QUANDO LA PROFEZIA SI AVVERA di Sara Francucci (seconda parte)

genere: FANTASY

«Vi aspetterò con piacere» proferisce Helena.

Giovanni esce dalla stanza e arriva il maggiordomo a portare una tazza di tè ad Helena con un piattino di dolcetti.

«Prego signorina» enuncia il maggiordomo.

«Grazie ma non vi dovete disturbare» dice Helena sprizzando felicità da ogni poro.

«Quanti biscotti!» le esce inavvertitamente dalla bocca. Subito si mette una mano davanti alle labbra quasi come si fosse vergognata di quello che ha detto.

Non può non fare a meno di mangiarsene uno. Poi, aspetta ancora un po’ e con l’acquolina in bocca ne prende un altro, poi ancora uno.

Si ferma quando il suo sguardo scorge un crocifisso appeso. 

Helena cerca in quel Dio una grazia che la strappasse dal grigiore della sua esistenza perché Heremes l’aveva fatta sentire come sepolta in un tenebroso sottosuolo prigioniera del suo stesso disagio ed irrimediabilmente condannata quasi come la protagonista dello scritto di Fedor Dostoevskij, “L’uomo nel sottosuolo”.

Quella grazia forse si sta compiendo ed Helena, mentre aspetta, congiunge le mani al petto e sottovoce ringrazia quel Dio che pensava l’avesse dimenticata.

Arriva la signora Caterina aiutata dal conte Maffei.

Giovanni subito la fa sedere poi dice:

«Caterina questa signorina ti starà vicino. Di qualsiasi cosa avrai bisogno lei sarà a tua disposizione …».

«Piacere signora mi chiamo Helena» dice lei avvicinandosi.

«Piacere Helena» fa, con un filo di voce, la signora Caterina.

«Sono molto contenta di essere aiutata da voi signorina. Siete veramente una bella ragazza e porterete una ventata di freschezza a questa mia vita scialba …» afferma Caterina con un velo di tristezza.

«Domani ti aspettiamo» interrompe Maffei.

«Si … sarò felice di essere con voi già da domani mattina. Grazie» sibila Helena.

Il maggiordomo accompagna Helena all’uscita.

*****

Il giorno è spuntato. I minuti chiamano altri minuti, che si rincorrono spingendosi via interminabilmente.

Helena ha appena terminato di fare il pane in cucina e lo sta sfornando.

È tutta sporca di farina perfino sul viso ma i suoi occhi brillano di gioia e le sue labbra hanno lo stampo del sorriso perché è soddisfatta della sua vita che freme dentro di sé come le corde sonore del liuto. Un po’ come la dolce Cenerentola che si crogiola nei sogni che le volano attorno come falene dalle ali screziate.

Sistema il pane su un cestino, si scrolla via gli ultimi residui di farina e va a fare le consuete commissioni al paese.

«Buongiorno signorina Helena!» esclama Bianca la serva dei Marchesi Verdefiore.

«Buongiorno Bianca» risponde Helena.

«Ho delle commissioni da fare per il marchese Verdefiore.  Ma dimmi, piuttosto, come ti trovi al palazzo dei signori Maffei?

«Bene, molto bene» risponde.

«La Signora Caterina come sta?»

«La situazione è sempre la stessa ci sono pochi miglioramenti …» precisa Helena con aria dispiaciuta.

«Mi dispiace molto soprattutto per le sue bambine. I bambini sono così innocenti che non dovrebbero mai subire queste ingiustizie dalla vita!»

«Lasciamo perdere …».

Helena abbassa il capo e con una devozione gelida ricorda la vessazione che ha dovuto subire il suo di bambino. Ha la tristezza nel cavo della gola che le attraversa lo stomaco come una spranga di ferro. La bocca riarsa, l’aria truce e distratta. Un lungo pesante silenzio.

«Helena… Helena cosa c’è. Ti senti bene?» la scuote Bianca prendendola per una mano.

«Si … si è solo che sono molto preoccupata per la signora Maffei» si giustifica Helena.

«Preghiamo. Vedrai che il Signore ci ascolterà!» conclude Bianca.

Helena annuisce:

«Ora è meglio che vada perché la signora Caterina mi aspetta per le medicine».

«Spero di incontrarti presto e ti prometto che pregherò per la signora» dice Bianca.

«A presto, grazie Bianca».  

Helena riprende a camminare quando da dietro un muretto appare Heremes che, con forza, la prende per un braccio e l’attira verso di sé per nascondersi da sguardi inquieti dei passanti.

«Heremes cosa c’è?» domanda infastidita.

 «Sei riuscita a sbarazzarti del bambino?» chiede Heremes.

«Si … ho fatto come mi avevi detto» risponde, con un filo di voce.

*****

Helena appoggia le buste della spesa sul tavolo. Prepara la colazione per la signora Cristina. Affianca nel vassoio le consuete medicine e si dirige nella camera da letto.

Bussa.                            

«Si … sei tu Helena? Vieni pure».

«Signora come vi sentite stamattina?» chiede Helena dopo aver aperto la porta.

«Bene Helena, perlomeno devo far finta di sentirmi bene per le mie bambine» dice affaticata, con un pianto che non esplode, ma trapunge gli occhi «Il dolore è sempre lo stesso».

Un dolore puro, che fluttua come un fuoco fatuo, si è impossessato del suo corpo indolente.

Helena appoggia la colazione sul tavolino e apre le tendine per far passare un po’ di luce nella stanza semibuia.

Sofferma il suo sguardo sul viso della signora Cristina che le appare come il ritratto di un’afflizione.

«Grazie Helena ora cerco di fare piano piano da sola … per favore tu vai a vedere le mie bambine!»

«Sì, certo, vado subito. Ma voi, signora, se vi alzate vi prego di chiamarmi perché vi aiuti. Ricordate quello che vi ha detto il dottore qualche giorno fa? Non dovete sforzarvi più del dovuto, altrimenti rischierete di peggiorare la situazione, poi avete la flebo attaccata …»  raccomanda Helena.

«Helena cara, bisogna imparare ad affrontare, improvvisando anche la vita, che non abbiamo potuto scegliere» dice la signora Maffei.

Helena abbassa lo sguardo, si accarezza le mani, poi aggrotta le sopracciglia per vincere la violenza dell’emozione. Non ha neppure il coraggio di guardarla negli occhi, si sente tesa e cerca disperatamente qualcosa da dire.

«Ha ragione» annuisce Helena, inumidendosi le labbra asciutte, evitando di incontrare lo sguardo della signora Cristina per non sentirsi impacciata dal suo dolore.

«La situazione è sotto controllo e ce la farò. Ritornerò anche ad aiutarti nelle faccende vedrai!» ribadisce la signora con una sicurezza che sconcerta e insieme riassicura Helena. «Ti prego non abbatterti» continua rivolta ad Helena «vedrai che ce la farò».

Nel suo caso è la speranza che muove il coraggio di vivere e che concede la forza necessaria per abbandonarsi all’ordine provvidenziale, perché quello che sembra essere il vicolo cieco della disperazione si sta trasformando in un canto di gloria.

«Dio dona la forza necessaria per sorreggere il proprio fardello» dice ancora la signora Cristina mentre riesce dopo vari tentativi a mettersi seduta sul letto.

Helena è entrata con il pensiero che non si possa nemmeno sorridere con una flebo nel braccio e la testa calva.

Ha scoperto, invece, che proprio lì la voglia di ridere e di divertirsi è ancora più forte. In tanta umiltà d’animo, in contrapposizione alle ricchezze materiali, non c’è spazio per la tristezza e per la paura.  Per la signora Cristina un sorriso è la vita. È quello che la riporta, per incanto, alla normalità. 

Helena la guarda con la veggenza di un cieco, con le iridi bruciate e ingoia di nascosto, fino a ferirsi la gola, il succo amaro di quelle parole. Le vene fluttuano come un guaito del cuore e si rende conto che lei, oltre ad aiutarla, può in realtà solo volerle bene perché forse l’amore può salvare la sua anima che sta bruciando viva.

L’aria è tremula come nitroglicerina, come se tutto attorno dovesse saltare da un momento all’altro.

Avere almeno una speranza è per tutti un bisogno, un appagamento illusorio e transitorio che rassomiglia all’elemosina, la quale gettata al mendico, prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento.

Una vita con l’angosciosa contestazione dei mali, che funestano l’esistenza umana, è come l’acqua stagnante che imputridisce diventando inutile e malsana palude, cosicché il nostro quotidiano trascorre squallido e insoddisfacente.

A volte, la signora Maffei è colta dall’affanno, perché vede che i giorni della sua sofferenza si protraggono a lungo, ma ha la fortuna di avere Elisa e Marta accanto che la aiutano a ricominciare sempre.

Helena non si è ancora liberata dei suoi pensieri quanto piombano nella stanza, scalze, Elisa e Marta, con una gioia contagiosa che solo i bambini riescono a trasmettere.

L’ambiente, ora, è invaso da luce e armonia.

«Mamma, mamma, … mammina buongiorno!» dice Elisa mentre le dà un piccolo bacio.

«Mamma posso dormire ancora un po’ qui vicino a te?»  continua Elisa.

«Anche io mammina …» ribadisce Marta.

«Mamma ti guarirai vero?» chiede la bambina più grande vedendo la mamma con il viso pallido e smunto.

«Certo piccola mia … perché me lo chiedi?»

«Perché mammina la tua bocca non ride più e ho tanta paura» risponde la bimba.

«Cero che ride guarda …» dice la sorella più piccola e porta l’indice della mano ai lati della bocca della mamma, a disegnare uno smile in viso.

La mamma si mette a ridere:

«Quanto sei buffa, piccolina!»

«Guarda cosa so fare io …» replica Marta iniziando a fare altre mosse.

La signora Cristina ed Elisa si mettono a ridere.

Tutte e due, all’improvviso, s’infilano nel letto.

Helena esce sorridente dalla stanza. Pensa che la sofferenza della signora Maffei si consuma nella sublimazione della gioia di poter abbracciare, almeno per un altro giorno ancora, gli amori della sua vita.

Da dietro la porta chiusa si sentono ancora le risate delle due fanciulle e della loro mamma.

*****

Sono trascorse alcune settimane.

È un pomeriggio triste e uggioso.

Il maggiordomo Gualtiero, affacciandosi al salone, vede il conte molto preoccupato per la situazione di sua moglie:

«Signore, vogliate scusarmi per la mia intrusione, ma avete mai sentito parlare delle straordinarie doti del guaritore inglese e della sua grande capacità di fornire alla persona malata l’energia sufficiente, affinché questa si auto- guarisca?»

«Cose davvero strabilianti che mi lasciano incredulo e perplesso!» risponde il conte con voce bassa.

Rimane seduto nella poltrona del salone a testa bassa.

All’improvviso, si alza di scatto e, riprendendo fiato, con voce intensa dice:

«Il guaritore! Sì, sarà l’ultima speranza, il tentativo conclusivo che posso fare per rubare ancora qualcosa dalla valigia della morte».

La speranza trascende ogni diversità di credo. Il conte Giovanni e le figlie stanno per perdere la signora Cristina e l’arrivo della morte lo spaventa.

«Signore vi potrei portare qualcosa da mangiare? Oggi, vi ricordo che non vi siete nemmeno presentati a pranzo … Non potete continuare a non mangiare e a non dormire, vi ammalerete anche voi!»

Il conte scuote la testa e dice risedendosi:

«Non posso sopportare di vedere quella flebo attaccata al braccio di Cristina. Quel filo lo odio perché simboleggia la fine, la resa e soprattutto l’impotenza assoluta. Dobbiamo chiamare quel guaritore».

«Signore potrei occuparmene io. Vi prometto che lo farò arrivare al palazzo tempestivamente».

«Sì, affido a te la mia ultima speranza costi quel che costi! La vita di mia moglie non ha prezzo».

«Papà, papà …» esclama Marta arrivando con Elisa.

«Cosa c’è piccoline?»

«Ci stiamo annoiando …»

«Annoiando? Non fatemi ridere. In questo palazzo così grande non trovate niente da fare?»

«Sì papà, questo palazzo, è vero, è molto grande ma è triste e vuoto» dice Elisa.

«Allora cosa posso fare per voi?»

«Vogliamo andare dalla mammina … e magari lei giocherà un po’ con noi».

«No… non potete».

«Uffa, uffa, perché?»

«Perché la mamma, oggi non sta molto bene, domani vedremo».

«Allora possiamo andare in cucina da Helena così la aiutiamo …»

«Va bene, dalla signorina Helena andate pure. Ma mi dovete promettere che non combinate pasticci!»

«Promesso» dice Elisa incrociando le dita in bocca.

«Promesso» dice Marta compiendo lo stesso gesto.

Le bambine escono di corsa dalla stanza mentre il conte Maffei rimane da solo seduto con la testa china.

*****

Il guaritore esce.

Tutti aspettano sull’uscio e, appena lo vedono, si raddrizzano in un gesto collettivo.

«Gentlemen messrs, l’energia spirituale che Cristina ha da me ricevuto viene assorbita a secondo delle sue resistenze consce e inconsce» dichiara il guaritore «I wish you molta fortuna! Se avete di nuovo bisogno sono a vostra disposizione».

Il conte allunga la mano e gli consegna la somma concordata.

«Thank you!»

Giovanni entra nella stanza di Caterina e subito ha la sensazione di vederla diversa.

Sono segnali di uno sperato miglioramento? Chi può sapere se non sia solamente suggestione? Assurdità?

Si siede vicino al suo letto:

«Moglie mia …”.

«Non avvilitevi marito. Tutto andrà bene … non vi lascerò!»

La voce di Cristina è flebile, ma il suo volto è roseo, vi si nota una luce diversa.

«Non so cosa mi abbia fatto di preciso questo guaritore ma vi assicuro che ho molta più vitalità. Non mollerò per voi!»

I due si contemplano a lungo, senza dire niente, con lo stesso sguardo di chi sta per perdersi.

Giovanni sapeva bene che Cristina, pur consapevole della sua malattia, conservava sempre una serenità che lasciava stupiti. Non gridava mai «Non ce la faccio più!» bensì «vincerò!»

«Dove sono le mie bambine?»

«Ormai hanno imparato ad andare ad aiutare Helena in cucina …».

«Mammina guarda cosa ho per te!» dice Elisa entrando con fragore nella stanza, porgendole dei biscottini, seguita da Marta che entra con la stessa esuberanza.

«Anche io mammina … ho fatto qualcosa per te!»

Le bambine indossano una pannella che Helena le ha messo per non farle sporcare ma sono imbrattate di farina fino ai capelli.

«Mammina oggi stai bene possiamo rimanere un po’ qui con te?»

«Sì, oggi sì, posso giocare con voi. Mi sento molto meglio!»

Il conte Maffei si alza e dice:

«Vi lascio giocare con la mamma. Ma non l’affaticate».

Il conte esce.

Chiude la porta e rimane lì dietro.

Sorride anche lui.

Grazie alle risate contagiose delle bambine.

CONTINUA

QUANDO LA PROFEZIA SI AVVERA di Sara Francucci (seconda parte)

genere: FANTASY

Post a Comment