L’ISOLA DELLA MENZOGNA di Antonio Soriano

genere: AVVENTURA

CAPITOLO UNO

Una pioggia leggera iniziò a cadere.

Fabrizio si svegliò e tentò di alzarsi appoggiandosi sui gomiti. I suoi movimenti erano lenti e incerti. Si guardò intorno.

Era disteso su una spiaggia, in riva al mare.

Non riusciva a riconoscere quel luogo. Non riusciva a capire cosa stesse accadendo intorno a lui. 

Si alzò con fatica.

Era molto debole. Fu quasi sul punto di ricadere nuovamente a terra. La testa aveva preso a girargli.

Rivolse lo sguardo in alto verso il cielo. Era nuvoloso.

Guardò, allora, verso la distesa d’acqua. L’oceano gli si parava di fronte in tutta la sua imponenza.

Per quanto si sforzasse, Fabrizio non riusciva a ricordare nulla di ciò che gli era capitato.

Si girò e notò una piccola radura con alberi. Si diresse in quella direzione, allontanandosi dalla spiaggia.

Procedeva con molta fatica senza sapere dove si trovasse.

Improvvisamente, intravide la sagoma di un’altra persona distesa sull’arenile. Non era distante dalla sua posizione.

Si avvicinò titubante. Guardò il corpo disteso in posizione supina e, dalla fisionomia, osservò che era una donna.

La toccò con impaccio e timore. Voleva accertarsi che fosse ancora viva.

Realizzò che quella persona doveva avere all’incirca la sua età. Erano entrambi giovani.

Le mise una mano sotto la testa per cercare di sollevarla. La donna emise una specie di lamento seguito da un debole colpo di tosse. Lui si ritrasse. Poi, con più coraggio, la sollevò con maggiore decisione. Ella iniziò a tossire forte e riprese i sensi non riuscendo, tuttavia, a tenere ancora gli occhi aperti.  

«Cosa è successo?»  domandò la ragazza. «Dove ci troviamo?»

«Non lo so!» rispose Fabrizio, cercando di abbozzare una specie di sorriso per rassicurarla. «Comunque, mi chiamo Fabrizio. Posso darti una mano?»

«Grazie, ma riesco a muovermi da sola. Cosa è successo?» insisté la giovane.

Lui non rispose.                                                                                                                                                                      

«Non lo sai, è evidente» proferì lei. «Mi chiamo Lucia.»

In quel momento, si sentì un grido. Non doveva provenire da molto lontano.

La giovane rivolse uno sguardo interrogativo e preoccupato verso Fabrizio. Lui l’aiutò a mettersi in piedi e, entrambi, si diressero verso la provenienza dello strillo.

Seduta per terra c’era un’altra donna che si teneva stretta la caviglia del piede destro emettendo gemiti di sofferenza.

Appariva confusa come se avesse ripreso i sensi da poco.

Mentre il ragazzo si chinava verso l’infortunata per accertarsi delle sue condizioni, apparvero altri due uomini.

«E voi chi siete?» proferì Fabrizio, frastornato dalla serrata successione degli eventi.  

Si domandò se i due arrivati potessero essere di sua conoscenza con esito negativo. 

«Io mi chiamo Federico», rispose il più giovane dei due.

«Io invece sono Giovanni» rispose l’altro.

«Marta» esclamò, invece, la donna che era ancora distesa sul terreno, aggiungendo «Qualcuno di voi sa dirmi cosa diavolo sta succedendo?»

Ci fu un minuto di silenzio da parte di ognuno dei presenti.

Così, realizzarono di non sapere dove si trovassero, né cosa fosse accaduto per essere in quel posto e in quelle condizioni.

Il primo a parlare fu Fabrizio che dichiarò di non ricordare gli avvenimenti accadutigli per ultimo.

In breve, anche gli altri dichiararono di essere nelle medesime condizioni.

Ci fu un conciliabolo concitato.

Alla fine, convennero di essere tutti in una situazione di vuoto di memoria. Un vuoto di memoria che riguardava gli avvenimenti degli ultimi anni. Ricordavano solamente quanto accaduto molto tempo prima.

«Qualcuno di noi sa, per caso, dove ci troviamo?» domandò, infine, la donna infortunata.

La risposta fu negativa.

Nel disappunto generale, Federico si concentrò sulla caviglia di Marta.

Con molto garbo, si chinò verso il piede della donna, flettendo la sua gamba destra, e iniziò a tastare delicatamente l’arto dolente.

«Passerà subito» sentenziò in breve. «Basterà applicare del ghiaccio. Probabilmente è stata una banale scivolata a provocarla.»

Era evidente che egli era in possesso di nozioni di medicina.

«Sei, per caso, un medico?» gli chiese Fabrizio.

«Non lo so.» rispose Federico sconcertato.

In quel momento arrivò un quarto uomo. Era molto agitato. Teneva in mano un coltello e lo brandiva in tono minaccioso.

«State indietro» gridava. «Nessuno di voi si deve avvicinare a me o vi ucciderò tutti.»

«Stai tranquillo, stai calmo. Nessuno vuole farti del male. Abbassa quel coltello, per piacere» gli ordinò Fabrizio, avvicinandosi a lui con prudenza.

«Col cavolo che sto calmo. Adesso, dovrete spiegarmi cosa sta succedendo o sarà peggio per voi. Ve lo assicuro» disse l’uomo, sempre più agitato.  

«Nessuno di noi sa che cosa sta succedendo. Questa è la verità. Dobbiamo solamente collaborare. Questa donna si è anche ferita» disse Federico indicando Lucia. 

«La tua faccia non mi è nuova» irruppe l’uomo, indicando Fabrizio. «Sei sicuramente coinvolto in questa maledetta faccenda. Magari sei stato tu a disorientarci in questo modo.»

Fabrizio trasalì.

Gli altri lo guardarono perplessi.

«Magari fossi in grado di spiegare quello che ci sta succedendo» disse Fabrizio con calma. «Purtroppo, io non ricordo nulla, come tutti voi. Ricordo solamente che mi sono svegliato mentre iniziava a piovere. Di fronte a me avevo il mare. Poi, ho incontrato ciascuno di voi.»

«Tu menti» sentenziò l’energumeno, avvicinandosi con aria minacciosa a Fabrizio, roteando il coltello «Adesso ci dirai ciò che sai.»     

Fabrizio non indietreggiò e non si intimorì.

«Io non so nulla» gridò in direzione dell’uomo con il coltello.

«Non mentire!» urlò l’altro scagliandosi sul ragazzo brandendo il coltello.

Ma Fabrizio si spostò di lato con uno scatto, si girò e lo colpì sul braccio armato facendogli cadere l’arma a terra.

«Ti ripeto che non so nulla di quello che ci sta succedendo. Stai lontano!»  vociò ancora Fabrizio spingendolo. L’altro, infuriato, gli si lanciò contro.

Ma, ci fu uno sparo improvviso che bloccò tutti.

«Ora basta!» sentenziò Federico con in mano una pistola ancora fumante per il colpo appena esploso.

«Non ricaveremo nulla se non iniziamo a collaborare!» aggiunse.                                                                                                                        

«Dove hai preso quella pistola?» chiese Lucia.

Di contro, Federico si guardò le mani con aria spaventata e lasciò cadere l’arma per terra.

«Non lo so!» pronunciò con disappunto «Me la sono trovata in mano e ho sparato un colpo in aria per impedire la brutta situazione che si stava creando.»  

«Ci sono molte cose che dobbiamo capire» disse Fabrizio.

«Cerchiamo di ragionare» aggiunse:

«Almeno apparentemente, nessuno di noi sa cosa possa essergli successo. Sembra che abbiamo tutti perso la memoria. Perciò, dobbiamo cercare di capire chi siamo e cosa ci è capitato».     

Le parole di Fabrizio furono, però, interrotte da altre grida. Non erano lontane, ma oltre la macchia di alberi.

Il gruppo, compatto, si diresse in quella direzione, mentre altre grida risuonavano prepotenti.

I quattro uomini e le due donne attraversarono la selva.

Di fronte a loro c’era una costruzione in rovina. Appariva come un capannone per uso industriale abbandonato e pericolante.        

«Dobbiamo entrare!» propose Fabrizio.                                                                                                                       

«No, questo posto mi fa paura. È meglio stargli lontano» aggiunse Federico.      

«Solo se entreremo, riusciremo a capire qualcosa di più. Forse, è qui la soluzione del mistero» disse Fabrizio.

E spinse Federico verso la porta che si trovava proprio lì di fronte.

CONTINUA

L’ISOLA DELLA MENZOGNA è un racconto di Antonio Soriano

genere: AVVENTURA

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