamo insieme nell’appartamento di Eva.

Il problema è che non ho la cartella, ciò significa che, rimanendo a dormire da lei, domani mattina devo prima di tutto passare a casa.

 E va bene! Non mi ero preso questo pomeriggio per me? Anche per smaltire la mattinata con il P.M. Prosperetti.

Ovviamente non ceniamo; ci allunghiamo invece sul divano, una bottiglia di grappa sul tavolino mentre io le accarezzo con un dito le labbra socchiuse.

Parliamo poco e scivoliamo, piano piano, in una tenera sensuale intimità, che facciamo continuare insieme alla musica che ci accompagna mentre ci sdraiamo sul letto.

Giovedì mattina sono una trottola.

L’agenda mi ricorda pure, che alle 15:30 ho l’appuntamento con il cancelliere per fare l’inventario presso la sede della SIDERURGICA; chissà chi può venire, se Mario o Luisa, forse è meglio Mario, c’è sempre da spostare qualcosa mentre si esegue un inventario.

In studio, trovo un fax di Prosperetti, il quale mi informa che è stato sbloccato il cellulare trovato nella scatola dei biscotti e che il numero è intestato a Giuliano Sartori; a tale proposito, mi convoca per venerdì alle ore 12:00.

Sento fibrillazioni intorno a me; Mario si affaccia per chiedermi se voglio un caffè, proprio mentre Luisa con il telefono mi dice «buongiorno», chiedendomi come ci organizziamo oggi per l’inventario alla SIDERURGICA.

Non tergiverso più; dico a Mario di avvisare pure Luisa così, se vogliono, ci prendiamo il caffè insieme qui da me.

Chiedo a Nadia di portarmi due copie della relazione consegnata a Prosperetti e quando arrivano le do a loro, invitandoli a leggerla, pur avvisandoli che si tratta di mie elucubrazioni, ma fondate su fatti che costituiscono solidi indizi di un evento criminoso che non ha altre spiegazioni. Mi riservo alla fine di rispondere ad ogni loro domanda.

La lettura è breve, come pure è scarna la relazione; l’avevo anche premesso a Prosperetti nel nostro colloquio, trattandosi del lavoro di una notte, quando la concatenazione dei fatti mi aveva, finalmente, mostrata la confusione in cui mi dibattevo, e rivelato il quadro complessivo.

Dopo aver risposto a tutte le loro domande, ce n’è una implicita, che è tutt’ora anche la mia, così li prevengo:

«Come ci comportiamo con questo Fallimento? Anzi, piuttosto, cosa succede, ora, per questo fallimento?

La mia sensazione è che ci venga strappato dalle mani, per finire in un calderone imprevedibile di contrasti, o meglio, di competenze: ora reciproche, ora rispettive, ora esclusive.

Mentre noi dovremmo, comunque, domani venerdì, effettuare la verifica dei crediti; si farà oppure no? Prosperetti ancora non mi ha dato l’okay per informare Caruso, anzi il fax di stamattina mi convoca davanti a lui proprio per domani alle ore 12,00.

Qui mi sa che salta la verifica di tutti e tre i fallimenti; sai che casino domani in fallimentare! No, devo avvisare Prosperetti se possiamo vederci lunedì.»

Mi interrompo e telefono alla cancelleria, senza esito, Prosperetti è in udienza e sarà lunga. Ricomincio:

«Ma il problema non è solo la verifica dei crediti; il problema, invece, è che cazzo facciamo con il terreno. Io ho l’obbligo di venderlo all’asta e pagare i creditori; ma sarà possibile?

Eppoi con la CTU coartata, o quasi falsa, redatta dall’ingegnere Luberto? O si deve fare una nuova CTU? Sempre, però, che il terreno, da qualche Pubblico Ministero o qualche Giudice, non venga ritenuto un bene ricompreso in un procedimento penale; come detto prima, ho proprio la sensazione che ci stiamo invischiando in un conflitto tra competenze dagli effetti imprevedibili.

Beh, lasciamo perdere, oggi facciamoci almeno questo inventario, per quel che valga, ormai; Mario, puoi accompagnarmi tu, mica come avvocato, come uomo di fatica, dai scherzo, allora usciamo tra un’ora.»

Durante l’inventario il tempo trascorre velocemente, senza accorgersene: l’amministratore Tafuro segue a braccio con spiegazioni, suggerimenti e contestazioni il cancelliere, che guarda, annota e stima provvisoriamente, mentre Mario dà una mano per muovere, spostare e sollevare; l’avvocato Renzulli fa presenza, un po’ chattando con il suo cellulare, un po’ parlando con me, che invece tengo d’occhio l’insieme, spulciando all’occorrenza fatture oppure ricevute. 

Mi interrompe lo squillo del telefono, è Nadia, che con voce professionale:

«Professore, sono in studio due agenti di polizia…ah scusi…un agente e l’ispettore Gilardi, il quale vuole parlare con lei per una questione urgente, io gli ho detto che è fuori per un inventario e non so quando ritorna, ma l’ispettore insiste e…»

La interrompo:

«Senti Nadia, avrebbero potuto telefonare prima, comunque chiedi all’ispettore se possono tornare alle 19:00 che qui finiremo almeno tra un’oretta, probabilmente saranno del Commissariato di zona.»

Sento Nadia che parla con qualcuno e poi:

«Professore è il commissariato di zona, ma mi dicono se può passare lei, così trova anche il Commissario ed è meglio…»

«D’accordo, Nadia, posso sapere di che si tratta?» chiedo.

 La sento di nuovo parlare:

«Professore, è per la società IMMOBILIARE PONTINA quella del…»

La interrompo di nuovo:

«Va bene, conferma che sarò lì alle 19:00 e forse verrà anche l’avvocato Tassone, poi avvisa Luisa, se vuole venire anche lei, nel caso, passo in studio a prenderla, ciao.»

Finito l’inventario ci salutiamo, io, per correttezza, avviso l’avvocato Renzulli che l’udienza di verifica si aprirà alle ore 09:30 ma potrebbe anche slittare per impegni dell’ufficio fallimentare.

Tornando in studio, mi arriva la telefonata di Luisa che mi avvisa che non potrà venire al commissariato, non essendo riuscita a rinviare un precedente appuntamento con un cliente; comunque, mi ha preparato sulla mia scrivania un sintetico fascicolo del fallimento della IMMOBILIARE completo con l’ultima relazione a Prosperetti.

Mi fermo sotto lo studio. Mario sale di corsa mi dà il fascicolo e io mi avvio verso il commissariato.

L’agente all’ingresso mi accompagna subito dall’ispettore Gilardi, il quale mi accoglie nella sua stanza solo per stringerci la mano, poi insieme andiamo nell’ufficio del Commissario Valeri.

Sono un po’ scocciato, e non esprimo tanta cordialità quando chiedo di cosa si tratta.

Il Commissario mi chiede conferma se sono io il curatore del fallimento IMMOBILIARE PONTINA ed io rispondo mostrando e consegnando la copia autentica della sentenza dichiarativa di fallimento; solo a questo punto alzo la voce, sembrandomi uno strano gioco delle parti in cui mi hanno arbitrariamente coinvolto, senza saperne il motivo e quale sia il mio ruolo.

Il commissario accenna un sospiro:

«Avvocato Monticelli, ieri sera è successo un incidente, benché dalle prime testimonianze in loco sembri, piuttosto, un evento mirato e voluto.

Insomma, una motocicletta con due persone a bordo ha investito un pedone ed è fuggita a tutta velocità, fortunosamente però, una volta tanto per noi, la moto ha colpito un’automobile che era ferma in seconda fila e che proprio in quel momento si immetteva nel flusso veicolare.

L’urto ha provocato la morte del conducente, mentre il passeggero è ferito gravemente ed è in ospedale, ora…»

Cerco di intervenire ma il Commissario mi ferma con la mano alzata:

«Vede, avvocato, il passeggero è un certo signor Giuliano Sartori, almeno così dai suoi documenti, ma ogni immediato tentativo di rintracciare qualcuno, un parente, è risultato senza esito. Però nel suo borsello c’erano anche una fotocopia della sentenza di fallimento da lei mostrataci e due fotocopie di pagine di una perizia dov’era menzionata la IMMOBILIARE PONTINA.

Purtroppo, nell’urto il borsello si era aperto ed altri fogli erano volati via e non è stato possibile recuperarli.

Ma non è finita.

Stamattina la ricerca del nominativo nel nostro sistema informatico ha mostrato la scheda di informazioni e rintraccio di tale signore da parte del Pubblico Ministero Dottor Prosperetti, nell’ambito di un’indagine in cui si menziona, guarda caso, sempre la IMMOBILIARE PONTINA. Ebbene, avvocato Monticelli, non crede che il suo, evidente, coinvolgimento in questa vicenda meriti un approfondito esame e riscontro da parte della polizia giudiziaria? Ecco perché lei è qui ed attendiamo qualche spiegazione.»

Sono allibito, non mi aspettavo assolutamente un tale accadimento; ho anche paura a chiedere il nome della persona investita, mi gira in testa e se fosse l’ingegnere Luberto.

«Commissario, ora capisco il suo interessamento alla mia persona, ma non so come risponderle. Non mi fraintenda, voglio dire che l’indagine promossa dal Pubblico Ministero Prosperetti è frutto di una mia informativa a lui, nel suo specifico ruolo in ordine alla mia attività professionale, in questo caso quale curatore del fallimento della IMMOBILIARE PONTINA.

Si tratta di accertamenti da me svolti nella mia qualità, piuttosto che di un’indagine; accertamenti che il P.M. Prosperetti ha ritenuto fondati per aprire un’indagine che, mi creda, è ben più complessa dello spaventoso accadimento di mercoledì sera che l’ha spinta alla mia convocazione.

Mi capisca, qualsiasi cosa che io le possa dire potrebbe intralciare, oppure stravolgere quell’indagine in corso, rispetto alla quale, lo stesso P.M. Prosperetti, mi ha chiesto di soprassedere ad informare addirittura il Giudice Delegato del fallimento, richiesta che io ho accolto, con molto imbarazzo e molte riserve.

Posso solo dirle…» apro il mio fascicolo e prendo il fax di Prosperetti «che, come vede, il P.M. Prosperetti mi ha convocato per domani alle ore 12:00 proprio in merito a quell’indagine circa il signor Giuliano Sartori, e dal tenore della convocazione è chiara la mia partecipazione attiva a quell’indagine, non come semplice testimone, oppure, quale persona informata sui fatti. Insomma, mi dispiace signor Commissario, ma fino a domani non posso dirle nulla, faccia come crede.»

Il Commissario mi guarda, forse sentendosi sminuito nel suo ruolo, ma la mia determinazione ha colto il segno.

Accetta il mio riserbo e mi chiede di poter fare copia del mio documento, della sentenza dichiarativa di fallimento e del fax di Prosperetti, avvisandomi, però, che la questione dell’incidente, se colposo oppure doloso, è di sua stretta competenza; quindi, potrei essere riconvocato, oppure lui stesso potrebbe intervenire presso il P.M. Prosperetti.

Approfitto del momento di stasi per le fotocopie ed ardisco chiedere se si sa chi è la vittima dell’incidente. L’ispettore Gilardi guarda un momento dei fogli e mi risponde che la persona investita si chiama Franco Luberto, il quale ha riportato gravi traumi ed è ricoverato in ospedale.

Non reagisco, ormai ho assunto quel ruolo, dire la verità stasera, oppure che la sappiano domani, nulla cambierà nelle loro indagini. 

Saluto ed esco dal commissariato.

È venerdì, finalmente l’udienza di verifica dei crediti.

Prima dell’apertura, d’accordo con il giudice Caruso scaglioniamo le verifiche, iniziando dal fallimento della società tessile, dato il maggior numero di creditori; a seguire il fallimento della SIDERURGICA e poi quello della IMMOBILIARE.

Il borderò di ciascuna verifica è stato preparato bene, quindi le operazioni di riscontro ed esame si svolgono senza particolari difficoltà o contestazioni; tant’è che alle ore 11,30 le tre verifiche sono concluse, con la sottoscrizione e chiusura dell’ultimo verbale.

Mario e Luisa portano tutto in cancelleria ed io mi avvio in Procura per l’appuntamento con Prosperetti.

Oggi niente anticamera, la cancelliera mi fa entrare e saluto:

«Buongiorno dottor Prosperetti, non mi aspettavo un risultato così immediato, complimenti all’efficienza della Magistratura. Peraltro, ho anch’io delle importanti e gravi novità.»

«Buongiorno avvocato Monticelli, come vede ho dato corso all’indagine ed il telefono di quel Giuliano Sartori, l’amministratore della società fallita, è una miniera di informazioni, però le telefonate si esauriscono nel mese di novembre dell’anno scorso, salvo una sola telefonata nel gennaio di quest’anno, il numero corrisponde ad un certo dottor Mazza commercialista.

In ogni caso, tra numeri di telefono e messaggi scambiati, è emerso che il Giuliano Sartori non era il cosiddetto uomo di paglia che appariva, nessun precedente penale, è vero, ma molti contatti con esponenti malavitosi, non solo della camorra, come da lei ipotizzato, in quel campo infatti, l’aggancio era proprio l’altro socio Fucci Angelo.

Tant’è che con l’ultimo messaggio scambiatosi tra di loro il Fucci minacciava gravi ritorsioni se quella sera non gli avesse portato a casa il denaro rubato al gruppo.

Messaggio al quale l’amministratore Sartori ha risposto che sarebbe venuto alla casa, ma senza il denaro, dopo sarebbero andati insieme a prenderlo.

A tale proposito, il Giudice Tornabuoni mi ha fatto avere il fascicolo del suicidio di quel tale Giulio Sartori ed il suicidio è avvenuto proprio la sera di quell’appuntamento.

Sembra, dunque, che il morto sia veramente l’amministratore Sartori Giuliano, confermandosi, così, la sua ricostruzione dei fatti. In ogni caso, in accordo con il collega Tornabuoni, si è decisa la riesumazione del corpo, svolgendo anche approfondite ricerche sul passato del signor Giuliano Sartori per i necessari riscontri.

Ora, però, lei si disinteressi della questione, è mio compito accertare l’identità del morto, oltre che rintracciare e ridurre all’impotenza il signor Fucci Angelo.

Per quanto concerne, invece, il fallimento, può anche informare di tutto il Giudice Delegato, ma non so anticiparle ora quali provvedimenti l’Ufficio riterrà di assumere.»

«Mi scusi dottor Prosperetti, penso di poterle dare io delle novità per il suo lavoro.

Infatti, ieri sono stato convocato dal mio commissariato di zona e quasi interrogato dal Commissario Valeri. Ebbene, Dottore, non ha problemi nel rintracciare il signor Fucci Angelo, in quanto è ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale San Giovanni a causa di un incidente di moto, avvenuto mentre lui e il suo complice, il guidatore che è invece morto, scappavano dopo aver investito un pedone.

Il fatto è che io sono stato individuato e convocato, perché lui, come si supponeva, girava e agiva con il documento di Giuliano Sartori.

 Ma v’è di più.

Il Commissario Valeri, dalle prime testimonianze, ritiene trattarsi di un investimento voluto, doloso, insomma un tentato omicidio, e su ciò io concordo in pieno. Infatti, dottor Prosperetti, il pedone investito è l’ingegnere Luberto, cioè il CTU del fallimento per effettuare la perizia sul terreno di Aprilia, ma, per fortuna, pur ricoverato in ospedale non è in pericolo di vita.

Lo stesso ingegnere, però, se ricorda la mia relazione, che aveva già svolto delle prospezioni geologiche su quel terreno sotto il controllo del fantomatico signor Giulio, che noi ora sappiamo che altri non era se non il Fucci. Persona che nelle vesti del Giuliano Sartori, l’ingegnere ha reincontrato nel comune di Aprilia pochi giorni fa e che lo ha minacciato se non avesse periziato il terreno come agricolo e non avesse depositato la CTU entro due giorni.

Ecco, dunque, a mio avviso, anche il tentato omicidio dell’ingegnere Luberto: mettere a tacere quell’unica persona che loro ritenevano potesse tradirli per la situazione urbanistica del terreno.

Peraltro, anch’io potevo essere nel mirino, avendo fatto quell’accesso informale al Comune e del tutto segreto lì al casale, e meno male che ho lasciato la cartella del Giuliano Sartori lì dove era; può anche darsi che non si siano accorti, oppure abbiano ritenuto inverosimile che il curatore nel suo ruolo, agisse in tal modo. Dottor Prosperetti, la vicenda è tutta sua, ormai, benché io ritenga che avrà modo di conoscere il Commissario Valeri.

In ogni caso, le anticipo che nella mia relazione al Giudice Delegato Caruso sosterrò la esclusiva pertinenza del fallimento per quanto concerne il denaro da me trovato in casa del Sartori Giuliano, denaro che ho formalmente acquisito al fallimento in sede di inventario, solo per rispetto a lei, mi sono assunto la responsabilità di trattenerlo presso il mio studio senza avvisare il Giudice Delegato.

Nel mio piccolo, vorrei solo sperare che tale risvolto di carattere penale non influisca troppo sul corso del fallimento, guardi lei, per ora la ringrazio per la sua attenzione e disponibilità, e le faccio anche i migliori auguri nello svolgimento delle indagini.»

È l’una e dieci minuti.

Forse Caruso ha Collegio ed è ancora in tribunale.

Provo a telefonare:

«Buongiorno Rosa, sono l’avvocato Monticelli ed ho urgenza di parlare   con il giudice Caruso, se è ancora in sede me la puoi passare?»

Sento dei suoni e poi la voce di Caruso:

«Avvocato, che succede, non la posso proprio ricevere, ho il Collegio fra poco, di che si tratta?»

Inspiro forte:

«Giudice Caruso, ho appena avuto un colloquio con il P.M. Prosperetti, si tratta di una questione grave che riguarda il fallimento IMMOBILIARE PONTINA e che avrei già dovuto comunicarle, ma per la gravità della situazione lo stesso dottor Prosperetti mi aveva intimato…chiesto…di soprassedere, solamente ora mi ha sollevato da questo, chiamiamolo informale, segreto istruttorio.

 Infatti, gli accertamenti svolti quale curatore del fallimento mi hanno condotto a scoprire un omicidio, crimine del quale avevo già informato il dottor Prosperetti, salvo per il nome dell’assassino che ho scoperto dopo e gliel’ho comunicato stamattina.

Inoltre, nel corso di questa cosiddetta indagine ho recuperato una somma di euro 162.450 della quale ora, con l’assenso del dottor Prosperetti vorrei liberarmi, formalizzando ufficialmente l’acquisizione al fallimento.

Insomma, giudice Caruso, mi creda, è impossibile immaginare il mio stato d’animo di questa mattina, costretto ancora avanti a lei in sede di verifica, a mantenere l’obbligo di riservatezza assunto con il Pubblico Ministero Prosperetti.

Posso sperare nel suo perdono ed un appuntamento per lunedì mattina?»

Momenti di silenzio, poi una voce secca e tagliente:

«Avvocato Monticelli, l’attendo lunedì mattina alle dieci, arrivederci.»

Vorrei andarmene a casa e dormire, dimenticare tutto, ma non posso, devo andare in studio a preparare la relazione per Caruso da depositare lunedì mattina, anche se ho la testa vuota. E poi tutti i saluti e le domande, soprattutto di Luisa e Mario, e invece non mi va di parlare con nessuno.

Sono spompato, improvvisamente.

Va bene, ci vado, bon gré mal gré mi tocca, è una situazione da affrontare.

Arrivo e trovo parcheggio vicino al bar di Fabrizio, meglio, così mi prendo un tramezzino una birra e lascio decantare ancora per un po’ il mio stato d’animo.

Ma, nulla da fare, ci sono già Mario, Luisa e Silvio seduti a un tavolo a mangiare qualcosa e a cazzeggiare e dove immediatamente si dirige Rover.

Alzo le braccia con le mani aperte sorrido e mi siedo, facendo la scena del guerriero vincitore, okay, mi tocca, meglio qui che in studio.

Racconto ogni cosa, l’incontro con Prosperetti, la telefonata con Caruso, mentre fra loro Silvio, quale penalista, ma all’oscuro di tutto, è il più allibito ed attento.

Si chiude con caffè corretto e poi saliamo in studio.

Solito rito con Nadia, posta, telefonate e poi mi ritiro nella mia ala in fondo allo studio, avvisando tutti che mi possono disturbare solo se va a fuoco la biblioteca.

Meno male che questa relazione per Caruso può essere ricostruita manipolando e interpolando con nuova accortezza dati e fatti delle precedenti relazioni a lei e a Prosperetti, specialmente con l’ultima puntuale sul crimine diretta solo a Prosperetti. Il lavoro si presenta meno duro di quanto avevo immaginato, solo molta attenzione al copia e incolla per una relazione definitiva che compendi tutta la vicenda e che, spero, giustifichi il mio comportamento agli occhi di Caruso, non quale mio giudice, ma nel suo ruolo formale di Giudice Delegato.

Poi c’è da scrivere anche l’istanza per la designazione della banca dove aprire il conto intestato al fallimento e depositare il denaro, che ormai mi pesa questa responsabilità: già è una settimana che sta qui e lo devo lasciare anche per tutto il fine settimana, ma non mi va proprio di portarmelo a casa.  Anzi, meno male che fra tutti gli impicci non l’ho dimenticato, stasera sono da Lamberto che inaugura la sua scuola di yoga, è una grande occasione per incontrare tutti gli amici, anche quelli che ci si vede raramente e che fanno ricordare i tempi ruggenti di Capalbio.

Un fine settimana senza storia: due giorni trascorsi in campagna a Mazzano a ritemprare spirito e corpo, cercando di incasellare la mia vita privata ed affettiva.

Giusto domenica, che arrivano i miei nipoti, portiamo fuori sul piazzaletto il biliardino e giochiamo un paio d’ore, io sempre in porta, scommettendo a chi tocca andare in cantina a prendere il vino.

Lunedì mattina alle nove e mezza sono in fallimentare, la cartella rigonfia perché ho deciso di prendere in studio la stessa piccola cassaforte con il denaro, così da poterla esibire a Caruso insieme al verbale di inventario redatto dal cancelliere che formalizza il ritrovamento ed ufficializza l’acquisizione al fallimento, giusto, anche, il foglio da noi reciprocamente firmato che ne attesta l’ammontare.

Il giudice Caruso ha la porta chiusa, siamo in tre ad aspettare, io un po’ in disparte e gli altri due provano a bussare aprendo la porta, senza esito.

Alle dieci in punto Caruso apre la porta:

«Avvocato Monticelli, venga.»

Io entro e lei stessa chiude la porta, mi seppellirei per quella atmosfera gelida.

Ci sediamo insieme, io apro la cartella e le consegno sia la relazione che l’istanza regolarmente depositate in cancelleria, poi poggio sulla scrivania la piccola cassaforte senza aprirla, attendo che lei cominci a leggere la relazione e mi faccia qualche domanda.

Non mi sento di parlare per primo: incredibilmente, assurdamente, mi sento compresso in un vincolo gerarchico inaspettato, che poi, per certi versi è vero, lei è il Giudice Delegato, io il curatore.

L’incontro è una via di mezzo tra un colloquio e un interrogatorio che dura un’ora e un quarto, ma nell’ultima mezz’ora Caruso partecipa anche alle sorti del fallimento: chiedendosi insieme a me, quanto il risvolto penale della vicenda possa intralciare il corso della procedura e che, seppure occorrerà disporre una nuova C.T.U. con un diverso perito, sarebbe opportuno attendere la definitiva approvazione della variante urbanistica.

Alla fine, non capisco se è più irritata con me oppure con il P.M. Prosperetti, forse però, con lui, visto che si alza tendendomi la mano e solo allora:

«Avvocato Monticelli, riconosco che ha svolto un ottimo lavoro, anche correndo dei rischi, lascio correre quanto inconsapevolmente, ma penso di esimermi dal nominare un legale penalista, dato il suo rapporto ormai personale con il dottor Prosperetti, scherzo  via,  segua lei  direttamente gli sviluppi del procedimento penale, so di potermi fidare del suo massimo impegno per cercare di ridurre gli intralci alla procedura che, mi creda, ce ne saranno, conosco l’ambiente dei colleghi nel ruolo penale. Arrivederci e mi tenga informata.»

«Grazie giudice Caruso, sarà mia cura dedicare alla vicenda tutto l’impegno per meritarmi la sua fiducia.

Ah, scusi, c’è anche l’istanza per l’apertura del conto intestato al fallimento, io, per comodità, preferirei la UNICREDIT agenzia di via Damiata, che è all’interno del tribunale ed è aperta pure di sabato mattina, comunque disponga lei.»

«Va bene avvocato, concordo anch’io, le scrivo subito l’autorizzazione così si libera di questo fardello.»

Fra la richiesta di copia autentica urgente del provvedimento e termine dell’operazione bancaria trascorrono quasi altre due ore, alla fine, però, posso andare in studio con quella strana e rara sensazione di aver compiuto tutto, di non avere nient’altro da fare: potrei restare immobile mentre il mondo continua a girare.

È ora di pranzo, lo studio è vuoto, vado nella mia stanza e mi siedo in poltrona, forse a pensare, forse neppure, non so.

Dopo un po’ percepisco che lo studio comincia ad animarsi, è il caso che mi dedichi a riorganizzare tutte le carte del fallimento IMMOBILIARE ancora sparse sulla mia scrivania, aggiungendo l’apertura del conto con il relativo libretto fallimentare, ci penserà Luisa, spero, a ricomporre tutto il fascicolo con l’aiuto di Nadia.  Mario, invece, avrà il compito di sistemare i documenti ed i verbali della verifica dei crediti avvenuta venerdì per i tre fallimenti.

 Pensati come chiamati, eccoli che arrivano, interessati e curiosi di come è andato il mio appuntamento con Caruso; insieme a loro arriva anche Nadia che mi porta la posta e la lista telefonate di stamattina, è vero, neppure sono passato in segreteria.

Distribuisco le rispettive mansioni, poi Nadia torna in segreteria, mentre Luisa e Mario attendono notizie del mio incontro, rasserenati che non sono stato revocato dall’incarico, vista l’apertura del conto intestato al fallimento.

Il pomeriggio trascorre nell’ordinaria amministrazione del lavoro pendente, finché Nadia mi porta un fax appena arrivato.

Si tratta di un invito a comparire avanti il G.I.P. Diotallevi in merito all’ordinanza della misura cautelare in carcere adottata nei confronti del signor Fucci Angelo, su richiesta del P.M. Prosperetti.

È finita, Fucci è stato arrestato, per ora sarà piantonato in ospedale, ma quando sarà trasferibile farà la sua convalescenza dietro le sbarre in attesa del processo.

Sono passati tre anni.

La riesumazione del corpo ordinata dal Pubblico Ministero ha rivelato che Il morto era proprio il signor Giuliano Sartori.

Il Fucci Angelo, già detenuto a Regina Coeli, è stato processato sia per l’omicidio di Giuliano Sartori, sia per il tentato omicidio dell’ingegnere Luberto.

Nel corso del processo si è appurato che era stato abbandonato dalla camorra ed agiva, ormai, come scheggia impazzita nell’ambito di una squallida criminalità romana.

L’omicidio di Giuliano Sartori è stato ritenuto preterintenzionale ed avendo confessato, tra l’omicidio ed il tentato omicidio dell’ingegnere Luberto, il Fucci è stato condannato in primo grado a 24 anni di reclusione.

Del prosieguo, non so null’altro, né mi interessa.

Poco prima dell’inizio del processo Caruso è stata trasferita ad altro Ufficio ed ora è il Dottor Pascucci il nuovo Giudice Delegato.

Il fallimento della NUOVA TESSILE è in fase di riparto con un buon attivo ricavato dalla vendita dello stabilimento comprensivo dell’azienda che è rimasta sempre operativa; mentre il fallimento della SIDERURGICA è già chiuso

Il fallimento della IMMOBILIARE PONTINA è rimasto congelato per quasi tutto il corso del processo.

Nel frattempo, la Regione Lazio ha dato il suo placet sul programma di urbanizzazione del territorio di Aprilia che è comprensivo del terreno del fallimento, divenuto ufficialmente edificabile.

Ovviamente, con il nuovo Giudice Delegato si è deciso di rinnovare la CTU e per il terreno, in sede d’asta, l’avvocato Galeazzi, sempre lui, in nome e conto di persona da nominare, ha presentato un’offerta irraggiungibile per due milioni e settecentomila euro. Il terreno è stato aggiudicato ad una Prati Felici S.r.l. con sede a Sabaudia che ha pagato con assegno circolare di una Cassa di Risparmio in provincia di Asti.

Il fallimento ha pagato integralmente tutti i creditori, compreso l’ingegnere Luberto per ben due fatture: come creditore insinuato al passivo per il lavoro svolto prima del fallimento e come creditore della massa per la CTU effettuata.

Io ho incassato un ottimo compenso.

E ci voleva Proprio!

Comments

  • paola Pompa
    09/02/2024

    gradevole e scorrevole. Piacevole la trama gialla

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