TABELLA DI MARCIA di Vincenzo Dragonetti

Domani mattina alle 8:00 l’ex tranviere Giovanni Labadini entrerà in ospedale per riparare il cuore che da un po’ di tempo ha iniziato a perdere colpi.

Sua figlia Claudia è voluta venire a tutti i costi a dormire da lui per essere sicura che non si dimentichi di niente. È apprensiva proprio com’era sua moglie Rosanna.

Lui invece, preciso e puntuale, ha già preparato la borsa. Dopo 40 anni, passati a rispettare le tabelle di marcia non potrebbe essere altrimenti.

A niente sono valsi i tentativi della figlia per convincerlo a farsi accompagnare: all’ospedale ci andrà da solo. E, naturalmente, prenderà il tram, perché vuole proprio vedere come se la cavano questi conducenti della nuova generazione con la barba incolta, senza cravatta e gli auricolari sempre nelle orecchie.

Il primo chiarore dell’alba inizia a vestire il cielo. È l’ora in cui le cose perdono l’ombra che le ha coperte nella notte e riacquistano poco a poco i colori, ma sono ancora immerse in un limbo precario, l’ora in cui la realtà è già ma non ancora.

Giovanni è da solo alla fermata con la sua borsa e attende.

Il tram arriva puntuale ed è completamente vuoto. Così, va a sedersi al primo posto dietro la cabina del conducente. Con questo silenzio non è difficile sentire il gracchiare della maniglia dell’acceleratore e lo sfiato della leva del freno, la colonna sonora di una vita. Mano sinistra e mano destra, armonia e melodia.

«Giuàn, dolce ma deciso, pensa di accarezzare i fianchi della tua donna!» gli aveva detto il suo primo istruttore. Suggerimento prezioso che lui aveva sempre seguito con successo, al lavoro ma anche a casa.

Questo tranviere comunque ci sa fare, ha una guida vivace ma sicura, dà e toglie tensione con i tempi giusti, frena gradualmente. Giovanni si è distratto proprio mentre il tram arrivava e non ha fatto in tempo a vedere che faccia avesse. Darà un’occhiata quando scende e se continua così, facile che gli farà pure i complimenti.

Intanto la corsa prosegue con il suo unico passeggero perché stranamente non c’è nessuno che aspetta alle fermate, così il conducente non si ferma ma rallenta un poco, per rispetto, come fosse un gentiluomo che solleva il cappello incrociando per strada delle distinte signore.

È particolare quest’alba d’inverno, diversa dalle centinaia di albe che Giovanni ha visto nascere nel silenzio attraverso il finestrino riservato al manovratore, confine invalicabile dei suoi desideri e custode paterno dei suoi pensieri.

Nonostante sia ancora presto, una luce già sfolgorante trafigge i vetri e irrompe nella vettura inondandola come un torrente in piena.

Giovanni tira le tendine per ripararsi dal bagliore ma inutilmente perché minuto dopo minuto la luce diventa sempre più forte e incomincia ad inghiottire le forme e i colori delle cose. Probabilmente è ora di scendere, così si alza per prenotare la fermata, ma ormai non riesce a distinguere quasi più niente, nemmeno i contorni delle sue mani. Istintivamente si volta verso la cabina per chiedere aiuto e riesce a malapena a scorgere la porta che si apre, prima che ogni frammento della realtà anneghi completamente in una luce meravigliosa, che mai aveva visto in vita sua.

Alle 7:01 Claudia chiama suo padre, ma Giovanni non risponde.

Alle 7:02 Claudia chiama suo padre per la seconda volta, ma Giovanni non risponde.

Alle 7:03 Claudia chiama per la terza volta suo padre, apre la porta della camera, accende la luce e caccia un grido, ma Giovanni non può sentirla.

Come sempre, ha rispettato la tabella di marcia.

TABELLA DI MARCIA è un racconto di Vincenzo Dragonetti

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