LA RIFFA DI SAN MARTINO di Anna Maria Lolla

La tradizionale festa di San Martino volgeva oramai al termine.

Tra le vie del paesino si respirava ancora il profumo dolciastro di zucchero filato, frittelle e caldarroste ed echeggiavano i richiami dei giostrai che invitavano i bambini a quel nuovo giro che sicuramente sarebbe stato ricompensato dal premio tanto ambito.

Con il calar del buio e del primo velo di nebbia gli ambulanti avevano iniziato a riporre nel retro dei furgoni le loro mercanzie ma la frenesia che aveva animato ogni angolo del paesino non accennava a scemare, anzi: i festeggiamenti si sarebbero spostati all’interno del piccolo teatro dove l’estrazione dei biglietti della lotteria l’avrebbe fatta da padrone. Certo non si trattava di un evento della portata della Lotteria Nazionale ma quell’anno c’era molto fermento per via dei premi eccezionalmente ricchi messi in palio grazie alla generosità del Commendator Spoletti.

Negli ultimi anni aveva dato lavoro a tanti operai del circondario aprendo un nuovo stabilimento proprio alle porte del paese e per la Riffa aveva sponsorizzato i primi 3 premi: 1 buono spesa da 5000 euro; una vacanza di una settimana per due persone; l’ultimissimo modello di smartphone che da solo valeva uno stipendio! Una vera novità per quel paesino pedemontano di ottomila anime mal contate, abituate a vedersi rifilare alla riffa solo chincaglieria varia o scarti di magazzino che i negozianti locali non riuscivano a vendere.

I biglietti, neanche a dirlo, erano andati a ruba.

Mancava ancora quasi un’ora all’estrazione ma la platea del teatro era già gremita.

“Non si era mai visto un pienone simile!” commentavano gli organizzatori mentre posizionavano al centro del palco la grossa urna che conteneva tutte le matrici pazientemente avvoltolate in piccoli cilindri tenuti chiusi da micro-elastici.

Il brusio delle signore che, ancora coi cappotti addosso, strette sulle poltroncine di velluto bordeaux, si scambiavano pettegolezzi sfogliando i biglietti acquistati, aveva raggiunto una soglia di decibel tale da mandare fuori taratura qualsiasi strumento di misurazione.

“Ma lo sai che la Tina ne ha comprato addirittura un blocchetto intero?” Diceva una.

“Ah, beh. Anche la Iole non è stata da meno. Tutti verdi e gialli ma solo numeri dispari” ribatteva l’altra tra i sospiri, lisciando la carta dei talloncini per non sgualcirli troppo e confidando di avere tra le mani un biglietto vincente.

Tre colpetti picchiettati sul microfono, il Presidente della Pro Loco, Maurizio Ghiringhelli, noto a tutti come L’Alpino, richiamò l’attenzione dell’uditorio dando il benvenuto e invitando qualcuno dei bambini presenti a salire sul palco per estrarre i biglietti dalla grande urna trasparente.

Manine paffute e innocenti rovistavano in quel mare di carta e L’Alpino, con la stessa enfasi che avrebbe avuto un banditore di Christie’s nel decretare l’aggiudicazione di un preziosissimo Van Gogh, declamava i numeri, premi abbinati e relative sponsorizzazioni.

I vincitori, scavalcando goffamente i vicini di posto, si avvicendavano in processione a ritirare giochi in scatola omaggiati da “La fabbrica dello Spasso”, set vari con piatti, tazzine da caffè o bicchieri donati da “Case & Cose”, bottiglie di vino provenienti dall’Enoteca all’angolo e via di seguito facendo il giro di tutti i negozi del paese fino ad arrivare alla zona “calda” dei primi tre succulenti premi, gentilmente offerti dal Commendator Spoletti.

Quelli che ancora non si erano aggiudicati nulla si ripassavano tra le mani i talloncini e aguzzavano la vista per vedere già il colore del biglietto ancora nelle mani del bimbo: verde. “Sì”, mormorava qualcuno, “Stavolta è mio!”.

“E per lo smartphone abbiamo il …721” declamava Ghiringhelli mentre in platea il mormorio si zittiva per accompagnare il prossimo vincitore.

Nonostante lo scricchiolio delle poltroncine, però, nessuno si faceva avanti.

Il Presidente ripeté ancora una volta il numero estratto.

Inutile.

Il fortunato non era lì.

“Vi ricordo, visto che qualcuno non è presente stasera, che domani verranno pubblicati tutti i numeri e i premi, non riscattati stasera, potranno essere ritirati direttamente presso la sede della Pro Loco. Resteranno disponibili per un mese”.

Detto questo, invitò il bimbo a rovistare ancora nell’urna per estrarre il biglietto abbinato al secondo premio ma anche l’ambitissimo soggiorno per due persone non trovò nessuno a riscattarlo.

Un nuovo brusio si stava diffondendo e tra le file e i presenti si guardavano l’un l’altro come se stessero facendo l’appello per capire chi mancasse all’adunata di quella sera.

Impossibile capirlo: non c’era certo tutto il paese! Eppure, qualcuno iniziava a fare nome di assenti come papabili possessori di quei talloncini fortunati.

L’Alpino zittì nuovamente l’uditorio e, dopo aver simulato un rullo di tamburi, prese dalle mani del piccolo un altro bigliettino

“Il verde questa sera sbanca! E il 723 vince il buono spesa da 5.000 euro.”

Un silenzio immobile calò sugli astanti perché, per la terza volta, nessuno si alzò.

Di colpo, però, si spalancò la porta del salone e l’Umberto entrò trafelato gridando che qualcuno del paese aveva fatto sei al superenalotto.

“C’è già un tipo appostato con una telecamera fuori dalla tabaccheria. Osvaldo? Dai che ti aspettano per intervistarti che magari ci dici in anteprima chi è il nostro milionario!”

La gente incominciò a guardarsi intorno e fu subito chiaro che l’Osvaldo non era lì.

Di nuovo un assente “illustre”.

Iniziarono a riversarsi in strada, chi alla volta della ricevitoria, nonostante a quell’ora fosse già chiusa da un pezzo, e chi invece verso casa dell’Osvaldo di cui non c’era traccia. I più se lo immaginavano già con le valigie all’aeroporto pronto a volare verso nuovi lidi visto che ogni volta che c’erano grosse vincite lui sospirava:

“Ah se capitasse a me trovereste direttamente la saracinesca abbassata e chi si è visto si è visto!”

A comparire davanti alle telecamere era stato suo figlio Francesco che la ricevitoria la bazzicava poco ma qualcuno doveva pur testimoniare che quello era un luogo fortunato e pubblicizzare il locale per aumentare gli introiti.

“È vero che si tratta di una giocata singola e non di un sistema ma è impossibile dire chi possa essere il fortunato. Ha idea di quanta gente tenti la sorte?” era stata l’impacciata dichiarazione del figlio dell’esercente che si era poi defilato, telefonino in mano, a cercare di rintracciare il padre il cui numero, però, risultava irraggiungibile.

Mentre il paese tutto si faceva intorno a Francesco cercando di carpirgli la conferma ai sospetti che il padre fosse il misterioso milionario, l’Osvaldo, ignaro di tutto, si godeva la sua fuga d’amore con la Iole, stando in ammollo nelle acque termali alle pendici del Monte Bianco, a oltre 200 km di distanza da lì.

La Iole, rimasta vedova, dopo quarant’anni era tornata in paese e Osvaldo, solo da tempo, aveva ripreso a corteggiarla come quando avevano vent’anni.

Quando un mese prima Iole gli aveva mostrato un volantino che pubblicizzava una gita organizzata per un weekend alle terme, Osvaldo non si era fatto sfuggire l’occasione e aveva usato la festa di San Martino come pretesto per tutti: a quelli del comitato per l’organizzazione aveva detto che non poteva strapazzarsi che aveva in programma certi esami di lì a pochi giorni; mentre a figlio e nuora, per convincerli  a tenere aperta la ricevitoria al suo posto, aveva detto di essere super impegnato con la festa e che senza di lui non ne venivano a capo.

La Iole, dal canto suo, non aveva da inventare scuse con nessuno: niente figli, niente nipoti, nessun impegno sociale. Sul tavolino all’ingresso solo le bollette in scadenza e degli origami verdi, gialli e rossi ricavati coi biglietti della lotteria e con le schedine del superenalotto.

Da che era tornata in paese aveva condotto una vita solitaria e quanto più poteva lontano dai pettegolezzi e se non fosse andata alla Riffa non se ne sarebbe accorto nessuno. A farle compagnia a casa solo i due gatti a cui aveva riempito le ciotole dei croccantini e dell’acqua. Così erano partiti insieme.

Ancora avvolti nei morbidi accappatoi bianchi, con una tisana fumante tra le mani, Iole e Osvaldo, si erano accoccolati a guardare la TV.

“Cosa ci fa Francesco in televisione?” disse Osvaldo alzando il volume oramai sulle ultime parole del cronista mentre in sovraimpressione campeggiavano i numeri vincenti.

Riaccese il telefonino e la stanza si riempì del suono delle innumerevoli notifiche. “Francesco mi ha intasato il cellulare di chiamate e messaggi. Uhh quante novità ci attendono al rientro!” Disse man mano che leggeva i messaggi. “Pensa, nessuno ha reclamato i primi premi della lotteria. Il 723 ha vinto i 5000 euro. Ecco perché era in tv Francesco: qualcuno in paese ha addirittura azzeccato il sei!”

“Lo so” disse candida Iole sorridendo compiaciuta mentre il suo pensiero andava agli origami nell’ingresso.

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