IL LAGO DEGLI SPIRITI di Cristina Parodi (17 anni – liceo classico)

Il lago degli spiriti era immerso nel mistero.
Chiunque, sia che lo vedesse di sfuggita, sia che vi abitasse a fianco, lo descriveva come un luogo magico.
Gli abitanti del posto che conoscevano il latino lo chiamavano semplicemente un “locus amoenus”.
Era enorme, circondato ovunque da boschi circondati a loro volta dalle montagne.
Durante il periodo primaverile gli alberi in fiore perdevano petali colorati che galleggiavano sulla superficie del lago, formando quello che sembrava un morbido tappeto.
Mentre nel periodo autunnale i colori caldi delle foglie si riflettevano nell’acqua creando insiemi di colori mozzafiato.
Dato l’aspetto magico di quel luogo, le leggende che ci giravano attorno erano tante, ma tutte avevano un punto in comune, i quattro spiriti.
Si diceva infatti che quel luogo fosse abitato da quattro esseri che rappresentavano gli elementi: aria, terra, acqua e fuoco.
Tutti gli assidui frequentatori del lago vaneggiavano di averne visto almeno uno nelle situazioni più disparate.
Nonostante tutto, c’erano quattro leggende riguardanti ognuno di loro che si presentavano più frequentemente delle altre.
Nell’unica zona priva di boschi, ovvero un enorme prato al confine nord del lago, molti, specialmente bambini, raccontavano di aver visto una bellissima donna dalle grandi ali passeggiare, raccogliendo fiori.
Una ragazza alta, ma molto magra, dalla pelle pallida e con due grandi occhi di un colore così chiaro da sembrare quasi trasparenti.
I suoi capelli, anche nelle giornate senza vento, sembravano essere spinti da una brezza leggera.
Si limitava a sorridere a quei bambini, che vedendola avevano quasi l’impressione di prendere il volo.
Era una sensazione che tutti avrebbero ricordato anche in età adulta, ma che nulla sarebbe mai riuscito ad eguagliare.
Quella donna era chiamata Aki, lo spirito del vento.
Girava voce, invece, tra i minatori che lavoravano nelle miniere sulle montagne, che scavando nella roccia si potesse vedere un’ombra nella propria vista periferica.
Un ragazzo, giovane e sporco di terra, difficile da vedere chiaramente, e si poteva guardarlo solo a lato degli occhi, se ci si voltava, infatti, egli spariva. Chiunque l’avrebbe trovata una scena inquietante, da film dell’orrore, ma i minatori sapevano da secoli che l’apparizione di quel ragazzo poteva significare solo due cose: che, scavando ancora un poco, si sarebbe trovata un enorme fortuna di pietre preziose o che scavare oltre era impossibile, per la durezza della pietra.
Questo ragazzo era chiamato Torin, lo spirito della terra.
Anche i pescatori avevano il proprio “spirito”, infatti da generazione in generazione si tramandava la stessa lezione.
Nei giorni in cui si riusciva a prendere poco, si sarebbe dovuto gridare “aiuto” nel centro del lago, ad un volume abbastanza alto da far arrivare la voce sul fondo, ma non troppo perché si sentisse a riva.
Questo avrebbe portato i pesci ad abboccare in massa.
Era raro però, a causa della quantità di pesci che si andava a formare, che qualcuno notasse il mandante.
Quelli che erano riusciti a vederlo lo descrivevano come un ragazzo dalla coda di pesce, una specie di sirena, dalla pelle liscia, ma bluastra, e dai corti capelli di colore nero.
Quelli che l’avevano guardato negli occhi, erano rimasti incantati dal loro colore, un misto di blu e verde che ricordava il fondale marino.
Lo chiamavano Aitor, lo spirito dell’acqua.
C’era poi l’ultimo, quello che rappresentava il fuoco.
Se gli altri spiriti si fossero fatti vedere raramente, lui sarebbe stato ancora più sfuggente.
Quasi nessuno era stato in grado di vederlo e quei pochi che ne avevano avuto la possibilità non erano mai stati capaci di descriverlo chiaramente.
Si era dato per scontato che avesse sembianze maschili, ma nessuno poteva esserne sicuro.
Appariva principalmente nei mesi invernali, a coloro che si perdevano nei boschi o sulle montagne di notte.
Lui arrivava e li scaldava abbastanza perché non morissero.
Alcuni invece, al ritorno dal loro girovagare alla ricerca di legna, trovavano un fuoco già acceso davanti alle proprie tende, fuoco che sapevano non si sarebbe spento finché a loro fosse servito.
Agendo così nell’ombra, era difficile scovarlo, alcuni avevano lasciato deliberatamente il loro accampamento, facendo finta di andare a cercare legna.
Rimanendo invece appostati dietro gli alberi per vederlo arrivare.
Ma bastava si voltassero un secondo o strizzassero gli occhi, il fuoco si accendeva e dello spirito nemmeno l’ombra.
Anche se la maggior parte rimaneva a fissare un mucchietto di legna che non accennava ad accendersi.
Solo una bambina, caduta nel lago ghiacciato in una sera di dicembre era stata in grado di descriverlo alla perfezione.
Ricordava che lui l’aveva tenuta in braccio e che il suo corpo caldo l’aveva scaldata fino a far evaporare l’acqua sui suoi vestiti.
Nina, questo era il nome della bambina, raccontava che quello spirito aveva sembianze che non riusciva a riconoscere chiaramente come maschili o femminili, come si riusciva invece a fare con gli altri.
I suoi capelli erano rossi come il fuoco, i suoi occhi anche.
Sulle sue spalle ardevano due piccole fiamme, che però non bruciavano la sua pelle, ma anzi, sembravano parte di essa.
Era vestito leggero, con abiti neri e nonostante quelle fiamme, il suo sorriso era dolce e amorevole.
Lui, lo spirito del fuoco, era chiamato Frojien.
Molti ritenevano si trattasse di soggezione, altri di un modo per attirare turisti, altri ancora erano fermamente convinti che quegli spiriti esistessero.
In realtà, nonostante le leggende sembrassero vedere questi spiriti agire tranquillamente agli occhi degli umani e aiutarli in ogni cosa, molti minatori, pescatori, bambini e persone perse nelle montagne potevano dire di non essere mai stati aiutati da uno di quei cosiddetti spiriti, in anni di vita vicino a quel lago.
Tutti vaneggiavano di averli visti, ma molti lo facevano per il puro piacere di mantenere viva la leggenda.
Quel pomeriggio d’agosto inoltrato, sul lago degli spiriti faceva parecchio caldo, molti degli abitanti del paese si godevano il fresco all’ombra degli alberi o nelle loro case.
Le rive erano praticamente vuote e nessuno aveva trovato il coraggio di andare a pescare, quindi lo erano anche le acque.
Frojien col caldo era un’esplosione di energie e in giornate come quella avrebbe corso tranquillamente una maratona senza il minimo sforzo, mentre il povero Aitor soffriva tantissimo le alte temperature e rischiava di farsi seccare la pelle se rimaneva troppo tempo all’asciutto.
Il ragazzo infatti era immerso nell’acqua del lago fino a poco sotto le braccia, poggiato ad un piccolo scoglio a cui una pietra più grande faceva ombra.
Torin, che della temperatura se ne poteva fregare, sedeva sullo scoglio più alto. Mentre Aki e Frojien erano seduti sulla spiaggia, a pochi passi dagli altri due.
Frojien accarezzava distrattamente le ali della ragazza, mentre gli altri chiacchieravano amabilmente.
Torin si sporse dal sasso, allungando un braccio verso l’acqua, tentò di lavarsi la faccia, ma come ogni volta lo sporco non accennò a sparire.
«Smettila di provarci. Sai che non funziona» lo criticò Aitor, immergendosi subito dopo, quando notò che le sue dita stavano iniziando a seccarsi.
«Tentar non nuoce» rispose l’altro, fingendo di asciugarsi tristemente le lacrime dal viso.
«È una tua caratteristica» li interruppe Aki, con il suo solito tono dolce e sognante. «Non dovresti volerla togliere.»
«Oh, andiamo!» rispose Torin indispettito. «Tu hai le ali, l’amico qui sotto ha una coda di pesce e una perenne tintarella blu e Frojien ha delle fottutissime fiamme che escono dalle sue spalle. Io cos’ho di speciale? Lo sporco e i vestiti stracciati.»
«Sei bello per questo» rispose ancora lei, sorridendo, cosa che fece sentire Torin come sollevato a venti metri d’altezza.
Non capiva come i bambini potessero amare quella sensazione a lui faceva solo venire da vomitare.
«È ovvio che tu dica così, vivi con la testa per aria» rispose, prima con tono serio, poi scoppiò a ridere.
«Ditemi che non l’ha veramente detto» disse Aitor, scuotendo la testa.
Torin rise ancora di più, tenendosi la pancia come avesse detto la cosa più divertente del mondo.
Sembrava così infantile e stupido a volte, tanto che Aitor si chiese come sarebbe stata diversa la sua storia se ai minatori fosse apparso per come era davvero e non con quella teatralità, che Aitor trovava un po’ assurda.
«Scusate non sono riuscito a trattenermi» esclamò ancora lo spirito della terra, senza smettere di ridere.
«Non hai qualche masso da spostare?» chiese l’altro schizzando l’amico che si spostò indietro, rischiando di cadere dallo scoglio.
Appena ripreso l’equilibrio, Torin iniziò a imprecare.
Nonostante il caldo tropicale di quella giornata le stesse distruggendo, poco distante dalla scogliera sulla riva sinistra del lago, due ragazze stavano camminando nel bosco.
Una di loro era alta quasi un metro e ottanta e camminava con la schiena curva per evitare i rami, l’altra, più piccola di statura, la prendeva in giro.
Frida e Selene erano abituate a camminare nei boschi, lo facevano ormai da anni. Conoscevano il lago degli spiriti come le loro tasche.
Ma quel lato era sempre stato ostico, specialmente per Frida. I rami degli alberi erano troppo bassi, c’era pieno di rovi e la spiaggia a cui volevano arrivare, oltre che essere difficile da trovare, sembrava cambiare locazione ogni volta che tentavano di raggiungerla.
Era un luogo che conoscevano solo loro, un piccolo spazio dove nessuno poteva vederle né disturbarle.
Le due si incamminarono per un piccolo sentiero, gioendo di essere riuscite a trovarlo ancora una volta in mezzo a quella boscaglia.
Quel sentiero era l’unico punto fisso che sapevano dirigersi verso la spiaggia, era ben tenuto, nonostante nessuno sembrasse mai usarlo, cosa su cui però nessuna delle due si era mai fatta domande.
«Frida?» disse Selene, mentre l’amica spostava l’ennesimo ramo da davanti la sua faccia.
«Eh?»
«Ti ricordi quando siamo andate alla spiaggia con tuo fratello due anni fa?»
«Sì, e allora?»
«Secondo te si ricorda ancora come arrivarci?»
Frida si bloccò un secondo e guardò l’amica, che nonostante l’avesse presa in giro per tutto il tempo, in quel momento sembrava molto preoccupata.
«Ha una memoria da schifo non si ricorda nemmeno cosa ha mangiato ieri, figurati se si ricorda come arrivare qui. In più sai meglio di me quanto sia difficile arrivarci anche conoscendo la strada.»
Selene non sembrò per nulla sollevata.
Aveva paura che qualcuno potesse trovarle lì e scoprirle, paura che Frida condivideva, ma non poteva certo preoccuparsi costantemente di quello o non sarebbe riuscita a godersi quei pochi momenti felici e sperava con tutto il cuore che anche Selene iniziasse a pensarla così.
«Eccola la vedo» gridò contenta Frida, che iniziava a vedere in fondo alla distesa infinita di alberi e rovi la sua amata spiaggia.
«Vorrei poter dire la stessa cosa. Ma ecco…»
«Sei troppo bassa.»
«Touché!» fece Selene facendo ridacchiare l’amica.
Sembrava ancora preoccupata, ma il pensiero di aver raggiunto la spiaggia l’aveva sicuramente tirata su di morale, quando poi videro che era vuota, come al solito, Selene tirò un sospiro di sollievo.
Si sedettero in un punto a caso e Frida chiuse gli occhi, godendosi l’aria fresca che soffiava dal lago.
Selene era più calma ma non ancora del tutto sicura, non sapeva perché ma quel giorno aveva la sensazione che sarebbe arrivato qualcuno.
Guardava il lago e i meravigliosi riflessi che la luce creava sull’acqua, era così bello quel posto che faceva fatica ad immaginare che potesse esistere qualcosa di meglio.
Anzi no, qualcosa di più bello esisteva e di questo era certa, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo ad alta voce.
Si voltò a guardare il viso illuminato dalla luce di Frida, la invidiava nel suo essere così tranquilla.
Frida, sentendosi forse osservata, aprì gli occhi e ricambiò lo sguardo dell’amica, sorridendole.
Poi tornarono entrambe ad ammirare il lago.
«Tu ci credi a quelle storie sugli spiriti?» chiese ad un certo punto Selene.
Si accorse che era un argomento di cui non avevano mai parlato, nonostante in anni di amicizia avessero praticamente discorso di qualsiasi argomento.
Frida cambiò subito espressione, cosa che preoccupò l’amica non poco. Selene la conosceva abbastanza da capire che c’era qualcosa che non le aveva detto.
«Oi, tutto bene?»
Frida si guardò i piedi e sospirò.
«Tanto prima o poi te lo dovevo dire, no?» esclamò, ridendo, poi tornò seria.
«Dire cosa?» chiese Selene, che non riusciva a comprendere come un argomento stupido come quello, potesse portare a quella reazione.
«Sai che qualche anno fa casa mia ha preso fuoco, no?»
«Sì, ma certo me lo ricordo, ti ho vista piangere per mesi, non posso certo dimenticarmelo» disse e sentì un peso sul cuore ripensando alle ore passate a stringere Frida tra le braccia, a sentirla tremare e piangere.
«Ti ricordi anche che i miei mi hanno trovata mezza svenuta poco distante dalla casa.»
«Ma abbastanza per non essere colpita dal fuoco, sì mi ricordo anche questo.»
«Io ero in casa quel giorno. Lo so che può sembrare assurdo, perché era una casa piccola, tutta di legno ed ha preso fuoco in poco tempo ma io ero sicura di essere nella mia stanza. Quando il fuoco mi ha raggiunta, non sapevo come uscire, ero praticamente circondata ed ero certa che sarei morta lì. Però ho sentito una mano che mi prendeva e io lo so che sembra una storia assurda è per questo che non l’ho mai raccontato a nessuno, però io sono sicura di averlo visto è lui che mi ha portata fuori.»
«Frojien?»
«Lui mi ha salvato la vita» disse, si sentiva spogliata della barriera di finto scetticismo che si era creata attorno, specialmente parlando con Selene. «lo so che è difficile crederci.»
Selene si sentì in colpa, perché non le credeva, per quanto sapesse quanto quelle parole dovessero aver pesato per Frida
Era la seconda volta che qualcuno le diceva di aver visto uno degli spiriti.
Suo nonno le raccontava sempre di aver incontrato Torin, un giorno in miniera, all’inizio, quando ancora era bambina ci credeva, ma crescendo aveva smesso.
Si pentì di averle chiesto quella cosa, perché si sarebbe sentita in colpa a dirle che pensava che probabilmente la visione di Frojien e tutta quella storia dovevano essere un’allucinazione o un sogno, ma si sarebbe sentita altrettanto in colpa dicendole una bugia.
Selene rimase in silenzio e Frida capì che l’amica non le credeva.
«Non importa» iniziò «se non mi credi, è un tuo diritto.»
«Non è che non ti credo» rispose, stringendo le gambe al petto. «È che mi sembra strano, tutta questa storia degli spiriti» non sapeva come dirle quello che pensava senza offenderla.
Litigare con Frida era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, perché lei era una che si legava le cose al dito e litigare una volta significava perderla per sempre, e certamente Selene non avrebbe sopportato di perderla.
Rimasero in silenzio per quelle che sembrarono ore.
Fino a che non sentirono qualcuno chiamarle.
«Sono ancora loro?» sussurrò Frojien, che aveva nascosto la testa dietro le ali di Aki.
Quelle due ragazze che, se ricordava bene, si chiamavano Frida e Selene, frequentavano quella spiaggia quasi quotidianamente.
Frojien le trovava interessanti, il loro rapporto ricordava molto quello che aveva con Aki e questo allo spirito piaceva.
Tanto che sperava che anche gli altri le scegliessero per quell’anno.
«Eccole!» esclamò contento Torin. «Mi mancavano oggi.»
Quelle due erano simpatiche a tutti, principalmente perché riuscivano sempre a trovare quella spiaggia, nonostante Torin si premurasse di spostarla ogni volta.
«Andiamo via?» suggerì Aitor, immergendosi in acqua.
Era sempre lui a dirlo, ma era una cosa che pensavano tutti, quando le vedevano arrivare andavano via, per lasciare loro una certa privacy.
Sapevano bene di non poter essere visti se non lo volevano, ma rimanere lì era sempre sembrato a tutti un “abuso di potere”, così lo chiamava Aitor.
Gli altri si alzarono in piedi, tranne Aki, che fissava le due ragazze sedute sulla spiaggia, ignare della presenza di quei quattro.
«Aki?» la chiamò Frojien, prendendole una mano, ma la ragazza non fece segno di notarlo.
«Non ti sembra triste oggi?» fece lei, ed effettivamente guardando bene, Frojien, notò che nel viso di una di loro, Selene se non errava, c’era qualcosa che non andava.
«Tu ci credi a quelle storie sugli spiriti?»
Le parole di quella ragazza furono abbastanza per attirare l’attenzione di tutti i presenti, che si lasciarono subito alle spalle il proposito di andare via.
In fondo non ascoltavano cose private, stavano parlando di loro.
Aitor nuotò verso le due, mentre Torin scese dallo scoglio e corse nella loro direzione. Aki e Frojien, anche se titubanti all’idea di ascoltare, si fecero convincere dagli altri due a rimanere e, mano nella mano, si avvicinarono alle ragazze.
«Sai che qualche anno fa casa mi ha preso fuoco, no?» aveva iniziato Frida, che nel frattempo aveva assunto la stessa espressione triste di Selene.
Frojien ebbe un momento di straniamento, poi ricordò.
Erano passati circa quattro anni, forse cinque.
Una delle case del paese stava andando a fuoco, ricordava di aver guardato quella casa e aver pensato che se gli abitanti non stavano attenti tutto il paese potenzialmente sarebbe potuto andare a fuoco.
Non aveva intenzione di fare nulla all’inizio, ma poi sentì qualcosa.
Dentro la casa c’era qualcuno, chiuso in una stanza, circondato dalle fiamme. Qualcuno che il suo cuore non gli permetteva di lasciare lì a morire.
Non fece nient’altro che salvare quella ragazzina.
Mentre Frida raccontava, Frojien piano piano ricordava.
Un’immagine nitida si formò nel suo cervello, di quella ragazza che ripeteva “grazie” sottovoce, mentre stringeva le braccia attorno al suo corpo.
Selene però sembrava non crederci.
«Lui mi ha salvato la vita» riprese.
In quell’istante un fiume di risate riempì la spiaggia, risate che Frojien fu felice le due ragazze non potessero sentire.
«Un’altra persona che crede che tu sia un uomo, a quante siamo Aitor?» gridò Torin, stringendosi nuovamente le braccia attorno alla pancia.
«Ho perso il conto ma direi tante» Aitor rideva anche lui a crepapelle, mentre Aki continuava a guardare preoccupata le due ragazze.
Frojien arrossì, lei aveva tenuto il conto, ma di certo non avrebbe rivelato il numero esatto a quei deficienti.
Le due ragazze continuarono a parlare, ma dopo poco fu chiaro che Selene non credeva ad una parola di quello che aveva detto Frida.
Ad un certo punto si zittirono entrambe e nonostante prima fossero presi dalle risa, anche Aitor e Torin smisero di ridere e si guardarono preoccupati tra di loro.
I quattro spiriti non seppero mai perché quel litigio silenzioso li avesse colpiti così tanto.
Eppure, rimasero a guardare in silenzio quelle due ragazze, tutti profondamente scossi.
Forse perché quel litigio, in un certo senso, era colpa loro.
Potevano agire senza farsi vedere, vivendo nell’ombra come avevano fatto per anni.
Eppure, un giorno Torin, per scherzare con un tizio che si era nascosto in una delle grotte tra le montagne per difendersi dalla pioggia, qualcosa come mezzo millennio prima, aveva fatto cadere di proposito una roccia a pochi passi da lui.
Quell’uomo spaventato era corso via, probabilmente pensando che la grotta non fosse sicura, e sarebbe finito dritto in un burrone se Torin non l’avesse inseguito e salvato.
Si era sentito così in colpa in quel momento che aveva deciso di apparire a quell’uomo per chiedergli scusa.
Da quel giorno erano iniziate le leggende.
Avevano sempre aiutato le persone in difficoltà, erano lì per quello, ma da dopo quell’apparizione avevano iniziato a farlo, ogni tanto, mostrandosi alla persona che salvavano.
Non così spesso, ma abbastanza perché le voci su di loro girassero.
Si divertivano a sentire le leggende che li vedevano protagonisti.
Frojien si sentì in colpa.
«Se parlassi con loro?»
«Fro!» le rispose con dolcezza Aitor. «Non credo migliorerebbe le cose, la ragazza che ti ha visto potrebbe arrabbiarsi con l’altra ancora di più se scoprisse che effettivamente esisti.»
«In fondo non è colpa tua» sussurrò Aki, stringendole la mano ancora più forte.
Avevano ragione.
«È che speravo fossero loro quest’anno, ma se litigano mi sa che non verranno più qui.»
Frojien provava il profondo desiderio, forse non tanto di fermare quel litigio, quanto di dare a Frida la certezza che lei esistesse, per non farla sentire pazza. Se fosse apparsa, però, loro si sarebbero spaventante?
Sarebbero scappate via in preda al panico?
O magari no.
Magari sarebbero semplicemente rimaste a fissarli pensando chissà che cosa.
Era un dubbio che la tormentava in continuazione, per quello forse faceva più fatica degli altri ad agire.
Si inginocchiò davanti a Frida e le sfiorò il viso con una mano, lei dovette sentire qualcosa, perché si scosse leggermente.
Torin si avvicinò a lei e le picchietto dolcemente con una mano sulla testa.
«Dai andiamocene è meglio» disse nuovamente Aitor, pensando che, andando via si sarebbero dimenticati tutti di quella cosa.
«Aspetta pesciolino, ho un’idea» lo interruppe Torin, alzando un braccio verso di lui.
“Avere un’idea è un parolone” pensò, ma pensò anche che aggiungere quelle parole al suo discorso non sarebbe stato utile alla sua causa.
Se c’era qualcosa che non gli piaceva era vedere Frojien soffrire, specialmente dato che, quella situazione, se presa molto alla larga, era tutta colpa sua.
Gli altri tre rimasero a guardarlo senza capire, mentre si dirigeva ai confini del bosco.
Si appoggiò ad un albero e sorrise.
Poi, senza alcun preavviso, gridò i nomi delle ragazze.
Le due si girarono.
«Che cazzo ti è venuto in mente Torin?» gli gridò contro Aitor, ma lui fece finta di non sentirlo.
Selene e Frida si girarono, alzandosi in piedi, prima piene di terrore, poi sembrarono più che altro interdette.
Quando si voltarono davanti ai loro occhi c’era un ragazzo.
In tutta sincerità, Frida, si aspettava di vedere suo fratello o qualcuno della sua famiglia che le aveva seguite.
La ragazza contò che a occhio e croce quel tipo doveva avere la loro età.
Era completamente coperto di terra, come si fosse appena rotolato nel fango.
Nessuna delle due aveva idea di chi fosse, né di come fosse arrivato lì, né tantomeno come conoscesse i loro nomi.
«Mi fa strano sapete, di solito mi dimentico subito i nomi delle persone» esclamò contento il ragazzo.
Nonostante l’aspetto trasandato, il modo di parlare e di comportarsi sembravano sinceramente gentili.
Ma il fatto che si fosse presentato così, dietro di loro, le inquietava parecchio.
Frida, quasi inconsciamente, spostò Selene dietro di lei, come per proteggerla.
Quell’apparizione inquietante le aveva fatto totalmente dimenticare del litigio e così era anche per Selene.
«Chi saresti tu?» chiese.
Il ragazzo si grattò la testa e si passò le mani sul viso, come per pulirlo, cosa che però non fece che peggiorare la situazione.
«Se ve lo dicessi non mi credereste» rise. «Mi chiedo perché mi sia venuta quest’idea deficiente. Me lo sta chiedendo anche Aitor. Ciao bello» fece salutando un punto impreciso nell’acqua.
Entrambe pensarono che fosse pazzo ed entrambe si guardarono intorno alla ricerca di un punto per scappare.
«Ah, sì!» fece Frida. «Dircelo magari sarebbe carino, non credi?»
Il ragazzo scoppiò a ridere, con un suono talmente strano che le due si spostarono indietro, rischiando di finire in acqua.
«Finiscila Torin così le spaventi!» un altro ragazzo, anzi no, pensò Selene, era una ragazza, sembrò apparire dal nulla loro fianco.
«Torin?» sussurrò, ricordandosi dei racconti del nonno.
Quel ragazzo era esattamente come lei aveva immaginato Torin, quando lui le raccontava la storia di come aveva incontrato lo spirito della terra, un giorno in miniera.
La ragazza apparsa al loro fianco aveva delle fiamme sulle spalle, forse prima nascoste dal sole, in quel momento erano difficili da non notare.
«Frojien?» fece Selene, indicandola e Frida paradossalmente la strinse a sé, come fosse ancora spaventata, anche se il suo viso mostrava una gioia mai vista prima.
«Sono loro!» sussurrò e Selene, per quanto incredula, non poté che darle ragione.
«Visto, ha funzionato Fro» scherzò Torin, indicando l’altra.
«Tu sei pazzo!» gli rispose lei.
Frojien ci mise un po’ a capire, ma appena le fu chiaro l’intento di Torin le venne da ridere.
Le aveva spaventate a tal punto che, sapere che loro erano spiriti, le spaventava meno di quanto lo avrebbe fatto un ragazzo strano sporco di terra che parlava in modo inquietante.
«A questo punto direi che non ha senso nascondersi, Aitor, Aki» chiamò Torin e anche gli altri due si mostrarono alle ragazze.
Frida non sapeva cosa dire, ma il suo primo istinto fu quello di gettarsi tra le braccia di Frojien.
“Grazie” pensò “sia per avermi salvata, sia per aver fatto conoscere questa magia anche a Sel”.
Frida sentì una piacevole sensazione sulla sua pelle, il corpo di Frojien era caldo, non abbastanza da bruciarla, ma quanto bastava per riscaldarla.
Iniziò a piangere senza riuscire a fermarsi.
«Oh beh non mi aspettavo che avrebbe funzionato davvero» esclamò Torin, da dietro le ragazze, sorridendo.
Selene provò di nuovo quel senso di colpa.
Per quanto fosse colpita e anche felice, a modo suo, non riusciva a non pensare al fatto che poco prima aveva praticamente dato della pazza a Frida e che probabilmente il fatto che avesse ragione l’avrebbe fatta arrabbiare ancora di più con lei.
Si sarebbe presa a pugni, per avere la stupidità di pensare a quello mentre degli spiriti magici, ritenuti una leggenda, erano letteralmente apparsi davanti a loro, ma non riusciva a non pensarci.
Frida si separò da Frojien.
«Hai visto» disse poi, rivolgendosi a lei «non è bellissimo» gridò, correndo ad abbracciarla.
Selene non capiva, forse perché l’amica non aveva mai realmente avuto il coraggio di dimostrarle quanto le volesse bene.
Frida si legava le cose al dito, quello era vero, ma non sarebbe mai riuscita ad arrabbiarsi tanto con Selene da far terminare quell’amicizia, ci teneva troppo. In quel momento, oltretutto, l’unica cosa a cui Frida riusciva a pensare era che gli spiriti esistessero davvero.
Aitor tirò un sospiro di sollievo «Cavolo il suo stupido piano ha funzionato!»
«O mio Dio!» gridò nuovamente Frida, che era arrivata a saltellare dalla gioia.
Frojien si accorse di quanto quella ragazza assomigliasse ad Aki, nel suo modo di fare, e non poté fare a meno di sorridere.
«Ma perché siete qui?» domandò Frida.
«Sembrava che steste per litigare e voi ci state simpatiche, voglio dire vi vediamo qui quasi tutti i giorni. Non è che vi spiamo, di solito ce ne andiamo subito quando arrivate, ma stavate parlando di noi e ci siamo incuriositi» le rispose Torin.
Selene guardò lo spirito della terra, era così simile ad un ragazzo reale rispetto agli altri che se Frojien non si fosse mostrata, non avrebbe mai pensato che lui potesse essere uno spirito.
Si chiese se avesse avuto quello stesso aspetto anche quando suo nonno l’aveva visto, eppure l’aveva descritto con intorno a sé un’aurea quasi inquietante, che Torin in quel momento non aveva per nulla.
Avrebbe voluto chiedergli se si ricordasse di suo nonno, ma non trovò il coraggio di parlare.
«Io pensavo che appariste solo alle persone che hanno bisogno di aiuto» li interruppe Frida.
«Voi avevate bisogno di aiuto» rispose Torin «ma adesso è meglio che andiamo via, non credete ragazzi.»
«Aspettate» per sorpresa di tutti, fu Selene a parlare che aveva del tutto messo da parte la paura per fare spazio ad una profonda curiosità «se promettiamo di non dirlo a nessuno, possiamo farvi qualche domanda?»
«Potete dirlo a chi volete ragazze. Saremmo in grado di cavarcela anche se tutti sapessero della nostra esistenza» la interruppe Aitor. «Certo, per evitare problemi sarebbe meglio che teneste questa cosa per voi.»
Frida sorrise a Selene, come avesse detto esattamente le cose che voleva dire lei, ma non aveva il coraggio di fare e forse, pensò l’altra, era proprio così.
Si sedettero tutti vicino agli scogli, per evitare di far stare Aitor troppo esposto al sole.
Iniziarono a parlare e con molta sorpresa, le domande arrivavano da ambo le parti, gli spiriti conoscevano gli umani, li conoscevano bene, ma sentire quelle due ragazze parlare di cose come la scuola, gli sport, il cinema, li affascinava terribilmente.
Frida e Selene ormai avevano dimenticato il loro discorso, tanto erano prese da quella strana e inaspettata conversazione.
«Quindi voi siete qui da secoli?»
«Tanti anche» rispose Aitor.
«Non vi annoiate a stare sempre tra di voi?»
I quattro si guardarono l’uno con l’altro. Sorridendosi a vicenda.
«In realtà no!» disse Aitor, rispondendo per tutti e quattro. «È strano da dire, ma pur conoscendoci da anni c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.»
Frida sorrise, non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma pensava esattamente la stessa cosa di Selene, la conosceva da anni, eppure le sembrava di essere capace di scoprire cose nuove su di lei ogni volta che parlavano.
Era anche per questo che si era legata così tanto a lei.
Parlarono per ore, delle cose più disparate, fino a che non fu buio.
Allora le due ragazze si alzarono da terra.
«Dobbiamo andare, ma possiamo tornare domani, se volete.»
«Ma certo» risposero i quattro spiriti.
Le due ragazze, sorridendo felici si incamminarono verso casa. Frida strinse forte la mano di Selene, sorridendole.
Era così felice che il suo cervello non riusciva a pensare a nulla, se non a quello strano e meraviglioso incontro, e non avrebbe potuto desiderare nulla di meglio che condividere quell’esperienza con Selene.
Erano lontane già qualche centinaio di metri, quando uno degli spiriti si decise a parlare.
«L’hanno presa bene, di solito iniziano a gridare appena uno di noi si fa vedere.»
«Potevi evitare tutta quella scenetta, le hai spaventate un po’ troppo.»
«Poteva andare peggio…ti ricordi, quand’era, una cinquantina d’anni fa? Le due sorelle Massa, una ci quasi è infartata davanti» rispose Torin.
«Mi dispiace dover cancellare loro la memoria ogni volta» sussurrò Frojien.
«Lui ci ha lasciato la possibilità di parlare con una coppia a scelta ogni anno a questo patto, non possiamo decidere deliberatamente di lasciare loro la memoria» rispose Aki, che comunque sembrava molto triste, come ogni volta.
«Lui non era nemmeno molto contento del nostro apparire alla gente» si intromise Torin «ma ce l’ha comunque lasciato fare.»
«Comunque possiamo sempre ascoltarle parlare da fuori, senza farci vedere.»
«Già. Ma questa volta mi dispiace più delle altre.»

Il lago degli spiriti è un racconto di Cristina Parodi

(17 anni – liceo classico)

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