IN MALGA CON I NIPOTINI di Ivano Chistè

genere: INFANZIA E ADOLESCENZA

Finita la scuola, ho svolto decine di lavori saltuari cercando tenacemente di tenermi lontano da un posto fisso.

Specialmente in estate, tra una pausa lavorativa e l’altra, ho fatto diverse escursioni in montagna. La mèta preferita era malga Deròcca situata nel gruppo montuoso della Vigolana1.

Un punto a favore era costituito dal fatto che era facilmente raggiungibile. Da Vigolo Vattaro ci s’impiega circa un’ora e mezza mentre da Mattarello meno di quattro ore.

Altro aspetto non secondario, il fatto che il pernottamento era gratis.

L’unica cosa che si doveva fare, ma non era un’imposizione, lasciare nella dispensa qualcosa da mangiare. Caffè, pasta e qualunque altro alimento non deperibile.

Un’accortezza da seguire, era non andarci il sabato e la domenica perché la Sat, l’aveva trasformata in un rifugio base di partenza, per le ascensioni sul versante settentrionale della Vigolana.

Sarebbe stato difficile trovare un posto per dormire.

Stranamente, durante la settimana, non ho mai trovato nessuno.

La malga si trova in mezzo ad una grande radura circondata da larici e pini a un’altitudine di 1.636 metri e un tempo, era conosciuta per la qualità delle ricotte di latte di pecora.

La parte aperta al pubblico2, circa un terzo dello spazio totale, consisteva in una stanza di media grandezza.

Il resto era riservato ai soci della Sat.

Entrando, sulla destra, c’era una stufa con una cassapanca per la legna e più a lato, una vetrina contenente pentole, stoviglie e posate.

A sinistra, una grande tavola con due panche e qualche sedia.

La zona notte con tre letti a castello matrimoniali a destra e tre letti a castello singoli a sinistra, era in fondo.

Il lavello per le abluzioni e per lavare i piatti era all’esterno nei pressi della legnaia.

La stanza era piuttosto spartana ma la bellezza dell’ambiente esterno, compensava le poche comodità.

Una mattina mi trovavo a casa di mia sorella e le stavo dicendo che l’indomani sarei andato qualche giorno a malga Deròcca.

«Perché non porti con te Guido e Doriana» mi disse in tono serio. «Sono abituati a camminare e mi hanno riferito in più occasioni che sarebbero venuti volentieri qualche giorno in montagna con te».

Lì per lì trovai la proposta irrealizzabile.

Portarmi appresso due bambini rispettivamente di dieci e nove anni, non mi sembrava una buona idea. Avevo programmato di andare da solo e passare due giorni al massimo tre. Mi proponevo di suonare, leggere, fare qualche escursione nei dintorni ma soprattutto, cercare di fare il punto della situazione su ciò che avrei fatto da grande.

All’improvviso si spalancò la porta della cucina ed entrarono trafelati i due nipotini.

Avevano sentito tutto.

«Ti prego zio» esordì il più grande «portaci con te. Ti promettiamo che saremo bravissimi».

Cercai di trovare qualche scusa ma alla fine, pressato dalla loro insistenza, accettai.

Alle otto del giorno dopo suonai al campanello di casa di mia sorella e i bambini erano già pronti.

«È dalle sei che siamo svegli» disse la più piccola. «Vedrai che non ti pentirai di averci portato con te» aggiunse il fratello.

«Staremo a vedere» risposi con un finto tono severo.

Ad un certo punto, sentimmo il suono di un clacson.

«Svelti bambini» disse mia sorella «papà vi sta aspettando».

Quando avevo programmato l’escursione, poiché non ero patentato, avevo pensato di partire a piedi dal paese ma con i bambini, sarebbe stato troppo impegnativo.

Caricati gli zaini in macchina, ci avviammo e in venti minuti arrivammo a Vigolo Vattaro.

La stanga della strada forestale era aperta e quindi, mio cognato si offrì di portarci al capitello da dove s’inerpicava il sentiero per la malga.

Poiché sulla sua auto, un’Alfa Romeo 2000 berlina, aveva abbassato l’assetto, procedeva ad una velocità ridicola per non rovinare il pianale e la marmitta. Probabilmente se fossimo andati a piedi, ci avremmo impiegato meno.

Quando ci congedammo, gli dissi che gli avrei telefonato per venirci a prendere. Saremo rimasti in malga due giorni e il terzo, nel primo pomeriggio saremo scesi a Vigolo Vattaro.

Ero convinto che dopo aver salutato il loro papà, i bambini avrebbero fatto qualche lacrimuccia ma mi sbagliavo, erano al settimo cielo.

Solitamente prima di un’escursione, all’inizio del sentiero, bevevo un sorso di grappa. Era un rito scaramantico consigliatomi dall’amico Elio ma questa volta, preferii non farlo. Dovevo badare a due bambini ed era meglio rimanere sobri.

Nonostante il peso dei loro zaini, Guido e Doriana procedevano spediti e in poco meno di due ore, arrivammo alla malga.

Fortunatamente, non trovammo nessuno.

Disfacemmo gli zaini e chiesi cosa volessero mangiare. Risposero che avrebbero gradito una pasta al tonno quindi mi misi all’opera.

Per prima cosa, cominciai ad organizzare i turni di lavoro. Doriana sarebbe andata a prendere la legna e Guido l’acqua.

Accidenti pensai, forse riesco a convincerli a lavare i piatti. Cominciavo a credere che dopo tutto, portare i nipotini non fosse stata un’idea malvagia.

Dopo pranzo, andammo a malga Palazzo3 e al ritorno, riuscimmo a vedere due caprioli.

La sera dopo cena, giocammo a carte ma prima delle 22.00 ci coricammo. La giornata era stata faticosa e l’indomani, volevo raggiungere il Becco Ceriola 4.

Il giorno seguente ci alzammo molto presto ma il cielo era imbronciato. Nuvole nere, minacciavano pioggia e non era il caso di fare l’escursione.

Durante la mattina, il sole iniziò a fare capolino tra le nuvole e verso le 10.00 le aveva allontanate quasi tutte.

I bambini volevano fare l’escursione che avevamo programmato, ma ormai era troppo tardi. Dovevo inventare qualcosa per tenerli occupati.

Improvvisamente ebbi una grande idea.

Nei pressi della malga, c’erano mirtilli, lamponi e fragoline di bosco a profusione. Proposi una gara a chi ne avesse raccolti di più. Il vincitore avrebbe avuto un encomio e un premio.

Non riuscii a finire di parlare che si erano già fiondati a prendere le scodelle per contenere i piccoli frutti.

Ero sempre più convinto che portare i nipotini era stata una genialata. Finalmente potevo esercitarmi con la chitarra in pace.

Andai a prenderla e cominciai a suonare en plein air5.

Quando i bambini ritornarono con le scodelle piene fino all’orlo di gustosi piccoli frutti, feci l’encomio ad entrambi.

«Ma il premio» chiese curiosa Doriana «in cosa consiste?»

Sforzandomi di stare serio, risposi con maniere affettate che il premio era il pranzo che stavo preparando:

«Una pasta alla carbonara» continuai scandendo le parole «degna di un cuoco stellato». Sui loro volti apparve un po’ di delusione ma, quando la assaggiarono, si ricredettero sul valore del premio.

Dopo mangiato, presi in disparte Guido e gli dissi che poiché era il fratello maggiore, avrebbe assunto il comando, intanto che io andavo a riposare.

«Bisogna lavare i piatti, preparare ancora legna ed andare a cercare altre fragoline. Il tutto» aggiunsi «in rigoroso silenzio».

Quando dopo un’oretta mi svegliai, trovai tutto in ordine e feci ai miei fedeli collaboratori i meritati complimenti.

Non feci in tempo a finire di parlare che Doriana, presa la chitarra, si diresse come un fulmine verso il prato.

«Fammi una foto mentre suono» gridò mentre mi passava a fianco.

Prima d’oltrepassare la porta, perse l’equilibrio e cadde rovinosamente a terra. Fortunatamente non si fece niente ma la chitarra aveva una botta sulla fascia.

Ero molto arrabbiato.

Mi coricai sul letto e chiamai a rapporto Guido:

«Io medito sull’umana condizione per fare sbollire la rabbia» borbottai guardando nel vuoto «voi preparate lo zaino. Tra un’ora andiamo a casa».

«No ti prego» rispose Guido con il tono di voce affranto. «Inoltre, sta cominciando a piovere» aggiunse sottovoce.

Effettivamente era vero.

In lontananza si sentiva distintamente il rumore sordo dei primi tuoni.

Mi alzai dal letto ed uscii per verificare lo stato delle cose.

Stavano cadendo le prime gocce di pioggia. Troppo pericoloso mettersi in marcia con un temporale imminente. Erano le tre del pomeriggio ma sembrava fosse calata la notte.

Entrai nella cucina ormai quasi al buio e misi un po’ di legna nella stufa; quindi accesi una candela ed esaminai la chitarra. Il danno non era enorme come mi era sembrato.

Assunsi uno sguardo magnanimo e con voce suadente, dissi ai nipoti che li perdonavo.

«Adesso» continuai per suggellare degnamente la pace avvenuta «preparatemi una macedonia con i piccoli frutti che avete raccolto. Domani mattina prima di partire, andrete a raccoglierne altri da portare alla vostra mamma».

Devono essersi divertiti parecchio i miei nipotini, quei giorni passati assieme in malga perché a distanza di quarant’anni, ogni volta che ci incontriamo ne parlano con nostalgia.

IN MALGA CON I NIPOTINI di Ivano Chistè

genere: INFANZIA E ADOLESCENZA

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1 Gruppo montuoso situato a sud-est di Trento.

2 La malga è stata ristrutturata e può essere che la descrizione non corrisponda allo stato attuale.

3 Si trova nella riserva naturale provinciale della Scanuppia situata in Val d’Adige, a sud-est di Trento a 1560 m. Costruita nel 1589, per alcuni secoli era stata di proprietà della famiglia Trapp che la utilizzava come dipendenza estiva di caccia.

4 Cima di 1935 metri appartenente al gruppo montuoso della Vigolana.

5 Presa in prestito da una locuzione in lingua francese che indica un metodo pittorico consistente nel dipingere all’aperto.

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