VALDAJ di Anna Ershova (Arturo e la magia del bosco)

genere: INFANZIA E ADOLESCENZA

Valdaj comincia dove finisce Mediterraneo

L’aiutante del Maestro chiamato Arturo aveva smesso di raccontare e aveva chiuso il libro magico.

Durante la narrazione aveva conservato il suo aspetto di bambino, come Luca e Alicia.

I due fanciulli erano ancora immersi nella storia di Egle ed Elio che avevano ascoltato. Ed erano affascinati da quel fantastico personaggio. 

Alicia ripensava ancora alla reazione di Arturo quando gli aveva proposto di chiamarlo con quel nome.

«Sì, è un nome che mi si addice! Va bene sia quando sono uno di voi, sia quando sarò un orsetto marsicano!»

«Perché un orsetto marsicano?» gli aveva chiesto lei.

«Perché è bellissimo, e lo dobbiamo proteggere!»

«Ma, tu puoi essere anche un altro animale?» aveva chiesto Luca.

«No, posso essere solo l’orsetto marsicano! L’ho scelto all’inizio, quando il Maestro mi ha chiamato!»

«Vuoi dire che potevi scegliere di essere anche un gatto, o un leone, o anche un uccello?» aveva detto Alicia.

«Certamente, qualsiasi animale! È ovvio!»       

«Però, sei anche un bambino!» aveva ripreso Luca.

«Ve l’ho già spiegato! Sono un bambino come voi. Nato dalla magia dei libri! È ovvio!»

«Però, sei anche un orsetto di peluche!» aveva ribadito Alicia.

«Sì, ve l’ho detto! Anche l’orsetto viene dalla magia dei libri. È ovvio!»

«È molto complicato! …Non ti pare?» avevano osservato, all’unisono, i due fanciulli.

«Ma no! È semplice! Io divento un orsetto quando il Maestro mi chiama o mi dice di fare qualcosa che mi comporta di spostarmi all’istante nei vari luoghi. È ovvio!»

Il narratore li fece uscire improvvisamente dai loro sogni.

«Ora devo andare» disse consegnandogli il libro magico che aveva chiuso. «Ci rivediamo domani mattina per una nuova storia.»

E sparì dalla soffitta dove c’era il vecchio baule dei libri.

Ci vollero alcuni minuti prima che Luca e Alicia si riprendessero.

Quando si ripresentarono dalla nonna ella disse:

«Sembrate appena arrivati dal mondo della magia dei libri!» 

Alicia aveva ottenuto il permesso di passare la notte nella casa della nonna di Luca.

I due fanciulli erano già pronti per la colazione quando il sole d’estate aveva appena iniziato a riscaldare i boschi e i prati.

Dopo appena mezzora erano accovacciati, in silenzio, sulla coperta della soffitta, con il libro della magia dei libri appoggiato sulle gambe incrociate.

L’aiutante del maestro fu puntuale.

«Immagino che voi abbiate avuto una splendida notte di sonno,» enunciò Arturo appena comparve «perciò, continuiamo con la lezione …»

Riprese il volume dalle mani dei due fanciulli e ricominciò a sfogliarlo.

«Abbiamo visto che, quando un libro ha la magia, esso fa rivivere la storia a chi la legge! E la magia delle storie dei libri si trasferisce nei luoghi, nei personaggi, nelle situazioni che in esso sono descritte, come i boschi, i fiumi! …» disse consultando le pagine.

«C’è una storia che parla di amicizia, di solidarietà, di unione. È accaduta in un luogo del nostro pianeta straordinario. Qui la natura offre uno dei suoi spettacoli più affascinanti. Penso che vi entusiasmerà!»

«Si, si, già ci piace! Racconta!» gridarono all’unisono i due.

«Nel più vasto Stato del mondo, la Russia, nella zona centro-occidentale, c’è un ripiano che si allunga da Sud Ovest a Nord Est per oltre 450 km. Esso è formato da morene terminali, cosparso di laghi, coperto da fitte foreste, e costituisce un bacino idrografico imponente da cui nascono importanti fiumi, tra cui il Volga, il più lungo fiume dell’Europa» esordì Arturo. «Questo ripiano prende il nome di Rialto del Valdaj!»

«La storia che è riportata nel libro comincia proprio qui» disse il narratore e iniziò a leggere

Capitolo 1

Cipolla Vite Naso

“… In un bosco del Valdaj, non lontano dalla riva di uno dei suoi tanti fiumi, c’era una tana calda e comoda.

Vi abitava una famiglia di topi unita: padre, madre, cinque topolini e la loro vecchia nonna.

 Una mattina furono svegliati da un rumore strano. Era come se qualcuno, proprio sopra la tana, corresse velocemente tacchettando con forza qua e là.

«Vado a vedere chi sarà» squittì il più piccolo e più curioso dei topolini.

Suo padre, però, lo bloccò.

«Lo faccio io!» disse con tono severo, e fece capolino, con cautela, dalla tana.

Quello che vide gli destò grande meraviglia: un piccolo uomo, non più alto di lui. Accatastava mazzi di paglia, formati da pochi steli, a formare un mucchio.

«Chi sei?» chiese papà-topo.

Immaginava che quel piccolo uomo non potesse costituire un pericolo. Uscì, perciò, dalla tana.

Lo imitarono tutti i componenti della famiglia che, incuriositi, lo avevano seguito. Apparvero improvvisamente dietro il topo-padre ad eccezione della nonna

«Mi chiamo Cipolla Vite Naso» rispose il piccolo uomo.

«Naso, … di nome?» chiese incredulo il topolino più piccolo.

«No, non Naso! … Vite!» disse il fratello.

«No, lui si chiama … Cipolla!» li corresse sorella

«Silenzio!» li interruppe il padre.

«E cosa fai qui?» chiese rivolto al piccolo uomo.

«Io mi costruisco una capanna!» rispose quegli.

«E perché?»

«Per abitarci!»

«Perché? … Non hai una casa?» chiesero in coro i topi.

«La mia casa non c’è più!» disse il piccolo uomo con tono afflitto.

Fu inondato da un coro di domande dei topi.

«Dov’è la tua casa?»

«Perché non c’è più?» 

«Come sei capitato qui?»

«Abitavo a casa mia, …  sulla riva del fiume, … vicino alla casa del mio amico Foglia Mastus. … Ma, ad un tratto, … il fiume …»

Non riuscì a proseguire nel racconto. Dai suoi occhi iniziarono a sgorgare copiose lacrime. Si sedette per terra e si coprì il viso con le mani grassottelle.

I topi gli si misero in circolo intorno e tentarono di consolarlo.

«Su, … non piangere, carino!» ripeté più volte, accarezzandolo, mamma-topo. «Dicci cosa ti è successo!»

Il piccolo uomo, tra violenti singhiozzi, raccontò che in conseguenza delle violente piogge, il fiume era straripato e aveva trascinato le loro case.

«Sono stato a lungo vicino al mio amico! … Poi, il fiume lo ha portato via! … Anche la mia casa è stata distrutta dalla piena! … Io, i mobili, le mura di legno, e tutto il resto siamo stati travolti dalla corrente! … Per un miracolo sono riuscito a raggiungere la terra qui, a poca distanza dalla vostra tana! …» riferì tra i singhiozzi.

«Ora non ho più una casa! … Non ho più un amico! …» aggiunse piangendo a dirotto.

«Non piangere! Dai! … Ti aiuteremmo noi!» esclamò mamma-topo.

Anche i cinque topolini ripeterono in coro:

«Certo! … Ti aiuteremmo noi! … Sì! … Non piangere più! …»

Le loro esortazioni ripetute calmarono il piccolo uomo. Cominciò a sorridere, mentre i topi lo guardavano sempre più incuriositi.

Era un uomo rotondo, con la faccia paffuta, guance rosse e gli occhi neri e lucidi. Aveva i capelli chiari, lanosi e ricci. Era vestito con una giacca arancione, con grandi tasche, pantaloni verdi corti. Recava intorno al collo una sciarpa verde, punteggiata di bianco. Ai piedi, portava degli zoccoli di legno.

Rincuorato, egli si alzò e si avvicinò al mucchio di paglia che aveva

accatastato.

«E come la costruisci, la capanna?» chiese uno dei topolini.

«La faccio con questo mucchio di paglia!» spiegò il piccolo uomo rotondo.

Papà-topo scrollò la testa:

«No, così non si fa! La capanna può inondarsi d’acqua!»

«O qualcuno la calpesterà!» aggiunse uno dei topolini.

«Ma chi potrebbe schiacciarla?» chiese sorpreso l’omino.

«C’è un villaggio qui vicino. Là abitano gli uomini giganti. Loro vengono spesso qui!» spiegò papà-topo.

«Molto, molto grandi! … I loro piedi sono dieci volte più dei tuoi!» aggiunsero fitto, fitto i topolini.

«Allora,» esclamò mamma-topo «vivrai con noi! … C’è spazio a sufficienza!»

«Si, è vero! … Che bello! … Stai con noi!» gridarono allegramente i topolini «Andiamo nella nostra tana, Cipolla! … Naso! … Scusa, come ti chiami? … Non ce lo ricordiamo!»

«Cipolla Vite Naso!»

Ah, che nome difficile! Possiamo chiamarti in un altro modo?»

«Altro! Altro!» squittirono i topolini.

«Altro nome? … Ma, come?» chiese il piccolo uomo.

I topolini restarono pensierosi per qualche secondo.

Ad un tratto il topolino più piccolo gridò.

«Io so, come lo chiameremo! Lo chiameremmo Cipolla! … Ricordate come tacchettava forte! … Cipolla è un nome forte!»

«Vero! Vero! Cipolla! … Ti piace?»

«Cipolla! … Sì! … Mi piace! … Sono d’accordo!»

E così Cipolla Vite Naso divenne solamente Cipolla.

Capitolo 2

La gita al fiume

Quel giorno i topolini lo trascorsero in grande allegria con il loro nuovo amico. Correvano, saltavano, giocavano a nascondino, facevano tanti giochi.

«Che peccato che non c’è il mio amico qui» disse Cipolla, e divenne di nuovo triste.

«Oh, lo ritroveremo! … Si, lo ritroveremo di sicuro!» lo rincuoravano i topolini.

E il topolino più piccolo, che si chiamava Pin, propose. 

«Andiamo a mangiare! … Io ho fame! … Voi no?»

«Si, anche noi, anche noi! Anche noi abbiamo fame!» gridarono tutti gli altri.

«Andiamo, Cipolla!»

«E cosa c’è per pranzo?» chiese interessato il piccolo uomo che amava molto il cibo.

«Ora vedrai!» squittì la sorellina, chiamata Sina. «Corriamo!»

A poca distanza dalla tana si trovava una grande radura con fragole di bosco mature. Ce ne erano così tante ed emanavano un profumo così intenso, che Cipolla chiuse gli occhi inebriato.

«È il mio piatto preferito!» esclamò.

«È anche il nostro!» ribadirono con allegria i suoi amici.

E tutti godevano di quella bontà.

«E tu, cos’altro mangi?» chiesero i topolini.

«Mah, … diverse cose, … erbe del prato, radici dolci, bacche …»

«Anche noi mangiamo di tutto! E, alla fine dell’estate, raccogliamo grani dal campo per le provviste d’inverno.

«Inverno? … Cos’è l’inverno?»

«Anche noi l’inverno non l’abbiamo mai visto. Ma, mamma e papà dicono che l’inverno è quando fa molto freddo e tutta la terra diventa bianca per la neve che cade dal cielo.»

«È meraviglioso! … E quando viene l’inverno?»

«Dopo che tutte le foglie saranno cadute dagli alberi!»

«Ah! Per quel tempo io mi addormento! Non vedrò mai la neve!»

Furono interrotti da un allegro cinguettio.

«Ecco il nostro uccellino!» gridarono allegramente i topolini «Ciao, Zvin!»

Un piccolo uccellino grigio era volato su di un ramo di cespuglio accanto a loro.

«Zvin, noi abbiamo un nuovo amico! Si chiama Cipolla. È venuto da molto lontano» dissero tutti insieme.

«Zvi-zvi! Piacere! Zvi-zvi!»  gorgheggiò l’uccello agitando la coda.

«Piacere mio!» rispose Cipolla con un inchino.

A quel punto, i topi proposero di andare tutti al fiume, e tutta la compagnia si mise in viaggio.

L’uccellino volava sopra di loro e fischiava un’allegra melodia.

Ad un tratto si abbassò raso terra e sussurrò:

«Attenzione! C’è il gatto dietro! Nascondetevi!»

I topolini corsero alla spicciolata per trovare un nascondiglio. Anche Cipolla si nascose dietro un piccolo cespuglio.

Non sapeva cosa fosse “il gatto” ed era preso dalla curiosità di sbirciare al di sopra del riparo.

Lo fece.                

Sul sentiero, camminava in silenzio, con passi felpati, una grande, rossa, arruffata bestia con gli occhi gialli.

Cipolla non aveva mai visto una bestia così. Lo guardava rapito dal desiderio di conoscerla meglio.

Il gatto lo vide, si fermò, raccolse le zampe posteriori, inarcò la schiena. Era pronto per balzare sulla sua vittima.

Ma non ne ebbe il tempo.

L’uccellino, impavidamente, gli volò sul capo, e lo beccò ripetutamente.

Il cacciatore rosso urlò di dolore, si girò e cercò di acchiappare l’aggressore con ripetuti salti. Ma, l’uccellino, con ripetuti colpi d’ala, scansò ogni colpo. Poi, volò verso il bosco inseguito dal gatto. I suoi amici erano liberi, disse a sé stesso.

Quando il gatto e l’uccello furono scomparsi dalla vista i topolini corsero da Cipolla.

«Come stai? … Tutto bene? … Ti sei spaventato?» ripetevano preoccupati.

Cipolla li guardò sorpreso.

«No, mica sono spaventato. Cosa mi avrebbe potuto fare quel gatto?»

«Ma cosa dici! … Il gatto è il nostro principale nemico! … Lui mangia I topi!»

«Ma io non sono un topo!»

«Però lui ti ha preso per un topo! … Sei piccolo come noi! … Se non ci fosse stato Zvin, lui ti avrebbe catturato!»

«E ti avrebbe mangiato! …» disse la sorellina Sina con gli occhi sbarrati.

Cipolla finalmente capì quale pericolo avesse corso. Solo allora fu colto da grande paura.

«Ma io non sapevo che quello mangia i topi! …» spiegò con voce tremula. «I gatti non abitano dalle nostre parti! …»

«Ma dalla nostra, sì che ci abitano! … E anche le civette, le volpi, e i cani. Ogni tanto, vagano per il bosco.»

«Dovremo spiegarti tutto! Soprattutto come salvarti da loro!»

«Non andare mai da solo! … Soltanto con noi!»

Tornò l’uccellino Zvin; e raccontò, ridendo, come aveva fatto correre il gatto fino al margine del bosco:

«È arrivato fino al villaggio! Ora non ritornerà qui per un bel po’!»

Cipolla si avvicinò all’uccellino e disse:

«Caro Zvin, mi hai salvato la vita! Non lo dimenticherò mai!»

«Ma dai, Cipolla! Noi non lasciamo mai gli amici nei guai. … Allora, andiamo al fiume?»

Per via della paurosa avventura, gli amici si erano dimenticati di dove stavano andando.

«Si, certo! … Corriamo!»

La giornata al fiume fu indimenticabile. Ritornarono a casa solo al tramonto.

Mamma-topo li fece subito andare tutti a letto.

Capitolo 3

I costruttori di dighe

I topolini si sparpagliarono negli ambienti della tana vociando allegramente.

Cipolla li seguì.

Dopo uno stretto ingresso, la tana diventava spaziosa. C’era posto affinché tutti si potessero distendere senza toccarsi.

I topolini si addormentarono subito.

Cipolla no. Non aveva mai dormito sottoterra senza un lettino imbottito e comodo. Prese a girare, insonne, per i vari cunicoli.

Riuscì, finalmente, ad addormentarsi.

Ma, dopo poco, si svegliò di nuovo.

Faceva caldo.

Con cautela, per non far svegliare i topolini, cercò, al buio, di attraversare la stanza per guadagnare l’uscita.

Sbagliò direzione e si trovò proprio in fondo alla tana.

Là, dormiva la vecchia nonna-topo, che era dura d’orecchio e non ci vedeva bene. Lei non sapeva niente del nuovo ospite.

Cipolla, con un piede, le pestò involontariamente la coda.

La nonna emise un forte strillo:

«Aiuto! C’è qualcuno qui! Mi stanno attaccando!»

Impaurito, Cipolla si girò e fuggì. Ma si scontrò con l’intera famiglia dei topi che erano stati svegliati dalle urla della nonna e stavano accorrendo in suo aiuto.

Ci fu un rimescolamento generale. Qualcuno finì sopra ad un altro. Quando i padroni di casa capirono cosa fosse successo ci fu una grande risata generale.

Fecero, però, fatica a spiegare alla nonna, sorda, che il presunto aggressore fosse un piccolo uomo loro amico.

Un piccolo uomo?

In una tana dei topi?

Ma come è riuscito a trovare un posto?

«E molto piccolo, nonna, e non ha un posto dove abitare! Allora lo abbiamo invitato a stare da noi!»

«Che sciocchezza! Un uomo non può abitare in una tana! Gli uomini abitano nelle case!»

«Ma lui non ha una casa!»

Tutti poterono sentire che Cipolla piagnucolava.

«Vostra nonna ha ragione. … Non posso vivere in una tana. … È buio, è caldo, non c’è aria. … A casa mia c’erano le finestre …»  disse Cipolla, disperato, piangendo a dirotto.

I topi tentarono ancora di consolarlo.

«Non ti preoccupare! … Troveremo una soluzione!»

«Oh, cari topolini! … Accompagnatemi fuori, … per favore!»

Era ancora notte.

«Deve ancora fare giorno! … Andate a dormire. … Io mi siederò qui, prenderò un po’ d’aria …» li esortò il loro piccolo ospite sedendosi sull’erba fresca.

La notte era calda, si respirava bene.

Cipolla si sdraiò e si addormentò profondamente.

Lo svegliò l’uccellino Zvin, cinguettando allegro su di un ramo proprio sopra di lui.

«Buongiorno Zvin!»

«Ciao Cipolla… Perché sei qui? …»

«Non potevo dormire nella tana, sono troppo abituato alla casa mia!» rispose con un velo di tristezza.

Frattanto i topi erano balzati fuori dalla tana. Si precipitarono, ansiosi, verso Cipolla.

«Allora! … Come stai? …»

«Bene, bene! … Ho dormito qua, non vi preoccupate! … Forse vi siete offesi. Scusatemi! … Ma, veramente, io non posso vivere in una tana! …»

«Ti capiamo benissimo Cipolla! … I topi, invece, non vivono nelle case con le finestre. Sarebbe troppo pericoloso! … Perciò, ognuno ha bisogno della abitazione più appropriata! …»

«Sì!» disse l’uccellino Zvin «Difatti, io vivo in un nido, le rane in un pantano, i pesci nel fiume, i tamia nelle cavità degli alberi! …»

Sentendo che parlavano di lui, proprio un tamia scese da un pino lì vicino.

Lui era un grande amico dei topi e dell’uccellino.

«Cos’è successo? … Forse posso aiutarvi! …»

«Dobbiamo trovare un’abitazione per il nostro amico Cipolla.

Ha perso la sua casa!»

«Ah! …» disse il tamia rimanendo pensieroso.

Lui era vecchio e saggio.

«Dunque, … dobbiamo trovare una casa, … oppure possiamo costruirla! …»

«Costruirla! … Ma come?»

«Noi sappiamo solo scavare le tane!» dissero i topi.

«Ed io, so fare un nido!» aggiunse Zvin.

«Ti possiamo trovare una cavità bassa in un albero, vicino alle radici. Così potresti viverci! …»  propose il tamia.

«Ma non ci saranno finestre! …» obiettò Cipolla con timidezza.

Tutti restarono silenziosi.

Dopo un po’ il tamia dichiarò:

«Io so come! … La tua casa non era di legno? … Si? …»

«Si! …»

«Allora la facciamo di legno! … Con i rami piani.»

«Ma come? …»

«Ci aiuteranno I castori! … Loro sanno fare gli argini. Ci prepareranno i tronchi per la casa! … Sono miei amici, ci aiuteranno! …» 

«Ah, che bello! …» si rallegrarono tutti. «Andiamo dai castori! …»

I castori abitavano vicino, dentro un ruscello che sfociava nel fiume grande.

Avevano una grande diga che costruivano e ricostruivano continuamente.

Anche in quel mentre, un grande castoro stava trascinando, verso la diga, un pezzo di ramo segato da lui.

Nel ruscello giocavano molti castorini.

«Buongiorno, amico mio!» lo salutò il tamia.

Questi rispose al saluto con un cenno del capo.

Lui non era molto loquace.

Anche gli altri costruttori della diga risposero al saluto agitando frettolosamente una zampa. Avevano tutti un ramo di albero in bocca.

I piccoli castori, vedendo tutti quegli ospiti, schizzarono fuori dall’acqua, curiosi.

Il tamia raccontò al suo amico la storia di Cipolla. Gli descrisse i suoi

guai e gli chiese aiuto.

Il Castoro guardò Cipolla.

«Perché questo uomo non abita con gli altri uomini nel villaggio?» chiese.

«Lui è troppo piccolo! Guarda! Gli uomini lo potrebbero scacciare, fargli del male!»

«Sì, è vero, lo potrebbero!» convenne il grande castoro.

«E anche i gatti, e i cani» aggiunsero i topolini.

«Si, può essere» ribadì quegli, con espressione grave

«Ci aiuti, per favore?» chiesero in coro tutti mentre Cipolla stava, infelice, a capo chino.

«Babbo, per favore, aiutalo questo omino. È così simpatico!» aggiunsero, insieme, anche i castorini.

Il castoro diede un altro sguardo a Cipolla.

Poi, si diresse, deciso, verso il ruscello.

«Un attimo!» disse e si tuffò nell’acqua.

Tornò con alcuni amici.

«Noi vi aiuteremo!» dissero quegli.

«Urrà!» gridarono gli altri. 

Il castoro chiese a Cipolla, con aria da intenditore:

«Quali erano le dimensioni della tua casa?»

«Era accogliente! Là ci andavano dieci miei amici!» e aggiunse «C’erano una porta e anche tre finestre!»

Il castoro annuì. Poi, andò con gli altri costruttori nel bosco.

«Anche noi vogliamo aiutare!»  gridarono gli altri animali e gli corsero dietro.

Cipolla si trovava vicino all’albero nei pressi del quale sarebbe sorta la sua nuova casa. Era vicino alla tana dei topi.

A poca distanza da lì stava accadendo una situazione straordinaria.

I castori avevano portato dei tronchi di legno piani e uguali. Con quelli facevano i muri della casa.

Tutti volevano aiutarli.

Ma i muratori si opposero.

«Noi facciamo l’esterno, voi farete l’interno!» dissero.

Gli altri acconsentirono, soddisfatti.

Finalmente, la casa fu edificata.

Come previsto, era adiacente all’albero,

nell’erba fitta, tra bei fiori gialli e bianchi.

Aveva una finestra su ognuno dei muri laterali. Ne aveva, poi, un’altra davanti, accanto alla porta. Questa dava sul terrazzino d’ingresso.

Il tetto era fatto di corteccia di betulla.

Gli animali facevano una gran baldoria, l’uccellino volava su e giù, cantando a squarcia gola.

Cipolla non riusciva a proferire parola, tanto era nervoso.

Finalmente, tra le lacrime, disse diretto verso i castori costruttori:

«Siete così bravi, così buoni! Mi piace tantissimo la casa che mi avete fatto, mille grazie a voi!».

Anche gli amici espressero la loro cordiale gratitudine ai castori e lodarono il loro lavoro.

«Mah, di niente! …» brontolò bonariamente il costruttore maggiore. «Non c’è di che!» 

Poi, si rivolse a Cipolla:

«Ora, la casa è tua … piccolo uomo! …» e concluse «Noi dobbiamo andare … arrivederci!»

E i modesti castori si diressero verso la loro diga.

Gli animali, contenti, si apprestarono ad organizzare l’arredamento del nuovo alloggio di Cipolla. Per letto disposero un giaciglio di paglia morbida; una pietra piana sostituiva il tavolo; delle pietre più piccole, le sedie.

Poi fu la volta delle scorte di cibo.

La mamma-topo portò i grani; il tamia salì nella sua cavità e tornò con delle noci; i topolini colsero un po’ di fragole di bosco; l’uccellino volò sul campo dei fiori e ne regalò a Cipolla un bel mazzo per l’inaugurazione della nuova casa.

La festa continuò fino a quando fece buio.

Dopo, tutti augurarono la buonanotte e se ne andarono.

Cipolla, si addormentò nella sua nuova accogliente casa, profondamente.

Capitolo 4

Alessandro

Sul sentiero del bosco, cantando allegramente, camminava il ragazzo di nome Alessandro.

Era appena arrivato dalla città per rimanere, tutta l’estate, da sua nonna che abitava nel villaggio.

Alessandro era diretto al campo delle fragole di bosco per coglierne un paniere.

La giornata era limpida e piena di sole; sui rami cantavano gli uccelli; nella morbida erba saltavano i grilli; bellissime farfalle dalle ali variopinte volavano di fiore in fiore.

Egli era nei pressi del campo che ben conosceva, quando, di colpo, lo fermò un grido ripetuto, stridulo, penetrante:

«Ohi! Ohi! Ohi! Mi schiaccerai!»

Alessandro si fermò con la gamba a mezz’aria.

«Chi è qua!»

«Sono io! Bada a dove metti i piedi!»

Il ragazzo posò il piede con cautela.

Si chinò, e vide, nell’erba, un uomo piccolissimo.

Era alto quanto il palmo di un bambino.

Fu preso da grande meraviglia. Non riusciva a dire niente.

Lui fissava il piccolo uomo e il piccolo uomo fissava lui.

Finalmente il ragazzo disse, a bassa voce:

«Non scappare via!»

Tutti i bambini vorrebbero giocare con un piccolo uomo. Sognano di trovarlo, fare amicizia con lui, divertirsi con lui, nasconderlo nella loro stanza senza dirlo a nessuno.

Così, anche Alessandro.

Sognava di avere un amico così piccolo, che avrebbe potuto tenere in mano. Quell’essere ai suoi piedi era proprio così. Aveva una faccia rotonda, rossa, con gli occhi neri e allegri, i capelli ricci e biondi. Era vestito con una giacca arancione e pantaloni ampi verdi. Aveva una sciarpa anch’essa verde, punteggiata di bianco, intorno al collo. Avrebbe potuto scambiarlo per un fiore tra l’erba.

Il piccolo uomo non scappò.

Capì che quel gigante non gli avrebbe potuto fargli del male poiché   era preso da grande curiosità nei suoi confronti.

Alessandro, infatti, si sedette sulle calcagna e osservò con attenzione quello stravagante abitante del bosco.

«Tu vivi qui? … Non ti ho mai visto prima!»

«Ah, no! Sono capitato in questo bosco da poco tempo!»

«Come ti chiami?»

«Cipolla … E tu?»

«Alessandro! … Sono venuto qui, dal villaggio, per raccogliere le fragole di bosco! … Non avere paura di me!»

«Ma io non ne ho! Non sei un vero grande gigante!»

«Ho otto anni! … Vado a scuola!»

«Come? … Come? … Cosa fai?»

«Vado a scuola! È un luogo dove insegnano a fare i calcoli, a scrivere, e molte altre cose.

«Non ho mai sentito una cosa del genere! Mi racconterai?»

«Certamente!» promise Alessandro, mentre una montagna di domande gli bruciava le labbra.

«E tu, dove abiti?»

«In una piccola casa qui vicino! … Me l’hanno costruita i castori!»

«I castori?» esclamò, sorpreso, Alessandro

«Si! Sono i miei amici! Sono miei amici anche i topi, il tamia, l’uccellino!»

«Come ti invidio! … Loro hanno paura di me, e tutti scappano quando mi vedono!»

«Beh, tutti hanno paura dei giganti. Potreste arrecarci danno!»

«Si, …» disse il ragazzo con aria pensierosa «ci sono degli uomini non bravi. Io non faccio amicizia con quelli!»

«E con me? … La farai l’amicizia?»

«Si, certo! Tu mi piaci moltissimo!»

«Vuoi vedere la mia casa?» chiese fiducioso il piccolo uomo. «Vieni più vicino alla betulla!»

«Ma, io non vedo niente!»

«Allarga l’erba!»

Alessandro spostò dei fili d’erba, e vide una piccola graziosa casa quadrata, con tre minuscole finestre, una per ogni lato, un’altra

vicino alla porta d’ingresso, e perfino il terrazzino davanti.

Sbirciò dentro attraverso le aperture.

«Che bello! E perché c’è quel cumulo d’erba?»

«Io ci dormo!»

«E le pietre?»

«Sono invece la tavola e le sedie!» spiegò Cipolla.

Poi, aggiunse tristemente:

«Nella mia vecchia casa tutto era vero: il letto, la tavola e perfino l’armadio!»

«L’armadio! …»  ripeté Alessandro, e divenne pensieroso.

Si animò ad un tratto e disse:

«Sai Cipolla, forse posso aiutarti! A casa di mia nonna ci sono i mobili delle bambole di mia sorella. Andiamo a vederli. Forse possono andare bene per te!»

«Fare una visita ai giganti! …» esclamò, sorpreso e preoccupato, il piccolo uomo.

In quel momento qualcosa frusciò tra l’erba

Cipolla si voltò. Poi, disse preoccupato:

«No, io non vado dai giganti! Ho troppo paura!»

«Ma, io non ti faccio paura!»

«No! … Tu no! … Tu sei bravo!»

«E anche mia nonna è brava e buona. Lei bada ai vitelli della fattoria. Li ama. Ora non è in casa. Andiamo!»

«Va bene! Ma, … non farmi vedere … da nessuno»

«Certo. Non ti preoccupare!»

Alessandro era consapevole che nessuno dovesse sapere di Cipolla. Immaginava cosa sarebbe potuto accadere se qualcuno degli adulti l’avesse visto. Assolutamente non doveva succedere. Quello doveva essere il suo segreto.

Allora, prese Cipolla nelle mani. L’uomo era piccolo e caldo come un gattino.

«Ti porterò nelle mani! Se incontriamo qualcuno ti metterò nel paniere!»

Andarono nella direzione del villaggio.

Cipolla si guardava intorno orgoglioso.

«Ah, questi sono i miei amici!» disse, indicando l’uccellino che volava là vicino; e rivelando la presenza dei topolini che correvano, acquattati fra l’erba ai lati del sentiero, e che non osavano manifestarsi al ragazzo. Loro si fermarono ai margini del bosco. Decisero di aspettare là. Solo il curioso topolino Pin continuò a correre dietro a loro.

Alessandro uscì dal bosco e si incamminò sul sentiero del campo. Il piccolo uomo gli raccontava come era capitato là.

«Mi dispiace per la tua disavventura, Cipolla … Ma, … se non fossi capitato qui, non ci saremmo conosciuti!»

«Si, sono molto lieto di averti conosciuto. Vorrei anche che fosse ritrovato il mio amico Foglia Mastus! …»

«Non preoccuparti! Lo ritroveremo il tuo amico!»

Arrivarono nei pressi delle case del villaggio.

Alessandro mise Cipolla nel paniere. Appena in tempo, poiché qualcun altro stava andando loro incontro.

Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore. Quello che si stava avvicinando era un bulletto locale, il figlio dei vicini. Si chiamava Pietro e aveva tre anni più di Alessandro.

Pietro aveva la solita espressione da prepotente. Pregustava il gusto di mettere in atto la sua spavalderia.

Alessandro si fermò.

«Cipolla, devi nasconderti, siediti qui nell’erba!» disse poggiando il paniere per terra. «Non affacciarti!»

Cipolla si riparò nell’erba fitta.

Alessandro si era appena alzato. Pietro gli stava già vicino.

«Tu, piccoletto! … Cosa hai perso?» chiese arrogante.

«Beh, io …»

«E cos’hai nel paniere? … Le fragole di bosco?»

«No! … »

«Bugiardo! … Fammi vedere!»

Pietro afferrò il paniere e guardò all’interno.

Ah! … C’è un topo! …» esclamò buttandolo in terra schifato.

Dal contenitore sbucò il topolino Pin che corse a nascondersi nell’erba.

«Così, raccogli topi? …»

«Si, mi piacciono!» rispose Alessandro, sorpreso di come ci fosse il topolino nel paniere.

«Uffa! Che schifo!» ripeté Pietro irritato. Lui, sempre coraggioso e

sfacciato con i minori, aveva paura dei topi.

«Fatti da parte! Mi stai sbarrando la strada!»

«Ma dai! Ti sembra che ci sia poco spazio?»

«Sì, poco! … Vedi, come sono grande! … Vattene!»

Alessandro non si spostò.

«Così grande e così stupido!» disse.

«Chi è stupido? …» ruggì Pietro. «Io? … E basta con te! …»

E fece per balzare addosso ad Alessandro.

Questi, con uno scatto, si girò di lato. L’altro perse l’equilibrio e quasi cadde. Si riprese. Voleva afferrare Alessandro. Ma, si fermò di colpo, sbarrò gli occhi e gridò.

«Aaaaahhhh! … Ahi! …

Fa male! … Chi è?»

E vide cosa gli azzannava le gambe.

«Topiii! …» strillò.

Pietro era, infatti, circondato da un branco di topi. Correvano sui suoi piedi, si arrampicavano sui pantaloni. Lui scuoteva le gambe per scacciarli, terrorizzato dal poterli toccare con le mani. Si gettò urlando dal ribrezzo in direzione del villaggio, incespicando più volte.

Finalmente, i topi si allontanarono.

Pietro, allora, si fermò e ritornò verso Alessandro.

«Sei tu, che mi hai fatto attaccare? …»

«Certo, questi sono i miei topi! … Vero? …» rispose Alessandro. Però, non riusciva a capire come avessero fatto gli amici di Cipolla ad essere lì sul sentiero. 

«Ah! … Abbiamo un nuovo re! … Un re dei topi! … !»

«Vuoi che ritornino ancora? …» chiese Alessandro.

L’aggressore, spaventato e umiliato, corse via sbraitando

«Il re dei topi, il re dei topi! … »

Alessandro era soddisfatto per come si fosse concluso l’incontro con Pietro e che egli fosse stato punito per i suoi comportamenti.

«Cari topolini! … Quanto siete stati bravi! … Come lo avete spaventato! …

Ma, dov’è Cipolla?»

«È là, nell’erba, fa la ruota, ride a crepapelle e non riesce più a fermarsi» affermarono in coro i topi.

Effettivamente, Cipolla era steso per terra che si teneva la pancia ridendo sonoramente. Quel piccolo, simpatico uomo aveva il riso facile.

Arrivò anche l’uccellino Zvin che rimproverò bonariamente Alessandro per aver tentato, più volte, di colpirlo con la fionda.

Alessandro disse che era soltanto per gioco e che mai e poi mai ciò sarebbe potuto accadere.

«Quanti bei, fedeli amici ho!» esclamò Cipolla.

«Ora sono anche miei amici!» dichiarò Alessandro

«E tu, ci proteggerai?» chiesero tutti.

«Si! … Sempre!» promise deciso il gigante.

I topi e l’uccellino non erano più preoccupati per Cipolla. Erano sicuri che egli fosse, ormai, in buone mani. E se ne tornarono nel bosco.

Alessandro, con il suo piccolo amico, si diresse verso la casa della nonna che si trovava alla fine del villaggio. … ”

«Come piacerebbe anche a me incontrare un piccolo uomo da tenere in una tasca!» esclamò improvvisamente Alicia, approfittando di una pausa del narratore Arturo. «Quanti discorsi potremmo fare insieme!» aggiunse con gli occhi sognanti.

«Normalmente, i piccoli abitanti dei boschi sono elfi, folletti, gnomi, dotati di poteri soprannaturali.» interloquì Luca. «Naso, cioè Cipolla, invece non ha nessuna prerogativa. È solamente piccolo. Perciò, bisognoso di aiuto per poter vivere. Non è così?»

«Certamente Luca, hai proprio Ragione!» rispose l’aiutante del Maestro. «Però, non dimenticare che anche lui è figlio della magia dei libri. Così come tutte le altre creature che vivono in questa storia di amicizia e solidarietà. Sono creature piccole che, insieme, sono capaci di risolvere situazioni grandi! È ovvio!»

«Sì, questo va bene! Io penso, però, che scopriremo che anche lui è un essere speciale!» disse Luca.

«È così! Io penso che lo vedremo dopo! Dai, continua!» disse Alicia.   

Arturo sorrise e riprese il racconto.

Capitolo 5

La casa delle bambole

“ …. La casa rurale della nonna aveva un’area contigua davanti.

Era usata per la manipolazione e l’essiccazione dei prodotti agricoli.

«Vado a prendere la chiave nel casotto degli attrezzi» disse Alessandro.

Mise il paniere con Cipolla sul terrazzino d’ingresso.

Questi iniziò a sbirciare attraverso l’intreccio di fili del canestro.

L’ambiente era davvero intrigante.

Vi camminavano, a tratti, uccelli grandi, bianchi, variopinti. Intorno ad essi correvano altri piccoli uccellini gialli e piumosi. Dietro una recinzione, emettevano muggiti animali sconosciuti con grandi occhi ed orecchie, e con due buchi sul muso.

Ad un tratto, vicino al paniere sentì un chicchirichì strozzato. 

A Cipolla il cuore gli balzò in petto.

Vide un grosso uccello proprio lì vicino.

Aveva un piumaggio lucido, rossiccio, più intenso sul petto, ed una enorme coda di penne ricurve di colore blu intenso.

Girava a scatti intorno al cesto.

Ad un tratto, si fermò e fissò il canestro.

Protese il collo verso l’interno.

Il piccolo uomo poté vedere solamente un grande occhio rotondo, giallo, con una pupilla nera come la notte, che lo fissava, severo, al di sopra di un becco adunco, giallo striato di marrone. Il becco derivava da una testa sormontata da una vistosa cresta rossa come il fuoco e due bargigli dello stesso colore.

Cipolla era terrorizzato.

Emise un urlo strozzato con tutta la potenza della sua voce:

«Alessandrooooo! …»

L’uccello ritirò immediatamente la testa.

«Grisha! … Cosa fai? … Va’ via!» ordinò Alessandro tirando su il cestello. «Quanto sei curioso! … Vattene dalle tue galline!»

«Non temere, Cipolla! … È il nostro gallo.»

Quegli si allontanò, senza fretta, dirigendosi dove gli altri uccelli cercavano fra l’erba.

Cipolla si era ripreso. 

Nella casa della nonna era fresco e aleggiava un odore di buon cibo.

Il piccolo uomo aveva fame. Sarebbe stata ora di pranzo, si disse. Ma lui era educato e timido. E non chiese nulla.

«Andiamo nella mia stanza! Ti faccio vedere i mobili!» disse Alessandro.

I mobili erano straordinari: un tavolo da cucina con le sedie uguali; mensole e tavoli da lavoro; stoviglie di ogni genere; credenze con piatti e posate; armadi per vestiti; e un vero letto.

Cipolla osservava il tutto con piacere.

«Posso sedermi sulla sedia?»

«Si, certo che puoi! E puoi sdraiarti sul lettino!»

«Mi piace tutto!» esclamò soddisfatto il piccolo ospite sedendosi. «Alessandro, chi dorme su questo lettino?» aggiunse.

«Aspetta, te la presento!»

Alessandro aprì il cassetto dei giocatoli, prese una piccola simpatica bambola, e la misi su di un’altra sedia, accanto a Cipolla.

Lui si inchinò

«Buongiorno! Mi chiamo Cipolla! E lei? …»

La bambola non rispose.

Cipolla guardò Alessandro con occhi interrogativi.

Lui rise.

È una bambola! … Non è vera! … Non è animata! …»

Cipolla non aveva mai visto una bambola.

La toccò con cautela.

Essa non si mosse.

«E perché hai bisogno delle bambole, Alessandro?»

«Non è mia! È mia sorella che gioca con lei!

Da noi le bambole le fanno solo per le ragazze!»

«E per i ragazzi che cosa c’è?»

«Boh! … Le macchine, … giochi di costruzione, molte altre cose diverse, … ecco qui … vedi? …»

disse Alessandro prendendo in mano il modello di un camion.

«Vuoi fare un giro? … Siediti dentro! … Te lo accendo, è a pile!»

Cipolla prese il volante emozionato. 

Girava per la stanza, esaltato, imitando il suono di una tromba con la bocca.

Alessandro non era meno compiaciuto del piccolo uomo.

Poi, lo fece fermare e gli mostrò altri giocattoli.

«Tutto è così interessante qui da te!»

«Ti è piaciuto? Se vuoi, ti posso venire a prendere nel bosco ogni giorno!»

«Non offenderti Alessandro! Ogni giorno non posso! Ho gli altri amici nel bosco!»

«Allora, posso venire io nel bosco per incontrarvi!»

«Sì, certamente! Questa è un’ottima idea!»

Cipolla tacque. Rimase come in attesa, incerto su che cosa dire o fare.

«Cosa c’è che odora così di buono?» chiese improvvisamente.

«È lo stufato della nonna! … Ah! Tu avrai fame, vero? …» chiese con un senso di colpa Alessandro.

Cipolla annuì timidamente.

«Ora pranziamo insieme! Ti prenderò un piatto e le posate dalla casa delle bambole!»

Davanti al cibo l’ospite rimase incerto.

Assaggiò un pezzettino di carne facendo una smorfia.

«Cosa c’è? Non ti piace?» osservò Alessandro.

«Scusa, io non mangio il cibo salato! … Non hai qualcosa di dolce?»

«Ma certo! …»

Alessandro mise immediatamente sul tavolo un barattolo di miele, un altro di marmellata, una confezione di caramelle.

«E qui c’è la torta di mele!» disse Alessandro depositando sul tavolo un vassoio con una crostata di mele ancora caldo di forno.

Ne tagliò una fetta che poi divise in piccoli pezzi.

Cipolla mangiò tutto con gran piacere. Specialmente le caramelle. Non le aveva mai viste né mangiate.

Alla fine del pranzo cominciò a sbadigliare. Chiuse gli occhi. Barcollò, quasi cadendo dalla sedia.

Alessandro capì che lui volesse dormire. Lo mise sul lettino. Anche lui andò a letto. Dopo un po’ entrambi dormivano profondamente.

Cipolla si svegliò prima di Alessandro.

Scese dal lettino, osservò ancora i mobili che Alessandro gli aveva promesso.

«Come bello! Adesso ho tutto! I miei amici del bosco saranno sorpresi!»

Sentì come un fruscio.

Poi un’unghiata sulla porta socchiusa.

Infine, apparve una zampa pelosa che cercava di aprirla completamente.

Cipolla era impietrito dalla paura.

Non sapeva cosa fare.

Senza pensarci troppo, si nascose nell’armadio della casa delle bambole.

Sentì che il nuovo arrivato era molto vicino.

Poi lo sentì masticare. Stava mangiando i resti del pranzo.

«Miaoooo!»

Quel miagolio l’aveva già sentito. L’aveva emesso il grande nemico dei topi. Era terrorizzato. Si sedette sul fondo dell’armadio, tremando. 

Il gatto percepì il leggero rumore procurato da Cipolla. Si avvicinò e grattò la porticina del piccolo armadio con le unghie. 

Il piccolo uomo smise anche di respirare per non fare più rumore.

Il gatto percepì, comunque, la sua presenza. Si sdraiò deciso ad aspettare.

«Spero che Alessandro si svegli al più presto!» disse Cipolla a sé stesso. Alessandro sembrò averlo sentito. Arrivò da lì a poco.

Diede un’occhiata ai mobili delle bambole.

Cipolla non c’era sul lettino.

Invece, lì, accanto all’armadio, c’era sdraiato Filia, il gatto.

Alessandro fu preso da grande timore. Scattò in piedi.

«Cipolla, dove sei? … Filia, dov’è Cipolla? …»

Un pensiero terribile gli attraversò la mente.

«Cosa gli hai fatto? …» urlò verso Filia.

Questi, spaventato, indietreggiò strisciando sul pavimento.

Una voce lamentosa provenne dall’armadio.

Il gatto fece un salto dritto sull’armadio che si rovesciò.

Il mobile si aprì e l’occupante cadde fuori.

Questa volta Alessandro fu il più veloce.

Afferrò Cipolla e se lo strinse al petto.

Il poveretto tremava come una foglia al vento.

Filia miagolava, girava e si strofinava, confuso, intorno alle gambe di Alessandro.

Questi, arrabbiatissimo, lo scacciò in malo modo.

«Come hai potuto solamente immaginare di fare del male ad un essere così piccolo! …

Vattene via! … Sparisci! … Sciò!»

gli urlò, allontanandolo, deciso, con un piede.

Filia si allontanò senza capire molto.

In cuor suo, tuttavia, Alessandro si sentiva in colpa poiché non aveva pensato al suo gatto.

Fidia, era un gatto e si era comportato come tale. Era lui che avrebbe dovuto evitare quell’increscioso episodio.

«Oh, Cipolla! … Scusami tanto! … Come ho fatto a dimenticarmi del gatto! … Lo dovevo chiudere nello stanzino di sgombero!»

Ma Cipolla si era già calmato.

«Non ti preoccupare Alessandro! … Non era, poi, così pauroso! … Mi è già capitato di incontrare un gatto! … E quello … era tutto rosso … e grandissimo! … »

«Sì, quello era il gatto di Pietro! … Qui da noi rapisce i pulcini! … Filia è ancora piccolo. Gli piace giocare. Di solito è tenero.  Chissà come sarà quando diventerà grande!»

«Forse voleva solo giocare con me! … »

«Non lo so! Ma, in ogni caso, gli devi stare lontano. E io devo essere più attento! Quante volte sei stato in pericolo, solo oggi! Scusami Cipolla! … Per favore!»

«Ma, no! … Che dici? … Sono io che sono un fifone! Ho sempre paura di tante cose! … Vedi? Ho già dimenticato tutto!»

Poi, aggiunse:

«Alessandro, credo di dover andare a casa. Fra un po’ sarà sera!»

Alessandro guardò l’orologio.

«La nonna sarà qui presto. Andiamo! Ti porterò nel bosco!»

Posizionò nel paniere delle fragole, insieme, con attenzione, l’arredamento e le stoviglie della casa delle bambole, una grossa fetta di torta, le caramelle e, in un angolo separato, il suo amico Cipolla.

Gli amici del piccolo uomo li aspettavano vicino alla sua nuova casa.

Il primo che li vide, da lontano, fu il topolino Pin.

«Stanno arrivando!» urlò con voce squillante.

Si precipitò ad incontrarli.

Cipolla guardava fuori dal paniere. Sorrideva e agitava la mano.

Gli mancavano i suoi amici.

Alessandro tirò fuori i mobili e li mise in mostra sull’erba.

I topi osservavano ogni articolo con ammirazione.

Venne l’uccellino Zvin. Il tamia, con la sua aria distinta, scese dall’albero e offrì la sua opera per disporre i mobili nella casa.

Nessuno degli amici, però, ne conosceva la naturale collocazione.

Così, Cipolla disponeva, felice, e gli altri eseguivano.

All’inizio ci fu una grande confusione:

il letto messo in piedi; l’armadio posizionato con gli sportelli contro il muro; Pin rimasto incastrato nell’armadio; il tavolo dietro la porta; tutti che si accavallavano e ridevano di gusto.

Finalmente intervenne Alessandro, e ogni cosa finì al posto giusto.

Per festeggiare, tutti godettero della torta che era nel paniere.

La casa era così comoda, accogliente, graziosa, che Cipolla si commosse fino alle lacrime.

Tutti ringraziavano Alessandro che era felice e soddisfatto.

«Ora devo andare!» disse ad un tratto. «Devo ancora raccogliere le fragole di bosco per la nonna. È il motivo per il quale ero venuto!»

«Aspetta! Ti aiuterò!» esclamò Cipolla.

«Anche noi!» aggiunsero i topi.

Il tamia e l’uccellino si vollero associare anche loro.

In poco tempo il paniere fu colmo di bacche profumate.

La nonna si sorprese per la grande quantità di fragole raccolte dal suo nipotino.

Quel giorno, egli mangiò di buon appetito tutto ciò che aveva preparato la nonna.

Mentre lo faceva pensava alla splendida giornata che aveva trascorso.

CONTINUA

VALDAJ è una novella di Anna Ershova

genere: INFANZIA E ADOLESCENZA

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