LA MĂIASTRA E LE VITE INVISIBILI di Maria Tedeschi

Abstract

Nevio Altimari è un ex violinista brillante e sensibile.

La sua vita non è mai stata facile.

Un giorno svegliandosi si accorge di non avere più sensibilità al pollice e all’ indice della mano destra e da allora la sua vita cambia irreversibilmente.

Costretto a lasciare l’orchestra del San Carlo di Napoli ripiega sull’ insegnamento in una scuola elementare della capitale dove decide di trasferirsi per spezzare ogni ponte con il passato.

La morte di suo figlio Giacomo in circostanze misteriose e poi quella di sua moglie Orietta in un incidente stradale, lo renderanno ipocondriaco e visionario.

Da un giorno all’altro, anche la sensibilità dell’arto inferiore destro cederà riducendogli ulteriormente la capacità motoria. Nevio cercherà in tutti i modi di essere autosufficiente per non essere di disturbo in un mondo che considera quelli come lui un fastidio, inutili o nel migliore dei casi degli invisibili.

L’incontro con la piccola Luba, nipotina della sua badante rumena, e poi con Arturo, il bambino autistico del “balcone accanto”, l’aiuteranno a superare quelle che sono le paure per il futuro all’ombra della sua malattia autoimmune che avanza giorno per giorno e che non si fermerà.

Nevio, suo malgrado, si ritroverà a dover mettere insieme i tasselli di un puzzle dai toni noir in una metropoli dove, nella sua feroce divisione sociale, vite invisibili si cercano, si intrecciano, sognano frugando alla ricerca di sentimenti comuni, affinché la loro solitudine possa trasformarsi in forza comune, perché vivere, nonostante tutto, è sempre bello oltre ogni limite.

La voce narrante di Nevio supererà la finitezza della morte fisica attraverso Luba che scoprirà di avere doti sensitive di metagnomia. Sarà lei a riportare i pensieri di Nevio. A lei spetterà inoltre la conclusione del romanzo che scriverà dal suo punto di vista e solo dopo tempo, in occasione del compleanno di Nevio.

Prefazione dell᾽autrice

Agli invisibili della società egoista senza umanità. 

Raccontare è il più grande privilegio concesso a noi umani, è la nostra prerogativa: ci avvicina anche se siamo distanti nel tempo e nello spazio e ci permette di percorrere sentieri inesplorati mai immaginati, fino a scuoterci e a provocare un desiderio di cambiamento.

Dedico questo libro a chi non legge solo per intrattenersi, ma lo fa per leggersi dentro. Lo dedico a chi senza paura riesce a decollare verso orizzonti più ampi e democratici, lontani dalla routine della propria comfort zone.

Me l’ha suggerito quella statuetta luccicante che ho visto alla Tate, sì proprio la   Măiastra di Brancusi, quella che all’inizio avevo scambiato per un missile pronto a decollare. Era un uccellino magico: mi ha mesmerizzato con quella melodia che sembrava partire dal suo becco. Era una canzone dolce che poi si è trasformata piano piano in un racconto. Narrava del principe Affascinante pronto a superare ogni prova pur di raggiungere l᾽amata, annientando tutti i malefici sortilegi del mago Indifferenza e restituendo a tutti gli uomini un po᾽ della loro felicità perduta.

Incipit

Un vecchio malandato, questo è quello che resta di me e che leggo negli occhi di chi mi osserva. Non mi capita spesso di essere oggetto di interesse essendo poco più di niente, un fastidio per i miei familiari e solo una piccola fonte di guadagno per la donna che mi accudisce e che non vede l’ora di uscire da casa mia per riprendersi la sua libertà. Mi guardo allo specchio, non avendo altro da fare, vedo il volto di un vecchio raggrinzito, proprio quello che sono io. Conto le rughe, le uniche a farmi compagnia raccontandomi le loro storie. È una folla che non mi lascia mai da solo: il mio viso le ospita con piacere regalando a ciascuna di esse tutto lo spazio di cui hanno bisogno.

Ecco la prima. Venne fuori prepotentemente subito dopo la nascita del mio Giacomo, le notti insonni e la stanchezza l’avevano alimentata a dovere e aveva scelto il posto migliore: il centro della mia fronte. Le voglio bene, mi è cara. È l’unico ricordo che mi resta di mio figlio che mi ha lasciato in maniera prematura. La morte è una gran maleducata, non rispetta i turni e l’anzianità. Avrei voluto tanto rieducarla e farle capire il rispetto, così come facevo con i miei bambini quando insegnavo alla scuola elementare. I miei metodi erano efficaci e, pur non avendo mai usato la bacchetta al pari dei miei colleghi del passato, riuscivo a trasformare i più duri in ometti docili e mansueti. Con “Lei” non c’era niente da fare, avevo deposto le armi. Era sempre stata irrispettosa portandomi via anche mia moglie che era di dieci anni più giovane di me, lasciandomi completamente solo. L’avevo affrontata più volte, ma mi aveva sempre ignorato così come facevano da tempo le persone del mondo che mi circondava. Occupavo uno spazio, ma mi sentivo come un clandestino che doveva rimanere nascosto per non essere visto o non disturbare con la sua presenza.

CONTINUA

LA MĂIASTRA E LE VITE INVISIBILI è il secondo romanzo di Maria Tedeschi

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