LE ONDE DEL CUORE di Alessia Allevi

genere: ROMANCE

Il mare quel giorno era straordinariamente mutevole.

Si mischiavano, per poi distinguersi nuovamente, il candore del bianco, il grigio ed il nero, come un arcobaleno di sfumature a tinte fosche, come il suo umore che quel giorno d’inverno faceva fatica a colorarsi…

Il fragore delle onde che vedeva infrangersi vigorosamente con violenza era musica che attutiva il battito accelerato di Matteo.

Era impietrito ed attratto da quello spettacolo mentre granelli di sabbia arrivavano ad infilarsi tra le dita delle mani. Lo avevano sempre infastidito quando d’estate se li ritrovava addosso sulle ginocchia non potendosele scrollare di dosso. Ma mai come ora gli erano stati così graditi da stringerli per non lasciarli scappare via. Come i ricordi che tornavano ad affollargli la mente in quella mattinata d’inverno.

La salsedine riempiva di piacere le narici che aspiravano insieme ad essa sensazioni di un periodo magico trascorso da poco ma che sembrava già troppo lontano….

Era la prima volta che si faceva portare in spiaggia d’ inverno, era la prima volta che si era fatto   lasciare da solo sulla battigia incurante del maltempo, incurante della furia del mare che voleva sfidare, incurante delle sue immobili gambe, in una lotta tra forza e resistenza che non voleva finisse così, subito.

*****

La rivedeva accanto a sé, con la sua mano dalle dita lunghe e affusolate sfiorare la ruota della sua sedia a rotelle, in un tocco audace quanto delicato, in un intento di sfondare quella barriera immobile di distanza che si crea quando vuoi far parte di qualcosa che non senti tuo.

Lei, invece, ci era riuscita.

Era riuscita a non separare le realtà delle persone apparentemente diverse per viverne una unica, in armonia con l’universo e con tutto quello che ad altri appariva dissonante.

Era riuscita a sfondare quella barriera di diffidenza in cui permane chi, mosso dall’imbarazzo, preferisce e sceglie l’indifferenza di una comfort zone da non oltrepassare.                                                                                                                          

Lei no, lei quelle ruote non le conosceva, lei quelle ruote non le aveva viste nemmeno la prima volta che era andata da lui a recuperare la pallina del racchettone che si era infilata tra le sue ginocchia in uno dei rari casi in cui Matteo si era steso sul lettino. Vi era addirittura inciampata, nella foga di recuperarla, tanto da finire quasi addosso a lui che, stravolto dal brusco risveglio, era rimasto impietrito, più dal suo impeto che dalle sue gambe immobili.

Una fragorosa risata aveva sciolto il momento dell’imbarazzo.

Giulia, in una parvenza di pudore, si era coperta la bocca con la mano, quasi a nascondere l’innata e sfrontata leggerezza nell’essersi lasciata sopraffare dalla situazione che riteneva buffa.

Matteo era rimasto colpito dalla reazione di quella ragazzotta singolare.

Altri si sarebbero avvicinati mossi da vergogna e avrebbero chiesto scusa imbarazzati dalla situazione.

Lei no, lei ora lo aveva colpito una seconda volta, ma il colpo stavolta era stato più forte.

«Ce la fai a ridarmi la pallina o devo venire io a prenderla?»

La domanda era rimasta, per alcuni secondi, senza risposta.

Matteo era alla ricerca di qualche nesso razionale che guidasse le parole che facevano fatica ad arrivare.

Sorpresa ed irritazione facevano a gara dentro di lui:

«Certo, cosa credi…» era riuscito a dire, mentre con la mano destra rovistava sotto i boxer a stampa hawaiana, mentre con la sinistra reggeva, col braccio tremolante, il resto del corpo:

«Ecco la tua pallina curiosa».

Gliela aveva tirata in un moto di stizza infantile.

Giulia, divertita aveva seguito la scena:

«Bel tiro, complimenti!»

 Matteo cercava di capire quanto ci fosse di vero in quell’affermazione e quanto di presa in giro.

Il suo sguardo era rimasto fisso su di lei anche quando, ormai, si era allontanata vittoriosa con

la sua pallina.

In cuor suo, quel giorno, non aveva fatto altro che sperare che quella pallina deviasse nuovamente il suo corso verso di lui, per poter assorbire la risata che lo aveva inebriato.

Ma Giulia, ormai, stanca di giocare, era sparita in acqua intenzionata a farsi un lungo bagno.

Si era ormai rassegnato all’idea che quella giornata gli aveva regalato un momento magico che non avrebbe più vissuto.

Aveva socchiuso gli occhi, per la stanchezza e con un velo di tristezza. Poi, si era addormentato, sotto l’ombrellone, come era solito fare, dopo mangiato.

Era il suo modo di sedimentare abitudini che faceva fatica ad accettare. Uno sportivo come lui non si sarebbe mai fermato sotto un ombrellone a poltrire, come facevano i suoi nonni fino a qualche anno fa.

Ora, dopo l’incidente, si ritrovava, non con poca riluttanza, a sonnecchiare insieme alla sua mamma che, da allora, non lo abbandonava mai. A stravolgergli la vita era stato anche questo suo cambio di atteggiamento di donna super impegnata tra lavoro e politica che, prima di allora, avevano avuto, per lei, sempre il primo posto e che, ora, trasferiva tutte le sue attenzioni e premure su di lui.

L’arrivo di questo figlio non aveva cambiato gli assetti della sua vita che era abituata ad organizzare e controllare nei minimi dettagli. Da donna di buona famiglia, abituata ad essere coccolata ed esaudita dalle sue piccole alle più grandi richieste, aveva rinunciato a godersi anche il più dolce e delicato periodo successivo alla nascita di Matteo, il periodo in cui l’odore della pelle di un figlio entra nel sangue per non uscire più.

Lei a questo privilegio aveva rinunciato, e non solo a quello.

Aveva raggiunto una posizione importante all’interno della comunità da bravo medico stacanovista e, nell’ultimo periodo, anche in politica.

Si era, così, perso buona parte dei traguardi raggiunti negli anni da suo figlio, il quale non ricordava di aver notato il volto felice della madre applaudire la vincita in una gara nazionale di nuoto.

Ora, se la ritrovava lì quella madre, nell’invano e goffo tentativo di recuperare qualcosa di prezioso ormai perduto. Ora, che la detestava più della sua immobilità. Ora, che il suo silenzio era più assordante di mille voci tutte insieme.

Era finito il tempo in cui si godeva le vacanze nella abituale residenza di tutte le estati.

Quelli erano gli unici giorni in cui ricordava la parvenza di una famiglia unita.

Nelle ultime due stagioni si era trovato a doversi reinventare la vacanza. Anche quel posto, così familiare, improvvisamente gli era diventato sconosciuto.  

Doveva ancora abituarsi all’idea di dover vivere bloccato su una sedia a rotelle.

Era stato sempre il più brioso e scherzoso del gruppo di amici che animavano le giornate estive.

I suoi scherzi, abilmente ideati e orchestrati, se li ricordavano in molti anche dopo anni.

L’arrivo delle estati faceva rima con le sorprendenti iniziative di cui si faceva promotore.

Le ragazze sapevano di doversi aspettare, in ogni momento, un simpatico e mai sgradevole scherzo.

Quello era l’anno in cui gli amici avrebbero conosciuto un nuovo Matteo con cui interagire,

un Matteo nel quale far riemergere la gioia che lo aveva da sempre contraddistinto.

Quell’ultimo anno di liceo si era chiuso positivamente per lui, dopo il fermo di lunghi mesi a causa dell’l’incidente.

Era avvenuto in sella alla sua amata moto.

Aveva fatto seguito il verdetto terribile della perdita dell’uso delle gambe.

Lui, però, manteneva attiva la sua fervida intelligenza, una dote che lo aveva accompagnato per tutto il suo percorso scolastico.

Non si era mai dovuto sforzare per conseguire dei buoni voti.

Lo affascinavano le sfide dei risultati che voleva raggiungere.

Era una rivalsa per una presenza assai vaga di un padre che lo aveva abbandonato da bambino.

Ma, quella parvenza di pseudo normalità raggiunta era scomparsa.

Era stata sostituita dalla consapevolezza che non sarebbe più tornato a camminare.

«Sapevo che non mi avresti deluso Matteo!» era riuscita a dire sua madre mentre si apprestavano a varcare la soglia della “casa del mare” come la chiamava lui, da quanto era bambino.

«Sei sempre stato un ottimo studente, un vincitore!»

Quelle parole che in altre occasioni sarebbero state per lui motivo di orgoglio. Ora risuonavano come un tradimento.

Il giardino della casa estiva inebriava tutt’ora i suoi sensi. Socchiudeva gli occhi ed assaporava e si godeva per un istante una realtà che era rimasta immutata nei profumi e sensazioni che percepiva e ricordava ancora suoi. Gli era sempre piaciuto l’odore dell’erba appena tagliata che faceva da tappeto ai suoi esercizi di ogni mattina.

Tutti i ragazzi e le ragazze del paese erano suoi amici.

Aperti gli occhi, fermo sulla soglia, osservava in silenzio le mura celesti dell’ingresso che aveva dipinto lui stesso, del colore del cielo.

Quelle mura, ora, gli stavano strette.

«Che fai non entri?» gli aveva chiesto sua madre, il primo giorno, senza voltarsi per nascondere una espressione di dolore.

«Con calma mamma, ora ho tutto il tempo» aveva risposto. Per la prima volta, l‘estate non era più sua amica.                                                                                                                                                       

Temendo che le reazioni degli amici, nel vedere suo figlio sulla sedia a rotelle potessero

infliggergli ancora più sofferenza, sua si era premurata di avvisare tutti quelli che, di lì a poco si sarebbero fiondati a casa con l’intento di fare baldoria.

Infatti, avevamo appena terminato di posare i bagagli che già una gran numero di ragazzi si era precipitata in casa.

«Mattew!» un urlo comune si era levato in casa mentre una moltitudine di braccia lo sovrastavano fino a coprirlo del tutto, quasi a voler nascondere ciò che di lì a poco sarebbe emerso in tutta la sua crudezza.

Un Matteo stordito dalla sorpresa e dall’imbarazzo di non saper cosa dire, attraversava con lo sguardo gli occhi increduli degli amici, frastornati anch’essi dalla visione di quel ragazzone sportivo fermo su una sedia a rotelle.

La bottiglia tenuta in mano da Sergio aveva sciolta l’ansia del momento in un fragoroso scoppio del tappo che aveva riattivato l’allegria sospesa.

Stava per cominciare una nuova estate, un’estate da reinventare, per viverla ancora insieme.  

Fra tutti, Sergio e Luca erano i suoi più grandi amici, quelli con cui rimaneva in contatto tutto

il resto dell’anno e con cui aveva condiviso la gioia delle sue conquiste sportive.

Erano loro che, ogni giorno, lo venivano a prelevare.

Spesso lo trovavano, già sveglio, in giardino, disteso sull’erba, con le braccia e gambe divaricate, lo sguardo fisso rivolto verso il cielo a cercare risposte e a districare pensieri sconvolti.

I due ragazzi sapevano che avrebbero dovuto combattere contro il nuovo stato emotivo di Matteo. Avrebbero dovuto indirizzarlo verso una vita nuova, una vita che andava vissuta pienamente, nonostante tutto.                                                                                                                                                                   

«Oggi il mare è perfetto!» aveva esordito Sergio «Ci sarà’ da divertirsi oggi con queste onde».

Il tragitto verso la spiaggia era sempre imprevedibile con quei due. La sedia a rotelle veniva

spinta e fatta roteare in un vortice di spingi e riprendi che non davano a Matteo neanche il

tempo di parlare. Ma non lo avrebbe fatto. Lui amava quei momenti che, sia pure bruschi e caotici, gli davano l’idea di un ritrovato movimento.

In spiaggia, Matteo respirava la salsedine che gli era tanto mancata insieme ad un ’aria di sfida che ora guidava le onde non più a favore ma contro di lui.

*****

Il mare quel giorno era straordinariamente bello.

Il fragore delle onde che si infrangevano facevano un tutt’uno con i battiti del suo cuore.

La spiaggia brulicava di ragazzi, nonostante la giornata fosse caratterizzata da onde altissime con un vento impetuoso.

Molti erano sulle tavole da surf. Altri si divertivano a rincorrere frisbee e palline volanti.

Matteo, disteso sul lettino, si era fatto riservare il posto in prima fila.

Voleva, ancora, poterlo sovrastare con lo sguardo quel mare che, una volta, domava con la sua tavola.

Irrigidiva il corpo alla ricerca di una reazione che lo scuotesse da quell’insano torpore.

Ma rimaneva immobile a digrignare i denti e a stringerei i lembi dell’asciugamano in pugni serrati.

Una cascata di capelli rossi stava per inondarlo.

«Ce la fai a ridarmi la pallina o devo venire io a prenderla?»

La domanda era rimasta, per alcuni secondi, senza risposta.

Matteo era alla ricerca di qualche nesso razionale che guidasse le parole che facevano fatica ad arrivare.

Sorpresa ed irritazione facevano a gara dentro di lui:

«Certo, cosa credi…» era riuscito a dire, mentre con la mano destra rovistava sotto i boxer a stampa hawaiana, mentre con la sinistra reggeva, col braccio tremolante, il resto del corpo:

«Ecco la tua pallina curiosa».

Gliela aveva tirata in un moto di stizza infantile.

Giulia, divertita aveva seguito la scena:

«Bel tiro, complimenti!»

 Matteo cercava di capire quanto ci fosse di vero in quell’affermazione e quanto di presa in giro.

Il suo sguardo era rimasto fisso su di lei anche quando, ormai, si era allontanata vittoriosa con

la sua pallina.

Come un bimbo in attesa di vedere emergere una sirena, era rimasto con lo sguardo fisso a

scrutare ogni onda in attesa che gli restituisse quel guizzo di gioia che si era portata via.

Ma, quel giorno non l’aveva più rivista.

Una fitta, improvvisa pioggia aveva inondata la spiaggia.

Aveva subito chiesto informazioni a Luca e Sergio su quella ragazza che non aveva mai visto prima di allora.

Aveva scoperto che si era trasferita da poco con la famiglia. Suo padre era il nuovo Commissario della Polizia di Stato.

Quella notte, il cielo era stato del colore rosso dei capelli di Giulia.

Il profumo di leggerezza e gioia che lo avevano colpito, sembravano esserglisi incollati addosso.

L’indomani Luca lo aveva trova già pronto ad aspettarlo di fronte al cancello con un insolito sorriso in viso:

 «Hey bro!»

La sua mano già pronta ad aspettare quella dell’amico per battere il cinque.

Luca era stupito ma contento di cogliere un’aura nuova quella mattina.

Giunti allo chalet per imboccare la passatoia, assorta nella lettura di un libro, Giulia sedeva al tavolo del bar di fronte ad una tazzina di caffè dimenticata sul tavolo.   

«Niente palline oggi?» aveva detto Matteo.

Non aveva tardato ad arrivare lo sguardo vispo di Giulia prima delle sue parole:

«Oggi ho questa, vuoi che te la tiro?»

Luca aveva subito intuito che, quel giorno, era meglio se Matteo se ne fosse stato un po’ al bar a rilassarsi.

Senza proferire parola, lo aveva mollato a fianco a Giulia e se ne era andato per tuffarsi in acqua.

L’imbarazzo di Matteo era stato subito sciolto da Giulia:

«Simpatico l’amico tuo eh?» aveva detto con scherzosa irriverenza «Perché è scappato così? Gli ho fatto paura?»

«Non ci fare caso, lui è proprio così, non lo fa apposta!» aveva risposto ridendo.

«Tu invece come sei?» aveva chiesto Giulia con un luminoso sorriso.

«Come ci sei finito lì sopra?» aveva continuato gioiosa.

Lui appariva imbarazzato.

«Coca o …. cos’altro?» aveva aggiunto lei.

Lui era appena riuscito ad annuire che già si era ritrovato sul tavolo una coca maxi.

«Ti ringrazio ma non dovevi …» era riuscito solo a dire.

«Ti piace? È un libro di filosofia greca … Conosci la materia?»

Per Matteo era un argomento sconosciuto, ma aveva finto un vago interesse.

«Stavo per andare a fare una camminata, se mi vuoi accompagnare te ne parlo» aveva continuato Giulia.

Matteo era confuso da tanta spontanea confidenza. Temeva di essere oggetto di una presa in giro. Ma, per la prima volta dopo l’incidente, si sentiva a suo agio.

Gli amici erano stati a lungo riluttanti a toccare la sua sedia a rotelle. Giulia, invece, dimostrava grande naturalezza a spingerla. Erano come due persone intende a passeggiare a fianco sul lungomare. Per lui era una dimensione nuova.

Non era più solo.

Quella sera Matteo era rientrato a casa tardi.

La mamma aveva scorto da lontano la cascata di capelli rossi che sovrastava il suo Matteo ed ebbe un fremito.

Aveva visto il volto di suo figlio illuminato. Aveva avvertito un nodo alla gola.

Ma non disse nulla.

«Signora sono io la causa del ritardo di Matteo» aveva detto Giulia con simpatica sfrontatezza.

«Non c’è nessun problema, l’importante è che stiate bene» era riuscita a dire la mamma.

«Vista l’ora tarda, se per lei va bene ci fa piacere di averla a cena» aveva aggiunto subito dopo.

Il volto di Matteo si era illuminato ancora di più.

Giulia aveva accettato con espressione gioiosa, ma a condizione che fosse lei a preparare la cena e, immediatamente, aveva comunicato a casa che sarebbe rincasata più tardi.

La mamma era rimasta piacevolmente sopraffatta da tanta irruenza e intraprendenza.

Giulia era un mare in tempesta.

Giulia era il vento che soffia impetuoso e che si porta via tutto.

Giulia era l’acqua che spegne gli incendi del cuore, l’acqua pura con cui saziare la sete di vita.

Da quel giorno era nato un Matteo nuovo, un Matteo che tornava a voler vivere appieno ogni minuto della sua esistenza.

Giulia era diventata, ormai, parte integrante del suo gruppo di amici, ma prima di tutto era diventata parte integrante della sua vita, della sua ritrovata felicità.

Matteo era ebbro, felicemente ubriaco della nuova realtà che Giulia giorno dopo giorno dipingeva per lui.

Sua madre era grata a quella ragazza che, con la sua positiva voglia di vivere, aveva ridato a suo figlio la luce che aveva visto spegnersi in lui.

Tra i due ragazzi era nato un legame saldo che superava ogni difficoltà derivante dallo stato di immobilità di Matteo.

Poi, il periodo estivo era finito.

Entrambi dovevano ritornare ai loro impegni di studio.

Giulia aveva superato il test d’ ingresso alla facoltà di medicina e sarebbe andata a studiare a Padova.

Matteo si era iscritto alla facoltà di ingegneria. Anche lui sarebbe andato lontano.

*****

Era una domenica di novembre.

Il mare quel giorno era straordinariamente mutevole.

Si mischiavano, per poi distinguersi nuovamente, il candore del bianco, il grigio ed il nero, come un arcobaleno di sfumature a tinte fosche, come il suo umore che quel giorno d’inverno

faceva fatica a colorarsi…

Il fragore delle onde che vedeva infrangersi vigorosamente con violenza era musica che attutiva il suo battito accelerato.

Ci ha pensato Giulia.

Ha convinto Matteo a tentare un‘operazione che proverà a farlo camminare ancora.

Il suo Matteo l’avrebbe raggiunta a Padova la settimana successiva.

LE ONDE DEL CUORE di Alessia Allevi

genere: ROMANCE

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