GIOSTRA FALLIMENTARE di Aldo Mongiello (prima parte)

«Ciao Nadia come va oggi» mentre sbircio verso l’atrio la sala d’attesa.

«Buongiorno professore questa è la posta e l’elenco delle telefonate che sono arrivate ah il dottor Castaldi dice che è urgente.»

Do un’occhiata alle carte e c’è anche un fax, benché ormai sempre più rari, e ad un mio sguardo Nadia mi aggiorna sulla situazione dello studio.

«Ci stanno Luisa e Mario, l’avv. Chiofalo, l’avv. Ferri in biblioteca con una persona, poi in sala d’attesa due clienti di Angelo che ancora non è arrivato.»

Mi dirigo verso la mia stanza l’ultima in fondo allo studio e così andando «ciao Luisa» e lei, alzando gli occhi dal documento, «ciao Adriano» e poi «ciao Mario» e lui, continuando a digitare, «ciao professore» con analoghi saluti diretti anche a Rover, il mio cane, che esce con me la mattina, mi aspetta in macchina davanti al tribunale, poi si fa i suoi giretti, entra a studio, si affaccia nelle stanze ed insomma, anche per lui, come un posto tra amici.

La finestra è già aperta e la stanza è inondata di sole, con ansia poggio sulla cassettiera le carte prese in segreteria e tiro fuori dalla cartella, sistemandoli sulla scrivania, i tre fascicoletti formati in cancelleria questa mattina per i nuovi tre incarichi quale curatore affidatimi dal presidente della sezione fallimentare:

Fallimento Nuova Tessile Spa;

Fallimento Siderurgica Romana Srl;

Fallimento Immobiliare Pontina Srl.

Il primo, il fallimento della società tessile, sembra buono, dichiarato per circa 1.700.000,00 euro di ammontare creditorio con nove creditori istanti, tra cui due banche e tre dipendenti di uno stabilimento in zona di Bergamo; soprattutto le notifiche andate a buon fine, quindi con una sede funzionante, ma se ha uno stabilimento in zona di Bergamo perché è stata dichiarata fallita a Roma? Vuoi vedere che la sede è presso uno studio commercialistico? Oltre l’accesso ovvio ed immediato presso la sede, è urgentissimo verificare la situazione stabilimento: è chiuso o è tutt’ora in funzione?

Il secondo, il fallimento della società siderurgica, non vale niente, un carico penitenziale affibbiatomi nell’ambito della terna: due creditori istanti per poche migliaia di euro, notifiche tornate indietro con relata di sede chiusa ed analoga sorte per quella all’amministratore; dunque, un incarico di solo lavoro e sole spese da anticipare senza rimborso, perché ci scommetto non trovo più niente, o forse materiali e macchinari solo da smaltire con ulteriori costi a carico della procedura che, in mancanza di un eventuale attivo, saranno anch’essi  a carico del sottoscritto prima di chiudere il fallimento.

Il terzo, il fallimento della società immobiliare, non si capisce se buono o meno ma propendo per quest’ultima ipotesi, due soli creditori istanti, una banca per un credito di 337.000 euro e un ingegnere per 16.500 euro, le notifiche andate a buon fine ma nessuno presente in sede prefallimentare, mentre per quel tipo di credito se avesse avuto un attivo da difendere qualcuno sarebbe intervenuto, anche nessuna nota della Guardia di Finanza; occorre solo andare alla sede per interrogare  l’amministratore e ritirare la contabilità, poi si vedrà.

Insomma, mi sa tanto che questa volta mi hanno trattato proprio male: due fallimenti puzza in conto del primo, quello della società tessile di Bergamo che, comunque, non brilla per appariscenza e valore a prima vista del patrimonio, cioè per l’attivo realizzabile e l’ammontare del conseguente compenso a fine incarico.

Bah, in ogni caso bisogna muoversi, i primi giorni si può lavorare le famose 36 ore al giorno; quindi, alzo il telefono e:

«Nadia, puoi dire a Luisa e Mario di venire da me se non hanno nulla di urgentissimo da fare?» e intanto che arrivano guardo la posta e le telefonate e c’è evidenziata la telefonata di Castaldi, quindi di nuovo «Nadia, scusa chiama Castaldi e passamelo» almeno mi libero di questa strana urgenza sperando che non si dilunghi.

Meno male, mi arriva subito la telefonata:

«Ciao Monticelli, l’hai fatta quell’istanza per la nomina di un CTU per la causa Fallimento Zara contro il supermercato di Nettuno? Infatti, venerdì ho un incontro col Giudice Delegato e nell’occasione do anche il mio parere, ah stamattina in fallimentare ho visto sulla scrivania di Rosa i tre fax delle tue nuove nomine, tienimi di conto se è il caso» la risposta è immediata «ovvio, ma li sto esaminando proprio ora e mi sembra che mi abbiano dato una fregatura, l’istanza te la deposito domani e te la anticipo via mail ciao.»

Sento i passi nel corridoio e già sulla porta Luisa e Mario:

«Professore che è successo» quasi all’unisono.

«Beh, sentite bene, mi hanno nominato curatore per tre nuovi fallimenti, il giudice delegato è Caruso e questi fascicoletti sono gli appunti presi stamattina in cancelleria da Rosa: uno potrebbe essere buono, gli altri due sembrano una schifezza, in ogni caso sapete bene che quando arrivano nuovi incarichi per i primi giorni non ci stanno compagni, né fidanzate, né aperitivi, né mal di pancia.»

Mario è avvocato da appena un anno, un ragazzone alto capelli nerissimi sempre un po’ lunghi e pettinati, non capisco come fa visto che gira in scooter, e appunto, buttandosi dietro una ciocca:

«Professore, sono proprio contento è più di un anno che sono a studio e seguo tutti fallimenti già iniziati, alcuni anche con aste già fatte e vicino a chiusura, finalmente posso seguire un fallimento dall’inizio.»

Luisa non si lascia sfuggire la punzecchiata:

«Guarda Mario che ti voglio rivedere col libro di fallimentare sulla scrivania e poi ti interrogo pure, anzi ti faccio scrivere gli atti e poi te li correggo con la bacchetta» e finalmente entrambi si siedono.

È il mio turno:

«Ora vi racconto quello che mi sembra da una prima lettura. Per il primo fallimento, si tratta di una società tessile che non sappiamo cosa produca, se stoffe, se vestiti, se accessori, se ecc. ecc. Una volta mi è capitata una società che produceva cordami ma inquadrata sempre nel tessile. Importante, ha uno stabilimento in zona di Bergamo e questo sarà chiuso o ancora attivo? La sede è quasi sicuramente presso un commercialista e l’esperienza mi dice che la crisi è iniziata tempo fa, pressando l’amministrazione a spostamenti di sede per occultare la crisi, fino a Roma dove è stata dichiarata fallita. Cosa mi dite?»

Luisa, con la sua esperienza interviene subito, chiedendomi l’esito delle notifiche e della prefallimentare, assorbendo bene il problema dello stabilimento e dei dipendenti, soprattutto se ancora attivo.

Mario è in silenzio e ascolta.

 «Oggi si cerca il numero di telefono, la mail, il fax e qualunque altro mezzo per comunicare con l’ufficio e/o il luogo ove è posta la sede e se siamo fortunati prendiamo un appuntamento per lunedì mattina, altrimenti, ci andiamo lunedì mattina al buio» continuo io.

«Professore io lunedì mattina ho udienza» interloquisce Mario.

«Attaccati, volevi seguire un fallimento dall’inizio, manda un collega» gli rispondo.

 Poi, rivolgendomi a entrambi:

«E adesso, un accenno a questi altri due fallimenti: la SIDERURGICA è una fregatura, sede chiusa e la sede era sicuramente un negozio o un’officina aperta al pubblico, due creditori chirografari per poche migliaia di euro, ecc. Luisa ti spiegherà bene, Mario, il significato di quello che ho detto e le cose da fare; poi la IMMOBILIARE, che è un’impresa di costruzioni e non un’agenzia, perché la banca quale creditore istante vanta un credito di un certo importo e ciò ci fa supporre che potrebbe avere uno o più immobili da qualche parte, magari, sia però, che potrebbe aver cessato l’attività e non avere più nulla, visto che nessuno si è presentato in prefallimentare.»

Li guardo, assentono in silenzio e Luisa sorride avendo ben capito sia il panorama dei fallimenti affidatici, spontaneamente al plurale come equipe, sia il compito che ci aspetta e di nuovo, rivolgendomi ad entrambi:

«Prendete questi tre fascicoletti, dite a Nadia di farne tre copie, una per ciascuno di noi e di preparare i rispettivi faldoni in segreteria, voi organizzate l’accesso alla Tessile per lunedì mattina, guardate le notifiche effettuate, verificate l’indirizzo, cercate un telefono o un modo di prendere un appuntamento, così ci evitiamo un incontro al buio per mancanza del responsabile o della documentazione.»

Raccolti i tre fascicoletti si alzano con aria soddisfatta come due esploratori guerrieri ed io:

«Luisa ti affido il pischello, spiegagli come fare e mentre tu ti organizzi con Nadia, Mario potrebbe iniziare analoghe ricerche per gli altri due fallimenti.»

Sono incuriosito e attratto dal fallimento della IMMOBILIARE e c’è un accertamento che posso fare subito, con i dati a mia disposizione: verificare in Conservatoria e nel Catasto la consistenza immobiliare attuale e comunque la sorte cronologica del patrimonio.

Oh potenza del sistema informatico, ma come facevano prima, entro cinque minuti la verifica catastale mi mostra sullo schermo del PC la scheda della IMMOBILIARE PONTINA SRL che nel tempo risultava proprietaria di una palazzina di tre piani a Torre Astura, attualmente  un terreno agricolo di Ha 7,6 ad Aprilia ed un fabbricato rustico di ampia cubatura, due piani e soffitta, sempre ad Aprilia e sembra sullo stesso terreno, probabilmente l’originario casale come i tanti in zona risalenti alla sistemazione territoriale della Bonifica, analogamente a quelli a nord di Roma per l’Ente Maremma.

La verifica in Conservatoria conferma tutto, il terreno agricolo con sovrastante fabbricato rurale è stato acquistato nel 2009 per 67.000 euro, mentre gli appartamenti della palazzina a Torre Astura sono stati tutti venduti tra il 2008 e il 2010 e dopo che ha fatto la società? E io mi trovo sul gobbo un terreno agricolo da vendere che non vale tutti gli impicci che comporta.

In macchina, Luisa e Mario mi informano che per la NUOVA TESSILE su internet hanno trovato il sito con la mail e gli altri recapiti a Bergamo, ma visto che ai telefoni non rispondeva più nessuno hanno anche inviato una e-mail per avvisarli del fallimento e dell’accesso di questa mattina presso la sede a Roma; in ogni caso, hanno tutta la giornata libera se voglio procedere anche nel pomeriggio.

All’indirizzo di viale Parioli sul portone non c’è alcuna targhetta della NUOVA TESSILE ma il portiere ci dice di andare al terzo piano presso lo studio dei commercialisti associati, e ci avrei scommesso; lì dopo cinque minuti in sala d’attesa incontriamo il dott. Magni, che si occupava della società ora fallita e che ci accoglie costernato per la telefonata ricevuta dall’amministratore che comunicava l’avvenuto fallimento e preannunciava il nostro accesso di questa mattina.

Mi viene spontaneo chiedere:

«Ma come, dott. Magni, avete ricevuto tutte le notifiche, sia degli atti precedenti, sia infine della pendenza di un’eventuale dichiarazione di fallimento.»

«Certamente, ma io mi occupo soprattutto della contabilità, mentre tali questioni incombevano all’avvocato dell’azienda, tant’è che appunto il prossimo giovedì avevamo concordato un appuntamento congiunto qui a studio. In ogni caso, l’amministratore David mi ha detto di concordare un appuntamento quando vuole, anche domani, presso il Suo studio, altresì autorizzandomi a consegnare la documentazione amministrativa e contabile della società che mi sono permesso di preparare separata, come preferisce, per gli ultimi 3 o 5 anni» precisa lui.

Nessun accenno alla questione più importante, per cui reagisco:

«Ma, dott. Magni, mi sembra di capire che l’azienda sia tutt’ora operativa, invece la produzione va immediatamente fermata, oppure sotto la sua responsabilità organizzare una contabilità separata, almeno per una settimana fino all’accesso in loco con il cancelliere per l’inventario; anzi, le chiedo la cortesia di approfittare della sua segreteria per inoltrare immediatamente all’amministratore i fax e le e-mail già preparati a tale scopo,  che ora le mostro. Inoltre, aspetto l’amministratore signor David mercoledì prossimo alle ore 17,00 presso il mio studio, se vuole può farsi assistere da un avvocato; sarà lui stesso a consegnare i libri sociali e la documentazione contabile preparata, che ora i miei collaboratori provvederanno a sigillare. Nell’attesa potremo leggere il verbale scritto di questo accesso, già di volta in volta verificato, che sottoscriveremo entrambi.»

Abbiamo ancora tutto il pomeriggio e discutendo sull’accesso appena concluso, decidiamo di andare alla sede della IMMOBILIARE in zona Boccea, così rimaniamo nello stesso quadrante di Roma tra viale Parioli, Boccea e studio.

Dopo 10 semafori di via Boccea e vari giri tra incroci e sensi unici, raggiungiamo l’indirizzo ed il civico della sede e lì, sorpresa, sul citofono c’è la targhetta di un Dott. Eugenio Mazza -commercialista – con attaccate tre striscette di carta con nomi di società, uno dei quali è la nostra IMMOBILIARE e non ci resta che citofonare al dott. Mazza.

Lui è anziano, lo studio è modesto e la cordialità nel riceverci è offuscata dalla preoccupazione, forse paura dell’evento: il fallimento della società e la visita del Curatore che presenta la sentenza dichiarativa nelle vesti di un pubblico ufficiale incaricato dal Tribunale.

Si capisce subito che ha poca dimestichezza con la faccenda, forse è il primo fallimento con cui si scontra; un commercialista avvezzo a fare dichiarazioni dei redditi, a tenere la contabilità di qualche piccolo condominio, di negozi del quartiere e di qualche libero professionista in zona, e che per guadagnare un bonus senza particolare lavoro ha inserito nella propria attività la domiciliazione di sedi societarie.

Nell’ufficio non ci sono altre persone, la segretaria lavora tre giorni a settimana come mi dice il dott. Mazza quasi scusandosi.

Giunti nella sua stanza, dichiaro:

«Questo, dott. Mazza, è un accesso formale di cui si redigerà verbale, le chiedo pertanto se la documentazione amministrativa e contabile della IMMOBILIARE PONTINA è disponibile presso questo studio, che è anche la sede della società, contabilità che i miei collaboratori provvederanno a sigillare in sua presenza. Le chiedo, inoltre, la reperibilità attuale dell’amministratore signor Sartori, numero di telefono e eventuali altri recapiti, anche confrontando l’indirizzo in suo possesso con quello che risulta all’Ufficio fallimentare. Le chiedo, infine, quale responsabile della tenuta della contabilità, tutte le informazioni che ritiene necessarie e/o opportune circa l’attività svolta.»

Scompigliandosi i capelli, Mazza tentenna sposta carte sulla scrivania e poi:

«Io seguo la IMMOBILIARE PONTINA da quattro anni e in questo periodo non ci sono stati fatti di rilievo, scusi…»

Si alza, va in segreteria e torna con un faldone, lo apre e ne tira fuori un fascicolo che poggia sulla scrivania e poi:

«Vede signor Curatore, questi sono gli ultimi due bilanci, ma l’ultimo risale a due anni fa; infatti, a dicembre l’amministratore Sartori mi telefonò per avvisarmi di impedimenti e che l’assemblea per il bilancio si sarebbe tenuta entro il prossimo giugno, quindi nei termini di legge.»

«E in questi quasi due anni lei ha ricevuto posta, notifiche, avvisi e non ha mai comunicato col Sartori?»

«Sì, comunichiamo per telefono; comunque è venuto a maggio dell’anno scorso per darmi alcune fatture di costi e di vendite, gli e/c della banca con il saldo debitorio e per chiarimenti per alcuni lavori effettuati sul terreno e pagati, ma solo con ricevute, quindi come imputarli in bilancio. Ecco avvocato, questi sono i documenti.»

«E poi? L’assemblea si è tenuta? Come mai manca il bilancio.»

«Il signor Sartori non è più venuto. Io gli ho telefonato, ma lui è stato un po’ evasivo e scherzando mi ha anche detto che con la mia bravura avrei risolto il ritardo con il fisco; comunque, mi avrebbe fatto un bonifico per la domiciliazione della sede e per la prestazione professionale. Ecco, questa è proprio la mia fattura già annotata nella contabilità, come può vedere, contabilità pronta per il bilancio.»

«E dunque, cosa è avvenuto dopo, vi siete incontrati, vi siete sentiti per telefono? È passato quasi un anno. Ha anche ricevuto delle notifiche, di queste novità nell’ordinario lavoro lo avrà avvisato.»

«Sì, ho provato a telefonargli, ma mi ha risposto una sola volta, un po’ evasivo per altri impegni e poi avrò telefonato altre 4/5 volte, ma non mi ha più risposto. Volevo anche concordare per il bilancio di quest’anno, se aveva documenti da anticiparmi.»

«E insomma, non si è preoccupato? Non gli ha scritto una lettera, una raccomandata?»

«No, in qualche modo mi è passato di testa, in fin dei conti non è un mio problema. Se arriva qualche cosa la segretaria mi avvisa e poi inserisce nel fascicolo. Penso di aver telefonato ogni volta, ma non è adempimento della domiciliazione di sede scrivere per ogni carta che arriva, questa era una società pressoché inoperativa, provi a pensare ad una società in piena attività, no non è compito nostro.»

«Questo è il libro soci, vediamo, ma sono solo 2 soci: l’amministrare Sartori per il 90% ed un certo Angelo Fucci per il 10 % e di quest’altro signore che sa dirmi?»

«Ah non l’ho mai visto, nelle due assemblee per il bilancio svoltesi qui allo studio il signor Sartori aveva la delega dell’altro socio, sinceramente non l’ho mai cercato, né mai ho controllato il suo indirizzo risultante dal libro soci, è compito dell’amministratore comunicarmi le eventuali variazioni dei dati personali.»

«Va bene, noi acquisiamo il fascicolo della IMMOBILIARE PONTINA, legga il verbale che sottoscriviamo insieme e, scusi, quello indicato del Sartori è l’unico numero di telefono a Sua conoscenza? Lo conferma?»

Sono appena le sei e mezza e il Sartori abita vicino Circonvallazione Cornelia, quindi sempre in zona.

Mentre io guido Mario prova a telefonare, ma risponde la TIM per numero irraggiungibile; d’accordo, andiamo a vedere quello che troviamo e quello che succede, anche questo fa parte del nostro lavoro: le persone in genere, impiegati, negozianti, professionisti, e anche molti colleghi, non si rendono conto di come si svolga l’attività di un curatore fallimentare.

Il numero civico è un portone col citofono in una palazzina di tre piani, ma lì non risulta alcun Giuliano Sartori.

Il portone è solo accostato quindi entriamo a controllare le cassette della posta, non si sa mai.

Ed eccolo lì Giulio Sartori, su un’eticchettina scritta a penna e fissata con lo scotch all’interno del vetro dello sportello.

Saliamo all’int.6 come indicato sulla cassetta e al secondo piano troviamo due porte delle quali una con altro nome ed una senza targhetta, il campanello non funziona e bussiamo senza alcuna risposta, Mario cerca il mio assenso e prova a suonare all’altra porta, nessuno risponde o apre.

«Basta, lasciamo una copia della sentenza dentro la cassetta della posta, con l’invito a presentarsi immediatamente presso lo studio e ci pensiamo domani a cosa fare se non si fa vivo; adesso scendiamo e entriamo nel bar qui a fianco che vi offro un caffè.»

Il banchista è giovane, ma si vede che il barista è il signore alla cassa, un signore simpatico di mezza età che urla la sua buonasera e mentre pago e lui a voce alta rivolto al banchista:

«Tre caffè uno al mistrà» che è il mio, mi stimola il guizzo avvocatesco investigatore e quindi chiedo:

«Scusi cerco Giulio Sartori che abita nel portone a fianco, ma non so l’interno, per caso lo conosce?»

«Ma è il signor Giulio, brav’uomo, era simpatico poveraccio, si prendeva sempre il cappuccino freddo pure d’inverno.»

E passando subito al colloquiale avendo aperto il gioco chiedo:

«Scusa, ma perché ne parli al passato, poveraccio? Oddio, che gli è successo.»

«Ma non lo sa? È morto. S’è buttato dal balcone proprio qua davanti, l’hanno trovato quelli che scaricano i cassonetti, di notte i negozi qua sono tutti chiusi, pure io chiudo alle undici, tanto c’è poco passaggio; vede non ci sono palazzoni né ristoranti, dopo le undici di sera solo poche persone che tornano a casa, è una zona di operai e impiegati, niente movida qui.»

«Ah poveraccio, ma quand’è successo?»

«Beh, vari mesi fa, non mi ricordo bene, sono quei fatti che poi passano e si ricordano solo se uno te ne parla.»

«Mannaggia, era giovane mi sembra avesse meno di cinquant’anni anni.»

«Scusi, ma perché lei lo cerca, lo conosceva bene, era suo amico? E non sa che è morto da quasi un anno.»

«Non proprio amico, ci siamo incontrati 2/3 volte a Torino per un affare insieme, lo abbiamo rimandato e poi non ha più risposto al telefono, ora capisco perché. Dovendo venire a Roma ho pensato di passare da lui. Mi immagino la famiglia, la moglie che s’è svegliata con le sirene, la polizia, non so se avesse figli.»

«Noo, non aveva nessuno, era scapolo, per questo si prendeva il cappuccino da me, che poi non usciva a orari fissi, normalmente verso le nove, le dieci, solo a volte, io apro alle 6,00, lo vedevo arrivare prima e anche allora niente cornetto, io ci scherzavo gli dicevo che gli sarebbe venuta l’ulcera, e invece guarda te ‘poraccio.»

«E non s’è saputo niente? Avrete parlato fra voi che lo conoscevate, l’alimentari all’angolo, quelli del palazzo, che si cucinava da solo? La rosticceria sta qui a 20 metri.»

«Sì, ma lui non diceva niente, parlava poco di sé, manco so’ che lavoro facesse, mi sembra che avesse un’attività verso Latina, perché negli ultimi tempi si sfogava, ma di mezze parole, che gli stavano mettendo intralci e intralci e mai fidarsi di quelli che lavorano al Comune, sia i politici che gli impiegati, tutti piedi caldi e culo pesante, così diceva.»

«E la polizia? Si è saputo qualcosa?»

«No, quelli sono venuti, sono entrati nell’appartamento hanno portato via cose, non so cosa, e poi il proprietario l’ha svuotato del tutto, mi pare che sia ancora sfitto, che è che l’interessa? Che conosco il proprietario.»

«No, bella chiacchierata, e poi bravo per il caffè al mistra’ che diventa raro, tanti ormai che non hanno il Mistra’ e te lo vogliono fare con la Sambuca.»

Ci dirigiamo finalmente verso lo studio e mentre guido Mario, che è seduto dietro e si spulcia le carte, a un certo punto mi chiede:

«Ma professore qui sulla sentenza il nome dell’amministratore Sartori è Giuliano, perché si faceva chiamare Giulio che neppure è un diminutivo? Oltretutto l’aveva scritto sulla cassetta della posta, con quest’altro nome che ha buttato lì al bar abbiamo saputo più informazioni dal barista che dal commercialista.»

«Mario, Luisa ormai è un’esperta e non s’è meravigliata, ma piano piano capirai anche te la particolarità e la specificità del lavoro che facciamo quando l’avvocato è anche curatore fallimentare; presto ti accorgerai che la sezione fallimentare del Tribunale è quasi un mondo a parte, il 60% – 70% delle facce sono sempre le stesse e gli atri avvocati poco ci si raccapezzano, anche perché il Diritto Fallimentare, meglio Concorsuale, è un diritto speciale a latere del Codice Civile, o lo conosci o non lo conosci, anche se sei un bravissimo avvocato. Ora però basta parlare di filosofia, arriviamo a studio e ci organizziamo il lavoro.»

Sono quasi le nove di sera, Mario abita verso Cinecittà ed ha lo scooter mentre Luisa abita vicino lo studio e va e viene a piedi.

Luisa è quasi il mio alter ego, piccolina, capelli ricci e occhi sorridenti, era una mia praticante e da più di 30 anni è un avvocato dello studio specializzata in diritto di famiglia, ma anche con solidi addentellati in fallimentare; soprattutto è un’amica ed una persona essenziale che tiene in piedi lo studio, nel senso che fa i bilanci regolari delle spese e poi viene da ognuno a riscuotere per la cassa comune.

Sotto lo studio, non si riesce a scioglierci e in quelle normali frasi smozzicate di commiato non mi sento anch’io di concludere così una giornata campale come quella trascorsa, per cui dico:

«Sentite, se non avete impegni vi invito al solito cinese dietro studio così mangiamo, ci rilassiamo e con il sakè ci organizziamo la giornata di domani» e con il sorriso di entrambi rimetto in moto e andiamo al ristorante.

Per fortuna si può ancora stare fuori sulla terrazza e dopo cena mentre sorseggiamo il sakè caldo fumandoci una sigaretta, siamo tre fumatori accaniti, spiego i miei pensieri organizzando la prossima giornata.

Va da sé, però, che l’intreccio della conversazione si focalizzi sullo strano fallimento della IMMOBILIARE.

In primo luogo, il suicidio dell’amministratore sembra un evento strano, Giuliano o Giulio che sia, è una persona che abbiamo conosciuto nella sua identità apparente, ma incasellando come dati le informazioni reperite della persona operativa attiva e della persona privata emerge un che di concretezza che lascia perplessi; quello non sembra il tipo che si suicida per un’esposizione debitoria di 350.000 euro a dir tanto, anche perché dalle informazioni del commercialista e del barista sembra che nell’ultimo anno avesse in piedi un qualche affare, quindi c’è qualcosa che non conosciamo e dobbiamo scoprire.

In secondo luogo, perché in quasi un anno dal suicidio nessuno si è presentato dal commercialista a chiedere informazioni sul morto, dobbiamo appurare.

In terzo luogo, la storia dei due nomi non convince, analogamente per il socio fantasma che dobbiamo rintracciare e interrogare.

Luisa e Mario hanno ascoltato attentamente il quadro generale del fallimento che mi sono fatto, il cameriere ha già servito altri due sakè e noi stiamo riempendo il secondo portacenere, per cui concludo:

«Allora, domani mattina voi andate in Cancelleria e fate copia di tutti i documenti presenti nel fascicolo fallimentare, ovviamente visto che ci state di tutti e tre i fallimenti, tanto è un lavoro che va fatto comunque e chiedete a Rosa almeno 4 copie autentiche della sentenza per ciascun fallimento che ci serviranno, non tanto per la SIDERURGICA che ce la dovremmo sbrigare in mezza mattinata, ma per gli atri due certamente. Domani pomeriggio, invece, tutti e tre topi di biblioteca a studio, ricerche nel Registro Imprese e Camera di Commercio, ricerche Agenzia Entrate, ricerche ufficio IVA, Anagrafe; infine, tu Mario che hai fatto penale da poco ciò che avviene a seguito di suicidio e in questo ci facciamo aiutare dall’avvocato Ferri che è il penalista di studio. Se è tutto okay bravi per la giornata di oggi, adesso accompagniamo Luisa al portone di casa e te Mario ti riporto a studio dove hai lasciato lo scooter.»

Torno a casa pure io?

E poi che faccio, zapping fra i telegiornali e poi un episodio di qualche serie iniziata e zapping fra TG e serie?

Non mi va, tanto meno di leggere, già troppe carte oggi, me ne vado al pub da Maurizio, così anche Rover dopo le risicate zampettate di tre minuti l’una che ha fatto oggi si perde un po’ nella notte nei vicoli intorno al pub.

A quest’ora, poi, qui vicino al Pantheon i vicoli e le piazzette sono pressoché deserti e poco illuminati da quelle vecchie lampade appese tra i palazzi che fanno il colore di Roma, almeno nel centro.

Rover entra con me e nell’unisono dei saluti degli amici:

«Ciao Adriano» o «ciao avvocato» e «ciao Rover» chi al bancone chi ai tavoli chi alle freccette, Rover riprende l’uscita per i suoi giri notturni e io mi accosto al bancone, raramente siedo a un tavolo, mentre Maurizio ha già preso la bottiglia di whisky irlandese marchio del pub e lo serve in due bicchieri sfaccettati, sempre e solo quelli per gli amici, alzando il suo mentre alzo il mio e «buonasera avvoca’».

È la fine giusta della giornata, la chiacchiera con gli amici, l’amica che ti sorride e non sai se e quando inizierebbe una storia, Maurizio parla dei lavori a Fiumicino per preparare la sua barca per la prossima estate e poi Eva che viene al bancone col suo bicchiere per un salute insieme.

La giornata trascorsa scompare in una stasi di serenità e anche i pensieri scivolano via, delegando all’inconscio in fondo al cervelletto l’incastro dei dubbi e della storia giuridica.

 Ma dopo il terzo whisky sorseggiato sulla soglia insieme a Maurizio ed Eva comincio a fischiare, finché dopo una ventina di secondi compare Rover trotterellando e scodinzolando, una pacca a Maurizio, un bacio quasi sulle labbra a Eva, un ciao collettivo agli amici dentro e mi ributto nella giornata impegnativa che sarà domani. 

Oggi università, sessione di esami.

Parcheggio nel piazzale della Minerva e lascio uscire Rover dalla mia 500 gialla; mentre lui gira ed annusa intorno sul prato antistante la facoltà, mi arrotolo una sigaretta, guardando gli studenti che arrivano, chiacchierano, scherzano e si attardano prima di salire la scalinata di Giurisprudenza.

Nell’atrio alcuni saluti e mi avvio all’aula III dove mi accoglie Carmine consegnandomi la lista nominativa degli studenti, il verbale è già sulla cattedra pronto per scrivere la formula di apertura della sessione.

Sono 56 gli studenti che hanno superato la prima selezione con la prova scritta e dopo l’appello inizia la chiamata secondo l’ordine di prenotazione: ormai senza i cosiddetti cultori della materia siamo solo in cinque e occorrerà tutta la giornata.

Meno male, che dopo interminabili riunioni si è trovato un accordo inter-cattedre sullo standard della prova scritta, ora sono 24 domande a risposta multipla, poi, chissà perché si è deciso 24 e non 20 oppure 28, mediazioni quasi incomprensibili della cultura burocratica universitaria.

Comunque, benché fossi contrario, meno male! Infatti, io propendevo per prove scritte argomentative, cioè con quattro domande sulle quali gli studenti dovevano argomentare e motivare una risposta, ma il sistema è durato solo un paio di anni, perché la correzione richiedeva un intero pomeriggio e la serata per decidere se la risposta era giusta, oppure, passabile, se non sbagliata.

Insomma, con l’introduzione del filtro prova scritta, l’esame orale è piuttosto un dialogo con lo studente teso a valutare la sua conoscenza della materia, benché parametrata con un voto dal 18 al 30 e lode, a malincuore avviene una bocciatura.

L’esame termina verso le quattro, sono già nella mia 500 e mi accingo a tornare a studio, quando prima di mettere in moto mi arriva la voce di due ragazze sedute sul bordo della fontana che parlano dell’esame con commenti che mi riguardano, non posso fare a meno di ascoltare: scopro che mi avevano visto stamattina mentre mi arrotolavo una sigaretta e dibattono se il professore si fa le canne visto che, anche se parecchio stempiato, ha un’aria giovanile con i capelli un po’ lunghi e spettinati e poi sempre con il colletto della camicia aperto e la cravatta un pochino scesa, però lo escludono, anzi, riportando pure commenti di altri studenti, sono contente di come è andato l’esame. Va bene, metto in moto e vado a studio.

Dopo cinque minuti, mi trovo ingolfato in un ingorgo di traffico su viale Castro Pretorio e vedo lontano, quasi irraggiungibile, il tunnel di Muro Torto.

È veramente un’assurdità andare a studio, non si sa dove è il blocco, forse è proprio un incidente dentro il tunnel, rischio di arrivare fra le sei e le sette di stasera, a che pro, giusto per salutare e poi uscire?

No, sono vicino casa e tanto vale che vada a casa, poi lì ho sempre qualcosa da fare e che rimando per altri impegni, quando arrivo telefono a studio; peraltro, il giorno dell’università, che sia lezione oppure esami, già sanno che faccio il professore e non l’avvocato e aspettano che sia io a chiamare.

A quest’ora il parcheggio dell’ambasciata è libero e parcheggio la 500 proprio sotto il portone, benché tante volte la lascio davanti in seconda fila e l’addetto mi citofona se l’ambasciatore deve uscire.

 Entro a casa ed il grande lungo corridoio è ancora pieno di luce che entra dalle portefinestre aperte della camera di Enea, del salone e dello studio, fino all’ultima portafinestra direttamente in fondo al corridoio, nella mia biblioteca personale, che è sull’altro lato dell’appartamento e che è immersa nella luce rossa del tramonto. 

Nello studio poggio la cartella sulla scrivania e tiro fuori le fotocopie dei verbali di ieri, già distinte nelle rispettive cartelline, metto da parte quella della società tessile e apro quella della IMMOBILIARE rileggendo sia il verbale del commercialista, sia i nostri appunti, ancora scritti a mano, dell’intervento presso quella che avrebbe dovuto essere la residenza dell’amministratore Giuliano Sartori, invece abitata da un certo Giulio Sartori.

Porca miseria, aveva proprio paura di confondersi nella scelta di un nome falso. 

Ma perché poi, doveva usare un nome falso se quella era la sua residenza ufficiale? Mi sembra una stronzata. Più probabile che siano veramente due persone e che sia casuale la quasi omonimia? Ma quanto ci credo poco alle coincidenze. Mi sa che devo rintracciare l’altro socio, del quale oltre il nome non si sa nulla, se è socio fin dall’inizio, almeno sull’atto costitutivo risulteranno i suoi dati e l’indirizzo, sempre che sia lo stesso fino ad oggi, almeno ci si prova; domani a studio si controlla.

A proposito di studio, fammi telefonare prima che escano tutti:

«Ciao Nadia, sono a casa, novità?»

C’è un parlottare in segreteria e:

«Buonasera professore c’è proprio Luisa qui da me che si chiedeva che fine avesse fatto, poi gliela passo, come posta ci sono due raccomandate, una dell’avvocato Ferri da Bari ed una dell’avvocato Prisco di Roma, poi alcune lettere, ah una dell’università di Macerata, telefonate nulla di urgente, almeno mi sembra, le passo Luisa, a domani» fruscii e poi «ciao Adriano, allora io e Mario domani mattina siamo in cancelleria a ritirare le copie dei fallimenti che abbiamo richiesto oggi, io poi ho pure udienza, quindi forse Mario arriva a studio prima di me; oggi, però, qualcosa ci ha preoccupato, c’era un’Alfa Romeo parcheggiata di fronte, avanti la clinica, con dentro una persona che controllava il nostro cancello. Nadia se n’è accorta, tanto che è venuta da me per dirmelo e indicarmela dalla sua finestra della segreteria, la cosa che l’ha preoccupata è che il signore seduto come passeggero è venuto due volte verso il cancello e la seconda volta lei si è accostata alla finestra e si è accorta che questo signore controllava la citofoniera vicino il cancello, capirai, oltre i nostri ce ne sono solo altri tre. Insomma, sarà passata più di un’ora, poi hanno messo in moto e l’auto è partita a razzo. Bah non so che dire, comunque tutto qua, ah come sono andati gli esami? Quanti erano che non sei venuto a studio?»

«No Luisa non erano tanti, ho finito prima delle quattro e stavo venendo a studio, ma sulla strada c’era il delirio, tutto bloccato, pensa che quando ho deciso di lasciar perdere e venire a casa, ci ho messo 20 minuti per arrivare, un tratto che anche a piedi ci metti tra 5 e 10 minuti, dai a domani.»

Un urlo:

«Aspetta, Adriano, Nadia dice che questa sera ti manda via mail l’articolo sull’O.P.A. così te lo puoi guardare, ciao a domani.»

Sinceramente, non mi va adesso di mettermi a correggere, fra l’altro, neppure ho mangiato a pranzo.

Oddio che faccio, apro il frigorifero, guardo e l’idea di farmi un panino mi disturba, pensando quello che mi va di fare mi preparo un bicchiere con del Vermentino freddo e mi apro un sacchetto di grissini al sesamo, un aperitivo per schiarire le idee.

Decido di scendere da Andrea, la trattoria pizzeria tavola calda sotto casa, uscendo dal portone mi fermo ad aspettare i comodi di Rover e l’occhio mi va ad una macchina ferma in seconda fila a una ventina di metri, non ci faccio caso e fischiando a Rover giro l’angolo attraverso la strada ed entro da Andrea.

Saluti, alcuni avventori li conosco, sono della Polizia e dell’istituto universitario sulla mia strada, sparsi tra i vari tavoli, un paio mi chiamano «avvocato vieni a sederti qui siamo appena arrivati» accetto e subito Andrea «avvocato che ti porto, Pippo e Franco hanno preso vino rosso e pasta e fagioli» va bene anche per me e confermo con il dito alzato mentre rispondo non so a quale domanda fatta da loro due.

Mangiamo, beviamo e chiacchieriamo di storie inutili, ma a un certo momento mi si accende un flash: la macchina ferma in seconda fila era un’Alfa!

L’immagine mi si ripropone ogni tanto nella testa insieme al ricordo della telefonata con Luisa, ma va, non cominciamo ad essere paranoici, però, quando paghiamo ed usciamo mi invento con Pippo un ammazzacaffè su da me che loro subito accettano.

Giriamo l’angolo e l’Alfa è sempre lì, ma mentre apro il portone fa conversione e va via. Dopo una mezz’ora gli amici escono e il cervello inizia a pensare se sono io sotto il controllo di qualcuno, escludo subito la mia vita privata, non esiste alcuna seppur minima ipotesi; mi rimane di   scandagliare le possibili situazioni professionali in cui potrei essere invischiato, ma esercito solo nel civile quindi contenziosi dai quali è assurdo aspettarsi una qualsiasi minaccia.

Salvo, però, che la gran parte del mio contenzioso è connesso con la fallimentare: curatore di fallimenti e legale di fallimenti, ma il panorama è troppo ampio e complesso per puntare l’attenzione su una o altra procedura, né, peraltro, mi va, tanto meno stasera e, poi, lasciamo perdere, ci vuole ben poco a diventare paranoici solo perché ti sembra che una macchina ti controlli, quando, invece, ci possono essere decine di motivi perché si trovi lì.

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