LA PROCESSIONE DELLE ANIME SMARRITE di Riccardo Giorgi (parte prima)

 genere: THRILLER

“Se i nostri occhi vedessero le anime invece dei corpi,

 quanto sarebbe diversa la nostra idea di bellezza”

(FRIDA KAHLO)

CAPITOLO 1

Ormai, non si parla più della triste storia che ha visto protagonisti i senzatetto di Bari e la ragazza vittima della cattiveria umana e della viltà di quello che si dichiarava suo innamorato.

Di tutta questa vicenda mi resta la triste consapevolezza della spregiudicata voglia dell’uomo di disporre dei suoi simili a proprio piacimento e per un becero tornaconto.

Continuo a pensare alla signora Beatrice rimasta ormai sola con i propri ricordi e la tristezza, oltre che il dolore, per aver perso l’ultimo suo familiare, il nipote, in maniera così tragica e cruenta.

Quel nipote che anni addietro non aveva avuto la forza di reagire e denunciare i malfattori per poi restare vittima alla fine proprio di costoro.

La gentilezza e signorilità mostrata da questa donna hanno lasciato in me un segno profondo ed indelebile; continuo ad immaginarla sola lì tra le foto dei suoi cari con i ricordi che occupano la sua mente mentre il tempo passa inesorabilmente. Sembrerebbe quasi che queste persone, che ormai non ci sono più, siano talmente vive in lei da infonderle l’energia e la forza per continuare a vivere.

Sento all’improvviso un fremito che mi impedisce di restare seduto sulla sedia e mi spinge ad andare senza sapere dove e verso chi. D’impulso scatto in piedi e mentre cerco di prendere una decisione, qualunque essa sia, comincio a camminare su e giù per la stanza con un fare forsennato come se avessi una muta di lupi affamati ed inferociti alle calcagna.

Il pensiero di Beatrice mi sta portando da lei come un richiamo silente che vuole la raggiunga quasi fossimo legati da un invisibile cordone ombelicale.

La mia indole mi spinge a non opporre resistenza alcuna a tali stimoli e lasciarmi trasportare, noncurante delle conseguenze che possano derivare dalle mie azioni, mi infilo la giacca, prendo le chiavi dell’auto ed esco. Ho deciso che devo fare una visita a sorpresa a Beatrice.

Fuori l’aria è fresca e pulita; ormai siamo in primavera inoltrata e le giornate iniziano ad allungarsi giorno dopo giorno tanto che sono già le diciotto passate e vi è ancora la luce del sole tutt’intorno.

Se ricordo bene le abitudini di Beatrice e se nel frattempo non le ha cambiate in questo momento dovrebbe essere ancora in chiesa per la recita dei Vespri che dovrebbe terminare intorno alle diciannove.

Riesco quindi a raggiungere Bitetto e magari incontrarla proprio quando vi sta uscendo e sicuramente ho anche il tempo, ma se non l’avessi avuto avrei fatto in modo di trovarlo, per comprare un piccolo vassoio di dolci di pasta di mandorle da offrirle. Nel precedente incontro avevo intuito che le piacevano tanto, per cui sono sicuro della mia decisione.

Raggiungo il paese percorrendo la strada che passa per lo stadio San Nicola e mentre questo edificio eretto in occasione dei mondiali del 1990 scorre sulla mia sinistra, volgo lo sguardo verso la masseria che avevo visitato qualche tempo fa e nelle sue vicinanze, a seguire, qualche piccola baracca fatta di cartone e altro materiale di fortuna, occupata dai senzatetto.

Raggiungo Bitritto ma senza passare dall’interno del paese percorro la circonvallazione e allo svincolo per Bitetto mi dirigo verso la mia meta.

La campagna di questi tempi è magica con i suoi muretti in pietra disposti a secco con la duplice funzione di separare le diverse proprietà fondiarie e trattenere il terreno vegetale nel proprio fondo evitando così che le piogge lo portino via dilavando il suolo sino a lasciare a vista il sottostante strato roccioso. I campi sono ricoperti di innumerevoli alberi di mandorlo tutti in fiore con piccoli fiorellini dai petali di colore tra il bianco ed il rosa pallido. Per alcuni si intravedono già le piccole foglioline verdi che emergono dai boccioli ormai in schiusura.

Le temperature primaverili non riescono più a contenere la natura che vuole esplodere per seguire un ciclo che si ripete da millenni sempre uguale coinvolgendo nella sua metamorfosi tutti gli esseri viventi.

Giunto in paese, lascio l’auto nei pressi del palazzo vescovile posto sul retro della cattedrale[1] e mi incammino a piedi verso l’ingresso della chiesa dove entrandovi mi rendo conto che non c’è più nessuno. Guardo l’orologio pensando di essere arrivato in ritardo ma non è così perché mancano ancora una quindicina di minuti alle 19:00.

Il sacrestano che sta spegnendo alcuni ceri votivi, vedendomi un po’ disorientato e forse intuendo i miei pensieri, mi viene incontro e con espressione quasi rammaricata mi dice che la Santa Messa non si è tenuta a causa di un improvviso malore del celebrante. La chiesa è vuota in quanto tutti i fedeli a malincuore sono stati costretti ad andare via e lui, da parte sua, sta portando a termine le ultime incombenze prima di chiudere e tornarsene a casa.

Questa notizia mi rasserena un po’ e così mi soffermo ad ammirare l’interno della chiesa con i suoi sei imponenti pilastri in pietra. A ciascun pilastro sono addossati tre semicolonne che si fondono con lo stesso sormontato da un allungamento basale con le pareti laterali a sezione tonda. In sommità terminano con dei semplici ma slanciati capitelli da cui si elevano sei archi a tutto sesto, (disposti tre per ogni fila). Questi archi a loro volta sono sormontati da tre trifore mentre sul cordolo terminale poggiano le capriate in legno della copertura che per la navata centrale più alta ha la geometria a capanno mentre per le due laterali è a semplice falda.

Il tutto si presenta con un misto di una eleganza e semplicità che non ti fa distogliere lo sguardo.

Vorrei soffermarmi ancora oltre per apprezzare altri scorci di questo meraviglioso monumento storico di stile romanico pugliese ma temo di fare molto tardi e rendermi poi inopportuno nei confronti di Beatrice.

Cerco di fare mente locale su come arrivare a casa di questa mia amabile signora districandomi tra vie e viuzze del centro storico che ha conservato immutato, quasi del tutto, il suo assetto originario.

Mi viene in aiuto il mio innato senso dell’orientamento e così, muovendomi con una certa sicurezza e seguendo alcuni punti di riferimento che avevo memorizzato la volta precedente in breve mi trovo dinanzi all’abitazione di Beatrice.

La tipologia costruttiva è quella tipica degli edifici di questi luoghi: case a schiera, ossia edifici affiancati l’uno all’altro, a due o tre livelli di cui i primi sono voltati in pietra e l’ultimo quasi sempre è un tavolato in legno che tramite una scaletta interna, anch’essa in genere in legno, immette in una soffitta o al semplice torrino della scala che permette l’accesso al lastrico solare praticabile.

Beatrice abita in un immobile di questa tipologia, un piccolo edificio interposto tra altri che si articola su due livelli, oltre il terrazzo ed una piccola soffitta con l’unica eccezione della presenza di un piccolo giardino sul retro, cosa molto rara se non insolita in un centro storico.

La porta di ingresso è un semplice infisso in legno con specchiatura in vetro trasparente la cui introspezione è impedita da tende in tessuto di lino impreziosito da ricami colorati a motivi floreali.

Il prospetto dell’abitazione presenta in direzione verticale alla porta e sopra di essa l’apertura di un vano finestra con uguali modanature; una semplice riquadratura in pietra squadrata e superficie esterna finemente rifinita.

L’aspetto curioso della facciata, tutta in pietra calcarea in conci ben squadrati e lasciati a vista, è la presenza tra la porta e la finestra sovrastante di un concio di pietra di dimensioni maggiori degli altri con la superficie trattata più finemente su cui è riportato in bassorilievo l’immagine di un volatile che porta nel becco un ramoscello. Mi fa subito pensare alla colomba inviata da Dio a Noè nel momento in cui è cessato il diluvio universale; un messaggio di pace e beneaugurante dopo la fine dell’azione punitiva messa in atto nei confronti dell’uomo per i gravi peccati che aveva compiuto.

Al di sopra della finestra, sulla verticale ed un asse al primo bassorilievo è riportato un crocifisso con le estremità -testa e braccia- lobate.

Questi simboli, che, stranamente, non avevo notato la prima volta che ero venuto a casa di Beatrice, mi portano a pensare che quell’immobile quasi certamente è stato in passato un luogo di culto.

Nel seguito, come è accaduto in tanti altri casi, perdendo la sua destinazione originaria e forse anche alcune connotazioni architettoniche che in genere caratterizzano le facciate di tali edifici, sarà stata utilizzata per altri impieghi per divenire ora una semplice abitazione.

Sto per bussare alla porta quando sono attratto da un sottofondo musicale che sembra provenire proprio dall’interno e così avvicino l’orecchio ai vetri per cercare di capire di quale musica si tratti. All’improvviso però si apre la porta e appare Beatrice che con uno smagliante sorriso pronuncia a gran voce il mio nome manifestando così il piacere che sta provando in questo momento per la mia visita inaspettata.

Per come mi ha spiegato in seguito, si trovava nei pressi della porta e notando un’ombra attraverso i vetri, non riconoscendomi e quindi colpita dal gesto che ho fatto nell’avvicinarmi ai vetri, mi ha aperto la porta inconsapevole di aver anticipato il mio gesto di bussare. Così, dall’essere io a sorprenderla, lo ha fatto lei e devo dire con molto piacere.

Il ritrovarci l’uno di fronte all’altro mi ha risvegliato un sentimento che non provavo da tempo, in un passato ormai molto lontano quando tornando a casa trovavo ad aspettarmi la mia cara ed ormai perduta Flores sorridente e ansiosa affinché l’abbracciassi forte e la baciassi con ardore.

Non saprei descrivere la sensazione che sto provando in questo momento e so bene che non è quell’ardore fisico che univa me e mia moglie ma certamente è un trasporto interiore verso un’altra persona; un’attrazione non fisica ma altamente spirituale che non riesco a capire come possa provarla nei confronti di questa donna che peraltro avevo frequentato pochissime volte in passato.

Beatrice mi stringe forte a sé, quasi a volermi trasferire nel suo corpo e con il groppo in gola, soffocando un po’ la commozione, mi invita ad entrare e ad accomodarmi sul divano posto lì a pochi metri dall’ingresso.

Anche io sono talmente colmo di gioia ed emozionato che non riesco a dire una sola parola, per cui seguo il suo invito mentre lei frettolosamente si allontana per andare in cucina.  

Ritorna subito dopo con un vassoio su cui ha riposto un bollitore pieno di acqua calda e due tazze di fine maiolica con l’orlo dorato, delle bustine di tè ed un piccolo piattino con i dolcetti che le ho portato.

Ha fatto così in fretta che sembra abbia avuto tutto già pronto e che mi stesse aspettando.

So che per lei prendere il tè è un gesto rituale da eseguire quasi in doveroso silenzio con l’aroma di questa essenza infusa in acqua che inizia a spandersi tutt’intorno e così seguo con cura ogni suo gesto secondo un copione ormai noto, ma sempre coinvolgente.

Stranamente però Beatrice questa volta, contrariamente al solito, non termina di bere completamente il tè e prende subito la parola dimostrando così la voglia irrefrenabile che ha di parlare con me.

Sorprendendomi per la sua lucidità mentale ed arguzia, ci tiene subito a farmi sapere che non si sente affatto sola, anzi, avvicinandosi a me, mi sussurra all’orecchio, quasi temendo che altri possano sentirla, che è in contatto con alcune entità che sono frequentemente presenti nei suoi sogni. Tutta in fermento aggiunge che alcune volte è riuscita anche a parlare con alcune di queste ed avere notizie del nipote Fosco. La guardo un po’ perplesso e penso proprio che la mia cara signora stia perdendo il lume della ragione o che la demenza senile si stia impadronendo di lei.

Ritengo probabile anche che il dolore per la scomparsa del nipote abbia creato in lei, già provata dalla solitudine, questa fantasiosa idea che la porta ad aggrapparsi a qualsiasi cosa che le consenta di continuare a vivere.

In questo momento nasce in me un profondo senso di colpa per non aver deciso prima di farle visita sottovalutando lo stato di solitudine in cui questa deliziosa vecchietta potrebbe essere venuta a trovarsi dopo aver appreso della dipartita del nipote, ultimo componente della sua famiglia.

Beatrice nota la mia reazione e, quasi rammaricata per la perplessità che legge sul mio volto, continua a parlare con tono pacato rassicurandomi sul suo stato di salute mentale quasi abbia letto i miei pensieri. Mi invita poi a liberare per un attimo la mente dagli schemi e dagli stereotipi di cui ognuno di noi si dota per dare un senso alla propria esistenza e ad ascoltarla senza pregiudizi e preconcetti.

Seguo con poca convinzione il suo consiglio ma comunque mi faccio condurre, preso virtualmente per mano da lei, in un mondo misterioso in cui timore e fascino convivono agevolmente.

Mi spiega che da quando si è stabilita qui, in questa casetta del centro storico di Bitetto, ha avvertito una certa energia positiva che le permette di percepire delle presenze occulte, ma non riusciva a capire di cosa si trattasse o cosa in effetti stesse accadendo. Non sapeva darsene una spiegazione, salvo poi pian piano trovare un senso e una ragione.

Stranamente questa sensazione le dava, ed accade tuttora, serenità e tranquillità e non turbamento, anzi tutto ciò rappresenta per lei una sorta di porto sicuro in cui trovare riparo nei momenti di tristezza e solitudine.

Dopo la morte del nipote, il giorno della ricorrenza della morte del marito avvenuta diversi anni fa, nel pomeriggio fu pervasa da una grande spossatezza, tanto da addormentarsi sul divano, cosa che sino a quel momento non era mai accaduta. Il sonno ebbe breve durata, ma in quel breve frangente sognò così tanto da pensare di aver dormito per giorni. Al risveglio ricordava benissimo quel sogno in cui si sentiva fluttuare nell’aria e, mentre era lì che si lasciava trasportare da questa forza misteriosa, le venne incontro una splendida creatura dagli occhi color nocciola con striature verdi, dai lunghi capelli di color castano-biondo e dalla carnagione quasi ambrata. Questa mistica visione la rassicurò con la sua voce suadente spiegandole che non doveva sentirsi sola perché di fatto non lo era e non lo sarebbe mai stata sino all’ultimo giorno della sua permanenza sulla terra. Questa eterea spirituale creatura, ancora in cerca della “luce” che le facesse lasciare definitivamente questo mondo, sarebbe sempre stata con lei.

Da quel giorno in Beatrice ritornò la serenità e, forse per la suggestione del sogno, sentiva la presenza di qualcuno o di qualcosa di impercettibile intorno a lei, tanto da non sentirsi effettivamente per nulla sola.

Inizialmente tutto ciò le sembrò una banale suggestione del suo subconscio a causa della frustrazione che viveva in quel periodo per la perdita dell’amato marito prima e del nipote successivamente.

Senonché, più in là, trascorso qualche giorno, mentre si stava avviando verso l’uscita della chiesa dopo la celebrazione della messa viene avvicinata da un’anziana signora che nel seguito disse di chiamarsi Annunziata, ma che a Bitetto era conosciuta da tutti come Nunziatina. Costei, stringendole il braccio destro con molta energia ma senza farle sentire alcun dolore e sorridendo le sussurrò che le portava i saluti di Angela, cioè l’anima smarrita che aveva sognato giorni prima.

Fece una piccola pausa e sempre a basa voce, ma con tono rassicurante, le confidò che se avesse voluto, e soprattutto quando si sarebbe sentita pronta, avrebbe potuto entrare nuovamente in contatto con questa entità.

Nunziatina non le lasciò né il modo né il tempo di dire alcunché, perché dopo un’ultima stretta al braccio, che comunque non aveva mai lasciato, le sorrise ed andò via frettolosamente.

In quel momento Beatrice rimase interdetta, per il riferimento a ciò che aveva sognato giorni prima, non sapendo che la persona sognata si chiamasse Angela. Soprattutto non riusciva a capire come questa emblematica Nunziatina, che peraltro non aveva mai avuto modo di conoscere prima, fosse a conoscenza di tale evento non avendo lei fatto parola con alcuno del sogno.

Incredula e convinta di aver avuto a che fare con una persona di pochi scrupoli che voleva carpire la sua buona fede approfittando in qualche modo di lei, donna sola al mondo ed anziana, cancellò dalla mente quell’episodio senza pensarci più.

Familiarizzando poi con il vicinato, le sere d’estate quando, com’è loro consuetudine, ci si ritrova in una piazzetta lì vicino casa sua, ognuno con la propria sedia, e ci si trattiene fino a tardi per godere un po’ la frescura della sera che circola per i vicoli del centro storico, ebbe modo di approfondire un po’ l’argomento. Infatti, durante una di queste sedute di attempati nullafacenti, così come a lei piace definirli, ci si soffermò a parlare di storie di fantasmi e cose simili. Una vecchietta, la più anziana ma anche la più scaltra, con un sogghigno fece proprio riferimento a Nunziatina, definendola una maga in quanto ritenuta dal sentire comune dotata di poteri magici e autrice di sortilegi e magie; alcuni addirittura le attribuivano persino doti divinatorie.

Di questa donna si diceva che parlasse con i defunti; tutto ciò però accadeva prima che si convertisse alla religione cattolica, momento in cui fece voto di non fare più magie o preparare pozioni magiche per mettere a disposizione del prossimo le sue doti ma solo per opere di bene e senza alcuno scopo di lucro.

I presenti alla conversazione manifestarono reazioni contrastanti su tali argomenti: alcuni presi dallo scetticismo, per reazione, ci ridevano su ironizzando, altri sembravano combattuti se crederci o meno; alla fine preferirono non dire nulla e chiudersi in un silenzio quasi innaturale ed il discorso si chiuse lì.

In quella occasione ritornò nella mente di Beatrice l’incontro che aveva avuto con quella donna; le sue parole ed il riferimento ad Angela cominciavano ad avere un senso e trovare una propria connotazione.

Quella notte fu molto irrequieta per lei così come l’intera giornata che seguì in quanto non vedeva l’ora di recarsi in chiesa sperando di incontrare Nunziatina. Aveva persino anche pensato di anticipare gli eventi e andare a trovarla in mattinata a casa sua, ma non sapeva dove abitasse e non essendo pratica del paese, riteneva non facile rintracciarla; d’altronde di lei non sapeva altro che il suo nome.

Volutamente, la sera successiva giunse in chiesa un po’ più tardi del solito per potersi sedere in una posizione tale da poterla vedere senza far notare la sua presenza e magari sperare di capire qualcosa in più studiando i suoi atteggiamenti.

La funzione religiosa era appena iniziata e con molta attenzione sedette alcune file dietro di lei, ma ogni precauzione non servì a nulla perché, non appena si sedette, Nunziatina girò il capo verso di lei e le fece un cenno di saluto quasi la stesse aspettando.

Terminata la celebrazione lentamente tutti i fedeli andarono via tranne loro due così, alla fine, si fece coraggio e si avvicinò a lei sedendosi al suo fianco restando attratta dalle sue mani affusolate ed ossute. La pelle era talmente sottile da sembrare carta velina tanto che si vedevano tutte le vene che contornavano le dita; nella mano destra stringeva uno splendido rosario i cui grani erano di un nero lucido e con le dita li faceva scorrere lentamente mentre a voce bassa recitava alcune preghiere.

Ultimata l’Ave Maria si rivolse a Beatrice dicendole che la riteneva ormai pronta per incontrare Angela nel senso spirituale del termine e che avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento se solo lo avesse accettato e consentito. In tal caso però prima c’era un rituale da rispettare: doveva recitare il rosario a quindici poste ogni giorno a mezzanotte e per un mese senza interruzione di sorta pena l’inefficacia del rito propiziatorio. Dopo questo piccolo sacrificio sarebbe stata pronta per iniziare questa meravigliosa avventura in un mondo affascinante e misterioso. Lei, Nunziatina, come Virgilio con Dante, l’avrebbe guidata le prime volte in questo particolare viaggio; poi, dopo le prime volte, non ce ne sarebbe stato più bisogno e avrebbe potuto fare tutto da sola.

A questo punto Beatrice interrompe il suo racconto quasi presa da un turbamento interiore perché non è proprio sicura che io sia preparato per conoscere il seguito della storia. È convinta che io abbia bisogno di altro tempo per comprendere tutto ciò ed accettarlo senza riserve mentali e comunque prima di proseguire nel suo racconto, mi dice che deve sentire Nunziatina per chiederle se sia giusto che lei abbia parlato con me di questo argomento.

Io sono talmente preso dal suo racconto che vorrei tanto che invece continui ma la vedo troppo turbata e nutro molto rispetto nei suoi riguardi per arrivare a fare qualcosa contro la sua volontà ed esercitare su di lei qualsiasi tipo di pressione anche psicologica, figuriamoci fisica.

Avverto però che in questo momento si è creato un certo imbarazzo tra noi, una sorta di ombra che ci impedisce di affrontare qualsiasi altro argomento. Per fortuna si è fatto tardi ed è il momento giusto per andare via, cioè uscire di scena e così, senza alcuna fretta, ma anche senza alcun indugio, mi alzo e la saluto con l’impegno di ritornare quanto prima a farle visita.

Il racconto di Beatrice mi ha scosso un po’ e non riesco ancora ad accettare l’idea che quanto accaduto sia reale o sia semplicemente frutto della sua fantasia, ma soprattutto ho timore che sia caduta nelle grinfie di una millantatrice che si stia prendendo gioco della mia cara amica.

Non ho molta voglia però di ritornare subito a Bari, per cui mi incammino verso la piazza centrale dove vedo delle persone che chiacchierano tra loro e pure con molta animosità ma è chiaro però che non stanno litigando.

Sono attratto da questo gruppetto di circa una decina di individui dell’apparente età prossima alla mia e così mi avvicino a loro con l’intento di chiedere delle indicazioni su una buona pizzeria che si trovi nelle vicinanze.

Alla mia domanda in un attimo si zittiscono quasi contemporaneamente, si guardano l’un l’altro e subito, quasi all’unisono, scoppiano in una fragorosa risata tanto da farmi sentire in enorme imbarazzo.

Sto per reagire malamente a questo che ritengo un affronto, quando uno di loro, forse il più perspicace e il più attento a queste sfumature del comportamento umano, avendo notato il mio disappunto, mi tranquillizza spiegandomi il motivo della loro reazione diciamo un po’ goliardica e da me ritenuta un po’ irriguardosa nei miei confronti.

In pratica, mi spiega che prima del mio arrivo, stavano discutendo tra loro proprio di quale pizzeria scegliere e non riuscivano a decidere in quanto i loro pareri erano discordanti, come spesso accade tra loro quando devono prendere una decisione. Figuriamoci se sarebbero stati in grado di dare il giusto suggerimento ad un estraneo, quale ero io per loro in quel momento. Tutti loro si sono sentiti ridicoli nei miei confronti e avevano reagito ridendoci su.

Chiarito l’equivoco non riesco a trattenermi e scoppio anche io in una risata seguito immediatamente da tutti gli altri la qual cosa è servita per distogliere la mia mente da quanto di negativo le stava attraversando.

Tutto ciò poi è stato propizio per socializzare subito con questi signori, tanto che, come se ci conoscessimo da tempo, mi trattengo ancora qualche minuto con questa allegra combriccola aspettando che emettano il verdetto finale su dove andare.

Dopo avere ascoltato le opinioni di ciascuno di loro sono ormai in grado di decidere da solo ed avendo capito anche che strada fare li saluto e vado via lasciandoli lì ancora a discutere per chissà quanto altro tempo ancora.

A malapena qualcuno si accorge che sto andando via e risponde frettolosamente al mio saluto in quanto è tutto preso dal rintuzzare le battute ironiche degli altri.

Certo è un bel gruppo di buontemponi penso, mentre mi allontano; il loro stare insieme mi ricorda tanto l’allegra compagnia che frequentavo in passato nel mio paese natio e di cui a volte ancora sento una certa nostalgia.

In breve, raggiungo la pizzeria, mi accomodo in un angolo un po’ più appartato e faccio la mia ordinazione ma, mentre sono lì che aspetto, sento il vocio rumoroso di un gruppo di persone che sta entrando. Con mia meraviglia riconosco tra loro un paio di componenti della comitiva che avevo incontrato prima in piazza ed ho subito il piacere di riscontrare che neanche la mia presenza è passata loro inosservata almeno per alcuni di loro. Infatti, sempre quello un po’ più arguto, riconoscendomi, si distacca dal gruppo e viene di filato verso di me sorridendomi. Con dire diretto ed esplicito mi dice che non è bello mangiare da soli e che quando se ne presenta l’occasione bisogna coglierla per farsi offrire un’ottima pizza e gustarla in compagnia soprattutto se allegra.

Secondo lui, ora mi si sta presentando proprio una di quelle e ritiene che ne debba approfittare ed aggregarmi ai suoi chiassosi amici per trascorrere insieme a loro la serata.

Forse inconsciamente non aspetto altro e così, senza rifletterci neanche un attimo, mi alzo dalla sedia e mi dichiaro pronto a seguirlo anche in capo al mondo perché non ho alcuna voglia di finire questa giornata stando da solo a crogiolarmi con i miei pensieri negativi.

Ovviamente l’ho buttata lì forse esagerando un po’ e chissà se poi in effetti non lo pensi davvero, ma credo che in fondo la decisione presa sia quella giusta.

Trascorro infatti una deliziosa e divertente serata con questi nuovi amici non sapendo che con alcuni di loro, in modo e situazioni diverse, avrei vissuto un’altra delle mie strane avventure.

Il tempo passa senza che me ne renda conto ed ovviamente non abbiamo mangiato solo e semplicemente una pizza ma purtroppo mi rendo conto che devo rientrare e non so davvero come fare visto quanto buon vino abbia bevuto.

Li saluto a malincuore e da come mi rispondono avverto che il sentimento è reciproco, visto che quasi all’unisono, cercano di convincermi a restare ancora con loro. Rendendosi conto che sono fermo nella mia decisione desistono ma non vogliono che contribuisca a pagare il conto, in quanto mi ritengono loro ospite.

Per accontentarli e poter andare via senza ulteriori pressioni li assecondo ringraziandoli del pensiero ma, passando dalla cassa, pago al ristoratore una bottiglia di ottima grappa barricata chiedendogli però di offrirla loro aspettando che sia andato via.

In genere quando offro qualcosa avverto un certo imbarazzo nel ricevere i ringraziamenti e quindi preferisco evitare il più possibile certe situazioni. In questo caso particolare poi ho capito bene qual è il loro pensiero di gruppo e come sono fatti, sarebbe per loro un motivo in più per fare ulteriore confusione e lasciarsi andare ad un susseguirsi di battute. Sicuramente mi obbligherebbero a restare ancora lì per brindare con loro.

L’aria fuori è fresca ma non fa freddo o forse l’alcol ingerito non mi consente di avvertirlo così decido di procedere con passo lento verso la mia auto per godermi la passeggiata sperando di smaltire la piccola sbornia che ho preso.

Mi soffermo un attimo allo zampillo della piazza per bere dell’acqua fresca cercando di placare l’arsura dovuta al vino ed ai piatti abbastanza saporiti che ho gustato.

Durante queste poche ore trascorse in compagnia, soprattutto in un contesto così goliardico, ho quasi dimenticato il racconto di Beatrice ma adesso tutto ritorna prepotentemente vivo in me.

In realtà non è del tutto così, penso tra me, perché mentre ero lì che banchettavo non mi sono lasciato perdere l’occasione di porre qualche domanda ai miei compagni di baldorie, su Nunziatina, loro compaesana a cui vengono attribuiti poteri extrasensoriali, forse magici.

Le risposte ricevute sono state variegate denotando il diverso sentire di ciascuno, con la particolarità che tutto sfociava sempre in una battuta tanto da rendere poco serio qualsiasi discorso si facesse.

Dato il genere di argomento non mi aspettavo niente di particolare, però ho avuto la conferma dell’esistenza di questa persona, che di fatto non è ritenuta una millantatrice e che forse alcuni particolari raccontati da Beatrice sul suo conto hanno un fondamento. Anzi qualcuno ha parlato addirittura di attività di magia nera da parte di costei.

Preso da questi pensieri, salgo in macchina e mi avvio ma, sbagliando direzione, mi trovo lungo il corso principale del paese, Via Beato Giacomo, forse perché attratto dalle luminarie disposte su grandi archi che si dipartono da pali in legno fissati ai margini della strada ed a ridosso dei marciapiedi.

Sono lì per la festa di questo beato che viene venerato a Bitetto e che è stato assunto come patrono del paese, insieme all’arcangelo Gabriele – San Michele ed alla Madonna.

Questa vista riporta nella mia mente scene di vita vissuta nel mio paese natio quando ci si preparava alla festa patronale con tutta l’enfasi che si generava in ciascuno di noi. Si avvertiva per le strade del paese tanta gioia allietata dalla banda popolare locale, dalla presenza delle bancarelle di giocattoli, dei giostrai e dei “nocellari”.

Preso da questi pensieri, percorro per intero Via Beato Giacomo per giungere quasi davanti all’omonimo convento illuminato a giorno dove trovo finalmente l’indicazione per Bari.

CAPITOLO 2

La bella serata trascorsa ieri sera mi ha fatto dormire così profondamente che a stento riesco ad aprire gli occhi e rimettermi in movimento. Sono rimasto così affascinato dalla bellezza del centro storico di Bitetto che mi viene voglia di conoscerlo meglio dal punto di vista urbanistico e storico.

Questo pensiero mi accompagna durante tutta la mia routine quotidiana prima di recarmi in ufficio che rappresenta quasi un rito propiziatorio con modi e tempi ben scanditi. In genere nulla è lasciato al caso ma stranamente oggi avverto una certa accelerazione ed approssimazione nelle mie azioni; mi sento di fatti un po’ irrequieto.

Tutto ciò ha un solo significato: sta per iniziare una nuova avventura che mi porterà a scoprire chissà cosa e mi porrà in situazioni a dir poco scomode. Mi auguro solo di uscirne fuori senza grossi danni ma soprattutto vivo.

Sono appena giunto in ufficio con in mente il mio piano operativo che prevede la ricerca sui cenni storici ed urbanistici di Bitetto specie della zona antica.

Qualche tempo fa ho avuto l’opportunità di conoscere uno studioso di storia dell’arte che lavora presso la Soprintendenza dei Beni Storici che ha sede nel Castello Svevo qui a Bari. Credo che sia la persona giusta per darmi qualche dritta sul come indirizzare il mio studio e soprattutto a quali fonti bibliografiche fare riferimento.

Ricordo di aver riposto il suo biglietto da visita nel mio cassetto della scrivania ed infatti è lì che lo trovo dopo aver rovistato un po’ tra le tante cianfrusaglie che continuo a tenere con l’idea che prima o poi possano tornarmi utili. Questo, per esempio, è uno di quei momenti!

È molto sorpreso nel sentirmi ma nello stesso tempo altrettanto compiaciuto e me lo dimostra rendendosi subito disponibile ad incontrarmi a patto che lo raggiunga io presso il suo ufficio.

Non me lo faccio ripetere due volte e, approfittando del fatto che oggi in ufficio non vi è accesso al pubblico, prendo due ore di permesso e letteralmente corro da lui preoccupato di non riuscire ad incontrarlo, forse perché per un motivo qualunque sia dovuto andare via.

In questo momento, stranamente, mi sento come un adolescente che va al suo primo incontro con l’innamorata, solo che il mio interesse non è per una donna ma è la voglia di conoscere, di sapere, di acquisire nuove informazioni, cose che per rappresentano il sale della mia esistenza.

Dopo alcuni controlli obbligatori all’ingresso per motivi di sicurezza sono all’interno del castello, un ambiente che per me è sempre stato sinonimo di arcano, di mistero, di qualcosa di quasi mistico.

Il fatto che vi siano conservati documenti e reperti storici, lo rende almeno per me ancora più affascinante ed intrigante ma non ho il tempo per riflettere molto su questi aspetti perché sono giunto al cospetto di questo grande studioso, Ettore. Lo trovo seduto alla sua scrivania immerso tra tante scartoffie mentre con una lente di ingrandimento scruta attentamente un’antica pergamena.

È talmente assorto nella sua lettura che avverte appena la mia presenza cosa che concretizza solo quando sono giunto a pochi passi da lui. Come è suo stile, non si scompone più di tanto, mi fa cenno di sedermi sulla sedia posta al suo fianco e comincia a parlarmi di quanto stia emergendo dal testo scritto sulla pergamena che sta studiando ormai da diversi giorni.

Quasi sia un suo stretto collaboratore o un suo allievo, parlando con tono austero, mi dice che è un raro documento ritrovato recentemente in una tomba situata in un’antica chiesa ed emersa grazie a degli scavi resisi necessari a seguito di lavori di restauro strutturale di questo monumento.

Ne sta decifrando il contenuto per darne una collocazione storico-temporale più precisa ed aggiungere così un altro tassello alle notizie di quell’edificio religioso.

Ad un tratto, come se qualcuno o qualcosa lo avesse richiamato alla realtà, si interrompe, ripone la lente e, rivolgendosi a me, mi chiede se può offrirmi del caffè prima che cominci a riferirgli del motivo dell’incontro.

Apprezzo il suo essere diretto e giungere subito al dunque senza preamboli e fronzoli vari e, condividendo questo approccio, lo ringrazio, rifiuto l’offerta del caffè ed introduco subito l’argomento che mi ha portato da lui.

Gli parlo della mia visita nel centro storico di Bitetto ed in particolare dei bassorilievi presenti sulla facciata della casa di Beatrice sita all’interno dell’abitato antico e che secondo me in origine potrebbe essere stato un luogo di culto.

Mentre parlo, gli mostro le foto che ho sul telefonino ed avverto un certo interesse da parte di Ettore che resta quasi perplesso nel vederle soffermandosi più volte su quelle che mostrano alcuni particolari della croce trilobata.

Nel confermare la mia ipotesi, mi dice che infatti questi sono simboli religiosi molto utilizzati dai primi cristiani giunti da Roma dopo la morte di Gesù, cioè quando i suoi seguaci iniziarono la missione evangelica in tutto il mondo conosciuto in quell’epoca.

Quello che gli appare strano è la sua collocazione temporale e territoriale, in quanto l’attuale tessuto urbano del centro storico è datato intorno all’anno 1000 d.c. ed in generale tali costruzioni non si trovano in agglomerati urbani ma in posti più isolati; in genere ne sono stati ritrovati diversi sparsi nelle campagne e lungo quelle che erano le vie più frequentate dai carovanieri e commercianti dell’epoca romana e tardo romana.

Tali manufatti poi hanno sempre un’area pertinenziale più o meno grande a seconda dell’importanza dello stesso e quindi della loro capacità di ospitare persone.

Secondo lui ciò che ho visitato doveva essere una preesistenza cioè doveva essere sorta prima che si formasse il centro abitato di Bitetto.

Come è accaduto in altri casi, se la sua ubicazione era strategica per il commercio in quell’area geografica pian piano intorno ad esse sono sorte altre costruzioni tanto da costituire un vero e proprio agglomerato urbano che ha inglobato questo edificio al suo interno. Successivamente sicuramente la sua originaria connotazione e funzione è stata mutata per divenire altro e ciò può essere avvenuto per svariate ragioni.

L’altro aspetto che lo lascia un po’ perplesso è la mancanza del quarto lobo alla croce, ossia la sua base perché, in genere, la croce lobata di provenienza bizantina presenta questo rigonfiamento su tutte le estremità.

A supporto di questa sua teoria, Ettore adduce come motivazione la certezza storica che originariamente Bitetto sorgesse in un diverso punto posto a qualche chilometro da quello attuale.

Forse per semplici motivi commerciali la popolazione si spostò verso il crocevia tra le strade che collegavano i paesi circostanti di Sannicandro, Grumo Appula, Palo del Colle e Modugno.

Secondo alcuni, infatti, il nome Bitetto riviene dal fatto che sembra sia costruito due volte, ossia bi-tetto, ma ovviamente lui ritiene che per ora questa può essere solo una delle tante chiavi di lettura che ci potevano essere. Sono destinate a restare tali senza oggettivi e concreti riferimenti storici.

Senza aggiungere altro mi chiede di seguirlo in un luogo dove pochissimi possono accedere e per tali motivi mi chiede di mantenere in futuro il massimo riserbo sul ciò che ora mi mostrerà.

Mi conduce così in un ampio vano voltato a crociera con pareti prive di intonaco tanto da apprezzare l’alto grado di finitura della pietra con cui sono state realizzate le murature e la volta.

L’ambiente è privo di finestre o altre aperture se non la porta di ingresso, ma non si avverte umidità nell’aria che sicuramente viene adeguatamente tenuta a livelli controllati per la delicatezza del materiale cartaceo ivi conservato.

Sono estasiato dalla vista di tante preziose carte topografiche e mappe antiche raccolte all’interno di questo meraviglioso archivio e mi sento davvero fortunato di essere uno dei pochi che stia avendo il privilegio di visitarlo.

Sono tutte sapientemente catalogate e raccolte per area geografica e per data e sono relative solo alla Puglia. Secondo Ettore troveremo quelle che riguardano l’area geografica in cui ricade il territorio di Bitetto.

Infatti, subito dopo sono attratto da una mappa del suo centro storico dei primi dell’Ottocento in cui sono indicati i primi insediamenti residenziali fuori le mura sviluppatesi lungo gli assi stradali principali. Verso Nord-Ovest spicca la sagoma del Santuario del Beato Giacomo[2] e dell’annesso convento.

In verità non vi è molta cartografia più recente rispetto a quest’ultima, più che altro non perché non ve ne sia in giro ma forse perché non ritenuta così datata da dover essere custodita in questo luogo. Su una delle più antiche, a conferma della veridicità del ragionamento di Ettore, si nota la sagoma di un edificio di culto, isolata, quasi dispersa nel nulla intorno a sé e disposta lungo una strada il cui tracciato termina con una freccia ed alla punta vi è la scritta “Brundisium”.

Il dato significativo, per le mie indagini oltre alla data di costruzione di questo manufatto avvenuta senz’altro prima del centro storico, è che sorge nelle vicinanze di una delle mura attuali che perimetrano l’agglomerato antico e di cui si ha tuttora traccia sul posto. Ovviamente questa mappa è priva di scala di rappresentazione per cui non ha alcun senso parlare di valore numerico di rappresentazione di ciò che su essa è rappresentato.

Ne vediamo altre ancora, ma la più significativa resta ancora questa per cui decidiamo di ritenere conclusa la nostra ricerca ed andare via.

Forse Ettore non ne è pienamente consapevole, ma ha contribuito veramente a farmi trascorrere una interessante giornata e per tale motivo lo ringrazio della disponibilità e soprattutto della opportunità che mi ha dato di fare qualche foto di alcune mappe. Vado via per fare l’ultima tappa di questa mia uscita: raggiungere il vicino ufficio del catasto, dove chiedo di visionare ed estrarre copia dell’intero foglio di mappa del centro storico del comune di Bitetto.

Sono fortunato perché, dopo una breve attesa, riesco ad ottenerla quasi subito e così me ne torno in ufficio felice come un bambino a cui è stato regalato un bellissimo ma delicatissimo giocattolo che lo trattiene a sé gelosamente per evitare che qualcuno glielo sottragga.

Le sorprese della giornata però non sono ancora finite perché, mentre sto per arrivare in ufficio, mi giunge la telefonata, inaspettata ma gradita di Beatrice che senza darmi il tempo di salutarla e di riflettere mi invita a pranzo a casa sua per domenica prossima, ossia tra appena due giorni.

Accolgo l’invito con piacere, ma l’incalzare della donna ed il non avermi neanche dato il tempo di rendermene conto di cosa stia accadendo mi ha un po’ disorientato.

Questa donna sembra avere tanta di quella energia che, se non conoscessi la sua veneranda età, le avrei dato non più di trent’anni. Il suo invito, però, capita proprio a proposito perché, anticipando opportunamente l’arrivo in paese, potrei approfittarne per farmi una lunga passeggiata tra i vicoli del centro storico lastricati con pietra calcarea. Potrò apprezzane alcuni scorci o particolari costruttivi che potrebbero tornarmi utili per le ricerche che ho in mente di avviare nei prossimi giorni.

CAPITOLO 3

Domenica mattina mi alzo con l’umore un po’ turbato. Sento soprattutto i muscoli delle braccia e delle gambe molto tese ed indolenzite come se avessi fatto una lunga seduta in palestra ed avessi utilizzato pesi un po’ più elevati rispetto ai miei limiti fisici.

È una sensazione che avevo già avvertito in passato quando andavo assiduamente in palestra e mi allenavo con manubri e bilancieri, ma allora questo indolenzimento muscolare trovava la sua giustificazione. Ora non riesco proprio a capire a cosa siano dovuti in quanto l’unico sforzo fisico che ho fatto il giorno prima è stato quello di alzarmi dal divano per due o tre volte al più per andare in dispensa e prendere qualcosa da sgranocchiare e poi risedermi nuovamente e passare il pomeriggio, serata inclusa, a pigiare sui tasti del telecomando della TV.

Né ricordo di avere avuto una notte disturbata da qualche sogno o incubo, ma sicuramente qualcosa mi avrà provocato una tale tensione interna tanto da indurmi questo stato di indolenzimento.

Mi preparo un tè caldo e prendo un miorilassante prima di mettermi sotto la doccia e godermi gli effetti benefici del getto di acqua calda che massaggia beneficamente il mio corpo.

Dopo una mezz’oretta sento che la mia terapia d’urto sta facendo il suo effetto tanto che avverto una sensazione frammista tra una sferzata di energia ed una rilassatezza interiore quasi trascendentale.

Il trasporto è tale che, come non mi accadeva da tempo, immagino di vedermi con la mia cara Flores e la piccola Ester mentre ci rotoliamo felici su un prato verde vicino ad un ruscello a due passi da noi. Mentre Ester incuriosita da una farfalla variopinta cerca di prenderla con le sue delicate manine, Flores mi accarezza e mi sorride quasi a volermi rassicurare per lei e la bimba. Sento nella mia mente la sua voce che mi sussurra delle parole che però non riesco a cogliere.

Questa visione ad occhi aperti si dissolve grazie, si fa per dire, al suono stridente del mio cellulare che già da un po’ cerca di carpire la mia attenzione.

È Beatrice che sembra un po’ preoccupata perché è ormai al quarto tentativo consecutivo di chiamarmi senza ricevere alcuna risposta. Ciò l’ha un po’ impensierita, portandola a pensare chissà cosa ma ora sentendo la mia voce sembra aver superato il panico e spinta dal suo inconfondibile brio mi invita a fare presto perché non vede l’ora di incontrarmi.

Lo stato interiore quasi di confusione che mi ha colto improvvisamente questa mattina ha distolto la mia attenzione dall’appuntamento con l’anziana amica, anche se nei giorni passati non facevo altro che pensare a questo momento.

Tranquillizzo Beatrice confermandole che ormai sono pronto per mettermi in auto ed essere da lei all’incirca entro un’ora al massimo. Prima di riattaccare commentiamo il fatto che, per fortuna, la giornata inizia con un clima sereno ed un cielo terso e soleggiato.

Alcune rondini svolazzano per il cielo a dimostrazione che ormai siamo in primavera e, pensando al prato verde del mio sogno, prima di dirigermi verso Bitetto, mi fermo dal fioraio per prendere un mazzo di fiori di campo da offrire a Beatrice.

Avevo pensato di fare un giro per il centro storico prima di recarmi da Beatrice ma la sua telefonata mattutina di sollecito mi ha portato a rivedere i miei programmi e a rinviare tutto ad un altro momento.

Avevo pure pensato di contattare alcuni degli amici conosciuti l’ultima volta che ero stato lì ed eventualmente incontrarli, ma devo rinviare anche questo.

Appena arrivato, parcheggio l’auto e mi incammino verso la mia meta ma quando sono giunto ormai a pochi metri da casa sua sento un profumo di ragù che si diffonde per tutta la stretta strada che sto percorrendo per cui rallento la mia andatura. Mi torna in mente il mio passato, quasi atavico, quando da ragazzo la domenica, alzandomi dal letto un po’ più tardi del solito, sentivo lo stesso identico profumo che si diffondeva nella mia casa natia.

La mia cara nonna sempre mattiniera aveva già acceso il caminetto o meglio aveva ridato vita al fuoco già acceso il giorno precedente e aveva posto un tegame di creta in cui aveva posto a cuocere la salsa di pomodoro con aggiunta di carne di bovino ed insaporendo il tutto con alloro ed un po’ di cotica di maiale.

La cottura, rigorosamente lenta, avveniva mentre questa santa donna preparava della buona pasta di casa, la sua specialità, che ogni volta era sempre più buona quella precedente.

Consumare questi cibi la domenica, seduti a tavola con tutta la famiglia rappresentava un momento speciale da non disattendere, ma soprattutto un qualcosa di cui non riuscivi proprio a farne a meno.

Mentre la mia mente mi ha riportato indietro nel tempo, sento una sorta di gelosia ed invidia per quelle persone che oggi a pranzo avrebbero provato queste sensazioni che ormai, a me, non era più dato sentire.

Quasi mi vergogno di questi sentimenti verso persone che non conosco quando, essendo ormai giunto sull’uscio della casa di Beatrice, mi rendo conto che quel delicatissimo profumo proviene proprio da casa sua.

Con grande meraviglia e piacere prendo coscienza del fatto che stavo indirizzato la mia invidia proprio verso di me e così, sorridendo tra me e me e prefigurandomi una giornata meravigliosa con un piacevole tuffo nel passato, mi appresto a bussare. Sono talmente inebriato che non mi rendo conto che Beatrice, avendo notato il mio arrivo, mi ha già aperto la porta e mi sta guardando compiaciuta.

A suo dire le sono apparso come un bambino che è sorpreso mentre sta cercando di mettere il dito nella marmellata, per cui un po’ divertita da questa situazione, mi invita a seguirla, passando per il salone e la cucina, per condurmi in giardino dove è possibile godere un sole bellissimo e piacevolissimo.

Qui ha avuto cura di mettere su un piccolo orticello in cui coltiva alcune spezie: un po’ di menta, basilico, prezzemolo, salvia e rosmarino. Tutta roba che usa spesso in cucina; in un angolo poi ha sistemato un piccolo tavolo in legno con delle sedie su cui ha posto dei soffici cuscini.

Si gode una calma ed una pace invidiabili in quanto ogni rumore e voce intorno viene attutita dai palazzi antichi circostanti che peraltro sono per lo più quasi tutti disabitati.

Mi confida che questo piccolo angolo di paradiso non lo cambierebbe con null’altro al mondo e comunque lo condivide con pochissime persone, grazie alla sua riservatezza che l’ha caratterizzata nella vita. Ciò l’ha portata a selezionare oculatamente le frequentazioni varie e mentre lo dice, indirettamente mi lascia intendere quanto fosse alta la considerazione che ha di me che sto godendo di questo privilegio.

È un messaggio che percepisco in maniera così nitida che non le lascio il tempo di finire la frase per complimentarmi con lei per il senso di raffinatezza che ha saputo dare a questa piccola oasi di pace ma soprattutto per ringraziarla per il privilegio che mi sta dando consentendomi di dividere con lei questo luogo e godere di questo momento.

Continuiamo poi a chiacchierare del più e del meno con qualche piccola temporanea interruzione necessarie a Beatrice per recarsi in cucina e controllare la cottura dei manicaretti che sta preparando.

Quel che sta accadendo oggi mi sembra surreale ed è come se lo avessi già vissuto in passato tanto da sentirmi immerso in qualcosa di talmente intenso e profondo che vorrei non termini più o quanto meno che duri il più a lungo possibile.

Dopo aver consumato questo gustoso pranzo, mentre commentiamo ogni portata, Beatrice mi invita a ritornare in giardino e a mettermi comodo lì mentre prepara il caffè preannunciandomi che a breve avremmo avuto un ospite. Vedendomi un po’ incuriosito da queste parole, mi spiega che verrà a farle visita una persona a cui tiene tanto presentarmi. Mi ricorda che me ne ha parlato la volta precedente in cui ero venuto a farle visita aggiungendo che aveva parlato a lei di me e dell’interesse che io ho mostrato quando mi ha raccontato di Angela. Ho capito di chi sta parlando ma in questo momento non so dire quale sentimento stia prevalendo su di me; da un lato mi sento quasi infastidito dall’idea dell’arrivo di una terza persona che viene ad interporsi in questo momento così magico. Dall’altro sono incuriosito dal fare questa conoscenza e già assaporo dentro di me la soddisfazione che mi prenderò quando la sbugiarderò agli occhi di Beatrice dimostrandole che è soltanto un’imbrogliona.

Però non nascondo che incomincia a sorgere in me il dubbio che una volta tanto io possa avere torto e che forse sarò costretto a rivedere la mia opinione nei confronti di questa donna.

Mentre prendiamo il caffè nell’attesa dell’arrivo di Nunziatina, Beatrice, con molta enfasi, mi confida che dopo il mio incontro aveva parlato di me a questa sua amica che, contrariamente a quanto lei si aspettasse, non si era sottratta alla proposta di incontrarmi. Anzi ne era entusiasta contrariamente ad altre situazioni in cui aveva avuto reazioni decisamente opposte, ossia di forte diniego, e questo aveva disorientato Beatrice. Nunziatina era stata sempre schiva e restia a parlare di sé ad estranei per cui questa mia reazione positiva aveva spinto Beatrice a creare subito le condizioni per un incontro da cui è scaturita l’idea di questo invito a pranzo.

Non nascondo di sentirmi come se qualcuno mi abbia teso una trappola, ma la cosa non mi dà dispiacere, anzi quasi mi sento compiaciuto, direi addirittura lusingato da tanta attenzione verso di me.

Bussano alla porta e subito Beatrice corre per ricevere la sua cara amica, condurla in giardino e farla accomodare ad una sedia che aveva avuto la premura di prendere dal soggiorno poco prima.

Si presenta a me una esile donna di media statura e carnagione olivastra e, nella sua semplicità di donna gentile e riservata, indossa una lunga gonna ed un semplice top sotto la giacca tutto rigorosamente nero. Ai piedi porta dei mocassini lucidi anch’essi neri come le calze spesse che le coprono le gambe. Le mani affusolate e noccolute sono piene di rughe, mentre stranamente il viso ha una pelle liscia e delicata, da cui spiccano due occhi neri come due spilli pungenti, contornati da sopracciglia larghe e folte,

La sua voce flebile e sottile mostra fermezza nelle parole semplici e ben scandite che pronuncia presentandosi e salutandomi.

Senza girare intorno all’argomento che l’ha portata ad essere qui, mi dice che il mio scetticismo sulla storia raccontatami da Beatrice su Angela non la meraviglia affatto visto che non è la prima volta che si ritrova di fronte persone che nutrono dubbi su tali avvenimenti.

Guardandomi intensamente diritto negli occhi mi spiega che ho tutto il diritto di non credere ad una sola parola che dirà precisando che lei non sente la necessità di farsi credere né è qui per convincermi di alcunché. Però mi chiede rispetto evitando che adotti atteggiamenti sarcastici ed offensivi nei miei confronti, ma soprattutto di ciò che mi dirà.

Questa sua premessa mi rassicura un po’ in quanto posso tranquillamente mettere da parte l’atteggiamento difensivo che sto assumendo con l’intento di smontare ragionamenti strani e fantasiosi che potrei ascoltare da costei.

Nunziatina però sembra non essere impensierita da quello che mi sta passando per la mente e continua con il suo discorso, spiegandomi che sin da ragazza aveva avuto questo dono ma non ne aveva apprezzato l’importanza né il valore. I primi tempi ne faceva uso quasi per gioco ma questo suo approccio aveva portato l’opinione pubblica ed il credo popolare ad etichettarla come maga o nel peggiore dei casi come un’imbrogliona, cioè una persona a cui non dare credito alcuno.

L’essersi avvicinata poi alla religione cattolica ed ai consigli di gente più saggia di lei l’aveva portata a gestire questo suo dono nella sua interiorità e manifestare a pochissimi i benefici che poteva portare soprattutto ed utilizzando tutto ciò solo per compiere opere di bene.

Questo suo dire però ha l’effetto negativo su di me facendo generare una sorta di scetticismo che inizia a serpeggiare nella mia mente. Nunziatina come se abbia letto nella mia mente, cambiando discorso, mi dice che proprio in questo momento avverte due presenze femminili vicino a me. Vede una donna con gli occhi marroni e i capelli neri ed una bimba bionda con delle treccine ed occhi verdi. Entrambi stanno sorridendo e tendono la loro mano destra verso di me quasi a sfiorare la spalla. La donna più adulta dice di essere contenta per me e sta chiedendo a Nunziatina di riferirmi che loro mi sono sempre vicine.

Beatrice interviene per chiedermi se mi sento bene perché è preoccupata della espressione quasi terrorizzata del mio viso e del tremore che sta pervadendo il mio corpo mentre sto iniziando a sudare.

In effetti mi sento molto scosso dalle parole di questa misteriosa donna perché ha descritto in maniera precisa mia moglie Flores e mia figlia Ester morte alcuni anni prima.

Ovviamente neanche Beatrice sapeva nulla di questo aspetto della mia vita privata ed il fatto che Nunziatina ne è a conoscenza veramente mi spaventa. Nel frattempo, colgo in Beatrice uno sguardo consapevole di ciò che sta accadendo in questo momento perché sicura dell’onestà della sua amica e delle sue doti soprannaturali.

Così parlo loro di Flores e Ester morte per una tragica fatalità una mattina di primavera presso un ruscello che scorre nei pressi della casa dove abitavamo in un paese della Basilicata. Confido loro che mi mancano tanto nonostante i parecchi anni trascorsi e sapere da Nunziatina che mi sono vicine mi dà gioia e nello stesso tempo turbamento.

Nunziatina mi interrompe per riferirmi che le mie donne sono rammaricate da quanto è successo a loro e di averlo lasciato solo ma nello stesso tempo le dicono di riferirmi che non devo essere dispiaciuto per loro.

Ciò che sta accadendo mi ha davvero turbato ma sto avendo la conferma delle doti di questa signora mentre sta risuonando in me quella frase detta a Flores quel giorno in cui cercavo di oppormi a quella sua decisione di recarsi al ruscello con Ester. Il mio amore per loro era molto grande ma non volevo condizionarla per seguire le mie paure che infatti non trovavano alcun fondamento e che sembravano esagerate. Salvo poi constatare che i miei timori erano più che fondati.

Nunziatina mi rincuora avendo la consapevolezza che le mie amate ora non soffrono ma si sente dispiaciuta per avere riaperto in me queste ferite mai rimarginate. Doveva però rispondere alla chiamata di queste due anime che cercavano da tempo di entrare in contatto con me e questo per lei è il momento giusto.

Ovviamente Nunziatina non si comporta così con tutti anche perché il suo intento non è quello di essere credibile agli occhi dalla gente che il più delle volte diventa cattiva e denigratoria perché non riesce a capire ed accettare l’esistenza di un mondo ultraterreno.

Con molta schiettezza mi riferisce che ha accettato di incontrarmi solo perché chiestole da Beatrice e soprattutto perché ha intuito quanto la sua amica tenga a me.

Ora che mi ha conosciuto è contenta di averlo fatto in quanto è consapevole della bellezza interiore della mia persona e che la mia presenza lì in quel momento non è dovuta al caso ma vi è una ragione ben precisa che a breve scoprirò. Quest’ultima frase mi lascia un po’ tra l’interdetto ed il disorientamento e cerco di sapere altro, ma dopo una piccola pausa si alza in piedi e ringraziando Beatrice della sua cortesia e l’accoglienza offertale annuncia che il suo tempo con noi è finito e che ora deve necessariamente andare via.

Non appena lo fa Beatrice mi spiega il senso della sua ultima espressione dovuta alla necessità che lei aveva di riprendere il discorso bruscamente interrotto con me durante il precedente incontro e quindi ha la necessità di fare la mia conoscenza.

Consapevole che ora sono pronto a sentire il resto del discorso su Angela e dei vari sogni fatti da lei, ritorna quindi a parlare di Angela e dei numerosi colloqui intercorsi con questa entità eterea. A volte, mi spiega, quest’anima in pena non parla in maniera diretta ma in modo sibillino come se abbia timore di rivelarsi completamente.

Su questo aspetto Nunziatina le spiegava che queste entità sono obbligate ad esprimersi in questo modo perché diversamente dovrebbero riferire di situazioni o fatti che chiamerebbero in causa altre figure non direttamente coinvolte e ciò non è loro consentito.

Comunque, la cosa non le portava turbamento ma serenità, anche perché le aveva permesso di avere indirettamente notizie di suo nipote Fosco che per ora, almeno così le aveva detto Angela, non poteva comunicare con i viventi, né tanto meno con la zia.

Da quello che aveva capito, questa ragazza era morta all’incirca all’età di diciotto anni ma non è riuscita a capire la causa, in quanto le sue parole erano molto vaghe su questo argomento. Secondo l’idea che si era fatta, la sua non è stata una morte naturale in quanto la stessa Angela faceva riferimento alla cattiveria umana che aveva inveito su di lei.

Quel tipo di cattiveria che quando si risveglia lo fa con tutte la sua ferocia ed i cui effetti sono letali creando molto dolore alle persone che la subiscono.

Sembrerebbe che Angela si sia rivolta a Beatrice innanzi tutto perché i suoi familiari, di cui alcuni non più in vita, non hanno quella sensibilità e purezza d’animo che possano consentire loro di avere un contatto con lei.

Ciò invece è stato possibile con Beatrice grazie, comunque, alla intermediazione di Nunziatina a cui si rivolgono tante anime in pena come lei.

Sembrerebbe poi che i parenti di Angela non erano certi della sua morte perché il suo corpo non è mai stato ritrovato; quindi, quando quel giorno a lei fatale in cui incontrò il male e lei non fece ritorno a casa tutti pensarono ad un suo allontanamento volontario con qualche poco di buono visto il genere di persone poco raccomandabili agli occhi dei suoi genitori, che lei frequentava negli ultimi tempi. Ovviamente queste persone non credevano alla versione del padre che giustificava la sua assenza da Bitetto per motivi di studio.

Beatrice, scelta da Angela come la persona che l’avrebbe aiutata a varcare la soglia che le consentirà finalmente di entrare nel mondo delle anime serene, sente il peso di tale arduo compito, consapevole di non avere tutti gli strumenti necessari a soddisfare l’esigenza di questa anima smarrita.

Il mio arrivo, in questo momento della sua vita, le ha fatto pensare ad un collegamento tra me ed Angela ed ha capito o le ha fatto comodo capire, quale sia il compito assegnato a lui in questa vicenda.

Mi ha conosciuto come una persona molto tenace e perspicace e con un livello intellettivo elevato alimentato da una grande voglia di sapere e scoprire il perché di ciò che accade intorno a me. Secondo lei quindi io ero lì quel giorno proprio perché venissi a conoscenza di Angela e della sua storia e mi occupassi di lei.

Resto quasi sconcertato da questo suo modo di leggere gli eventi e collegarli tra loro ma nello stesso tempo sono lusingato per la grande stima ed apprezzamento che questa donna dimostra verso di me.

Sto per balbettare qualcosa quando Beatrice riprende a parlare dicendomi che le sue considerazioni sulla mia persona sono state condivise appieno da Nunziatina che è convinta che anche Angela sarebbe pronta ad interagire con me.

Penso ironicamente che queste tre donne, di cui una fatta di puro spirito e magari frutto di mera fantasia abbiano disposto e deciso tutto senza interpellarmi e conoscere il mio pensiero sulle loro decisioni. Ho poi subito conferma di questa mia considerazione in quanto Beatrice, quasi interpretando la mia espressione del viso, ammette che la presenza di Nunziatina oggi non è affatto casuale, anzi rappresenta una sorta di prova generale. Dovevo dimostrare a costei di essere pronto per questa avventura nel mondo delle anime smarrite. Lei ha Subito percepito la cosa come possibile tanto che ha voluto che io prendessi subito coscienza dei suoi poteri dando così inizio alla mia iniziazione senza che me ne sia reso conto.

Però, se tutto ciò finora è stato fatto a mia insaputa, ora che sono stato messo a conoscenza di questo loro progetto, devo seguire pedissequamente le istruzioni contenute in un biglietto accuratamente piegato in quattro che Beatrice ripone con cura nelle mie mani pregandomi di memorizzare il tutto e poi bruciarlo.

Non ho la forza né la voglia di leggerlo in questo momento per cui preferisco riporlo nella tasca dei miei pantaloni senza dire nulla restando però ancora perplesso sul come si stia evolvendo questa vicenda.

Ora, però, sembra che abbiamo esaurito ogni argomento di conversazione perché cala tra noi un silenzio che blocca ogni altro possibile tentativo di dialogo. Ci guardiamo così in faccia e forse con un certo sollievo per entrambi ci salutiamo e vado via conscio che ci saremmo visti nuovamente.

Prima di andare via mi soffermo ancora una volta ad osservare il prospetto posteriore della casa di Beatrice riscontrando alcune tipiche tracce sulla muratura, ossia quegli elementi che non sfuggono ad un occhio attento come il mio, conoscitore dell’architettura degli edifici del passato.

Intravedo quelle riprese di conci, ammorsature nei muri di bordo, architravi murati quasi posticci che fanno pensare che all’origine questo immobile avesse una consistenza ben più ampia. Poi pian piano, per effetto di meccanismi non noti, possibili crolli, ampliamenti o chissà che, la sagoma si è ridimensionata sino a presentarsi così come la vedo in questo momento.

Anche il muretto di confine che separa il giardino dalla strada mi fa capire cose che non molti riescono a percepire come il fatto che l’ammorsatura agli estremi presenta uno spessore che aumenta quasi ad integrarsi con le murature confinanti che costituiscono i resti delle antiche mura del centro storico.

Tutto ciò mi fa dedurre che l’intero giardino all’origine fosse edificato e che l’immobile originario si estendesse fino alle mura ciclopiche perimetrale che cingevano la cittadina.

Collegando il tutto alle vecchie mappe che avevo visto da Ettore, tutto mi fa supporre che la vecchia chiesa riportata su una di essa sorgeva proprio dove ora vi è il giardino e che gli elementi lapidei e le decorazioni che arricchivano la facciata principale sono stati reimpiegati in altre costruzioni.

Come spesso è accaduto in passato, credo che in parte siano stati riutilizzati anche per ricostruire il prospetto principale della casa di Beatrice.

Sicuramente gli elementi decorativi visti sul prospetto principale della sua casa provenivano proprio da lì perché all’interno alla casa di Beatrice non vi è nulla che faccia pensare ad un edificio di culto.

Forse la mia ricostruzione è un po’ fantasiosa, ma conoscendomi bene quasi sempre le mie teorie alla fine si dimostrano vere.

È chiaro che tutto va suffragato da elementi puntuali documentati e certi e, meditando su queste mie considerazioni che per ora potrebbero definirsi mere congetture e quindi bisognevoli di riscontro, vado via e mi dirigo verso la mia auto.

 Durante il tragitto incontro uno degli amici che avevo conosciuto alcune sere prima e ovviamente anche lui, Giovanni, mi riconosce e mi saluta con molta cordialità tanto da invitarmi a prendere un caffè, cosa che faccio volentieri. Senza farmelo ripetere due volte lo seguo e insieme ci dirigiamo verso il bar più vicino parlando del più e del meno in modo da conoscerci più a fondo cosa che non era stato possibile giorni prima in pizzeria. Ciò che ha subito suscitato interesse in me è che, tra tanti suoi interessi che coltiva ed attività che svolge nella sua vita alquanto impegnata, vi è quella del consigliere comunale della cittadina.

Si risveglia così in me la vena dell’investigatore privato e così senza entrare nei particolari, evitando di essere troppo invadente o quanto meno cercando di non far trasparire le mie reali intenzioni, gli chiedo se sa di una donna di nome Angela che risulta scomparsa da Bitetto e di cui sembrerebbe che non se ne sappia più nulla.

Riflette un po’ sulla mia richiesta per poi dirmi che a sua memoria in paese non si è verificato mai un caso di sparizione, né tanto meno di allontanamento volontario senza che questa persona non abbia dato successivamente notizie di sé.

Quasi in sintonia con i miei pensieri e seguendo il mio modo di operare pensa che forse all’ufficio anagrafe ci possa essere traccia di questo o documenti di attestazione di morte presunta, per cui si propone sin da subito di fare ricerche su questa Angela presso gli uffici comunali.

Concordiamo entrambi che se il fatto è accaduto in un periodo non recente sarà stato ormai dimenticato dalla gente e quindi non è possibile fare affidamento sulla memoria popolare.

Ci scambiamo i numeri di telefono, con l’impegno da parte sua di chiamarmi quanto prima e comunque non appena avesse ottenuto qualche informazione utile allo scopo.

Lo saluto compiaciuto per averlo rivisto ma soprattutto dalla sua disponibilità, nonché dalla sua riservatezza e discrezione. Infatti, non mi ha chiesto del perché del mio interessamento su questa Angela e né del perché mi trovi nuovamente a Bitetto.

Ovviamente per me va bene così perché, nel caso che me lo chieda in seguito, ho tutto il tempo di preparami una motivazione attendibile senza scoprire del tutto le mie carte. D’altronde l’argomento medium, spiriti e fantasmi non sempre viene accettato senza suscitare scetticismo ed incredulità. Sperare di essere capiti da altri significherebbe davvero chiedere molto perché già io faccio ancora fatica a crederci, figuriamoci costoro.

Ritorno a casa assorto in un turbinio di pensieri ma non mi faccio prendere dalla curiosità di leggere il contenuto del bigliettino e così forte di questo mio proponimento, giunto a casa, lo ripongo nel cassetto del settimino posto all’ingresso e vado a sedermi sulla poltrona del balcone dopo aver preso l’occorrente per fumare la pipa.

Con molta calma e, seguendo il solito rituale, rimonto la pipa avendo cura di cambiare il filtro sostituendolo con uno nuovo, prendo qualche pizzico di tabacco e lo ripongo nel cratere. Lo pigio quanto basta ed inizio a darvi fuoco aspirando profondamente dal bocchino fino a quando inizia ad arrivare in bocca il primo fumo. Assicuratomi che il tabacco sia sufficientemente acceso tanto da non spegnersi, dirado la frequenza delle aspirazioni e mi lascio andare sulla poltrona.

CAPITOLO 4

Il mattino seguente è lunedì e così ha inizio una nuova settimana di lavoro che si prevede piatta come tante altre; in ufficio l’attività è alquanto blanda tanto da consentirmi qualche divagazione.

Mi soffermo così a pensare soprattutto a Nunziatina, personaggio eclettico e quasi surreale, tanto che il mio essere razionale mi porta a considerare persone come lei degli imbroglioni a volte molto abili nel nascondere i propri trucchi.

Però quello che è accaduto a me ieri non riesco proprio a spiegarmelo anche perché tutto ciò richiederebbe anche la complicità di Beatrice e non posso pensare che questa donna sia stata così sleale con me da prestarsi a questo giochetto. Peraltro, mi chiedo quale possa essere l’obiettivo che queste due donne vogliano perseguire a mie spese. Possibile che abbiano architettato tutto ciò solo per prendersi gioco di me o invece c’è qualcosa di torbido in entrambe, ma se stiano ordendo qualcosa alle mie spalle fino ad ora non è emerso nulla e quasi mi vergogno di dubitare di Beatrice.

In questo momento di grande incertezza vedo il tutto come una sfida che mi sento di accettare, atteso che non ho alcuna voglia di rinunciare a vedere sino a che punto queste due anziane signore riescano a prendersi gioco di me.

Non sento il mio amico Edoardo da diversi giorni ormai e sicuramente starà ancora metabolizzando gli ultimi eventi che ci hanno visti protagonisti del tragico evento che ha riguardato due senzatetto ed una giovane donna della Bari bene. Non sono del tutto convinto del risultato che otterrò, ma voglio tentare di coinvolgerlo per cercare di sapere se in passato il giornale presso cui lavora si è mai occupato di casi di sparizioni di donne nella zona di Bitetto e dintorni.

Compongo il suo numero e dopo pochi squilli riconosco la sua voce un po’ gracchiante che, avendo capito dal numero che sono io, scherzosamente mi riempie di improperi e di frasi irripetibili.

Riconosco in tutto ciò il suo modo alquanto pittoresco di far sentire il suo affetto e la sua amicizia ma non cado nel tranello teso che mi porterebbe a rispondergli a tono.

Così smorzando il suo entusiasmo mi mostro molto serio e direi quasi offeso dal suo comportamento e già me lo immagino dall’altra parte del telefono che si rabbuia in viso ed inizia ad impensierirsi. Non appena avverto il cambiamento di tono nella sua voce scoppio a ridere a crepapelle facendogli capire che lo sto platealmente prendendo in giro e che è caduto lui nel tranello.

Riacquistata un po’ di serietà da parte mia e dopo averlo salutato questa volta in modo appropriato ed essermi rassicurato dalle sue parole che sta comunque bene, entro nel merito e gli spiego il perché della mia telefonata. D’altronde non è tanto sciocco da credere che lo stia chiamando solo per scambiare due parole e poi ho tanto rispetto della sua persona per tentare di fargli credere una cosa del genere.

Entro nell’argomento e dopo un piccolo preambolo, evitando però di parlare di Nunziata e della correlazione tra costei e la mia telefonata, gli chiedo di spulciare negli archivi del suo giornale e scovare qualcosa sulla strana sparizione a Bitetto di una giovane donna di nome Angela, precisando che dovrebbe trattarsi di morte non naturale o magari di una sparizione misteriosa e non giustificata.

Edoardo mi ascolta con molta attenzione e non aspetta che io finisca di parlare per incalzarmi con una sequenza interminabile di domande tirando fuori la sua veste di giornalista di cronaca nera.

Ovviamente sono pronto a tutto ciò e non mi faccio per nulla intimorire dal suo fare e decido di non dirgli nulla di più; riesce solo a strapparmi la promessa che, se tutto ciò mi porterà ad una nuova affascinante indagine, dovrò coinvolgerlo e non solo come giornalista.

Edoardo soddisfatto delle mie rassicurazioni sembra appagato dalla mia promessa ma non sa che per me è già scontato che nel seguito l’avrei coinvolto nell’indagine. Lasciargli credere che sia frutto della sua opera di convincimento mi permette però di trovarmi un passo avanti rispetto a lui e potergli chiedere ancora qualcosa senza dover promettere null’altro.

All’ora di chiusura me ne torno a casa con il ricordo di Nunziatina che, tenendomi la mano, mi parla di Flores ed Ester e riesplode forte in me la sensazione di solitudine e di dolore per la loro mancanza. Ma mentre sto per scoppiare in lacrime mi ritorna in mente la frase in cui mi dice che le mie amate donne sono sempre al mio fianco e che vegliano su di me. Queste parole sono di un tale conforto che d’improvviso mi sento rasserenato come se qualcuno mi stesse tenendo per mano e cammina con me dondolando insieme le braccia avanti e indietro come un bimbo che si gode le passeggiate in compagnia del papà o della mamma.

È come sentire nella mia mano destra quella di Flores e nella sinistra quella di Ester mentre tutti e tre insieme camminiamo solitari lungo un viale alberato che sembra estendersi dinanzi a noi sino all’infinito.

Giungo a casa senza rendermene conto e mentre salgo le scale del mio piccolo e tranquillo condominio concretizzo il fatto che comunque l’incontro con Beatrice e Nunziatina ha generato in me questa visione positiva della vita.

Il mio pensiero mi porta al fogliettino che Beatrice mi ha dato la sera prima e che avevo riposto nel cassetto senza aver tentato minimamente di leggerlo. Anzi mi ero ripromesso di non farlo in quanto ritenevo il tutto una grande buffonata ma ora mi sto ricredendo o quantomeno sono curioso di leggerlo.

Chissà forse verrà richiesto qualche gesto estremo o qualche lascito in danaro o addirittura di eseguire qualche rito sacrificale.

Per evitare di lasciare spaziare oltre la mia fantasia verso pensieri a dir poco surreali decido che è giunta l’ora ormai di svelare questo arcano mistero e finalmente placare la mia innata curiosità.

Non ho molto appetito per cui prendo dalla dispensa alcune merendine di cui sono goloso ed approfittando del bel sole che splende fuori, mi accomodo sulla mia affezionatissima poltrona portando con me un bicchiere d’acqua, la mia pipa ed ovviamente il prezioso e misterioso biglietto.

Mangiate le merendine quasi spinto da una voracità famelica che non è tipica del mio modo di essere ed accesa la pipa, appoggio le spalle allo schienale della poltrona e comincio ad aprire il biglietto.

Appena dispiegato nella sua interezza mi appare un testo ordinato e corretto; sembra scritto a mano ma con uno stile antico, quello tipico dei frati amanuensi che erano dediti a trascrivere vecchi libri sacri per evitare che andassero perduti.

Alcune sbavature presenti nel testo lasciano pensare che sia stato scritto con una penna stilografica o addirittura con un vecchio pennino ad inchiostro, come si era abituati a scrivere nei tempi passati.

La scrittura è nitida e chiara e del tutto comprensibile, mentre lo è meno il significato.

Se vorrai conoscere il mondo misterioso dell’aldilà dovrai spogliarti di ogni pregiudizio e rigore mentale e credere nel percorso che ti sto indicando per intraprendere questo viaggio. Nel momento in cui deciderai di continuare con la lettura di questo testo la tua vita cambierà nonostante tu decida di smettere o proseguire sino alla fine. Questo, quindi, è il momento in cui devi fare la tua scelta e prendere la tua decisione”.

Sono arrivato al termine del foglio ma non vi è null’altro; ciò mi provoca delusione e non poca irritazione perché non mi aspettavo uno scherzo del genere, un banale ma crudele modo di giocare con i sentimenti altrui. In questo momento vorrei avere a portata di mano Nunziatina per gridarle in faccia tutto il mio disprezzo. Superato questo momento iniziale e rasserenatomi, cerco di pensare positivo e senza perdermi d’animo scruto con attenzione il foglio leggendo e rileggendo il testo alla ricerca di una parola, una frase che mi fornisca un indizio per capirci qualche cosa in più.

Ad un certo punto dal canale di gronda dal balcone sovrastante il mio cade una piccola goccia d’acqua che lambisce il bordo inferiore del bigliettino.

Lancio un’imprecazione verso l’inquilina del piano di sopra che spesso non ripone molta attenzione quando innaffia i vasi di fiori che ha sul suo balcone. Sono molto indispettito dal fatto che si è deteriorato il foglio e che restituendolo, come averi voluto fare, non ci avrei fatto una bella figura per averlo ridotto in questo stato.

In fretta mi reco nel bagno e con l’asciugacapelli cerco di far evaporare rapidamente l’acqua sul lembo bagnato sperando di cancellare ogni traccia di quanto accaduto.

Accade però qualcosa di inaspettato, incomprensibile ed inspiegabile almeno di primo acchito; il bordo del biglietto che si era bagnato, ora asciugandosi, sembra sfaldarsi. Con mio grande stupore e cosa davvero incomprensibile, ho modo di constatare che non si tratta di un unico foglio ma di due fogli sottilissimi che erano talmente saldati l’un l’altro da sembrare un tutt’uno.

Utilizzando il calore dell’aria emessa dal fon e del suo flusso agevolo il distacco dei due fogli avendo così l’opportunità di leggere il contenuto del secondo foglio.

Non so dire se quanto accaduto sia dovuto ad una serie favorevole di eventi che mi sta permettendo finalmente di raggiungere l’obiettivo o tutto ciò sia stato invece voluto o meglio guidato da una forza misteriosa che mi sta portando inconsapevolmente nel vivo della vicenda senza risparmiarmi un po’ di suspence.  Non ho molta voglia di fantasticare ma proseguire nel mio intento e poi questo modo non esplicito di comunicare mi intriga.

Il carattere di stampa, con lo stile un po’ inclinato verso destra è lo stesso, solo che è un po’ più piccolo di quello usato sul precedente foglio:

Ora, che sei arrivato a questo punto si presume che tu abbia deciso di continuare in questo tuo esaltante viaggio. Stai per diventare una persona nuova e nulla ti consentirà di tornare indietro, potrai solo decidere il livello o il limite da raggiungere di volta in volta e salire gradualmente a livelli sempre più alti che ti permetteranno di avvicinarti sempre più alla conoscenza pura. Seguendo attentamente tutte le istruzioni, sarai pronto per vivere il primo livello di conoscenza che dovrei portare dentro di te con dignità e riservatezza ed avrai come obiettivo solo il fare del bene e portare felicità al prossimo, non dovrai fare nulla per tua utilità o interesse personale.

  • Per un mese intero devi astenerti dal bere vino e mangiare carne;
  • Ogni venerdì devi digiunare per tutto il giorno alimentandoti solo con acqua e pane azimo;
  • Gli ultimi tre giorni del mese devi digiunare completamente e potrai bere solo dell’acqua.
  • Ogni mattina, pomeriggio e sera dovrai recitare il santo rosario ed alla fine devi recitare la frase che ho citato quando ci siamo incontrati in casa di Beatrice e che ormai conosci bene.

Quando avrai fatto tutto ciò alle ore 3:33 della notte tra venerdì e sabato del primo mese successivo dovrai recarti al cimitero di Bitetto. Restare lì per 33 minuti davanti al cancello dell’ingresso principale ed in questo arco temporale, senza lasciarti distogliere da niente e da nessuno dovrai recitare senza interruzione la preghiera dedicata ai defunti. Nulla di ciò che vedrai e sentirai ti dovrà distogliere dalla tua preghiera; dopo quest’ultima prova, potrai ritenerti pronto per iniziare il grande viaggio!

Ho letto il tutto con molta attenzione e ho riportato su un altro foglio di carta i punti più salienti, ma resto ancora un po’ perplesso sul da farsi in quanto non ho ancora le idee chiare su ciò che voglio effettivamente. Forse in realtà è perché non so dove questa scelta che sto facendo mi porterà e quali implicazioni comporterà.

Ripongo via il tutto senza distruggere i fogli e resto lì a fantasticare con la mente mentre lentamente cado in un sonno profondo.


[1] La Cattedrale di Bitetto sorse nel 1335 ma con molta probabilità più che di una costruzione ex novo si trattò della ristrutturazione di un preesistente edificio di culto del XI secolo. La chiesa è dedicata a San Michele Arcangelo, co-patrono insieme alla Madonna Immacolata, del paese.

[2]  Sorge nella parte occidentale della città ad un chilometro circa dal centro storico ed è composto da due edifici: la Chiesa ed il convento. La chiesa è stata edificata nel 1432. Nel 1587 i frati che all’epoca risiedevano nel Santuario decisero di seppellire il copro incorrotto di un frate croato morto nel 1496, Giacomo Illirico, a cui vennero attribuiti numerosi miracoli che lo portarono ad essere beatificato il 29 dicembre 1700.

CONTINUA

LA PROCESSIONE DELLE ANIME SMARRITE è un romanzo di Riccardo Giorgi

genere: THRILLER

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