GRAZIELLA E LA FELICITÀ RITROVATA di Monica Gabbanelli

Foto di Eugenio Cortese da Pixabay

Nelle campagne marchigiane, viveva una bicicletta un po’ vecchia ed arrugginita che si chiamava Graziella e che veniva lasciata sempre in garage, perché tutta la famiglia preferiva usare le altre più moderne.

Il piccolo Tobia, di due anni, giocava con la sua bicicletta senza pedali ed andava veloce come il vento.

Nel giardino di fronte alla casa dove viveva, suo padre aveva creato un percorso con dei piccoli dossi di terra e Tobia si divertiva come un matto a passarci sopra.

Tornato dall’asilo nido, trascorreva l’intero pomeriggio a ripetere quel giro, sia che piovesse o che ci fosse il sole.

Sara, di dieci anni, aveva una bicicletta rosa fluorescente di cui era molto gelosa e che non prestava nemmeno alle sue amiche.

Con quella andava tutti i giorni a scuola e la parcheggiava, legata con il lucchetto, in un angolo che era ben visibile dalla finestra della sua classe.

Se vedeva qualche bambino avvicinarsi, durante la ricreazione, subito gli andava incontro, con sguardo minaccioso, chiedendo cosa ci facesse lì.

Nella scuola, piano piano, tutti capirono che era meglio girare alla larga da quella bicicletta rosa fluorescente.

Il pomeriggio, Sara, dopo che aveva terminato i compiti, si faceva una bella passeggiata sulla sua due ruote, per la campagna circostante e si fermava sotto una bella pianta di ulivo a leggere un libro ad alta voce, perché le piaceva così.

Intorno alle 16:00 se ne tornava a casa, faceva merenda e raggiungeva le sue amiche della squadra di pallavolo, per l’allenamento.

Giorgio aveva tredici anni, era appassionato di passeggiate fuoristrada e, per muoversi in paese, utilizzava solo la sua mountain bike.

Era super accessoriata: aveva gomme tacchettate, i raggi delle ruote tutti colorati, la forcella ammortizzata che si bloccava dal manubrio ed un bel contachilometri che gli diceva quanta strada faceva e la velocità; insomma, quando ci saliva sopra, a Giorgio sembrava quasi di stare su di una motocicletta.

Accompagnato da suo padre, ogni domenica mattina, si ritrovava con altri amici, davanti al Bar Stella ed insieme si facevano delle belle escursioni sul monte Conero, che distava pochi chilometri da casa loro.

Percorrevano, inizialmente, una strada asfaltata, poi lentamente raggiungevano i sentieri sconnessi e una volta in cima, scorgevano il mare e gli Appennini.

Si faticava in salita, ma per ammirare quel meraviglioso panorama, ne valeva davvero la pena, era quello che pensava sempre Giorgio.

In discesa si divertiva molto, facendo anche dei salti.

Una volta, gli capitò di cadere sopra una pietra, perché non aveva visto una radice nel terreno, ma, per fortuna, aveva le protezioni alle ginocchia, ai gomiti ed il casco integrale e non si fece praticamente niente.  

La mamma ed il papà di Tobia, Sara e Giorgio, da qualche anno, avevamo acquistato delle biciclette elettriche, con cui andavano a lavorare e facevano la maggior parte degli spostamenti, così speravamo di contribuire a non inquinare l’ambiente.

La mamma si era attrezzata con il seggiolino per portare Tobia all’asilo, prima di recarsi in ufficio, mentre il papà aveva montato un cesto robusto per metterci dentro il suo computer portatile e tutto ciò che gli serviva, per il suo lavoro da ingegnere.

Prendevano l’automobile solo nelle domeniche in cui decidevano di fare delle escursioni tutti insieme, in qualche bella località degli Appennini marchigiani.

Allora caricavano le biciclette sopra la macchina e si portavano dietro tutto l’occorrente per fare il pranzo al sacco (compreso un secchio per l’immondizia, nel caso non ci fosse).

I ragazzi si divertivamo molto in quelle occasioni e spesso facevano delle fotografie, in cui coglievano le particolarità della zona, per poi mostrarle ai loro amici, come trofei.

Poteva trattarsi di un tramonto, un albero o un fiorellino, quando erano in mezzo alla natura, tutto riusciva a stupirli.

Così, nessuno prestava più attenzione alla povera e vecchia Graziella, che si sentiva molto triste e sola.

Lei non era adatta ad essere utilizzata per andare al lavoro, perché non era elettrica e la mamma avrebbe rischiato di fare tardi.

Non era indicata per fare le escursioni fuori strada e nemmeno Sara voleva più usarla, visto che aveva la sua bicicletta rosa fluorescente, regalatale dagli zii, per la Comunione.

Un sabato mattina, Giorgio entrò nel garage ed iniziò a darle una bella spolverata.

Poi prese un secchio, dell’acqua, un po’ di sapone e le fece un bel bagno.

Graziella era stupita, da quanto tempo non si dava una rinfrescata! Il ragazzo andò anche a prendere una pompa e gonfiò le gomme che erano raggrinzite e completamente a terra, ma ancora funzionanti e diede pure una bella oleata agli ingranaggi.

Ora si che Graziella si sentiva bene, felice e piena di vita e aveva quasi voglia di dare un abbraccio a Giorgio, con cui aveva condiviso tante belle passeggiate, quand’era più piccolo. Si domandava, però, come mai, quel giorno fosse tornato a trovarla e a rimetterla a nuovo.

Forse l’avrebbe venduta?

Oppure, peggio ancora, portata a rottamare?

Passò tutto il pomeriggio a pensare e la notte non riuscì nemmeno a dormire, nell’attesa di scoprire cosa sarebbe successo.

La mattina dopo, Giorgio si presentò di nuovo da lei, in garage, e montò il suo vecchio seggiolino accarezzandola e dicendole: «Sai Graziella, oggi andremo a fare un bel giro insieme e porteremo anche Tobia. In paese hanno organizzato un’escursione per biciclette d’epoca».

“Oh, era questo il motivo!” pensò.  

Lei era considerata una bicicletta antiquata…

Decise che non le importava come la giudicassero, quello che contava, in quel momento, era che Giorgio le voleva ancora bene e che poteva tornare a vedere il sole ed a sgranchirsi un po’ le ruote.

Quel giorno, nella piazza del paese, ritrovò vecchie amiche che non vedeva da tanto tempo. Maino 2000 con il suo bel campanellino colorato e tintinnante, Atala Record tirata a lucido, rossa e fiammante, la Cinelli The Machine tutta nera e tenebrosa e tante altre che con lei avevano percorso innumerevoli chilometri di belle passeggiate.

C’era un’aria festante tra i partecipanti, in sella alle proprie biciclette e nessuno controllava più lo scorrere del tempo.

Forse tutti avevano capito che, per tornare a sentire il profumo dei fiori, il canto degli uccellini e l’aria fresca che ti accarezza il viso, non serve avere fretta e le biciclette, anche se un po’ datate e prive di quelle moderne apparecchiature che misurano velocità e chilometraggio, sono le compagne di viaggio ideali.

Alla fine dell’escursione, mentre Tobia stava giocando al parco, Giorgio vide una bambina che stava osservando la sua Graziella con aria un po’ triste.

Le si avvicinò e le chiese come si chiamasse.

Il suo nome era Agnese.

La ragazzina aggiunse che non aveva potuto partecipare al giro di quel giorno, perché non possedeva una bicicletta, in quanto i suoi genitori non avevano i soldi per comprarla.

Per tutto il tempo in cui lui e Tobia rimasero al parco, Giorgio aveva perso il suo sorriso e non fece che pensare ad Agnese.

Anche la notte non riuscì a dormire, fino a quando non gli venne l’idea.

Poteva regalare alla bambina la sua Graziella!

Era un peccato lasciarla quasi sempre in garage inutilizzata.

Il giorno dopo, andò in paese a cercare Agnese e la trovò sempre al parco.

Quando le disse il dono che voleva farle, la bambina restò senza parole.

Le chiese anche quale fosse il suo colore preferito, perché avrebbe ritinteggiato la bicicletta. Era l’arancione.

Le cambiò gomme e catena e la due ruote tornò come nuova.

Così, dopo quel giorno, Graziella non rimase più sola e ricominciò a fare tante belle passeggiate, in compagnia della sua nuova amica Agnese.

GRAZIELLA E LA FELICITÀ RITROVATA è un racconto di Monica Gabbanelli presentato al progetto letterario “I sassi neri”.

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